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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 55

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Venerdì 10 marzo 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 21, 33-43.45)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 10 marzo 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa messa di oggi, tratto dal capitolo ventunesimo di San Matteo, versetti 33 e seguenti.

Dal diario della beata Edvige Carboni, un pensiero per oggi.

Aprile 1941: Mentre pregavo mi si presentò davanti una scala ove c’ erano due angeli ai lati. Uno in mezzo con un tavolino, calamaio e penna ed un grande registro. Tanta gente passava davanti, ma indifferente; pochi si fermavano, prendevano la penna e scrivevano nel registro. In alto a cotesta scala c’era scritto: Buoni del Tesoro; poi un’altra scritta diceva: Diecimila d’interesse per mille, in cima alla scala vidi che rimaneva in mezzo il Sacro Cuore che invitava a salire in alto, ma parecchi, arrivati ad un punto, scendevano indietro. Nel mentre che anch’io facevo le scale, il Sacro Cuore mi disse: Figlia, dì al tuo confessore che propaghi i nove venerdì primi del mese, che io do l’interesse mille per diecimila”.

Anche qui io devo ammettere che non lo sapevo, l’ho scoperto oggi con voi. Anche con questa beata abbiamo il tema dei primi Nove Venerdì del mese. Nei giorni scorsi vi ho parlato dei Primi Sei Giovedì, dei Primi Nove Venerdì e dei Primi Cinque Sabati, così ho rivisto un po’ anche le richieste della Vergine Maria a Fatima, ma proprio ignoravo che, anche alla beata Edvige Carboni, Gesù avesse detto qualcosa sui primi Nove Venerdì. Siamo nel 1941. Non proprio così tanto tempo fa.

Quindi dire che è una pratica superata, perché risale ai tempi di Santa Margherita Maria Alacoque, evidentemente, non regge. Avete visto? Ancora nel 1941, il Signore ritorna sul tema dei primi Nove Venerdì, ritorna questo tema dell’interesse 1000 per 10.000. E vedete che torna questo tema di non riuscire a farli. Innanzitutto, c’è questo tavolino con calamaio, penna e un grande registro, con i due angeli. Tanta gente passava davanti indifferente, come vi dicevo: questa pratica non viene più predicata, annunciata e comunque tanti ci passano davanti e neanche se ne curano. Pochi si fermano a prendere la penna e scrivere nel registro. Cosa vuol dire scrivere nel registro? Vuol dire: “Inizio la pratica dei primi Nove Venerdì del mese”, cioè tengo segnate le date, perché sono nove mesi consecutivi che non devono essere interrotti. Quindi è lì che io prendo la penna, inizio a scrivere sul registro.

Poi c’è il Sacro Cuore in mezzo, in alto che invitava a salire. Ma parecchi, dice la beata Edvige, arrivati a un punto scendevano indietro, cioè arrivati al settimo, al sesto o addirittura all’ottavo mese — conosco persone arrivate fino all’ottavo venerdì — per tot ragioni interrompono la pratica. E quindi si torna indietro, bisogna rifarla. Ma poi uno non ha voglia, poi qui, poi là, salta tutto.

Uno dice “Ma nove mesi sono tanti, come si fa?”. Ma guardate che il Signore ci chiede solo al primo venerdì di ogni mese di fare la comunione riparatrice, non chiede la luna. Ci sta chiedendo di fare la comunione riparatrice in onore del suo Sacratissimo Cuore, basta, non c’è altro. Per nove primi venerdì del mese. Andiamo a leggere bene.

Io ho fatto questo pdf verde, che si trova nel sito veritatemincaritate.com, sulla pratica dei Primi Sei Giovedì, dei Primi Nove Venerdì e dei Primi Cinque Sabati, lo potete scaricare gratuitamente e leggere bene tutte le condizioni. Cosa c’è di difficile? Confessarsi almeno una volta al mese, fare la comunione riparatrice per i primi nove venerdì del mese. Perché no? Dì al tuo confessore che propaghi i 9 primi venerdì del mese.

E ricordiamo che a Bruno Cornacchiola, il veggente delle Tre fontane, la Vergine Maria disse che fu proprio la pratica dei Primi Nove Venerdì del mese, fattagli fare da sua moglie a salvargli l’anima. Quindi, capite che cosa può voler dire? Abbiamo avuto una conferma in più. Ecco, il Signore ci ha confortati, quest’oggi, con una conferma in più.

Proseguiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer Vita comune.

Quanto più impariamo ad accogliere la parola che gli altri ci dicono, si tratti pure di duri rimproveri e di ammonimenti da accogliere con umiltà e gratitudine, tanto più si accresce la nostra capacità di parlare con libertà e pertinenza. Chi per suo conto respinge la parola fraterna detta seriamente, perché è sopraffatto dalla suscettibilità o dalla vanità, non può neppure dire umilmente la verità agli altri, in quanto ne teme il rifiuto che sarebbe causa per lui di ulteriore offesa. Chi è suscettibile, tende sempre ad adulare il proprio fratello, e dunque anche a disprezzarlo e a calunniarlo. Invece chi è umile si attiene alla verità e insieme all’amore. Si attiene alla Parola di Dio e si lascia condurre da questa Parola al fratello. Non cercando e non temendo niente per sé, può aiutare l’altro con la parola.

Quindi dobbiamo imparare ad accogliere i rimproveri, le correzioni. Guardate, mi vien da dire di più. Qui lui dice “impariamo ad accogliere”. A me viene da dire “impariamo a cercare”. Dobbiamo essere golosi, ecco, di una cosa dobbiamo essere golosi, santamente golosi, di una cosa dobbiamo essere bramosi: di essere corretti, di essere rimproverati. Ma non per chissà quale gusto masochistico. Ma perché è l’unico modo di crescere veramente in umiltà, in gratitudine — perché è una grazia immensa — e quindi, di crescere nella capacità di parlare con libertà e pertinenza.

Chi è la persona veramente libera? La persona veramente libera è colei che è libera da sé stessa. Quindi non che semplicemente accoglie, ma desidera, cerca di essere corretta. Certo non da chicchessia, ma da quella persona di fiducia che il Signore le ha messo accanto. Ma non fa scenate di permalosità, di essersi offeso. Che poi guardate, la correzione, veramente, può arrivare da qualunque parte! Anche da una persona che non ci conosce, che ci conosce poco, anche da un confessore così, estemporaneo, che incontriamo. Il Signore usa tanti strumenti, tante vie per raggiungerci. La correzione viene da qualunque parte. Ancor di più se sono persone che ci conoscono bene.

 Ecco, se noi siamo disposti ad accogliere duri rimproveri, con tanta umiltà, ma anche gratitudine, questo è un ottimo segno di libertà e di pertinenza.

Un Sacerdote anziano, che adesso è morto, che era direttore di un collegio, mi raccontò che un giorno, mentre passeggiava nel corridoio del collegio, si imbatté in un gruppo di ragazzi che erano lì per studiare e uno di questi, proprio passandogli accanto — probabilmente non si era accorto che lui fosse lì — disse una bestemmia. Questo Sacerdote si girò e, davanti a tutti, gli diede uno schiaffo, senza dire una parola, poi se ne andò. Alla sera questo ragazzo ha bussato al suo studio. Mi ha detto: “Io immaginavo che venisse lì a fare tutte le sue rimostranze, a dirmi tutte le sue cose, a dirmi che avevo sbagliato…”. Invece, questo ragazzo è entrato, si è avvicinato, gli ha preso la mano con la quale lui l’aveva schiaffeggiato e l’ha baciata. Questo vuol dire accettare il duro rimprovero. Questo vuol dire essere umili. E questo vuol dire essere grati. Quella mano che ci dà lo schiaffo al momento giusto nella nostra vita è una mano da baciare. Perché alle volte abbiamo bisogno di un colpo forte per farci comprendere che siamo fuori strada.

Chi invece respinge questa parola fraterna, perché suscettibile, perché vanitoso… Ci sono persone che ti rispondono male. Ci sono persone che proprio si incattiviscono, si offendono: guai a dire una parola! Ma neanche per scherzo… Sapete, ridendo castigat mores, se conoscendo la suscettibilità della persona uno pensa: “Non posso dirglielo seriamente, glielo dico con un po’ di ironia”. No, per l’amor del cielo, viene fuori un caso di stato!

Mi ricordo che quando entrai in convento il mio maestro mi diceva: “Quando vieni rimproverato, stai zitto”. E io dicevo: “Però se quella cosa non è vera e non è giusta, perché?” Lui diceva: “Tu stai zitto. Nel momento del rimprovero tu stai zitto e ringrazia. Una cosa sola devi dire: grazie. Punto e vai. Poi ci pregherai sopra, ci penserai, rifletterai e ciò che in quel rimprovero, se c’è qualcosa in quel rimprovero che non capisci, allora vai e chiedi, dopo, dopo un po’ di giorni. Se c’è qualcosa di ingiusto, di sbagliato, lascia perdere. E un’occasione per umiliarti. Non star lì a far le polemiche inutilmente. Cogli ciò che di vero c’è ”.

