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Chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni

Uomo con monete in mano

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 28 agosto 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni

Eccoci giunti a sabato 28 agosto 2021. 

Festeggiamo oggi Sant’Agostino, Vescovo e Dottore della Chiesa.

Prima abbiamo festeggiato sua mamma, Santa Monica e adesso festeggiamo il figlio Sant’Agostino, certamente due cristiani che hanno saputo far fruttare i loro talenti. 

Il vangelo di quest’oggi tratto dal capitolo XXV di San Matteo, versetti 14-30, ci ricorda questa parabola così importante, così bella che Gesù consegna ai suoi discepoli.

Nella vita spirituale e quindi nella vita umana, nella vita ordinaria, concreta ciò che conta non è avere tanto, ma gestire bene. Non è importante che io abbia un QI di 141, di 121, se poi questa intelligenza non la so usare bene. A cosa serve che io sappia risolvere le equazioni di secondo grado, che io sappia fare i logaritmi, se poi non sono capace di gestire i conti di casa e non sono capace di andare a comprare il latte, se non sono capace di andare a scegliere un pesce, a cosa serve?

Se questo vale, e vale, nella vita ordinaria, nella vita di tutti i giorni, a maggior ragione vale nella vita spirituale. Capite che sono due realtà che fanno parte del medesimo individuo, della medesima persona e che si arricchiscono, si intrecciano, si informano a vicenda uno con l’altro.

Hai due talenti? Li fai fruttare tutti e due? Perfetto! Esattamente come chi ne ha dieci. È uguale. Nella logica di Dio, ciò che conta è che tu li abbia trafficati, che tu li abbia messi a servizio di… Questo è ciò che conta.

Poi arriva quello che ha un talento solo — che nella nostra vita sono quelli che dicono: “Ma no io non ho doni, non ho talenti, non sono capace di fare quello, di fare questo.” — e cosa fa questo che ha un solo talento? Lui conosce benissimo il modo di fare del Signore e siccome la parabola la inventa Gesù, Gesù sta parlando di sé, quindi vediamo cosa dice: 

“Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso.”

Quindi anche il Signore è duro, quindi c’è una durezza. Sì, c’è una durezza, perché sul molle non costruisce niente nessuno.

Se noi avessimo le ossa molli, cadremmo. Se avessimo i denti molli ci cadrebbero i denti, ma c’è qualcuno di voi a cui piace un uomo molle? Come fai a mangiare su un tavolo molle o con le forchette molli? Quando andate a comprare i peperoni o i pomodori, chiedete che siano molli? Ma chi va a comprare la roba molle? Perché se non lo facciamo con il peperone e il pomodoro lo dobbiamo fare con Dio nella vita ordinaria di tutti i giorni? Perché dobbiamo portare avanti una logica dell’uomo molle, di una psicologia molle? La roba molle non piace a nessuno. A chi piace avere a fianco un amico molle?

Invece, quando dobbiamo fare un complimento a qualcuno diciamo: “Quello è un duro”. Cosa vuol dire? Vuol dire che è una persona forte, che è un uomo granitico.

Infatti esistono i duroni che sono quelle ciliegie buonissime, fantastiche, ma non esistono i “molloni”.

“So che sei un uomo duro”

Certo, non sono una banderuola, sono un uomo duro, tutto d’un pezzo. Quando dico “sì” è sì, quando dico “no” è no. Sono uno che sa essere severo, che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso — che ha dell’incredibile — uno che ha delle pretese incredibili, alle quali noi non siamo abituati, perché stiamo educando generazioni nuove ad essere mollicce, non solo a non mietere dove non si è seminato — che è appunto l’incredibile della santità, l’incredibile dell’esperienza di Dio —stiamo educando persone che non sanno mietere neanche dove hanno seminato e quindi portano a casa frutti scolastici, lavorativi, famigliari, molto scarsi, quando va bene. 

“Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.

Capite? Non ha rubato niente, gli ridà il suo. No!

Se tu hai paura, non ce l’hai perché io sono duro, perché mieto dove non ho seminato, tu hai paura perché tu non vuoi trafficare il tuo talento. Perché, pieno del tuo orgoglio e del tuo amor proprio, vedendo quell’unico talento, invece di metterlo a servizio, tu lo tieni per te. 

La paura ti può far perdere il regno di Dio.

Il servo inutile non è capace di trafficare, non vuole trafficare il suo talento, ha paura di metterlo a servizio, ha paura di prendersi un impegno e quindi lo nasconde e si nasconde, fa la vita del coniglio. 

Il padrone gli rispose: 

“Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse.”

Sei cattivo e sei pigro.

Noi pensiamo di dover fare chissà quale penitenze nella nostra vita, ma la prima penitenza che dobbiamo fare è la lotta alla pigrizia. 

Facciamo un esempio: quando porto la bottiglia dell’olio in tavola, non la devo mettere direttamente sulla tovaglia perché altrimenti macchio la tovaglia e qualcuno la deve smacchiare e lavare. Eh sì, ma mi sono appena seduto, mi sono già alzato dieci volte da tavola…

No, la pigrizia la devi combattere, quindi ti alzi, prendi un piattino e lo metti sotto alla bottiglia dell’olio, perché la tovaglia non la devi macchiare.

Altro esempio.

Ho sete, prendo un bicchiere, verso l’acqua e bevo. Poi cosa faccio? Lo lascio nel lavandino. Quel bicchiere rimane lì, chi lo pulisce? Perché se hai utilizzato quella cosa, non la lavi e non la metti via asciugata? Perché? Perché bisogna trasformare il lavandino in una pattumiera? Il lavandino non è pattumiera, ma è un lavandino dove devo lavare le cose, quindi lava quelle cose!

Le cose vanno fatte subito. È una questione di rispetto per chi viene dopo di te, che si trova tutto il tuo porcile dentro lì.

Ma perché? Perché a te viene comodo così.

Ma tanto lo devi fare. Prima o dopo lo devi fare.

E forse hai anche la speranza che lo faccia qualcun altro e così mi salvo. Ma non si fa così.

Invece di dire che non sappiamo fare penitenze, che siamo come Teresina, lasciamo stare Teresina che viene presa come modello della pigrizia, dell’accidia, non citiamo Teresina a sproposito. Un giorno vi farò un’omelia su Teresina perché ho letto che la prendono e la fanno diventare la bandiera dei sette vizi capitali. Lasciamola stare, perché se c’era una persona penitente, rigorosa e dura, questa era Teresina. Non era la Santina un po’ stordita delle roselline volanti. Per favore smettiamola di presentare Teresina come se fosse una piccola “rimbambita”. Andate a leggere la vita di Teserina e poi mi dite se era una santa così da due soldi che stava a perdersi dietro alle roselline.

Vuoi fare le penitenze?  Lava le cose che lasci nel lavandino.

Vai in bagno? Apri le finestre e tira l’acqua.

Io non riesco a capire. Ci vuole tanto?

Prova a pensare che se anche fossi tu che ritorni in quel luogo, perché non lo devi trovare pulito, ordinato e sistemato?

Tanto viene la donna di servizio… Ma cosa vuol dire? Allora mangiamo per terra? Buttiamo la pasta per terra, tanto poi viene la donna di servizio.

Poi però facciamo il digiuno, poi ci chiediamo se il venerdì io devo … Stiamo con i piedi per terra. Vediamo come siamo conciati? Guardiamo il disordine nel quale viviamo. E il disordine non è altro che un insieme di atti di pigrizia perpetuati nel tempo.

Ci sono persone che non sanno avere cura di niente, spaccano tutto. Non riescono a tenere sano e integro tra le mani niente. 

Il tavolo sbeccato, il piatto incrinato, il bicchiere scheggiato, la forchetta piegata, la tovaglia pulita appena stesa sul tavolo sporca di sugo, di vino, di olio dopo solo cinque minuti…

Nascondere e nascondersi non è sintomo di bontà.

I mollicci non sono buoni, sono mollicci.

