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Le radici spirituali delle malattie psichiche: ottava parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di mercoledì 24 febbraio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Ottava Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a mercoledì 24 febbraio 2021. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal cap. XI, vv 29-32 di San Luca.

Chi si vuole convertire veramente, ogni occasione è buona, chi non si vuole convertire ogni scusa è buona per non farlo. Questa la sintesi del Vangelo di oggi. Se ti vuoi convertire, Giona è più che sufficiente, se non ti vuoi convertire vai a carcere segni, risposte, ulteriorità che non servono. Qui e ora è il momento di convertirsi. Noi non vogliamo cercare segni, perché Dio ce ne dà già tantissimi.

Continuiamo la nostra lettura del libro “L’inconscio Spirituale” del prof. Larchet. Stiamo vedendo questa grande sezione del cap. X “Le radici Spirituali delle malattie psichiche”. Oggi affrontiamo il sesto paragrafo:

“Perversi orientamenti del desiderio”

“Molte malattie psichiche presentano, in primo piano fra i loro sintomi, una patologia del desiderio; a tal punto che si arrivò a considerare le nevrosi come «malattie del desiderio». Può trattarsi d’un indebolimento oppure, al contrario, d’una esaltazione o esasperazione e perfino perversione del desiderio. Non per niente Freud e Jung hanno messo la libido – di cui hanno a ogni buon conto delle concezioni diverse – al centro del loro modo di concepire la patologia psichica. Nell’antropologia dei Padri greci, la potenza desiderante è, insieme con la ragione (logos) e la potenza irascibile, una delle tre principali facoltà umane. È dal suo cattivo orientamento che proviene, come ho già fatto vedere in un altro libro, una gran parte della patologia spirituale. Ma a me pare che da questo cattivo orientamento del desiderio derivi pure una gran parte della patologia psichica.”

Sia le patologia spirituali che psichiche vengono da questo orientamento sbagliato del desiderio.

“Ricordiamoci che, secondo l’antropologia cristiana elaborata dai Padri, l’uomo venne creato per unirsi a Dio. La facoltà desiderante venne posta nella sua natura perché potesse desiderare Dio, tendere a Lui ed elevarsi fino a Lui e unirsi con Lui. Tale è per l’uomo l’uso normale di questa facoltà, uso conforme alla sua natura e che contribuisce a dargli la sanità. A ogni desiderio è legato un piacere; dal naturale orientamento del suo desiderio verso Dio, l’uomo riceve un godimento spirituale. Questo «piacere divino e beato» costituisce per l’uomo la gioia più alta che il Cristo chiama «la gioia perfetta» (Giovanni 15,11), una gioia che l’uomo non riuscirebbe a raggiungere in nessun altro modo, dato che ogni oggetto fuori di Dio, essendo finito, non potrebbe che recargli un godimento parziale e limitato.”

Se noi vogliamo un godimento illimitato non ci resta che Dio, tutto il resto siccome è limite, siccome è creatura, è finito, non può darci questa illimitatezza.

“Tracciando la storia spirituale dell’uomo, i Padri osservano che nel suo stato originale – che ai loro occhi ne costituisce lo stato normale – egli dedicava a Dio tutta la sua potenza d’amore e soltanto da Lui ricavava ogni piacere, ogni gioia, ogni felicità. Sicuramente poteva trarre godimento anche dalle realtà sensibili (dr. Genesi 2,16), ma doveva goderne spiritualmente, cioè in Dio, attraverso le loro “ragioni” spirituali, o per dirla in altre parole, in linea con i loro logoi. Con il peccato l’uomo deviò da questo compito, che non soltanto univa lui a Dio ma doveva permettergli, attraverso sé, di unire a Lui anche tutta la creazione. Pervertì insomma la propria natura. In particolare, si mise a dare considerazione anche alle creature e a desiderarle e volerne godere in se stesse e per sé soltanto, egoisticamente, cioè fuori di Dio. Cessando così di desiderare e amare Dio, l’uomo cominciò ad amare d’amore «carnale» se stesso (è ciò che i Padri chiamano philautia, cioè amore egoistico di sé) e la realtà sensibile, ricavando ormai da se stesso e dalla realtà sensibile – tramite principalmente i suoi sensi, quindi il suo corpo – ogni gioia e piacere.”

Quindi vedete: c’è stato uno spostamento di asse, da Dio al creato. Il creato, in sé, è bene ma se noi lo mettiamo al centro ne facciamo un uso non buono.

“Questa deviazione del desiderio innato di Dio, questo stravolgimento della potenza desiderante dell’uomo che lo distoglie da Dio, verso cui era orientato per natura, per volgerlo «contro natura» o «contro ragione» verso la realtà sensibile considerata in se stessa, costituisce una perversione, una «snaturazione» o malattia di questa facoltà, che fa ammalare anche tutta la natura dell’uomo decaduto.”

Ciò che conta è se e quanto vengo distolto da questo amore per Dio, perché secondo la mia natura io sono stato creato per amare Dio totalmente, primariamente. Se mi distolgo da questa idea iniziale, da questo progetto di Dio, se mi distolgo dalla natura che ho, voluta da Dio, mi oppongo a questa natura e questo fa ammalare tutta la natura dell’uomo decaduto.

