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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 6° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 6 giugno 2021 – Solennità del Corpus Domini

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 6° parte

Eccoci giunti a domenica 6 giugno 2021, solennità del Corpus Domini. Abbiamo appena ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XIV di San Marco, versetti 12-16 e 22-26.

Oggi è la nostra festa, è la festa di ogni cristiano, ognuno che si dica cristiano oggi non può che fare festa, non può che volare in Cielo, abbracciare Gesù, dirgli grazie, dirgli le cose più belle che ci possono venire in mente. Sarebbe bello che oggi potessimo vivere la Santa Messa, vivere questa giornata insieme alle persone a noi più care perché condividono la medesima fede nella presenza Vera, Reale, Sostanziale di Gesù nell’Eucarestia. Una Presenza che Transustanzia la sostanza del pane in quella del Corpo di Cristo e del vino in quella del Sangue di Cristo. Una giornata dove dirgli grazie. Magari avete vicino anche qualche posto dove è conservato un Miracolo Eucaristico, dove c’è qualcosa che vi richiami in modo particolare l’Eucarestia, andate oggi, chi ascolta al mattino presto questa meditazione, avrà l’occasione di potersi organizzare bene per fare tutto bene oggi. 

Tra l’altro la Provvidenza vuole che esattamente oggi ricorra anche il famosissimo, grandioso, stupendo Miracolo Eucaristico di Torino, del 6 giugno 1453, un miracolo veramente strepitoso, tutti coloro che abitano a Torino, oggi devono andare assolutamente a fare una visita. 

Era il 1453 e il cattolicesimo navigava in brutte acque. Costantinopoli caduta in mano a Maometto II, fu messa a dura prova con saccheggi, profanazioni di Chiese e terrore: quarantamila cristiani furono uccisi e molti altri furono gettati in carcere. Quarantamila. Maometto II in persona entrò nella celebre basilica di Santa Sofia e, salendo sull’altare, proclamò se stesso vero Dio; subito dopo uccise barbaramente il re Costantino Dragosete e tutta la famiglia. L’Italia, che era divisa in molti staterelli, non aveva la forza per ribattere e controbattere a questa potenza.

Anche il Piemonte, unico stato libero, stava per essere attaccato. Regnava in quell’anno Ludovico di Savoia, figlio di Amedeo VIII, il quale era divenuto famoso per aver rinunciato al trono in favore del figlio e si era poi ritirato presso un castello, fondando l’ordine cavalleresco religioso di S. Maurizio. Il suo percorso spirituale si rivelò però molto complesso perché mentre regnava papa Eugenio IV fu eletto antipapa Felice V, poi questo si pentì e riconobbe il Papa legittimo, fu creato cardinale e morì, nel 1451, in concetto di santità.

Il figlio Ludovico fu un re debole e il governo del ducato di Savoia passò quasi interamente alla moglie Anna di Lusignano, principessa di Cipro. La loro figlia Carlotta sposò Luigi, figlio di Carlo VII re di Francia e, fu proprio questo matrimonio a causare la lotta tra i due stati.

Il duca Renato d’Angiò valicò le Alpi con l’esercito francese. Per contrastarne l’avanzata, le truppe piemontesi di Ludovico di Savoia occuparono il forte di Exilles, che si trovava in una posizione chiave per il controllo della via delle Gallie. Alcuni soldati si introdussero nella chiesa parrocchiale di Exilles, ne rubarono i sacri arredi, asportando anche un Ostensorio d’argento esposto per l’Adorazione Eucaristica e con dentro la Sacra Ostia. I soldati vendettero poi la refurtiva a poco prezzo ad alcuni mercanti i quali la posero in un sacco e la caricarono su di un mulo avviandosi, per Susa, Avigliana e Rivoli, alla volta di Torino. Vi giunsero il 6 giugno dello stesso 1453, ottava del Corpus Domini.

Arrivati in Piazza del Grano, presso la Chiesa di S. Silvestro, il mulo incespicò e cadde, anche il sacco si rovesciò e la povera bestiola si inginocchiò, nonostante le percosse, non volendosi più rialzare. Fu allora che il sacco si aprì e l’ostensorio salì miracolosamente verso il cielo librandosi nell’aria e cominciando a risplendere come il sole. Erano circa le cinque pomeridiane.

Si sollevò un coro di voci che gridava al miracolo ed accorse anche un sacerdote, don Bartolomeo Cocone che, a sua volta chiamò il vescovo. Mons. Lodovico di Romagnano, che venne in compagnia dei canonici e dei religiosi che si trovavano in quel momento in Duomo. Quando questi fu alla presenza del miracolo, l’ostensorio cadde a terra, e rimase sospesa solo l’Ostia Santa. Tutti si inginocchiarono pieni di meraviglia e compunzione. Il presule, allora, si fece portare un calice e, mentre lo innalzava verso l’Ostia, si vide piano piano l’Ostia scendere lentamente e adagiarsi su esso.

L’ostia fu portata processionalmente in cattedrale dove restò esposta alla pubblica venerazione. La prima testimonianza del miracolo, firmata da undici testimoni, è andata perduta, ma ne rimane un riassunto, conservato nell’archivio municipale in una cassetta di cipresso costruita appositamente per questo.

Sul luogo del miracolo fu innalzata come prima cosa una colonna, poi fu costruita l’attuale basilica del Corpus Domini che c’è a Torino. L’ostia non si conserva più, fu conservata per quarant’anni, poi si decise di consumarla per ordine della Santa Sede.

Uno dei tanti miracoli Eucaristici! Ma c’è ancora oggi chi nega la Presenza Reale, Vera, Sostanziale di Gesù. La nega e non crede che Lui è Veramente, Realmente e Sostanzialmente Presente. Lo si nega in tanti modi, dal come si va a ricevere l’Eucarestia, dalla mancanza di devozione, dal fatto che è difficile vedere qualcuno in ginocchio. È quasi del tutto scomparsa la genuflessione davanti al Tabernacolo, rimane in qualche sperduta anima che si sente sempre più sola. Al suo posto arrivano i canti, i balli, le danze, gli applausi a Gesù e tutte queste cose e così l’Adorazione, quella silenziosa, quella carica di pietà, piena di amore che i Santi per anni, per decenni, per secoli hanno portato avanti, oggi langue. 

Leggere questo miracolo del 1453 fa un po’ ridere. 

Da pochissimi giorni era caduta Costantinopoli, esattamente, se non ricordo male, il 31 maggio. In quel giorno Maometto II entra a Costantinopoli e nello stesso giorno occupa Santa Sofia e nello stesso giorno la trasforma in moschea, tutto in un giorno, entro la sera, dopo un assedio di quasi due mesi, circa, da aprile a fine maggio, e distrugge tutto. 

E oggi quando noi parliamo dell’Eucarestia, di cosa parliamo?

Dell’amore! Per amore del Cielo, va anche bene parlare dell’amore, ma chissà perché l’attenzione è sempre rivolta su di noi, sempre su di noi: Dio che ti ama, Dio che ti viene incontro, Dio che ti aspetta, Dio che ti chiama… È sempre l’io. Noi pensiamo che stiamo parlando di Dio, ma in realtà stiamo parlando di noi. Ci stiamo garantendo, ci garantiamo. Sappiamo che Dio mi ama, che Dio mi perdona, che Dio mi viene incontro, che mi aspetta. Tutte cose vere, verissime per amore del Cielo, ma non sono solo queste. Parlare dell’Eucarestia non può essere parlare solo di questo.

“Il Pane del cammino, il Pane spezzato, il Pane condiviso..”

Sì, Pane, ma Angelico, Pane, ma non più pane, Manna, ma del Cielo. Perché se dico “pane”, non sto dicendo l’Eucarestia. L’Eucarestia non è più pane, è un’altra realtà. Non è più pane perché è Persona, perché è il Figlio di Dio, Veramente, Realmente, Sostanzialmente Presente. Quindi, di conseguenza, si deve anche adeguare il mio comportamento spirituale e corporale a questa realtà. Ma tanto chi non vuol sentire, chi non vuol capire, non sente e non capisce, anzi ama perseguitare, ama continuare a fare guerre ideologiche.  