Il Signore vuole gli interessi, vuole raccogliere da quello che investe, non è che mi da così per dare. Mi da affinché io gli ridia con gli interessi.

Vi ricordate i meriti?

I nostri meriti sono tutti macchiati, dall’amor proprio, dall’egoismo, ma sono comunque il segno che io ho fatto qualcosa, che io mi sono impegnato a non stare a guardare il cielo, ma mi sono messo a fare. Certo poi tornerò a casa malconcio, ma intanto posso dire al Signore: “Io ho messo il mio”.

Anche qua dico una cosa, permettetemelo. Mi fanno molto sorridere, ma di un sorriso amaro, certe mail o messaggi che ricevo dove dicono: “Carissimo padre, sono cinque anni che l’ascolto, non ho mai avuto il coraggio di scriverle (e qua penso, ma il coraggio di cosa?), ma siccome ho bisogno di un consiglio allora le scrivo”. Ma scusa, fammi capire. Per cinque anni non ti sei mai fatto vivo perché non avevi bisogno e avevi paura di disturbare, adesso siccome hai bisogno allora scrivi e ti fai presente. Ma ti pare una cosa logica? Ciò che ti da il coraggio di… è il bisogno? E fintanto che tu non avevi bisogno …

Poi non fa nulla se il Signore ti ha dato dei talenti dei quali magari in quei cinque anni ci sarebbe stato molto bisogno o avrebbero avuto bisogno gli altri e bastava che tu ti facessi presente per metterli a trafficare. A te non interessa perché non eri tu che avevi bisogno. Erano altri ad aver bisogno. Adesso non ho più paura perché ne ho bisogno io.

Vi rendete conto che questa cosa non sta con il trafficare i propri doni? Io ve l’ho sempre detto. Facciamo rete, tra tutti quelle che conoscete. Fatevi presenti, ditelo.

Vi faccio un esempio.

Una persona mi scrive perché aveva bisogno del cingolo di San Tommaso e presentandosi mi dice che fa l’infermiera in un ospedale. Io annoto tutte queste informazioni, perché non si sa mai nella vita. 

Passa il tempo, un ragazzo fa un incidente stradale pazzesco, gravissimo e viene ricoverato. Mi scrive di pregare per lui, dicendomi che si trova in ospedale, che ha tanta paura ed è disperato.

Allora io penso se conosco qualcuno in quell’ospedale.

Cercando nella mia agenda, cliccando il nome dell’ospedale, mi viene fuori il nome di quell’infermiera che mi aveva scritto mesi e mesi prima e così ho potuto chiamarla e, visto che per il covid nessuno può andare a trovare le persone ricoverate, l’ho chiamata e le ho chiesto di andare a trovare quel ragazzo, per portargli una parola di consolazione e di conforto, a salutarlo a nome mio e di tutti quelle persone che stanno pregando per lui. E così sono diventati amici.

Se questa infermiere non mi avesse dato il suo nome e cognome e il luogo dove lavorava, questo ragazzo avrebbe trascorso tutto quel tempo in ospedale senza un volto amico.

Io mi domando, ma cosa ci costa fare queste cose?

Se io so che quel Sacerdote è un crocevia di tante persone, perché in tanti lo conoscono, cosa mi costa dire: “Padre, io so costruire le case, io sono bravo con i mattoni, se ci fosse bisogno…”

Io prendo, salvo e registro.

Oppure: “Padre, io ho una casa enorme e vivo solo, ho una casa in montagna, al mare, e qualcuno sta male e dovendo fare una convalescenza potrebbe averne bisogno, io ci sono.”

Cosa ci costa fare queste cose?

Poi quando ne abbiamo bisogno noi, sappiamo prendere e scrivere. Ma questa è carità?

Pensate alla storia di quel ragazzo che vi ho appena citato.

Io avevo scritto sulla mia pagina Facebook di pregare per lui,  ed è stato importante pregare, ma quanto è stato importante per lui avere un volto amico che gli portava di saluti di…, o per dirgli: “Guarda che sono qua a nome di tutte le persone che pregano per te, forza e coraggio condividiamo la stessa fede”.

Quanto è importante?

Io faccio l’oculista, io faccio il cardiochirurgo, io vendo la frutta, vendo il pane, faccio i maglioni di lana, lavoro l’uncinetto, so ricamare…

Non facciamo i finti umili.

Sei capace di fare quella cosa? Dillo e fatti presente.

Io non so fare niente, ma faccio una salsa di pomodoro buonissima. 

Dillo!

Tu non sai a cosa può servire, intanto però lo dici, lo comunichi, ma purtroppo non lo facciamo perché siamo dei grandi egoisti e andiamo oltre.

Mi è capitata un’altra esperienza, al contrario, negativa. 

C’era un ragazzo che aveva un problema serio ma io non avevo un nome da dargli, una persona esperta per quel problema, e quindi ho dovuto dire che mi dispiaceva perché non conoscevo nessuno da consigliare.

Tre settimane dopo, chissà per quale disegno della Provvidenza, vengo a conoscere un professionista che serviva esattamente per quel ragazzo, un personaggio rinomato nel suo campo, che ha sicuramente ascoltato le omelie, perché in quell’occasione mi ha detto che le ascoltava… ma ormai era troppo tardi.

Perché non ti sei fatto vivo? Avresti potuto aiutare quella persona che aveva bisogno di qualcuno di fidato, perché non l’hai detto? Mi ha detto che tutti i giorni ascolta le mie omelie, ma mi chiedo a far che cosa? Cosa le ascolti a fare se con tutte le cose che vengono dette tu poi vai oltre?

Mettiamo a fruttificare, mettiamo a trafficare i nostri talenti, fatevi presenti come me, con chi volete, ma diffondete, diffondiamo, facciamoci presenti, diciamolo, rendiamoci disponibili se sappiamo fare qualcosa.

Potremo aiutare una persona sola? Bene, avremo aiutato una persona sola, avremo la benedizione di una persona, avremo ridato il sorriso ad una persona. 

Se quando io morirò, il Buon Dio mi dirà: “P. Giorgio, tutte le tue omelie sono servite solo per quest’anima, nessun altro. Tutto il tempo che ci hai messo, le tue fatiche, sono serviti solo per quest’anima” io sarò felicissimo, perché non si fanno le cose per le fosse dei leoni, ne basta una.

Pensate il contrario, se il Signore mi dovesse dire: “Vedi p.Giorgio, se tu avessi fatto quelle omelie o se tu avessi fatto quella cosa, tu avresti salvato, avresti aiutato quell’anima, ma poiché tu non l’hai fatto, guarda cosa è successo?”

 Cosa è meglio delle due?

Avresti potuto aiutare quella persona, quel giovane, quella mamma, quel papà, ma tu non ti sei fatto conoscere, non ti sei reso disponibile, non hai trafficato al massimo. 

Trafficare al massimo è dire alle persone giuste tutto quello che posso dire, è dire “io ci sono”. Poi se non servirà tu non lo puoi sapere, quindi dillo. Magari potrebbe servire.

Cerchiamo di non essere inutili, di non condurre una vita inutile, stupida, una vita che non interessa a nessuno, semplicemente risucchiata dentro il nostro professionismo, dentro le nostre etichette, dentro il nostro essere snob.

Rendiamoci servi, impariamo a servire questa umanità, così sofferente, impariamo ad essere servi utilissimi, perché il servo inutile dell’altra parabola è in realtà è utilissimo.

È inutile circa il fatto che non cerca un consenso umano, invece questo servo inutile qua, è veramente inutile, non serve a niente. 

Guardate che ci sono persone veramente generose, persone che aprono le loro case, che ti danno il cuore in mano, persone belle, bellissime. Non sentite anche voi il desiderio di essere così? Di avere questo cuore enorme, bello, questo cuore aperto, questo darsi, non in modo stupido, ma darsi in modo intelligente, a chi sa farne tesoro, a chi è capace di custodire il dono?

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mt 25, 14-30)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

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