Scroll Top

I santi segni. Romano Guardini, parte 8

S. Messa

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «I santi segni. Romano Guardini, parte 8»
Sabato 13 maggio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Gv 15, 18-21)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 13 maggio 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo quindicesimo del Vangelo di San Giovanni, versetti 18-21.

Oggi è una grande festa. Ricorre la memoria della Beata Vergine Maria di Fatima. Ho già fatto tante omelie, catechesi, sull’apparizione della Beata Vergine Maria a Fatima quindi, per chi lo desidera, rimando a quanto già ampiamente detto, illustrato e commentato su questa importantissima apparizione che poi di fatto riprendo ogni mese quando ricordo la pratica dei primi cinque sabati del mese. Sicuramente oggi è un giorno nel quale onorare la Vergine Maria, non solo attraverso la consacrazione al Cuore Immacolato, ma anche attraverso la recita del Santo Rosario. 

Proseguiamo la nostra lettura del libro di Romano Guardini Lo spirito della liturgia. I santi segni.

Oggi affrontiamo il capitolo riguardante “La Mano”. Scrive Guardini: 

L’intero corpo è strumento ed espressione dell’anima. Questa non è semplicemente nel corpo come una persona che siede nella propria casa, bensì risiede e agisce in ogni membro e in ogni fibra. Parla da ogni lineamento, da ogni forma e moto del corpo. Però, dell’anima, specialmente il viso e la mano sono strumento e specchio. 

Quindi Guardini ci sta dicendo che tutto il corpo è un’espressione, è uno strumento dell’anima. E l’anima parla — attraverso ogni lineamento, ogni forma, ogni moto del corpo, ogni espressione — soprattutto attraverso il viso e attraverso la mano. 

Prosegue:

Del viso ciò è senz’altro evidente. Ma osserva una persona — o anche te stesso — e nota come ogni moto dell’animo, — gioia, stupore, attesa — si manifestano contemporaneamente anche nella mano. Un repentino alzar della mano oppure una sua lieve morsa non dice spesso di più che la stessa parola? La parola espressa non appare talvolta grossolana accanto al linguaggio delicato e significativo della mano? Essa è, dopo il viso, la parte più spirituale del corpo, se così si può dire.

Beh, pensate, quando con la mano facciamo una carezza a qualcuno, diciamo sicuramente di più di cento parole. Quando con la mano diciamo: no! Non c’è bisogno di aggiungere parole, è no. Così come quando tendiamo la mano o le mani, pensate a quando una mamma tende le sue mani, le sue braccia a un bambino che le corre incontro. Pensate al gesto importantissimo di stringere la mano a qualcuno, oppure di abbracciare qualcuno. Certamente lì, in tutti questi momenti, l’anima si esprime in un modo assolutamente singolare e ha un’espressività molto forte. 

Prosegue:

È salda e vigorosa quale strumento del lavoro, quale arma di offesa e di difesa, ma pur tuttavia è anche una cosa finemente costruita, ben articolata, mobile, percorsa da nervi delicatamente sensibili. Quindi veramente uno strumento per cui l’uomo può rivelare la propria anima, e insieme accogliere l’anima altrui. Anche questo egli fa con la mano.

Sarebbe bello che qualche volta contemplassimo le nostre mani e, aggiungo anche, non solo le mani; pensate a tutto il miracolo di bellezza, di delicatezza, di precisione, di perfezione, che è il nostro corpo. Pensate alla mano, pensate agli occhi, pensate alla lingua che ci permette di parlare, ci permette di gustare, ci permette di cantare; pensate ai piedi, le gambe, attraverso i quali noi camminiamo, ci muoviamo, andiamo dove vogliamo. Siamo talmente abituati a quello che siamo che non riusciamo più a vedere il miracolo che ogni istante ci portiamo appresso e che siamo noi, che è questo corpo bellissimo che il Signore ci ha dato. Pensate veramente al miracolo enorme, alla meraviglia stupenda dell’occhio. Guardate che la vista, poter guardare… l’occhio veramente è talmente perfetto che non è che tu puoi trapiantare un occhio, non si può. Mentre posso prendere un polmone e da un uomo lo sposto ad un altro, o il cuore o il fegato, l’occhio, è talmente delicato, è talmente complesso come struttura, come tutto, che è proprio assolutamente irripetibile e non cedibile.

Prosegue:

Non è un accogliere l’anima altrui lo stringere le mani che uno ci tende? Con tutto quanto esse esprimono di fiducia, di gioia, di approvazione, di dolore? Così non può non avvenire che la mano abbia il suo linguaggio anche là dove l’anima parla e riceve in modo tutto particolare; vale a dire dinanzi a Dio. Dove l’anima vuol dare se stessa e ricevere Dio; vale a dire nella preghiera.

Ecco vedete, anche nella preghiera l’anima parla attraverso il linguaggio della mano, delle mani.

Quando uno si raccoglie tutto in se stesso ed è nella sua anima solo con Dio, allora la mano si stringe saldamente nell’altra, il dito s’incrocia col dito. Come se il flusso interiore che vorrebbe dilagare, dovesse venir condotto da una mano nell’altra e riportato nell’interno, affinché tutto rimanga dentro, un custodire il Dio nascosto. E così parla: «Dio è mio, e io sono suo, e noi siamo soli, l’uno con l’altro, in intimità».

Pensate questo gesto — che noi compiamo spesse volte durante la preghiera — di una mano che stringe l’altra, che si incrocia con l’altra… Pensate già solamente il gesto che atto di preghiera è. “Dio è mio, e io sono suo, e noi siamo soli, l’uno con l’altro, in intimità” — bellissimo! — “Un custodire il Dio nascosto” “affinché tutto rimanga dentro”. È come se proprio l’uomo si raccogliesse totalmente in sé stesso ed entrasse in questa comunione profondissima col Signore attraverso questa postura del suo corpo che è semplicemente una mano che incrocia l’altra.

Altrettanto fa la mano quando un’interiore angustia, una necessità, un dolore, minaccia di erompere. La mano si stringe di nuovo nella mano, e l’anima dentro, lotta con se stessa fino a che si è dominata, placata. Ma se uno sta dinanzi a Dio in atteggiamento interiormente umile e reverente, allora la mano aperta aderisce pianamente all’altra, palmo a palmo.

Questo è proprio quando da bambini ci insegnavano a pregare, ci facevano congiungere le manine, una mano che si congiunge all’altra palmo a palmo. Se uno vede questo gesto dice: “Questa persona sta pregando”. Non c’è bisogno che faccia il segno di croce, non c’è bisogno. È proprio un gesto che dice “preghiera”, che dice “supplica”, che dice “raccoglimento”, che dice anche “umiltà”, “richiesta”.

Il che parla di severa disciplina, di contenuta reverenza. Ed è un esprimere umile e, ben determinato la propria parola e un ascoltare il divino con attenzione. 

Riscopriamo questa bellissima gestualità che portiamo sempre con noi: le nostre mani. E ringraziamo il Signore di poter avere due mani attraverso le quali possiamo dire così tante cose, senza usare la voce. E impariamo, quando preghiamo, o reimpariamo, perfezioniamo quando preghiamo questo atteggiamento così bello delle mani che si congiungono.

Oppure esprimiamo devozione, dedizione, quando si abbandonano, per così dire, le mani con cui ci difendiamo alla stretta delle mani di Dio. Avviene anche che l’anima si apra tutta dinanzi a Dio, in gran giubilo o ringraziamento. Sì che in essa, quasi in un organo, si aprano tutti i registri lasciando profluire la piena interiore. Oppure, anelante, essa invoca: allora l’uomo apre bene le mani e le solleva a palme dispiegate affinché la piena dell’anima fluisca liberamente e l’anima possa compiutamente ricevere quanto brama. 

Sono tutti atteggiamenti delle mani.

E infine può capitare che uno si raccolga in se stesso con tutto quanto esso è e possiede, per offrirsi in pura dedizione a Dio, conscio di accedere a un sacrificio. E allora stringe mani e braccia sul petto, nel segno della croce.

Vedete, “Questo offrirsi, in pura dedizione a Dio, conscio di accedere a un sacrificio”, pensate. 

Stringe le mani, le braccia sul petto nel segno della croce”, un gesto bellissimo.

Bello e grande è il linguaggio della mano. Di essa la Chiesa dice che ci è data affinché «vi portiamo l’anima». Perciò prendi sul serio la mano, questo santo linguaggio. Dio l’ascolta e tende l’orecchio a quanto essa Gli dice dell’intimo dell’anima. Essa può anche parlare di pigrizia di cuore, di dissipazione e d’altre cose poco belle. Tieni bene le mani e procura che l’intimo tuo spirito coincida davvero con questo atteggiamento esteriore!

Dobbiamo avere cura delle nostre mani. Mi ricordo che il mio professore all’università ci disse: “Ricordatevi che le mani sono il biglietto da visita di una persona”. E se voi ci pensate è vero.  Come sono belle le mani curate di una persona, le mani pulite, le mani che esprimono nobiltà, dignità. C’è proprio anche un modo di gesticolare che dice questo tratto interiore della persona molto signorile. Poi sono belle queste mani curate bene, ma non per chissà quale vanità, proprio perché si ha cura di questo strumento che il Signore ci ha dato, che è capace di dire così tante cose, di parlare così tante parole — ripeto — pur senza l’utilizzo della voce. E quindi lui ci dice di tenerle bene e procurare che ci sia una coincidenza, una corrispondenza, tra questo atteggiamento esteriore e l’intimo del tuo cuore.

Cosa delicata quella di cui abbiamo qui parlato; di cose siffatte non si parla volentieri, ma quasi con avversione.

Purtroppo, sì, è vero, ci sono persone che sono un po’ allergiche a questi discorsi, fanno un po’ fatica a lasciarsi raggiungere da queste parole di Guardini, da queste riflessioni. E pensare a quanto di vero c’è in tutto questo… E quindi lui dice:

Con tanta maggiore severità vogliamo rispettare queste esigenze nella realtà. Non farne cioè un gioco vano e affettato, bensì un linguaggio in cui il corpo, in schietta veracità, esprima a Dio quello che l’anima intende.

Quindi, se a qualcuno tutti questi discorsi danno fastidio, lui dice che con maggiore severità vogliamo ancora di più sottolineare l’importanza e il linguaggio e le esigenze di questa realtà che siamo noi, che sono le nostre mani, che è il nostro corpo. E quindi non trasformiamo il nostro corpo, il nostro linguaggio fisico in un gioco, in una banale superficialità, quasi inconsapevole. Ma usiamo questo linguaggio per parlare con Dio, ancor prima delle parole, per parlare con Dio e per dire al Signore ciò che l’anima vuole dirgli.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati