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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 55

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione sul testo “La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia” di S. Pietro Giuliano Eymard di martedì 26 luglio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 13, 36-43)

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 55

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 26 luglio 2022. Festeggiamo oggi i Santi Gioacchino e Anna, genitori della Beata Vergine Maria.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XIII di San Matteo, versetti 36-43.

Continuiamo la nostra meditazione del libro di San Pietro Giuliano Eymard; iniziamo oggi una nuova meditazione dal titolo: “La carità fraterna”.

“Meditazione Seconda.

La carità fraterna.

Dimorate con Dio per conoscerne la bontà; dimorate nel raccoglimento con voi stessi per conoscere la vostra miseria e disprezzarvi: sono queste le due sorgenti della carità fraterna, e il secreto per amare i nostri fratelli.

La carità fraterna è la virtù prediletta da Nostro Signore; Egli ne ha fatto il distintivo de’ suoi discepoli: «A questo appunto tutti riconosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Giov., 13,35).

«Chi ama il prossimo ha adempiuta la legge» dice S. Paolo (Rom., 13, 8). Chi pratica la carità fraterna è un buon religioso. La carità sola basta, perché è il precetto del Signore, aggiunge S. Giovanni Apostolo.

Chi ama il suo fratello ama Dio; Nostro Signore trasporta sul prossimo i diritti che ha al nostro amore: «Chi non ama il suo fratello che vede, come può amar Dio ch’egli non vede?» (I Giov., 4, 20).

Gesù Cristo chiama la carità pel prossimo precetto nuovo: quantunque gli uomini dovessero amarsi tra loro anche prima della sua venuta, tuttavia, non avendo veduto l’amore del Salvatore, non sapevano amarsi sovrannaturalmente gli uni gli altri. Dopoché Egli si è fatto nostro fratello ed è morto per noi, noi sappiamo quel che dobbiamo a tutti gli uomini, che in Lui ci sono divenuti fratelli.

Ma la carità fraterna s’impone anche più a noi che viviamo presso il Santissimo Sacramento; imperocché essa è il codice dell’ultima Cena, e la virtù dell’Eucaristia”.

Quindi, proprio per il fatto che noi tanto ci accostiamo all’Eucarestia, non ci dimentichiamo che la carità fraterna è il codice dell’Ultima Cena, è la virtù dell’Eucarestia.

Quali sono dunque i caratteri della carità fraterna? — Gli stessi che quelli dell’amore di Gesù Cristo per noi”.

Vediamoli adesso.

“Innanzi tutto Nostro Signore ci ama non pel suo interesse ma pel nostro bene. Chi ama gli altri per se stesso non è che un egoista. Bisogna dunque amare i nostri fratelli pel loro bene spirituale ed anche per il loro bene temporale secondo l’ordine della carità: questo è amore puro e sovrannaturale”.

Uno dice: «Ah sì, sì». Eh… non è proprio “Ah sì, sì”, non è così scontata questa cosa.

Io dico che ti amo, e già questo non è così semplice, banale, ovvio.

Ma perché ti amo?

Questa è una domanda che dobbiamo farci eh…

Perché ami quella persona?

Non è infrequente che tu dica di amare quella persona per il tuo tornaconto, non è così raro.

Uno riflette e dice: «Ma io, quando dico di amare qualcuno, sono convinto che questo è un amore vero, è un amore puro e sovrannaturale, come scrive lui?»

Se io lo amo per un qualcosa che questa persona mi dà o per quello che questa persona è, io sono un egoista.

Noi dobbiamo riflettere su queste cose eh…

Se io non faccio questa cosa, se io non vado incontro a Tizio su questa cosa, ho paura che poi mi lasci, mi abbandoni, mi tradisca, se ne vada, faccia…, ma quello non è amore!

Noi ci illudiamo di essere amati o di amare, ma questo non è amore, questo non è amore puro… questo non è amore sovrannaturale.

Quando con i giovani mi capita di dover trattare questo argomento e magari si vede qualche atto di egoismo, allora io li provoco, dicendo: «Questo è amore puro?»

Lo faccio per prenderli un po’ in giro, per fare capire che non è amore puro, perché l’amore puro ama per il mio bene spirituale, innanzitutto ha a cuore il mio bene spirituale; poi, il mio bene temporale, cioè le cose di cui ho bisogno. Questo è l’amore!

Se io non amo quella persona così da volere per lei il suo benessere spirituale, io non la amo.

Le persone non sono oggetti, non sono stracci da usare; le persone non sono la saturazione dei miei bisogni, dei miei egoismi, non sono il mio Tamagotchi… no, non lo sono.

Non è che, siccome tu sei la mia sposa, io sono il tuo sposo, allora io ho il diritto di vita e di morte su di te e qualunque capriccio mi venga in testa tu lo devi soddisfare, perché tu sei mia moglie, perché tu sei mio marito. No, questo non è amore.

