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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 54

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Giovedì 9 marzo 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 16, 19-31)

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 9 marzo 2023. Oggi, ricordiamo Santa Francesca Romana, religiosa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo sedicesimo di San Luca, versetti 19-31.

Non dimentichiamoci che Gesù dice questa parabola ai farisei. Non la va a dire ai ricchi, interessante. Si potrebbe pensare: “Beh, ascoltando ora quello che dice nella parabola, Gesù sarà andato a dirla ai ricchi del tempo, a coloro che avevano tanti soldi, tanti possedimenti”. E invece no! La parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro, Gesù la va a raccontare e a dire ai farisei. Allora uno dovrebbe chiedersi come mai la va a dire ai farisei. Interessante, pensateci.

E non dimentichiamoci la risposta finale: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Ecco: “non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Cioè a dire: mettetevi il cuore in pace. Noi che abbiamo tutte queste idee di convertire la gente, di fare chissà che cosa. Noi che diciamo: “No, ma se io gli spiego; no, ma mettiamoci a parlare; no, ma aspetta, se trovo la risposta intelligente da dire; no, ma se ci fosse un miracolo…”. No! “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Se lo dice Gesù, ci possiamo fidare.

Ascoltiamo adesso il testo del diario della beata Edvige Carboni.

29 maggio 1941. Mentre pregavo fui rapita in un istante. Mi si presentò la Mamma Celeste col Bambino nelle ginocchia. Mi si avvicinò un angelo e mi disse: Vieni con me; mi fece inginocchiare davanti alla Vergine: lui recitava una preghiera e volle che io la ripetessi assieme a lui. Mamma mia Celeste!

Mi viene da fare un’osservazione: è interessante che l’angelo, che conduce la beata Edvige Carboni davanti alla Vergine Maria col bambino sulle ginocchia, fa inginocchiare la beata Edvige davanti alla Vergine.

Pensate a tutti quelli che dicono: “Davanti alla statua della Vergine Maria, non bisogna inginocchiarsi” e tutte queste storie. Vi ricordate che già ve ne parlai? Vi parlai di quelli che si prendono la responsabilità di andare dai giovani, dalle persone che sono in ginocchio davanti alla statua della Vergine Maria, di farle alzare “Perché davanti alla statua della Vergine Maria non si sta in ginocchio!”. Loro dicono.

Uno dice: davanti alla madre di Dio, non sto in ginocchio. Va bene. Non sto in ginocchio davanti alla Regina del cielo della terra. Va bene. Però l’angelo, alla beata Edvige Carboni, davanti a questa visione, la fa mettere in ginocchio. Quindi, chi avrà ragione? Il cielo che cosa vuole?

Non lo so, è una domanda che pongo, sapete io ho sempre tante domande. La mia domanda è: “È più probabile che la volontà di Dio sia quella manifestata dall’angelo, che conduce la beata Edvige Carboni davanti alla visione della Vergine Maria, o quella di chi dice «No, davanti alla statua della Vergine non ci si ginocchia perché…»?”. Non so, siete tutti grandi, sapete voi dare la risposta.

Mi si potrebbe obiettare: “Ma Padre, come mai si sofferma su questa cosa? Non è importante!”. Ma guarda, è talmente non importante che in quel brevissimo testo del diario della beata Edvige viene segnato questo particolare. Ma chissà, non so, magari non è importante, però a me è caduto sotto gli occhi. Poi ognuno fa quello che vuole, ognuno ha la sua coscienza davanti a Dio, ognuno fa i suoi ragionamenti, le sue scelte, l’importante è che siamo coscienti, liberi, lo siamo. L’importante è che siamo coscienti: abbiamo davanti A e B, poi ognuno sceglie liberamente, per l’amor del cielo, ci mancherebbe altro. Tanto poi, finalmente, ci presenteremo tutti davanti al giudizio di Dio e lì, finalmente, sapremo. Finalmente sapremo se chi si è inginocchiato davanti alla statua della Vergine Maria e chi ha consigliato di farlo è caduto nell’errore, ha sbagliato, oppure se hanno sbagliato gli altri. Lì lo sapremo. Dio Padre, la Santissima Trinità ci dirà come stavano le cose. A mio giudizio, basta un po’ di logica, però sapete magari uno dice: “No Padre, lei non ragiona bene, sragiona…”. Può darsi. A me basta un po’ di logica, un po’ di ragionamento, mettere insieme tre o quattro tasselli e con un po’ di logica tiro una riga e mi viene il risultato. Però se uno dice: “No, a me la logica dice un’altra roba”, va bene.

