Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 14 gennaio 2021
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
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LA CONFESSIONE: I SUOI FONDAMENTI
Eccoci giunti a giovedì 14 gennaio 2021, abbiamo appena ascoltato questa Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal cap. III della Lettera agli Ebrei, vv 7-14. Dovremmo leggere questi versetti ogni mattina e ogni sera, come programma della giornata e come esame di coscienza della sera.
“Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto”
Oggi, nel momento presente, oggi lo Spirito Santo ci parla, non induriamo il nostro cuore, non ci ribelliamo, non mettiamo alla prova Dio, nonostante tutte le grazie che Dio ci ha fatto in tutti gli anni della nostra vita, non dobbiamo assolutamente mai avere un cuore sviato, ma dobbiamo conoscere le vie di Dio, se no in noi si formerà un cuore perverso e senza fede. La fede si può avere e si può perdere. Se siamo coscienti di avere un peccato sulla coscienza, di avere un vizio, dobbiamo uscirne, non ci dobbiamo ostinare, sedotti dal peccato. Noi dobbiamo essere sedotti dalla grazia, da Gesù, dalla Vergine Maria, dallo Spirito Santo, da Dio Padre, ma non dal peccato.
Dentro a questa grande indicazione che oggi riceviamo, continuiamo la nostra meditazione del testo: “L’inconscio spirituale” del prof. J.C. Larchet, che abbiamo conosciuto ieri. Oggi andiamo avanti. Vedrete come questo testo ci dà delle indicazioni importantissime su questa lotta al peccato, su questa apertura allo Spirito Santo.
“La vita interiore dell’uomo e tutta la sua esistenza sono come una città zeppa di edifici che egli ha costruito per il suo bisogno profondo di adorare Dio”
Noi abbiamo un bisogno più profondo di quello di mangiare e di dormire, è un bisogno radicale, ontologico, dell’essere, quello di adorare Dio, perché siamo stati pensati e creati così.
“Ma l’uomo non conoscendo e non trovando il vero Dio, si è rivolto ai falsi dei. Il ruolo del terapeuta è quello di rivelare all’uomo il nome di Dio, verso il quale egli tende in forza della sua natura profonda, ma dal quale la sua natura decaduta lo allontana.”
E’ come se noi in un certo qual senso avessimo due nature, una natura che è quella bella, sana, quella che risale all’Eden, la natura umana che passeggiava con Dio, colloquiava ed era in pace con Dio, e poi la natura decaduta, quella del peccato originale. Ovviamente la natura umana è una sola, di questo siamo ben convinti, ma ho voluto estremizzare un po’ il discorso per farvi capire bene quello che scrive questo autore. Dentro di noi c’è questa natura profonda, potremmo chiamarla anche come un ricordo veramente radicale, un ricordo che ogni uomo porta dentro di sé, un ricordo di quel tempo meraviglioso dell’Eden, della creazione, e questo ricordo, questa natura profonda spinge, fa avvertire il bisogno profondo di adorare Dio, spinge in quella direzione, ma la natura decaduta a causa del peccato originale, lo allontana. Noi dobbiamo portare a sempre più evidenza, a sempre più forza, a sempre più chiarezza quella natura profonda, quel ricordo profondo bellissimo scritto nel nostro dna, dell’Eden.
“Rivelare all’uomo il nome di Dio”
Cosa c’è di più bello di farglielo conoscere.
“La malattia consiste nell’uso pervertito delle varie facoltà dell’uomo. La guarigione consisterà nel raddrizzamento o conversione di quelle medesime facoltà. Raddrizzamento che è facile trovare all’uomo la loro funzione naturale e normale, in linea con Dio”
La conversione non è:
Non mangiare, non guardare, non vedere, non gustare, non fare, non dire…
Non è questo. Un conto è mangiare per mangiare, un conto è mangiare per nutrirsi. Non mettiamo il male dove non c’è. Siccome abbiamo usato male delle facoltà, questo non vuol dire che quelle facoltà sono male, ma vuol dire che sono state usate male, ma possono essere usate bene, la facoltà del gusto, del tatto, dell’udito, della parola, della vista. Pensate a quante cose belle possiamo gustare senza cadere in nessun peccato.
“Il buon esito di quella conversione è però condizionato soprattutto dalla volontà del malato e dei suoi sforzi per realizzarla effettivamente, nel quadro di un modo di vita ascetico, nel senso ampio della parola e correlativamente dall’aiuto della grazia, la sola capace di aiutare l’uomo a liberarsi dalla dominazione sia del peccato che delle sue conseguenze e unirsi in modo vero a Dio.”
Adesso affrontiamo il capitolo 9° del libro che è veramente un’opera d’arte, scritto veramente bene. Tratta di due questioni, centrali e importantissime che io ho deciso di trattare, perché sono di vitale importanza. Lui le chiama:
“Due pratiche terapeutiche cristiane”
Sono veramente terapeutiche, veramente fanno del bene e guariscono l’anima, la parte spirituale e la psiche, la nostra parte psicologica.
“La Confessione e la manifestazione dei pensieri, che è la Direzione Spirituale”
“In vista della presa di coscienza dell’inconscio spirituale,nelle sue due forme, e in termini più generali nel quadro della terapeutica delle malattie psichiche”
Il libro è scritto proprio in funzione di questo e noi prendiamo questa parte finale che è quella che ci interessa di più.
“Due pratiche in uso nella Chiesa Ortodossa con una loro specifica modalità svolgono un ruolo di particolare rilievo”
In uso anche nella Chiesa Cattolica non solo in quella Ortodossa.