L’amore non è trasformare in confetto rosa tutto il marcio che mi porto dentro eh, questo non è amore, e io non sono assolutamente tenuto mai a soddisfare il capriccio, quindi l’egoismo di chi ho accanto, fosse anche la persona a cui sono più legato; questo no assolutamente, nel modo più assoluto.

Io sono Sacerdote, sono stato ordinato Sacerdote anche, e non solo, per servire il popolo di Dio, per servire le persone; benissimo, ma questo non vuol dire che, allora, qualsiasi capriccio, qualsiasi invadenza, qualsiasi egoismo, qualsiasi bisogno deve essere immediatamente esaudito, corrisposto, assolutamente no. Attenzione, eh… Siccome tu sei questo, allora devi fare… No, no, perché, affinché ci sia un amore puro e sovrannaturale, innanzitutto devo avere a cuore il tuo bene spirituale.

Il tuo bene spirituale può essere che io debba dire tanti “No”, perché, se tu sei un egoista, se tu sei un narcisista, hai bisogno di limare, di bloccare il tuo delirio di onnipotenza.

E poi, certo, devo venirti incontro anche per quanto riguarda la carità, ci mancherebbe, quella che più intendiamo noi con questa parola, quella che lui chiama “il bene temporale”, quindi proprio per le cose di cui hai bisogno.

Su questa cosa stiamo molto attenti a non cedere ai ricatti: «Ah tu sei cristiano, quindi tu devi…»

No, non è detto, dipende; dipende se questo risponde al suo bisogno spirituale, al suo bisogno temporale o se è un capriccio capriccioso. In tal caso, allora no.

Quando ero piccolino (non so se ve l’ho già raccontato), l’ho finita in fretta di fare i capricci, non perché fossi santo, ma per un trattamento pedagogico che ho ricevuto e che mi ha subito chiarito le idee.

Quando ero piccolino, qualche volta (me ne ricordo una in particolare), mi capitava che mi impuntavo a fare i capricci, a fare il capriccioso, e facevo un po’ la scena, facevo un po’ l’attore, perché, quando uno fa i capricci, poi fa l’attore, fa le sue opere d’arte, le sue opere teatrali.

Mi ricordo che una volta feci una di queste mie sceneggiate fantastiche, ma  non venni esaudito e ascoltato nel mio delirio di onnipotenza, che già avevo.

Da piccolini si ha già un delirio di onnipotenza potentissimo, che, se non si lima e se non si comincia a educare, poi diventa un disastro, e tutti siamo ammalati di questa cosa, purtroppo, tutti abbiamo questa malattia del delirio di onnipotenza, tutti. Bisogna esserne coscienti, bisogna sempre stare molto in guardia.

Dunque, siccome non sono stato esaudito, dopo la sceneggiata teatrale, ho cominciato ad urlare, a fare tutti i versi del mondo, a fare quel pianto un po’ isterico, senza lacrime, e una signora (caduta ovviamente, come un pesciotto, nella mia rete) si avvicina alla mia mamma e dice: «Oooh povero bambino… Signora, ma guardi come piange, gli vada incontro. Cos’è che vuole? Di cosa ha bisogno? Ma guardi come piange!»

E la mia mamma le rispose (me lo ricorderò finché muoio): «Signora, non c’è problema», e guardandomi mi disse: «Giorgio, urla più forte che ti si allargano i polmoni!»

Mamma, non vi dico… sono diventato nero, nero dalla rabbia, e ho detto: «Non ci posso credere…»

Mi è sgusciata via dalle mani come un’anguilla. Mi sono trovato smontato alla radice, così ho smesso di piangere.

Ho detto: «Non è possibile…»

Basta, ho finito di piangere.

Se una ti dice: «Urla ancora di più, perché così ti si allargano i polmoni», tu pensi: «Vabbè, non è questa la strada. Se voglio ottenere qualcosa, questa non funziona proprio».

Sì, noi dobbiamo fare così. Guardate, la sapienza di chi ci ha preceduto è veramente ottima eh…Non dobbiamo farci spaventare da uno che piange, che urla, che grida, che lamenta i suoi bisogni, che minaccia, che… Sì, sì, sì, sì, sì, urla più forte che ti si allargano i polmoni!

Ah sì, poi, tra l’altro, ho letto il commento di una persona ad una meditazione di qualche mese fa, dove scrive: «Oh povero bambino (riferito a me), questa nonna com’era severa!». Guardate, se c’era una persona che non era severa, era proprio mia nonna Anna, assolutamente.

Vedete, noi abbiamo questo vizio, purtroppo è proprio un difetto psicologico, noi confondiamo la severità con la precisione. Essere precisi, essere rigorosi, essere ordinati, non vuol dire essere severi, assolutamente.

Siccome abitiamo in un mondo tutto caramellato, infiocchettato e fatto tutto con lo zucchero filato, cioè siamo tutti diabetici spiritualmente, basta che venga meno un po’ di quei cinque chili di glucosio a cui siamo abituati ogni giorno, che subito cominciamo a disperarci, no?