Dove si ha una comunità di cristiani che vivono insieme — scrive Bonhoeffer — si arriva per forza, ad un certo momento e per qualche motivo, alla reciproca testimonianza personale della Parola e della volontà di Dio. È impensabile — attenzione, eh — che non si debba mai parlare fraternamente delle cose che ognuno ritiene per suo conto le più importanti. Non è cristiano il deliberato rifiuto di questo importantissimo servizio reciproco.

Se siamo una comunità, che vuol dire, ripeto, dalla famiglia fino alla parrocchia, al convento, tutto quello che volete, se siamo una comunità, Bonhoeffer dice che è impensabile, eppure succede, che non si parla mai delle cose che ognuno ritiene più importanti.

Non stiamo parlando di: “Facciamo la riunione per parlare di…”. Non è: “Mettiamo a tema un tema e parleremo di quel tema”. No, Bonhoeffer non sta parlando di questo, non sta parlando delle riunioni che noi facciamo perché ci decidiamo di parlare del tema della fraternità, del tema del silenzio, del tema della Quaresima, del tema del…Bonhoeffer non sta parlando di questo. Bonhoeffer dice: “È impensabile che non si debba mai parlare fraternamente delle cose che ognuno ritiene per suo conto le più importanti. Non è cristiano il deliberato rifiuto di questo importantissimo servizio reciproco”, cioè è impensabile, e se accade non siamo una comunità cristiana, che non si possa mai parlare, che non ci sia lo spazio e la possibilità di parlare di quello che per me è importante. Potrebbe essere anche una cosa che non c’entra niente con la realtà religiosa. Una cosa che la mia mente, la mia persona, in quel momento sta vivendo come importante. Come la più importante. Per me. E se voi notate, si parla di tante cose, purtroppo anchestupide e inutili, si parla anche male. Ma di quello che per me è importante non si parla mai.

Noi siamo capaci di vivere insieme una persona per anni e non sappiamo rispondere alla domanda: “Scusami, ma per quella persona, per quel tuo fratello, per quella tua sorella, quali sono le cose più importanti oggi? Me le sai dire? Dimmene tre. Tre cose che per lui o per lei sono le più importanti in assoluto. Oggi secondo te, per la conoscenza che tu hai, quali sono le cose più importanti per lui?”.

Allora non se ne parla, perché uno non trova lo spazio interiore per dirsi, perché pensa: “Ma tanto qui non interessa niente a nessuno. A chi interessa quali sono le cose più importanti per me? Per chi e con chi io posso condividere questa scala di importanza senza il rischio di essere preso in giro, senza il rischio che uno scoppi a ridere, senza il rischio che uno mi dica: «Ma smettila, ma tu sei ancora lì, su queste cose?»”.

Però queste cose sono importanti per me. Ma siccome non sono importanti per te non hanno il diritto di essere ascoltate e non meritano il rispetto del fatto che per me sono importanti. Per te sono stupidaggini, va bene, ma per me sono importanti. E perché non devono essere rispettate?