Oggi proprio in questo bellissimo giorno noi continuiamo il nostro testo di Fulton Sheen “Il Sacerdote non si appartiene”.

Tra l’altro, come vi ho detto, in questi giorni ricorrono tanti anniversari di Sacerdoti e delle loro Ordinazioni, io sono rimasto un po’ perplesso perché probabilmente sono fuori dal tempo, voi mi ascoltate per pietà, per farmi compagnia, così per non farmi sentire solo. “Dai stella, vai avanti anche tu, poverino”. Mancano tre giorni, ripenso ai tre giorni prima della mia Ordinazione com’ero, cosa vivevo, cosa pensavo, ripenso a tutti gli anni che mi hanno preparato a quel momento, a quell’evento. Ricordo il giorno dell’Ordinazione e tutto quello che ho vissuto, che ho percepito, e poi oggi, non lo so, quando si parla di: “Facciamo la festa per i tuoi 20 anni, 30 anni, 10 anni, 50 anni?” Cosa vuol dire? Vuol dire una grande mangiata! Ma io devo festeggiare la mia Ordinazione Sacerdotale facendo una grande mangiata? 

 È anche bello condividere questo momento insieme ma non può essere il primo pensiero. Non può essere il tutto di quel giorno, l’atteso di quel giorno. Non è che io ricordo l’Ordinazione Sacerdotale all’altare del “dio gola”, mangiando e bevendo senza un domani, mangiando e bevendo fino a morire! Io sono un po’ come l’asino del racconto del miracolo Eucaristico di Torino, ma a me va bene così, non mi interessa dei complimenti, dei sorrisini, delle teste che si scuotono, nel dire: “Povera bestia, pensare che l’abbiamo anche fatto studiare tanto! Eppure non c’è mai limite ad un fallimento. Quando uno è un fallito è un fallito. È così.”

Ma a me va bene, non mi crea nessuna turba psichica, perché non riesco a vedere una strada diversa, perché non riesco a vedere nei Santi un incontro diverso, e perché sono diventato prete non per riempirmi la pancia e per bere fino a morire, sono diventato prete per altro, soprattutto per altri. 

Quel giorno vi chiedo quindi una grande preghiera, ve l’ho chiesta in ogni modo e salsa, vi sarà venuta la nausea, fa niente, ma per me è importante. È veramente importante per quel giorno ricordare quell’evento con una gratitudine immensa, con un senso di inadeguatezza grandissimo, di sproporzione enorme e di riconoscenza grande perché le parole di Fulton Sheen sono proprio vere.

Anch’io feci, mi ricordo, la festa al pomeriggio della domenica. Io sono stato ordinato il sabato e alla domenica c’è stata la prima Messa. Quindi al pranzo della prima Messa, non dell’Ordinazione. Il giorno dell’Ordinazione sono rimasto in tutt’altro posto, sia a pranzo che a cena. Alla domenica, dicevo, ci fu questo pranzo, però mi ricordo che non ho voluto farlo nei ristoranti come si usava, sapete quei pranzi di nozze che però diventano per il Sacerdote, non ho voluto, non perché sono virtuoso, non c’è nessuna virtù in tutto questo, non ho voluto perché non mi sentivo, non la vedevo in unione questa cosa e così si è fatto questo pranzo in oratorio, una cosa semplicissima, su questi tavolini, dentro a questo salone, una sorta di buffet, una cosa molto semplice e veloce, con questa torta molto semplice. Le torte di Prima Comunione che ho visto in questi giorni erano molto più solenni della mia assolutamente semplice torta che feci per la mia Ordinazione! Passai quel tempo, invece che mangiare e bere, perché di fatto non mangiai niente tanta era l’agitazione che neanche pensai alla torta, passai quel tempo a stare con le persone, a parlare con le persone, a gustare ciò che mi era stato appena donato. Vent’anni fanno pensare a quel tanto che si è ricevuto. Io sono stato ordinato nella solennità della Santissima Trinità e la festa del Corpus Domini è veramente una solennità che ti fa proprio pensare a come ti accosti all’Eucarestia. 

In questi giorni dovete avere pazienza perché nelle meditazioni probabilmente scivolerò un po’ in questi ricordi di gioventù, ma non posso fare diversamente perché più si avvicina il giorno e più si sentono questi brividi.

 

Capitolo 15° del testo di Monsignore Fulton Sheen:

Come fare l ’ora di adorazione

“Se appena fosse possibile, il Sacerdote dovrebbe fare la sua Ora di Adorazione prima di celebrare la Santa Messa.”

Qui già vedo gli occhi crepati, già vedo i mugugni, i punti interrogativi che saltano fuori dalla testa come nei cartoni animati. “Prima della Messa?! Ma se ho la Messa alle 8.00 o alle 7.00 come faccio a fare l’Ora di Adorazione un’ora prima! Ma siamo impazziti! A che ora mi devo svegliare?”

Ma noi siamo diventati preti per dormire?

Già vi sento: “Povera bestia, abbiate pietà, povera bestia, non capisce niente!”

No, io non sono diventato prete per dormire, no. Mons. Fulton Sheen ha proprio ragione, non “se appena fosse possibile” ma è doveroso prima della Santa Messa prepararsi in modo degno. Non si può arrivare alla Santa Messa con gli occhi strabuzzati e la bolla al naso di chi si è appena svegliato e si è buttato giù dal letto, non è salito, non è neanche sceso, praticamente ha rotolato e poi si è messo su qualcosa, una calza rossa, una calza blu e più o meno siamo arrivati alla Messa.

“Di notte ho tante cose da fare, e la notte vado a letto tardi per farle tutte.”

Chissà come facevano San Carlo Borromeo, San Giovanni Maria Vianney, chissà come faceva Padre Pio da Pietrelcina che confessava 16 ore al giorno, più tutta la corrispondenza che aveva, non dimentichiamolo, più la vita di comunità.

 “Ora che le disposizioni della Chiesa sul digiuno eucaristico sono state modificate, sarebbe consigliabile che bevesse una tazza di caffè prima di incominciare. L’americano comune è fisicamente, biologicamente, psicologicamente e neurologicamente incapace di checchessia prima di aver preso una tazza di caffè. E questo vale anche per la preghiera. Persino le suore dei monasteri, le cui Regole furono scritte prima che fosse inventata la macchinetta «espresso», farebbero assai bene ad aggiornarsi. Prendano una tazza di caffè prima della meditazione.”

Io stimo moltissimo Mons. Fulton Sheen e concordo con lui su quello che ha scritto quasi su tutto, non su questo, perdonatemi ma su questo non concordo. Non concordo sul fatto che ci si prepara alla Santa Messa, e al di là dell’ora di digiuno, del formalismo, delle regole, questa cosa mi interessa relativamente perché comunque, va bene rispettarla però mi fa brutto pensare che io prima della Messa mi vado a bere il caffè. Capisco perché lo dice, capisco benissimo perché lo dice, perché così stiamo svegli, ma io non lo so, quando mi sveglio presto al mattino perché devo andare a prendere l’aereo, la nave o qualunque altra cosa, io non mi addormento senza bere il caffè, a parte che io non bevo il caffè perché non mi piace, ma nella mia vita non sono un addormentato che cammina, stile zombie o Fantozzi che va in giro senza sapere dove va perché non beve il caffè. Sto bene e sono abbastanza sveglio, sono discretamente sveglio, ci sono, sono presente a me stesso. 

Vado a prendere l’aereo o il treno e sono sveglissimo, vado davanti a Gesù a pregare e dormo, mi sveglio prima per studiare e sono sveglissimo, mi sveglio prima per stare con Gesù e dormo. Se siamo innamorati veramente e se abbiamo l’interesse, non c’è bisogno del caffè, è meglio educarsi in un modo un po’ più ascetico e dire: “Signore la prima cosa che stamattina entrerà nella mia bocca e nel mio stomaco sarai Tu, perché Tu sei il mio nutrimento.”  E io sono sicuro che se ci mettiamo davanti a Gesù, davanti al Crocefisso e diciamo: “Signore tienimi sveglio tu perché voglio vegliare qui con Te un’ora.” Sono sicuro che… altro che caffè!

“Limitare la recita del Breviario a venti minuti.”

Quindi lui dice: “Mi raccomando, dire il breviario, certo, ma un po’ snello e poi meditare.”

 “Lo scopo fondamentale dell’Ora è la meditazione. Alcuni scrittori di cose spirituali raccomandano di dividere quest’ora in quattro parti eguali: adorazione, ringraziamento, riparazione e domanda.”

Va bene, ma siamo liberi, ognuno lo divida come vuole. 

“Il miglior libro per l’adorazione è quello della Sacra Scrittura. Ma poiché molte delle sue parti più profonde necessitano di spiegazione, un buon commento spirituale si dimostrerà prezioso. Altrimenti, troppo spesso il Signore dovrebbe ripetere l’osservazione fatta ai discepoli:

«Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio (Mt 22, 29).

Leggere la Sacra Scrittura ο un commento o un solido libro spirituale finché un pensiero non ci colpisce.”

Quindi possiamo prendere la Scrittura, oppure un libro spirituale, Filotea, Sant’Agostino, … quello che volete, poi quando troviamo un pensiero che ci colpisce, un pensiero che ci piace nel senso che la nostra anima, la nostra coscienza echeggia davanti a quel pensiero, chiudere il libro e parlare con Nostro Signore.

 “Poi chiudere il libro e parlarne con Nostro Signore, ma non si deve parlare solo noi. Si deve anche ascoltare: «Parla, perché il tuo servitore è in ascolto» (lSam 3,10). È ascoltando che impariamo a parlare ed è ascoltando che cresce in noi l’amore di Dio. Per una buona metà, l’adorazione si fa ascoltando.”

Leggo e poi sto zitto, sto in ascolto di Gesù, perché Gesù parla e ha tante cose da dirci.

“Quando si è tanto stanchi ed esausti da non poter pregare, si offra la propria pochezza. Forse che il cane non ama restare accanto al padrone anche quando non riceve alcun segno d’affetto?”

Se uno dice: “Ma poi mi addormento…”. Pazienza, se ti addormenti pazienza, anche la mia Buck — avevo una cagnolina da caccia, si chiamava Buck, non ve ne ho mai parlato, ve ne parlo oggi — anche lei, che mi era sempre vicina, anche lei dormiva. Ho imparato anche da lei qualcosa perché, quando andavo a pregare in camera mia, lei mi seguiva e, quando mi mettevo davanti al Crocifisso, lei si metteva li a fianco a me, si arrotolava. In un modo o nell’altro, uomini e bestie, siamo qui entrambi a rendere grazie a Dio, a dire al Signore che lo amiamo, anche Buck, anche lei. Quindi se uno si addormenta, si addormenta. Meglio addormentarsi davanti all’Eucarestia che davanti alla televisione. E un prete che si addormenta davanti all’Eucarestia è un prete che non si addormenta altrove… E dopo questo altrove ci metto tre punti di sospensione, ognuno capisce. 

“Non permettere che alcuna difficoltà possa diventare una scusa per non fare l’Ora di Adorazione.”

“No ho i problemi, ho lo stress, non ce la faccio, ho l’esaurimento.” Le scuse lasciamole ad altri, sai che lo devi fare, fallo e basta. Esattamente come quando sei stanco morto eppure vai a mangiare e a bere. Sei stanco morto però poi Facebook lo guardi, Instagram te lo guardi, i messaggi li guardi, la telefonata la fai, quindi…

 “Quando la facciamo con gioia possiamo pensare che siamo Sacerdoti; quando ci costa uno sforzo, possiamo ricordare che siamo anche Vittime.”

Quindi quando facciamo fatica pensiamo che ci offriamo come vittime, questo è bello. 