È molto liberatoria questa cosa. È molto umanizzante, è molto cristianizzante, molto. Proprio ti libera, ti libera. Impariamo a non essere suscettibili, il che vuol dire impariamo a non essere superbi! Il suscettibile, il permaloso, il vanitoso è un superbo.

Ecco, Bonhoeffer dice: “Chi è sopraffatto dalla suscettibilità della vanità non può neppure dire umilmente la verità agli altri, in quanto, ne teme il rifiuto che sarebbe causa per lui di ulteriore offesa”.

Quindi ci sono persone che non ti vengono a dire in faccia quello che pensano perché, essendo loro permalose e vanitose, hanno paura del tuo rifiuto, hanno paura di essere rifiutati, hanno pure paura di essere criticate e quindi per loro sarebbe un’ulteriore offesa, quindi tacciono, per un egoismo personale, non per virtù. Non sono persone capaci di verità. E queste persone fanno tanto male. Soprattutto quando hanno un ruolo di responsabilità, un ruolo educativo. Se un papà e una mamma si comportano così, è un disastro, è la fine per quei figli.

Per questo è fondamentale essere umili, per questo è fondamentale saper accogliere. Il rimprovero ci può venire anche da un figlio, anche da un bambino. “Eh, ma io ho ottant’anni, chi sei tu per venirmi a dire queste cose?”. Ma che c’entra? Chi sono io? Io non sono nessuno. Non vengo a parlarti di me, non vengo a fondare quello che dico sulla mia autorità, per l’amor del cielo! Ti vengo a dire ciò che io vedo come vero. Qui il problema è la verità. “Quello che dico è vero o non è vero?”. Non conta chi lo dice!

Sono cinquanta giorni che ve lo ripeto. Non conta chi annuncia la verità, conta la verità e vi ho portato il 29 gennaio di quest’anno tutta la riflessione su San Tommaso d’Aquino: può essere anche un demonio a venirmela a dire, non ha importanza. Lo dice San Tommaso nella Summa Theologiae, non lo dico io. Può essere anche un demonio, può essere anche un profeta di Satana, quello che conta è se dice o no la verità. Dio, si può servire di un demonio per dire la verità? San Tommaso d’Aquino dice: sì. Per esaltare ancora di più la sua potenza, la sua gloria. Anche del demonio, si può servire il Signore. Non dobbiamo stare a guardare: me l’ha detto tizio, a me l’ha detto caio, ma quello cosa vuole nella mia vita, ma lui è peggio di me, ma quello lì è più indietro di me. Cosa c’entra? Può essere anche un asino, come l’asina di Balaam, può essere anche un somaro che me lo viene a dire, non conta niente, smettiamola di avere una testa così gretta, così meschina. Quello che conta è: è vero o no? Basta. Conta solo questo. Quello che ti ha detto, è vero o falso? Tu lo devi prendere in silenzio, lo devi mettere davanti al Signore e dire: “Gesù, oggi ho ricevuto questo rimprovero, mi fa un male terribile, va bene. Mi aiuti a capire quanto c’è di verità qui dentro, mi aiuti a fare verità, mi aiuti a vederla questa cosa?  Magari non la vedo, non l’ho mai vista, non riesco a vederla, aiutami tu!”.

Guardate che il Signore ci aiuta, il Signore aiuta a fare chiarezza dentro di noi se siamo umili. E poi, ripeto, può anche succedere che di cento cose che ci sono state dette, ottanta siano false, sbagliate, va bene. Ma se c’è anche un 1% di verità allora dobbiamo lasciarci raggiungere da quella verità e lottare contro la permalosità; altrimenti dopo non saremo neanche noi capaci di dire la verità. E quindi cosa faremo? Cadremo nella mormorazione, come sempre: mormorazione, diffamazione, calunnia, peccati mortali gravissimi contro la carità. Perché siamo dei vigliacchi. Il superbo è un vigliacco. Il suscettibile è un vigliacco. Non ha il coraggio di sostenere un confronto sincero con nessuno, perché non ha il coraggio di avere un confronto sincero con sé stesso, questo è il problema.

Chi è suscettibile tende sempre ad adulare il proprio fratello e dunque anche a disprezzarlo e a calunniarlo”. Certo, perché chi è permaloso cosa fa? Viene e ti circuisce, viene per adularti. In faccia non ti dice mai niente di negativo, ti fa solamente dei grandi complimenti. Poi, quando non ci sei, ti calunnia, ti disprezza. Certo, perché anche lui avrà da dire qualcosa di negativo su di me, su di te, su di noi. Ma, anziché dirtelo in faccia, siccome è permaloso, quindi superbo, te lo dice alle spalle e così ti calunnia e ti diffama.

 Invece chi è umile si attiene alla verità e all’amore. Perché non cerca e non teme niente per sé. Chi è umile non ha paura di perdere qualcosa o qualcuno. Chi è umile — vuol dire: chi è vero — chiama le cose col loro nome. Le chiama così come sono. Ti offendi? Mi dispiace, cercherò di essere il più delicato possibile, ma quella crosta purulenta la dobbiamo togliere. Tu puoi urlare e piangere quanto vuoi, ma se io ti voglio bene, quella crosta lì te la devo strappare, perché è piena di pus. Bisogna drenare tutto il marcio che c’è sotto, sennò tu andrai in setticemia, andrai in cancrena. Quindi bisogna tirarla via, c’è poco da fare. Certo che fa male eh, certo che fa male, fa malissimo.

Sapete, ho avuto l’occasione di vedere una roba del genere. Guardate, è stata un’esperienza terribile. Ho avuto l’occasione di vedere un ragazzo al quale sul ginocchio si era formata una protuberanza, una cosa strana, sembrava come un callo. Un giorno viene e mi dice: “Padre, guarda, voglio farti vedere una cosa, se mi sai dare un consiglio”. E allora tira su un po’ il pantalone e mi fa vedere questo ginocchio, mi dice: “Guarda com’è strana questa cosa!”, dico: “In effetti, anche a me sembra strana”. E aveva un po’ di rosso lì intorno. Gli dico: “Guarda, io andrei dal dottore. A me non è che mi piaccia molto questo rosso intorno”. Era come una crosta e siccome stava molto in ginocchio, sembrava proprio come un callo, però intorno c’era questo rosso che non mi convinceva molto. Poi ho schiacciato, abbiamo schiacciato e ho visto che è uscito un po’ di siero. Quindi dico: “Guarda, secondo me è meglio che vai dal medico”. Cari miei… quando il medico ha tirato via questo callo, ha sollevato questa pelle morta, sotto c’era un’infezione che gli aveva fatto un buco nella carne ed era quasi arrivata all’osso, che se fosse arrivata all’osso… scenario terrificante. Andate a chiedere a un dottore, cosa vuol dire l’infezione che arriva all’osso. Gli ha fatto un buco! Quindi han dovuto pulire, drenare, medicazioni dolorosissime. Ci ha impiegato mesi per guarire, perché ha dovuto ricrescere tutta la carne. Fortunatamente non ha toccato l’osso. Ha dovuto prendere antibiotici, un finimondo! Ma dico: oca del Campidoglio! Ma non potevi andare prima a farti vedere? Primo. Secondo: certo che lui aveva paura del dolore, ma bisogna… quando il dottore ha tirato su e ha visto ha detto: “Guarda che lì bisogna pulire, devo togliere tutto il pus. Dobbiamo vedere fin dove è arrivata”. Si vedeva l’osso sotto, si riusciva quasi a vedere l’osso. Terribile.

Chi ci vuole bene, ci strappa le croste purulente da dosso. Per il nostro bene, perché sennò marciamo, ci infettiamo mortalmente. E non è che sia una cosa piacevole pulire le piaghe purulente. Non piace a nessuno. Eh, però va fatto, qualcuno lo deve pur fare.

Adesso Bonhoeffer inizia un tema nuovo:

La correzione non può essere evitata, in quanto la Parola di Dio la comanda, quando il peccato del fratello è palese. Non c’è niente di più crudele di quell’indulgenza che abbandona l’altro al peccato. Niente di più misericordioso di quella dura correzione che fa recedere il fratello dalla via del peccato. — Avete sentito? — È un servizio di misericordia, un’estrema offerta di comunione autentica, il porre fra di noi la sola Parola di Dio, nella sua funzione di giudizio e di aiuto.