Per cui, se io vedo dei ragazzi, dei bambini, dei giovani che pregano in ginocchio davanti alla statua della Vergine Maria, vuol dire che per loro è importante quello che stanno facendo. E chi sono io per andare lì mentre stannopregando, disturbarli nella loro preghiera e parlargli, costringendoli ad alzarsi, prendendoli in giro perché si mettono in ginocchio davanti alla Vergine Maria, burlandomi di loro e facendo tutto un discorso pseudo-teologico, per tirarli in piedi? Ma chi sono io? Che gravissima mancanza di rispetto è questa? Che forma di violenza grave è questa? Che mancanza di comunione, di comunità è questa? È una violenza gravissima.

Una persona che vive una roba del genere si chiede: “Cosa ho fatto di male perché uno mi venga ad interrompere durante la preghiera, durante il mio colloquio col Signore e mi tira in piedi dall’essere in ginocchio? Non ero in ginocchio davanti a un idolo, davanti a un albero. Ma che cosa sto facendo di male?”. Ma allora io come faccio a pensare di poter parlare delle cose che per me sono importanti, se questa cosa, che è tra le più importanti, mi viene negata, addirittura mi viene violata, se vengo preso in giro?

Se per me è importante ricevere la comunione in ginocchio e in bocca e vengo maltrattato, schernito, preso in giro e addirittura mi viene negata, contro ogni legge della Chiesa, come se fossi un pubblico peccatore… Ma di cos’altro possiamo parlare poi? Come potrò? C’è qualcosa di più importante dell’Eucarestia? No, non c’è niente di più importante per un cristiano perché bisogna essere pronti a morire per l’Eucarestia, quindi non c’è niente di più importantedell’Eucarestia. Quindi, come potrò allora parlarti di altro? Perché se questo, che è il vertice dell’importanza, viene trattato così, cioè senza rispetto, senza ascolto, senza quella sacra riverenza verso la libertà che ognuno come figlio di Dio ha e che la legge della Chiesa sancisce e riconosce (Istruzione Redemptionis sacramentum, numero 90, 91, 92)allora, di che cosa possiamo parlare?

Se vengo violato a questo livello così profondo, intimo, della mia persona, della mia spiritualità, di cos’altro possiamo parlare? Di niente! Non c’è un argomento di cui possiamo parlare.

Scrive Bonhoeffer: “Non è cristiano — lo dice un luterano — il deliberato rifiuto di questo importantissimo servizio reciproco”. Vuol dire che tu, sulle cose importanti sei chiamato ad ascoltarmi. Tu sei chiamato a rispettare ciò che per me è importante, è un tuo dovere ed è un mio diritto, ed è reciproco. Prima tocca a te, poi toccherà a me fare la stessa cosa. Quindi rispetto e ascolto, questo è un servizio fondamentale da rendere alle persone, da zero a 120 anni (per chi ci arriva), altrimenti non siamo cristiani, non solo non siamo comunità, ma non siamo proprio cristiani. Uno dice: “No, ma ci sono tanti modi di essere cristiani” — No! Questo va rispettato, questo va rispettato!

Se no parliamo di stupidaggini. Di cosa parliamo? Parliamo del vino, parliamo dei motori, parliamo delle donne, parliamo degli uomini, parliamo delle ultime notizie del telegiornale, parliamo degli ultimi pettegolezzi che ci sono. Di cosa parliamo? Questo tempo del parlare, di che cosa lo riempiamo? Di mangiare e bere? Di cosa parliamo? Qual è la qualità, qual è il peso specifico del nostro parlato?

Poi c’è chi si lamenta: “Eh, mio figlio non è mai in casa, è sempre fuori con gli amici e non vuole più venire a casa a mangiare con noi”. Prova a chiederti perché. Può essere che abbia perso la trebisonda, però può anche essere che dica:“Io non ho spazio, qualunque cosa io dica di diverso dal vostro pensiero viene preso e marchiato a fuoco, e allora cosa sto qui a fare? Vado a parlare con chi mi ascolta.”