“Saremo allora come Mosè, che pregò il Signore di cancellare il suo nome dal libro per espiare le colpe del suo popolo (Es 32, 31) e come Paolo che s’augurava d’essere maledetto per i suoi fratelli (Rm 9, 1-3). Proprio lo sforzo che facciamo ogni giorno ci rende padroni di noi stessi e, di conseguenza, servitori migliori del Sacro Cuore.”

Se noi vogliamo essere bravi servitori del Sacro Cuore dobbiamo imparare a essere padroni di noi stessi.

Attenti adesso:

“Quando siamo tentati di tralasciare l’Ora di Adorazione, chiediamoci quali delle tre scuse che il Signore dichiarò avremmo accampato (Le 9,57-62) ci impediscono di compiere appieno il nostro servizio”

Queste scuse sono sotto tre espressioni, ben precise che lui ha sintetizzato:

“desideri terreni, amore terreno, dolore terreno.”

Ricordate: “Ho comprato un campo, lascia che vada a salutare mio padre. È morto… lascia che lo vada a seppellire…”

Ho cose da fare, cose concrete da dover fare, ho legami affettivi con qualcuno, devo venirlo a vedere, mi deve venire a trovare, ci devo stare, ci devo parlare, ho una sofferenza grande nel cuore. In tutti questi tre casi di Luca 9, 57-62 noi siamo tentati di tralasciare l’Ora.

Quale posizione assumere durante l’Ora di Adorazione. Lui qui fa tutta una disanima sulla questione, poi dice: seduti o inginocchiati?

“La conclusione è ovvia. L’Ora di Adorazione è meglio farla inginocchiati e questo perché è un segno di umiltà, perché segue l’esempio di Nostro Signore nell’orto, perché serve d’espiazione per i nostri peccati e perché è un gesto di rispetto davanti al Re dei re.”

Se riusciamo la facciamo così, poi, piuttosto che non farla, è meglio farla in un’altra posizione, magari possiamo alternare se non ci riusciamo, se abbiamo dei dolori, possiamo alternare stare un po’ in ginocchio e poi ci sediamo. L’importante è che esprima anche un po’ il nostro corpo questo segno di umiltà, questo voler imitare Gesù nell’orto, questo espiare, fare un po’ di penitenza, anche questo ci aiuta tanto.

Ci fermiamo qui domani vedremo quante volte fare questa ora di Adorazione, Mons Fulton Sheen ci dirà delle cose veramente importanti.

 

Oggi vediamo come tema: il Cuore dimenticato.

Oggi è il Cuore Eucaristico di Gesù. Se pensiamo all’Eucarestia non possiamo non pensarla come Cuore Eucaristico di Gesù. L’abbiamo già spiegato tante volte, sappiamo benissimo che cos’è. In tutti i miracoli Eucaristici quando vengono analizzati il pane è diventato Carne fisica, che non può più essere consumata perché noi non siamo cannibali e quindi rimane conservata; il miracolo Eucaristico non può più essere consumato perché non è più pane ma Carne ed è sempre il miocardio, la parte interna del cuore, sempre. 

Gesù ci dà il suo cuore, la parte più interna, il miocardio, che persino la parola dice essere la parte più interna mio-cardio, ci dà il suo Cuore.

Fioretto: evitate con cura quel peccato veniale che vi domina più tenacemente per non incorrere nel grave danno della tiepidezza.

Il peccato veniale produce la tiepidezza e la tiepidezza produce il peccato veniale.

Ossequio: assistete alla Santa Messa e pregate il Cuore Eucaristico di Gesù perché conservi la vostra anima sempre nel fervore del suo servizio. 

Oggi è il Corpus Domini quindi è bellissimo fare questo riferimento al Cuore Eucaristico di Gesù.

Giaculatoria: Cuore Eucaristico che vegli e aspetti alle tue soglie fa che mi affretti.

Di cuore vi auguro una santa giornata. E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga 

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO – ANNO B

VANGELO (Mc 14,12-16.22-26)
Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

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