Cioè questo è un atto di misericordia, un atto di pietà, questa è la vera misericordia, dice Bonhoeffer. La dura correzione che fa vedere al fratello il suo peccato e lo ferma. E così non c’è niente di più crudele, di più malvagio, di più di empio, di più falso, che quella indulgenza e melassa, che permette all’altro di andare avanti nel suo peccato. Questa non è misericordia, questa non è bontà, questa è la più grande cattiveria, la più grande crudeltà. È l’indulgenza sbagliata, è una misericordia sbagliata. Se c’è un male va detto, se quel dottore avesse detto: “Ah no, no, non è niente, tieni pure la tua cosa”, quello dopo un mese perdeva la gamba. Perché sarebbe finita così se non avesse fatto niente.

È un servizio di misericordia, un’estrema offerta di comunione autentica pure tra di noi la parola di Dio, con la sua funzione di giudizio, di aiuto.

Cioè facciamo verità. E questa è la forma più grande di carità, di comunione, di misericordia, di bontà, di amore. La prima forma della carità è la verità, è fare verità, è dire la verità. Questa è la prima forma di carità, il più grande atto d’amore che possiamo fare a qualcuno, e a noi stessi, è essere veri. Che non vuol dire uccidere le persone con la verità no, vuol dire accompagnarle in un cammino di verità, essere veri.

In tal caso non siamo noi a giudicare, ma Dio solo, e il giudizio di Dio procura aiuto e salvezza. Non possiamo far altro che servire il fratello fino all’ultimo, non dobbiamo porci mai al di sopra di lui, e gli prestiamo un ultimo servizio anche quando gli diciamo la Parola di Dio che giudica e separa, quando in obbedienza a Dio sacrifichiamo la comunione umana con lui.

Sì, certo, perché la comunione umana può essere anche sacrificata, cioè, dobbiamo essere pronti a perderla, perché l’altro può anche reagire male e dire: “Basta non voglio più essere il tuo amico” — “Va bene, arrivederci, pazienza”, ma io devo obbedire alla parola del Signore. E devo essere pronto a sacrificare anche questa comunione umana con te. Obbedire alla parola del Signore, prima di tutto vuol dire: mettiamo la parola di Dio al centro, mettiamo la verità al centro, mettiamo Gesù al centro e facciamo verità, diciamoci la verità. È importante.

Infatti sappiamo che non è fondata sul nostro amore umano la fedeltà all’altro, — capito? non è fondata sul nostro amore umano la fedeltà all’altro — ma che è l’amore di Dio, che passa solo attraverso il giudizio, a raggiungerlo.

La mia fedeltà nell’amicizia non è fondata sull’altra persona. Il mio amore matrimoniale non è fondato sull’altro, non siamo uno che si perde nello sguardo dell’altro, per l’amor del cielo! Ma è sull’amore di Dio, l’abbiamo già detta questa cosa. È Dio che sta al centro di una comunione. È Dio che deve stare al centro di una fraternità, è Dio che deve stare al centro di una comunità, non io e te, io e te, tu e io, per l’amor del cielo! Andiamo tutti e due per terra.

Nel giudicare, la Parola di Dio serve per suo conto l’uomo. Chi lascia che gli si presti servizio col giudizio di Dio, ne riceve aiuto. L’uomo — dice il Salmo 49,8s — non potrà mai redimere il fratello, né riconciliarlo con Dio, perché è troppo caro il prezzo del riscatto della sua anima. Non è in mano nostra la sorte del fratello, non possiamo tenere unito ciò che vuol andare in frantumi, non possiamo mantenere in vita ciò che vuol morire. È Dio che tiene insieme ciò che va in frantumi, che crea comunione nella separazione, che dà grazia per mezzo del giudizio.

Capito? Noi non possiamo fare niente, se non essere veri e mettere al centro Dio. Noi non possiamo fare altro. Quello di tenere insieme, di dare vita, di mantenere unito, è il compito di Dio. Ecco perché dobbiamo pregare tanto. Ecco perché quando in famiglia ci sono situazioni di questo genere, situazioni di fatica, situazioni di separazione, … dobbiamo pregare tanto.

Ed egli ha posto la sua Parola sulla nostra bocca. Egli vuole che sia pronunciata per nostro mezzo. Se poniamo ostacoli alla sua Parola, ricade su di noi il sangue del fratello che ha peccato.

Quindi noi dobbiamo dirla, questa verità. Troviamo il modo migliore, il tempo migliore, il mezzo migliore e tutto quello che volete, però va detta. E poi l’altro deciderà, ma intanto va detta. E ognuno si assume la sua responsabilità. Mi fermo qui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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