In realtà, il rigore, la precisione, l’ordine, sono fondamentali per la vita. Qui non c’entra la severità.

“Dobbiamo amare i nostri fratelli con cui viviamo più che ogni altra persona al mondo”.

Sì, perché è inutile che io vada ad aiutare i bambini di non so dove, e poi mi dimentichi dei miei che ho in casa.

Capite? Noi diciamo di amare le persone, poi usiamo le persone, facciamo commettere dei peccati gravi, così quella persona, a causa nostra, porta sulla sua coscienza dei peccati gravi, e chissà se, come e quando li confesserà… ma questo non è amore, questo non è amore!

“S. Paolo insegnava a Timoteo: «Se alcuno non ha cura de’ suoi, e sopra tutto di quelli di sua casa, ha rinnegata la fede ed è peggiore di un infedele» (I Tim., 5,8)”.

Capito? Quelli di casa sua…

“La nostra carità deve estendersi all’anima ed al corpo dei nostri confratelli com’essi hanno dato alla Congregazione anima e corpo”.

Così vale per una famiglia.

“Quanto alla loro anima voi siete obbligati a pregare e cercare, per quanto potete, di far loro evitare una mancanza che stan per commettere”.

Ecco, vedete quello che vi ho appena detto?

“Amare le anime, impedire l’offesa di Nostro Signore, è quel che eccita lo zelo degli apostoli e dei buoni sacerdoti. Dopo il servizio della sua persona, nulla dà più gloria a Nostro Signore che la carità spirituale per i nostri fratelli. In essa vi sono due guadagni per la sua gloria: l’atto che voi fate e la preservazione del vostro fratello dal cadere”.

Se io faccio cadere la persona che ho accanto a me nel peccato, io non la amo… io non la amo, io la uso. Sono un egoista patentato.

Poi posso fare tutti i versi che voglio, tutte le promesse che voglio, tutti i doni che voglio, non ha importanza.

Se io ti amo, io farò di tutto, pregherò per te e farò di tutto per evitare che tu cada in una qualunque mancanza, anche la più piccola.

Ecco perché dovremmo evitare di diventare occasione di litigio, dovremmo cercare di non essere petulanti.

Se noi amiamo, dobbiamo impedire l’offesa a nostro Signore da parte della persona amata, fare di tutto per non crearne l’occasione.

“La carità fraterna ha una potenza mirabile: essa non lavora mai invano, anche quando non ottiene quello che voleva: il merito ritorna a voi che avete cercato di fare il bene e non vi siete riusciti; in Cielo i santi sono ricompensati anche del bene che hanno fatto ad anime le quali, malgrado i loro soccorsi, andarono dannate”.

La carità che tu fai avrà sempre un buon esito.

“E così un superiore che mette tutto il suo zelo a far osservare la regola, ha lo stesso merito, lo ascoltino o no i suoi religiosi. Dare una elemosina è un’opera buona quand’anche il povero se ne servisse per mal fare”.

Quindi, noi dobbiamo sempre fare tutto ciò che è nel nostro potere per fare del bene a chi abbiamo accanto, poi fa niente se Tizio e Caio rispondono negativamente, non ne fanno profitto; fa niente, noi l’abbiamo fatto, abbiamo fatto tutto il possibile per riuscire a metterli nella condizione di essere migliori.

“Abbiate dunque carità per i vostri fratelli: ad essi il vostro primo amore! Sarebbe molto deplorabile che aveste più carità per i forestieri che per quelli che compongono la vostra famiglia!”

Qui non faccio commenti, perché se no c’è un vaso di Pandora grande come il mondo da scoperchiare su questa cosa.

La rileggo solamente e non dico niente, perché…: “Sarebbe molto deplorabile che aveste più carità per i forestieri che per quelli che compongono la vostra famiglia!”

Non possiamo certo dire che San Pietro Giuliano Eymard non aveva capito niente della carità fraterna, no?

 Ecco, quindi siamo noi che dobbiamo registrarci un po’…

“Voi vi dovete al prossimo soltanto nella misura della vostra missione e non in tutta l’estensione che può raggiungere la carità”.

Capito? Questo è importante, eh… Tu ti devi all’altro in funzione della tua missione, non di tutta la carità possibile che tu potresti fare.

Quindi, io Sacerdote sono tenuto a dare, ad essere caritatevole in funzione della mia missione sacerdotale, non in funzione di un assistente sociale, per esempio. Un esempio a caso…

Io papà (io mamma), sono chiamato ad esercitare la mia carità fraterna verso i miei figli, verso il mio coniuge, questo è il mio primo compito!

Non posso salvare il mondo, devo dare la carità innanzitutto alla mia famiglia, poi, nel caso, anche a…

Mi fermo qui, perché mi sembra che siano argomenti veramente tosti, importanti.

Bene, viviamo la carità secondo la nostra missione.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

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