Si fa in fretta a dire: “Quello ha sbagliato ad andare dalla maga, quello ha sbagliato ad andare dal mago, quello ha sbagliato ad andare dalla cartomante…”. Ho capito, ma se non c’è nessuno che mi ascolta e se non posso parlare con nessuno e nessuno ha tempo per me, è chiaro che io prendo 50 €, vado dalla maga, mi faccio leggere le carte, mi faccio leggere i fondi di caffè, mi faccio leggere non so che cosa e sto lì a raccontarle tutti i problemi della mia vita e la maga mi ascolta. Non aspetta altro! Dopo non si può puntare il dito e dire: “Eh, hai visto?” — Eh, hai visto che cosa? Non tutti sono eroi, tali per cui quando non c’è più acqua, piuttosto che andare a bere nelle pozzanghere, muoiono di sete. Non possiamo pensare che tutti sono eroi, ci sono anche persone che sono deboli e quindi dicono: “No, io piuttosto che morire di sete vado a bere nelle pozzanghere. Poi fa niente se muoio per epatite, va bene, ma io non ce la faccio più”.Dobbiamo essere realisti.

Se non ci vengono le parole, dobbiamo esaminarci sul modo in cui consideriamo il nostro fratello: — ecco, capite, come vediamo l’altro? — la considerazione esclusiva della sua dignità umana, che non osiamo violare, ci fa dimenticare la cosa più importante, e cioè che si tratta sempre di un uomo come noi, per quanto anziano, eminente, importante, di un uomo peccatore che invoca la grazia di Dio, di un uomo che ha come noi le sue grandi miserie, che ha bisogno come noi di aiuto, di consolazione e di remissione. Il fondamento che consente ai cristiani di parlare tra loro è il sapere che gli altri sono peccatori come noi, che nonostante gli onori umani sono abbandonati e perduti, se non trovano aiuto. Il che non significa denigrare o disonorare l’altro, ma anzi significa rendergli l’unico vero onore che spetti all’uomo, cioè la partecipazione alla grazia e alla gloria di Dio, di cui il peccatore ha bisogno, il fatto di esser figlio di Dio. Rendersi conto di questo permette di parlare fraternamente, con la necessaria libertà e schiettezza.

Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi, no? Quando vi dicevo: “Il sacerdote non è Superman. Quindi smettiamola! Il papà e la mamma non sono super, non sono figlio di Superman e di Wonder Woman. Mia madre non è la donna gatto che di notte esce a salvare l’umanità dall’ingiustizia milanese. Capite? La mia mamma la notte va a letto a dormire, non si trasforma nella donna gatto, mio padre non è Batman. Io non sono Robin. Capite? Siamo una famiglia normalissima,con un papà e una mamma, pieni dei nostri difetti, delle nostre incapacità, dei nostri fallimenti, ma anche pieni di tante belle cose; ma non ho bisogno di vedere mio padre sulla bat-mobile, che entra nella bat-caverna e beve il bat-caffè, per dire: “Ok, allora posso dare credito a mio padre, perché se invece è uno come tutti gli altri papà di tutte le persone che conosco, è indegno della mia fiducia”. Ma stiamo scherzando?

Qui entriamo nel mondo paradossale della malattia mentale, non si salva nessuno. Ma non si salva neanche Gesù. E infatti, davanti ai suoi discepoli, non si è salvato neanche Gesù. Ricordate i due di Emmaus: “Eh, neanche tu sai chi è, com’è, perché, eh pensare aveva detto che…, eppure guarda che…” Neanche loro, non si salva nessuno. Nessuno. Perché tutti si immaginano questo Gesù nella logica messianica, questo messia che viene a salvare tutto Israele, che viene lì, spada in mano, a liberarli dai romani — “No, ma veramente lui è venuto a fare altro” — “No! Il figlio di Diodeve fare questo, sennò niente, il Messia deve fare questo sennò non lo è” — “Vabbè, se lo dici tu”.

Bonhoeffer dice: “Il fondamento — non dimentichiamo, adesso ve lo commento un po’ — del parlare tra loro, è il sapere che gli altri sono peccatori come noi”, che hanno bisogno della misericordia di Dio, che sono figli di Dio come me. Che bello quando ci si va a confessare e si vedono i sacerdoti in coda, come noi, che si vanno a confessare. Ma è bellissimo! Abbiamo tutti bisogno della misericordia di Dio. È bellissima, questa cosa.

Quando io vado a confessarmi dal Sacerdote, non vado a confessarmi da un supereroe. Vado a confessarmi da un uomo che ha bisogno della misericordia di Dio come me, che però Dio ha scelto come suo ministro ordinato, capite? Egli ha impresso il carattere del Sacerdozio, un carattere che lo cambia ontologicamente. Ecco, ma la parte umana in lui è sempre quella, non diventa un angelo, è un uomo. È un uomo, che da quel momento in avanti rimane segnato nel suo essere da questo Carattere, che è l’Ordinazione.

Quindi se ho questa consapevolezza, che problema ho ad andare a dire i miei peccati? Uno dice: “No, io ho vergognadi dire certi peccati…”. Perché? Il sacerdote deve affrontare tutte le fatiche che affronti tu, anzi, forse ne ha di più di te. Le tentazioni, le lotte, le ascesi, le penitenze, uguale a te, anzi, per certi versi più di te.

Non mi ricordo più chi fosse quel santo, forse San Benedetto, se non ricordo male, che vedeva un demonio che dormiva sulle mura della città e questo era sufficiente per tenere sott’occhio tutta la città, mentre fuori della porta di ogni monaco c’erano sette diavoli. Per ogni monaco, sette diavoli!

Quindi, se il fondamento del parlare è il fatto che gli altri sono peccatori come me, allora di che cosa devo aver paura, di quale giudizio devo aver paura? E anche chi mi ascolta, dovesse ascoltare le cose più turpi del mondo, uscendo di lì, non potrebbe fare di peggio? Quello ha ammazzato qualcuno, e io potrei fare una strage. Se vado fuori di testa, cosa sono capace di fare? Qualunque cosa. Cosa diceva San Filippo Neri a Dio? “Tieni una mano sempre sulla testa del tuo Filippo, perché sennò… chissà cosa combino!”

Chiunque abbiamo davanti, — è bella questa cosa — è un uomo peccatore, che invoca la grazia di Dio, che ha le sue grandi miserie, che ha bisogno, come noi, di consolazione, di aiuto, di remissione. E allora, se riconosciamo questo, se di questo siamo convinti, dice Bonhoeffer, abbiamo libertà e schiettezza. Il problema qual è? Il problema è che io un po’ Superman mi sento, e un po’ mi devo comportare come Batman. Eh, certo! Quindi, bravo come me non c’è nessuno,che ha capito la teologia come me non c’è nessuno, che vive la fraternità come me non c’è nessuno, che è prestante e aitante come me non c’è nessuno, intelligente come me non c’è nessuno, devoto, pietoso e innamorato di Dio come me non c’è nessuno, quello che ha la conoscenza perfetta della volontà di Dio, l’esperto nelle cose di Dio. Certo che abbiamo questo complesso da Batman, l’Uomo ragno e Superman messi insieme, è finita! E infatti non ci parliamo.

Noi non parliamo delle cose che per noi sono più importanti e facciamo addirittura fatica ad andare a dire le cose in confessionale, che è quello che dobbiamo fare, ma facciamo fatica, perché? Perché noi non pensiamo che l’altro ha bisogno della misericordia di Dio come me, che l’altro è in cammino come me, che l’altro ha bisogno della grazia di Dio come me, che l’altro è figlio di Dio come me, anche se ha un ruolo e svolge un compito ben preciso, che non è un ruolo professionale, è proprio un ruolo legato al suo cambiamento ontologico. È un ministro di Dio, quindi ha un compito ben preciso, ma non è che mi deve scandalizzare il fatto che anche lui sia bisognoso della misericordia di Dio come me, ma ci mancherebbe! Anche i sacerdoti devono dormire, sapete, anche loro devono mangiare, magari tante ciliegie buone e fresche. Anche loro hanno i bisogni che abbiamo tutti.

Ma questo è una conferma. Come vi dicevo nei giorni scorsi, questa è una conferma della bellezza, della verità,dell’ordinazione Sacerdotale. Non è una cosa che stravolge la natura dell’uomo, ma la prende, la assume e dentro lì fa un’opera della grazia, ma rispettandola.

Parliamo gli uni agli altri considerando l’aiuto di cui tutti abbiamo bisogno. Ci esortiamo reciprocamente a seguire la strada che Cristo ci indica.

Io non so se noi facciamo queste cose. Ci esortiamo reciprocamente a seguire la strada che Dio ci indica? Consideriamo l’aiuto di cui tutti abbiamo bisogno?

Ci ammoniamo reciprocamente a non incorrere nella disubbidienza che costituisce la nostra rovina.

Noi reciprocamente ci richiamiamo a non cadere nella disobbedienza? Boh, speriamo…

Siamo miti e duri gli uni nei confronti degli altri, perché conosciamo la bontà e la severità di Dio

Noi siamo così? Siamo miti e duri? O siamo tanti Barbapapà, tante melasse, tanti budini: “Ma no, vabbè, ma sì, ma dai, ma va bene tutto, ma tanto il Signore ti perdona”. Come se io potessi prendere il cellulare: “Scusa, aspetta un attimo che chiamo Dio, che adesso mi dà la conferma su questa idea che mi è venuta”. Ma guardate che non funziona così.

Perché dovremmo temere qualcosa dagli altri, visto che tutti dobbiamo temere soltanto Dio?

Bah, non lo so, dipende… Beato Bonhoeffer che aveva le idee ben chiare su questo, perché non so quanti di noiabbiamo veramente chiaro in mente che l’unico da temere è Dio. Ne parla anche Gesù nel Vangelo, tra l’altro, dice: “Non temete chi può uccidere il corpo, ma non può nulla sull’anima. Temete piuttosto colui che può gettare l’uno e l’altro nel fuoco della Genna” — Di chi sta parlando? Di Dio Padre! Quindi capite che bisognerebbe dire: “Tu devi temere il giudizio di Dio, cosa ti interessa di quello che dice la gente? Ma che dicano quel che hanno voglia!”.

Perché pensare che il fratello non ci comprenda, se noi invece abbiamo capito così bene quando ci è stata annunciata da qualcuno, forse anche in termini non appropriati, la consolazione di Dio o l’ammonimento di Dio? Forse crediamo che ci sia un solo uomo che non abbia bisogno di consolazione o di ammonimento? Ma allora perché Dio ci ha fatto il dono della fraternità cristiana?

Ecco, domandiamocelo: “Perché Dio ci ha fatto il dono della fraternità cristiana?” — Potevo metterla come domanda di inizio: perché Dio ci ha fatto il dono della fraternità cristiana? Iddio ci ha fatto il dono della fraternità cristiana perché, due punti, e giù tutto l’elenco che ho appena detto. Tutte le cose che abbiamo appena detto si applicano qui, perfettamente, capite?

Quindi sarebbe bello che imparassimo in questa Quaresima a vivere il nostro essere fratelli in questo modo. Non dico con tutti subito, almeno con qualcuno. Mettersi d’accordo e dire: “Guarda, senti, io ho letto su Bonhoeffer che c’è scritto così e così così, ti piace?” — “Sì, mi piace” — “Benissimo, la facciamo?” — “Sì dai, facciamola” — “Benissimo. Da adesso noi faremo così uno con l’altro!” — “Fantastico”.

Provate e vedrete quante cose belle sperimenterete.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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