“Le molteplici forme di desiderio con cui, in varie maniere, l’uomo decaduto cerca di arrivare al piacere sensibile – cui dedica ormai tutta la sua esistenza – ma anche i mezzi cui ricorre psicologicamente e fisicamente per allontanare il dolore, sia fisico sia psichico, che inevitabilmente a quel piacere inerisce, costituiscono appunto le passioni, che sono altrettante malattie spirituali. I desideri spirituali che convergono nel desiderio di Dio, e i desideri sensibili, “carnali”, non costituiscono, come si potrebbe sulle prime credere, due specie di desiderio di diversa radice: nel suo essere, l’uomo ha infatti una sola potenza desiderante. Nell’uomo che possiamo definire normale (Adamo prima del suo peccato; il santo, l’uomo restaurato nel Cristo), questa facoltà desiderante si trova, in linea con la sua natura, tutta orientata verso Dio, «oggetto» naturale e normale del desiderio umano. I desideri sensibili che compaiono nell’uomo decaduto e peccatore, nella loro natura profonda, non sono nient’altro che quel medesimo desiderio che, stornato dal suo fine divino normale, si è orientato contro natura e indirizzato verso la realtà sensibile, spartendosi nella molteplicità di questa.”

E’ sempre la stessa potenza desiderante solo che si è spostata dal suo fine divino e si è indirizzata verso la realtà sensibile.

“Ed è così che tutti i desideri dell’uomo decaduto appaiono costituiti e sostanziati dalla decadenza e dal nuovo orientamento patologico del desiderio naturale e originario di Dio, dal suo stravolgimento contro natura, dalla sua perversione; i desideri dell’uomo decaduto sono dei surrogati. Il fatto è che, se orienta il suo desiderio verso un certo campo, automaticamente l’uomo lo distoglie dall’altro.”

Se la mia potenza desiderante è rivolta verso la realtà sensibile non è più rivolta verso Dio.

“Così che, quanto più desidera e ama gli oggetti sensibili, tanto meno desidera e ama Dio.”

Quando noi amiamo poco Dio è perché stiamo amando qualcun altro di più, quando noi non sentiamo Dio è perché sentiamo altro di più.

“Di contro, chi desidera e ama Dio veramente non può desiderare nessun oggetto sensibile né avere dei desideri passionali, dato che per Lui solo e per le realtà spirituali egli riserva tutta la potenza del suo desiderio. La ragione del fatto che il desiderio, stornato da uno dei due campi (spirituale oppure sensibile/carnale) verso cui era orientato, si ritrovi per forza orientato verso il campo opposto è che l’uomo non può smettere di desiderare, e dunque, se distoglie il suo desiderio dall’oggetto che fin lì l’occupava, immediatamente sente il bisogno di dargliene un altro.

L’uomo deve desiderare qualcosa, è nella sua natura desiderare. Quindi se non desidera Dio, necessariamente desidera altro.

Distogliendo il suo desiderio da Dio, che è il suo fine proprio, naturale, normale, per orientarlo verso se stesso e gli oggetti sensibili e goderne fuori di Dio, l’uomo ne muta indebitamente l’uso, non lo dirige più in maniera conforme alla sua natura, agisce contro natura, in maniera – alla lettera – insensata. Il desiderio «stravolto» fa vivere l’uomo in un mondo capovolto, in cui i valori sono sottosopra, in cui le cose hanno perso il loro ordine autentico e le loro proporzioni vere. Tant’è che, perdendo il senso del vero Dio, l’uomo finisce – nel nuovo orientamento del suo desiderio e nella scoperta di nuove gioie – con l’assolutizzare i desideri e piaceri sensibili e, attraverso essi, i loro oggetti, che mette quindi al posto di Dio.”

Noi facciamo spesso queste cose ma non c’è cieco più cieco di chi non vuol vedere e non c’è sordo più sordo di chi non vuol sentire. Citare esempi di questo desiderio stravolto potrebbe non avere senso perché uno li ascolta e si sente chiamato in causa perchè quella cosa lui la fa, ma immediatamente dopo dice a se stesso: no ma questa cosa è giustissima e quindi non ha senso fare esempi. Deve essere il soggetto che arriva a capire che in lui non c’è Dio, e che la potenza desiderante non è come prima cosa rivolta a Dio, ma c’è altro prima che, come un diaframma, ne impedisce il raggiungimento.

E’ vero che il desiderio stravolto fa vivere in un mondo capovolto ed è vero che poi si assolutizzano oggetti e piaceri che prendono il posto di Dio. Noi abbiamo molti idoli che stanno al posto di Dio.

“Ed è così che l’uomo si fa delle realtà sensibili una moltitudine di falsi dèi, una massa di idoli. Anche qui dunque ritroviamo quel processo patologico e patogeno di “idolificazione” che già in altra occasione abbiamo incontrato.

Ci possiamo fermare, chiediamo al Signore la grazia di aiutarci a vedere la nostra potenza desiderante verso cosa e verso chi si rivolge e se non è verso Dio ci dia la grazia di purificare tutto e rimettere le cose al loro posto.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Mercoledì della I settimana di Quaresima

VANGELO (Lc 11,29-32)
A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

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