“La Confessione e la cosiddetta manifestazione dei pensieri o Direzione Spirituale”
E’ interessante che definisca la Direzione Spirituale come manifestazione dei pensieri, cioè il soggetto, in questo caso l’autore userà il termine “il malato”, ma noi usiamo il termine “il cristiano, il penitente”, cosa fa per essere diretto, e non dovrà mai dimenticare che la Direzione consiste nel fatto di manifestare i pensieri, poi vedremo come, cosa, quando e quanto. Rimarrete stupiti di come vivono nella realtà ortodossa questa Direzione Spirituale che per noi è stranissima, ci sembrerà quasi esagerata, eppure vedrete quanto effetti positivi.
“Che presentano delle analogie con questa o quella terapia, in particolare con la psicanalisi, ma anche delle differenze”
Adesso entriamo direttamente in questo grande tema del Sacramento della Riconciliazione, che vi prego di ascoltare con grande attenzione e farne tesoro, voi e io, perché ne abbiamo un bisogno estremo.
“La Confessione è un Sacramento in cui la persona che si ritiene peccatrice manifesta con spirito di pentimento il suo dispiacere per i peccati commessi e la sua volontà di emendarsi”
Mi devo ritenere peccatore per prima cosa. Non costringete mai nessuno a confessarsi, perché è inutile. Uno si va a confessare quando si ritiene un peccatore manifesto, e ci deve andare con spirito di pentimento, che sia veramente pentito dei suoi peccati.
“Il suo dispiacere per i peccati commessi e la volontà di emendarsi”
Ovvero fare propositi per cambiare. Quando vado a confessarmi devo avere già un po’ in mente cosa dovrò fare per correggere quei peccati, perché se no li faccio ancora.
“Poi la Confessione dei suoi peccati dinanzi al Sacerdote, quindi l’assoluzione”
Questo è il Sacramento della Confessione.
“Alla Confessione il penitente riceve dal confessore anche dei consigli spirituali appropriati al suo stato ed eventualmente una penitenza. Il cui scopo è di aiutarlo a non ricadere nei medesimi peccati e a ritrovare la via delle virtù che aveva abbandonato”
Nella Chiesa Ortodossa era anche abitudine che il penitente quando andava, diceva i suoi peccati ma non riceveva l’assoluzione. Il Sacerdote ascoltava i peccati, dava la penitenza, e il penitente sarebbe dovuto tornare più avanti e avrebbe ricevuto l’assoluzione solo se l’avesse osservata e fatta. Anche nella riforma del Sacramento della Confessione Cattolica, fatta da Papa Paolo VI anche lì c’è scritta questa cosa. Lo scopo è quello di non ricadere più nei medesimi peccati e ritrovare le virtù perse.
“Quello che subito colpisce nella concezione e nella pratica cristiana della Confessione è il suo aspetto medicinale”
La Confessione è una medicina, è vero, infatti anche per noi Cattolici il Sacerdote che siede in Confessionale, siede come Giudice e Medico, questo è scritto nella Riforma di Papa Paolo VI.
“Non soltanto i Padri ma l’intera tradizione della Chiesa, i rituali, i libri liturgici parlano in termini di medicamento, sia della forma e degli effetti di questo Sacramento, sia della funzione del Sacerdote che l’amministra. La Confessione si rivela una terapeutica efficace in molte maniere a più livelli.”
Se ci confessassimo più spesso e meglio, staremmo molto più bene come uomini e come cristiani. Già dire i propri peccati è in sé liberatorio. Ci sentiamo liberati. Quando andiamo in confessionale o ci andiamo con il proposito e l’idea chiara di dire tutti i peccati dei quali siamo coscienti nella loro differenza specifica e nella loro differenza numerica, che vuol dire:
Cosa hai fatto e quante volte lo hai fatto.
Non va bene dire solo:
“Ho rubato.”
Che cosa? A chi?
Un conto è dire ho rubato un fico che sporgeva dal muro del vicino, e un conto è dire ho rubato la pensione alla vedova anziana e malata.
Non è la stessa cosa. La differenza specifica e numerica è essenziale.
Un conto è dire ho rubato una volta ma poi ho capito e non l’ho fatto più e un’altra cosa è dire che ho rubato cento volte al giorno.
La diversa la valutazione che poi fa il Sacerdote, la gravità, la responsabilità.
“Fino a quando non viene ammesso, riconosciuto e perfino svelato a un altro, il peccato si radica nell’anima, vi si sviluppa e si diffonde per contagio corrodendo e avvelenando la vita interiore e provocando dappertutto grandi disastri.”
Mi fermo qui per il momento, domani proseguiremo. Ricordiamoci bene che il peccato deve essere ammesso, riconosciuto e svelato perché se no si radica, si sviluppa e si diffonde per contagio, non solamente nella vita interiore nostra avvelenandola e corrodendola, ma provocando anche all’esterno grandi disastri. Stare vicino a un peccatore ostinato è la cosa più terribile che ci sia, perché è una persona superba, orgogliosa, chiusa.
E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Giovedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
PRIMA LETTURA (Eb 3,7-14)
Esortatevi a vicenda, finché dura questo oggi.
Fratelli, come dice lo Spirito Santo:
«Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori
come nel giorno della ribellione,
il giorno della tentazione nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,
pur avendo visto per quarant’anni le mie opere.
Perciò mi disgustai di quella generazione
e dissi: hanno sempre il cuore sviato.
Non hanno conosciuto le mie vie.
Così ho giurato nella mia ira:
non entreranno nel mio riposo».
Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato. Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio.