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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 4

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 4 marzo 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 4

Eccoci giunti a venerdì 4 marzo 2022. Oggi è il primo venerdì del mese di marzo, abbiamo già detto tante volte l’importanza della pratica dei primi nove venerdì del mese, ormai sono tanti e tanti anni che predico sull’importanza dei primi sei giovedì del mese, dei primi nove venerdì del mese e dei primi cinque sabati del mese, quindi vi rimando a tutte le omelie che ho già fatto, vi rimando ai testi che trovate anche su Internet, oltre che ai libri che spiegano queste bellissime devozioni che sono una risposta a quanto Gesù e la Vergine Maria ci chiedono attraverso la Beata Alexandrina Maria da Costa per i primi sei giovedì del mese, attraverso Santa Margherita Maria Alacoque per i primi nove venerdì — per questi due lo chiede Gesù — e poi attraverso Suor Lucia di Fatima per quanto riguarda i primi cinque sabati del mese. Quello dei primi nove venerdì del mese è anche un modo per fare una sorta di Novena, una Novena che dura nove mesi, e chiedere quindi al Signore qualche grazia particolare. 

Sapete che Bruno Cornacchiola, il veggente delle Tre Fontane qui a Roma, ricevette la grazia della salvezza della sua anima, salvezza nel senso che ebbe la possibilità di incontrare la Vergine Maria, di ascoltarla e di essere convertito direttamente dalla Vergine Maria, grazie alla pratica dei primi nove venerdì del mese che sua moglie gli aveva fatto fare poco tempo prima. Questo lo dice proprio la Vergine Maria a Bruno Cornacchiola. 

Abbiamo già visto anche questo, tutte cose già viste, già dette, già predicate e già spiegate, quindi vi rimando a questi bellissimi approfondimenti già fatti, però io ogni mese ve lo ricordo, perché sono tre devozioni: giovedì, venerdì e sabato, i primi del mese, sono tre devozioni che io personalmente consiglio caldamente tutti.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo IX di San Matteo, versetti 14-15.

Noi subito continuiamo la meditazione che stiamo facendo del libro del Padre Avrillon, siamo arrivati appunto al venerdì dopo le ceneri, oggi il titolo è:

IL VENERDÌ’ DOPO LE CENERI 

Giorno di perfezione

“Eccitate nel vostro cuore sul principio del giorno un ardente desiderio della cristiana perfezione, secondo lo stato in cui voi siete, e domandatela ardentemente a Dio colla risoluzione di metter dal canto vostro ogni diligenza per giungere a possederla.”

Il desiderio ardente di una perfezione cristiana, cioè vivere perfettamente la vita cristiana.

“Essa non è sopra le vostre forze, poiché Gesù ve la propone nel suo vangelo. Fate oggi tutte le vostre azioni a questo fine, e fatevi una seria attenzione per allontanarne tutte le imperfezioni che potrebbero diminuirne il merito.”

Noi dobbiamo perseguire, dobbiamo avere il desiderio bello, forte, sicuro di vivere perfettamente la vita cristiana e non dobbiamo mai né pensare, né dire che questo progetto, questo programma, questo ideale, questa richiesta da parte di Gesù sia irrealizzabile, una idealità e che nessuno di noi può essere così. Al contrario, siccome Gesù ce lo chiede, siccome Gesù nel Vangelo ce lo propone, vuol dire che è possibile, quindi dobbiamo fare tutto quello che possiamo per allontanare tutte le imperfezioni che in qualche modo possono andare a intaccare questo proposito.

“Con ogni diligenza fuggite i rispetti umani…”

Questi sono i primi. L’abbiamo già visto, credo, l’anno scorso, il rispetto umano è il nemico numero uno della vita di perfezione.

“… esaminateli, pesateli col peso del santuario, pensate d’ogni vostra azione, quale possa essere accetta innanzi a Dio, e persuadetevi che voler in questo caso pensar come Dio, non è una temerità, né una presunzione, ma una virtù ed una saggia cura.” 

Dobbiamo pesare questi e questo rispetto umano, perché, sapete, il rispetto umano si manifesta in tanti modi — abbiamo visto anche questo — e dobbiamo chiederci se queste nostre azioni siano accette davanti a Dio, cioè se il Signore le accetta o no: “Questa cosa che voglio fare, che voglio guardare, che voglio pensare, che voglio dire è ben accetta davanti al Signore?” Ecco, farsi questa domanda, dice Padre Avrillon, non è una temerarietà, ma è una virtù. Dobbiamo sempre chiederci: “Questa cosa che sto per dire è gradita a Dio? Questa cosa che sto per fare piace al Signore?”

Meditazione sulla perfezione tratta dal Vangelo. 

“Voi avete imparato, disse Gesù ai suoi apostoli, ch’è stato detto agli antichi: Voi amerete il vostro prossimo ed odierete il vostro nemico. Ed io vi dico: amate i vostri nemici, fate bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano affinché siate figliuoli del vostro Padre celeste. 

Eccovi il più perfetto, il più sublime ed il più santo di tutt’i precetti, e si può facilmente conoscere esser tale dalla voce imperiosa del divino maestro che ce l’impone, volendo egli che siano tutti i cristiani uomini perfetti, veri eroi. E per dimostrare che questa pratica può condurli alla più sublime perfezione, egli aggiunge: Siate adunque perfetti come il vostro Padre celeste è perfetto.”

È il Signore che ce lo comanda, che ce lo chiede, perché vuole che siamo cristiani perfetti, veri eroi. È bellissimo essere un eroe, che non c’entra niente con Superman, non è questo. 

Cosa vuol dire essere un eroe? 

Perché noi dobbiamo capire le cose prima di dire sciocchezze: “No, ma io non sono un eroe, non è il nostro compito quello di essere degli eroi, nessuno di noi è Superman”.

Cosa vuol dire essere un eroe? 

Vuol dire vivere le virtù umane e le virtù cristiane al massimo grado, vuol dire vivere la virtù della fede, della speranza e della carità al sommo grado, in modo eroico. 

Chi di noi può dire: “Non voglio essere un eroe”? Vuol dire, tradotto, che non mi interessa vivere nel modo più vero, più profondo, più sincero, più bello possibile, per esempio, la virtù della speranza. Ma chi può dire una roba del genere? Chi può dire: “Stamattina mi sveglio e non voglio vivere la speranza in modo eroico. Non voglio essere testimone di luce, essere testimone della vita, dell’unica vita possibile che è Gesù, della Verità in modo eroico” (e stiamo parlando della Verità, LA Verità, quella Verità che è Gesù, ed è l’unica via, quella Via, la Via che è Gesù).

Ma chi può dire una cosa del genere? 

“Non voglio, non voglio testimoniare la speranza in tutto questo, non voglio testimoniare la fede in tutto questo?”

Certo che lo voglio! Io sono sicuro che tutti voi lo volete, perché, se no, non sareste lì ad ascoltare una voce che vi parla da un telefono o da un computer, senza vedere, una voce che vi parla e che vi racconta, vi dice qualcosa sul Vangelo. Non lo fareste mai! Se lo fate è perché volete essere degli eroi e dovete esserne fieri, dovete essere grati al Signore che volete essere degli eroi, perché è quello che Gesù ci chiede: essere degli eroi, cioè vivere in modo eroico le nostre virtù.

 Quindi, vedo una persona che sta annegando? Mi tuffo per salvarla. È un atto eroico, perché vivo la carità in un modo radicale, enorme, bellissimo a tal punto che salvo la vita di qualcuno, pensate che bello! 

Vedo una persona disperata, vedo una persona che non ce la fa più, vedo una persona crocifissa dal dolore, da tante situazioni brutte, e io divento un testimone credibile, vivente di speranza, che dico, non con le parole, ma con i fatti: “Non sei solo, non sei sola a vivere questo, non ti lascio solo, ci sono”.

Questo non è vivere la speranza dando speranza in modo eroico quando tutti o quasi tutti sono messaggeri di sventura? Quando tutti o quasi tutti non fanno altro che parlare da ottimisti o parlare da pessimisti? Ma gli “ismi” sono sempre dei difetti, il pessimista è tanto sbagliato quanto l’ottimista, perché non è che bisogna essere pessimisti o ottimisti, bisogna essere realisti. La realtà, chiamiamo la realtà per quella che è, e guardiamola in faccia così com’è, senza bisogno di esagerarne gli aspetti positivi e senza bisogno di esagerarne quelli negativi, non bisogna esagerare in niente. Guardare la realtà e gestire la realtà per quella che è, fare dentro la realtà possibile tutto quello che io posso fare dando il meglio. Questo è essere degli eroi.

Il Giudice Livatino che sfida i criminali e va in giro da solo con la sua macchinina e non voleva la scorta perché diceva che era a rischio di vita e quindi non voleva che a causa sua morissero altre persone. Poi l’hanno ucciso, ma lui cosa ha fatto? Lui ha fatto della verità e della giustizia il suo eroismo. 

San Massimiliano Maria Kolbe cosa ha fatto? Ha fatto della carità il suo eroismo, ha sacrificato la vita per un altro e quindi ha vissuto la speranza in modo eroico, dando speranza nel bunker della morte — che è diventato un cenobio di monaci che cantavano inni, salmi, cantici, breviari, rosari e quant’altro — e dando fede. Ha rimesso tutta la sua vita nelle mani della Vergine Immacolata e infatti dopo due settimane era ancora vivo, hanno dovuto ucciderlo con l’acido formico perché se no non moriva, e via di seguito. 

Vedete come è bello? Vedete di cosa dobbiamo parlare ai nostri giovani? Ai nostri giovani, ai nostri ragazzi, ai nostri bambini di questo dobbiamo parlare, perché così gli allarghiamo il cuore. Gli dobbiamo dire: “Ma tu vuoi diventare un eroe? Non un supereroe, un eroe. Vuoi diventare un eroe? Gesù ti propone di diventare un eroe”. Bellissimo. 

“Tu puoi diventare un eroe. Come? Vivi il Vangelo, non c’è bisogno di fare altro, non c’è bisogno dei super poteri, vivi il Vangelo, se tu vivi il Vangelo tu diventerai un eroe. Provare per credere, sperimenterai cosa vuol dire vivere in modo eroico le tue virtù cristiane e le tue virtù umane.”

E per questo aggiunge: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli.”

“È un Dio che parla, che comanda e che per dare a questa legge sì santa e sì perfetta tutto il peso e tutta l’autorità, che le era assolutamente necessaria per avere il consenso e la sommissione dei cristiani ai quali era diretta, e se ne dichiara egli stesso Fautore con queste parole: Son io che ve lo dico.”

Quindi il nostro modello chi è? Il nostro modello è il Padre, la perfezione del Padre, questo è modello. 

E l’autorevolezza da cosa ci viene, da chi ci viene? Dalle parole di Gesù: “Son io che ve lo dico”.

“Perciò la legge non è stata mai promulgata con più bei caratteri, né pronunziata con maggior precisione e maestà. Quest’è che denota quanto gli stesse a cuore la pratica di essa, e quanto fosse premuroso della nostra perfezione.” 

Gesù ha a cuore la perfezione, perché vuole per noi il massimo della felicità.

“Applicatevi al senso di queste ammirabili parole: Son’io che ve lo dico, io, per il cui amore dovete sacrificare i vostri più vivi e giusti risentimenti; …”

Per amore mio! Del vostro Gesù!

Tu devi prendere il tuo risentimento contro tizio, contro Caio, contro Sempronio e crocifiggerlo. Capito? Il risentimento, questo acido che continua a venirmi su dal cuore, va tamponato crocifiggendolo per amore di Gesù.

“… io, che il primo l’ho praticato per vostro amore, perdonandovi i peccati, che poteva punire con supplizi eterni; …”

Devo vivere questa perfezione, questo eroismo perché Gesù l’ha fatto prima di me, per me perdonandomi i peccati.

“… io, che sono il vostro maestro, e che ho un diritto incontrastabile su tutti i movimenti del vostro cuore, perchè son’io che l’ho formato, e che per conseguenza non deve volere che ciò ch’io voglio.”

Certo, noi siamo creature di Dio, è Lui che ci tiene in vita, come posso volere qualcosa che Lui non vuole?

“Io finalmente che non ho mai comandato cosa alcuna d’impossibile, e rendo facili le azioni anche le più difficili che s’intraprendono per amor mio, coll’unzione con la quale le accompagno e con la grazia che non nego giammai.”

Dio nell’Antico Testamento, Gesù nel Nuovo Testamento, non ha mai comandato nulla di impossibile, mai, e se noi ci fidiamo (ecco la fede), se noi ci fidiamo di Lui e per amor Suo facciamo ciò che ci sembra impossibile fare, noi vedremo che Lui ci accompagna con la Sua grazia, con il Suo Spirito Santo.

“Unite l’esempio ammirabile di Gesù al precetto che oggi c’impone…”

Vanno uniti.

“… e la voce de’ suoi patimenti e del suo sangue a quella della sua bocca, poiché egli ha perdonato ai suoi nemici tutt’i più gravi oltraggi, e anche mentre lo crocifiggevano.”

Capite quanto deve essere profondo il nostro perdono.

“Rientrate ora in voi stessi. Il vostro cuore è libero da qualunque risentimento?”

Esame di coscienza immediato.

 “Ha egli forse qualche amarezza ed antipatia contro il suo prossimo?”

Terribile questa cosa, amarezza e antipatia contro il prossimo. Vedere tra cristiani, tra gente che va a Messa tutti i giorni, che fa la Comunione tutti i giorni, che prega il rosario, che fa la meditazione, vedere antipatie, risentimenti, sguardi freddi, astiosi, il parlarsi alle spalle. Ma come fanno stare queste cose insieme? Come è possibile? Il parlar male, il diffamare, oppure, peggio ancora, seminare discordia, divisioni, zizzania, dubbi, sospetti, terribile! Quindi, attenzione!

“È egli nella prossima disposizione di amare e di servire cordialmente ed egualmente tutti i suoi fratelli, senza distinzione e senza riserva?”

Sei pronto a fare questo? Il tuo cuore è pronto senza distinzioni e senza riserve ad amare tutti? Oppure quello sì e quello no? Domanda importante.

“Eccovi le istruzioni delle quali dovete profittare”

Questa mi è venuta in mente adesso, ve la devo dire, incredibile! Ero dal panettiere in coda e c’era con me un confratello, stiamo aspettando il turno per entrare, perché sapete che bisogna entrare a numero chiuso. Stavamo parlando, in quel momento mi suona il telefono quindi io prendo il telefono, rispondo, mi giro un attimo e il mio confratello rimane libero dalla discussione e si gira verso la panetteria per vedere a che punto erano per poter entrare. In quel frangente una signora anziana che stava per entrare ha perso l’equilibrio sul gradino della panetteria e stava rovinosamente per cadere per terra. Ho visto che lei ha perso completamente l’equilibrio e stava andando giù. Questo mio confratello era lì vicino, le ha dato una mano, l’ha sorretta, l’ha rimessa un po’ in piedi e quindi le ha evitato il disastro, perché se fosse caduta sarebbe sicuramente finita in ospedale e chissà cosa l’aspettava. Entriamo in panetteria, la signora entra ed entriamo anche noi due, e tutti hanno visto questa scena, perché lei ha perso palesemente l’equilibrio, quindi da dentro alla panetteria e anche quelli fuori hanno visto tutti questa scena. Entriamo e questa signora racconta alla panetteria e dice: “Ah, guardate stavo per cadere qui fuori!”. Ma chi era dentro, non lo so, ha confuso, non ha visto bene, non lo so, e ha detto: “Ah, poi l’aiutata una signora?” 

E lei mentre prendeva il pane dice: “No, no mi ha aiutato un ragazzo”.

E io sono intervenuto e ho detto: “No, non un ragazzo, l’aiutata questa persona”.

“Ah sì sì ecco proprio lui”.

“Sì, proprio lui l’ha aiutata a non cadere”.

Non so, forse sono stato educato in non so quale epoca storica, io mi aspettavo quantomeno un gesto, non dico proprio un fatto concreto, ma un gesto di riconoscenza, mi aspettavo, siccome il confratello che avevo accanto era giovane, mi aspettavo, non lo so, che questa signora dicesse o facesse qualcosa, perché poi anche la panettiera ha detto: “Ah guarda che bravo! Le ha evitato un bel disastro, pensi se cadeva…” 

Io rimango lì e dico: “Adesso succederà qualcosa”.

Santa pace! Ma fai un gesto di riconoscenza! 

La mia nonna cosa avrebbe fatto? Ve lo dico subito, perché gliel’ho visto fare centinaia di volte, avrebbe detto: “La spesa che ha ordinato questo signore la pago io. Dia a questo signore cinque brioches, gli dia anche questo bel pezzettino di torta, anzi gli dia quella torta là che la mangia a casa come mio ringraziamento”,

Non è che noi risolviamo tutto con: “Ah, ciao grazie.”

Come: “Ciao, grazie”?

Quello che ti ha evitato di finire in pronto soccorso nove ore, di andare in una barella, di rischiare chissà che cosa, e magari di essere anche operata e ricoverata e tu: “Ah ciao, grazie”? 

No! Questo è assolutamente sbagliato, oltre che essere maleducato, non è giusto, questo non è stato sicuramente un buon esempio. Noi dobbiamo assolutamente essere capaci di manifestare la nostra riconoscenza. E la mia riconoscenza la manifesto dando del mio, non con i bla-bla-bla, il mondo è pieno di bla-bla-bla. 

Io vi dico che sono rimasto veramente male, questa signora non mi ha per niente edificato, proprio mi ha infastidito, perché ho detto: “Ma pensa te che piccinerie, pensa te che meschinità”. E se io fossi stato la panettiera glielo avrei offerto io, proprio per dare l’esempio a questa signora. Gli avrei detto: “Oggi la spesa lei non la paga”, avesse preso anche una briciola di pane gli avrei detto: “Non la paga, e come gesto di riconoscenza prenda quello che vuole, le regalo questa bella torta, le regalo cinque brioches, le regalo una pizza, una focaccia, un pezzo di pane, qualcosa che faccia dire che il suo gesto è stato un bene, lei ha fatto del bene, ed è giusto dirle grazie. Lei era lì al momento giusto, al posto giusto, con la persona giusta che aveva bisogno di lei, e io voglio dirle grazie, perché lei ha procurato del bene, lei ha evitato un danno”. 

Invece no, questa ha preso la sua pagnotta e “ciao, ciao, arrivederci, grazie, grazie” ed è andata, neanche ha guardato in faccia la persona che l’ha salvata.

Voi direte: “Eh, ma era anziana”. 

Sì era anziana, ma non quell’anzianità tale per cui uno non sa distinguere la destra dalla sinistra e il giorno dalla notte. La sua focaccia, la sua pizza e le sue brioches le ha distinte molto bene, le ha comprate benissimo, quindi come aveva potuto distinguere la pizza da una brioche, poteva tranquillamente distinguere quel volto di uomo, di giovane, da una donna, perché lui, che è sicuramente più santo di me è stato in silenzio. Io no, le ho detto: “No, non è una signora, è lui che l’ha salvata, lui le ha impedito di cadere per terra, non un signora che non c’è, che non esiste”. 

Erano qui in due uomini? Come la signora? Quale signora? 

Noi siamo così, tutto avere e niente dare, tutto è dovuto, tutto è scontato e tutto è ovvio. Guardate, di ovvio a questo mondo non c’è niente, neanche la vita di oggi, neanche il fiato che facciamo, neanche tua madre che ti mette la tua bistecca con l’insalata sul piatto da mangiare, questo non è ovvio, e questo non è dovuto, perché ci sono situazioni dove figli non hanno né questo, né quello, né quell’altro, quindi non è né ovvio, e né dovuto. E per ogni atto di cortesia che riceviamo dobbiamo manifestare la nostra riconoscenza. Certo, non devo ogni volta andare a ricoprire d’oro le persone, per l’amor del cielo, non sto dicendo questo, ma quando mi è possibile, cosa mi costa dire: “Ti offro una brioche, mangia questa brioche a nome mio come ringraziamento”. Ma perché no? Ma cosa mi cosa mi succede? 

“Prenda quello che deve prendere e poi venga che le offro un caffè”. Ma perché no? Almeno fai il gesto, almeno il gesto. 

Non sono tutti così però questa esperienza, guardate, mi ha proprio segnato, sono uscito e ho detto: “No, questo non è giusto”. Non ho detto niente al mio confratello, ma oggi proprio avevo intenzione di dirlo, mi è venuto in mente adesso mentre stavo parlando, mentre stavo commentando questo testo e mi è rimasto qui, ce l’ho ancora qui. Non siate meschini, non dobbiamo essere meschini, non abbiamo gretti e non basta dire: “Grazie, grazie, ciao, ciao”, ma che “Grazie, grazie, ciao, ciao”, non sono mica un gatto! Cosa vuol dire? Persino il cane viene lì a leccarti e a farti la festa e a scodinzolarti se tu gli fai una cortesia. Ma lo fa un cane, non lo deve fare un cristiano? Ma che sistema è? “Grazie, grazie”, un bel niente, impariamo la riconoscenza che non può essere sempre e solo: voglio avere io, devo vivere io. No, devi anche saper dare. 

Quando noi, da ragazzi, abbiamo iniziato a confessarci — vi ho già raccontato tantissime volte di mons. Cazzaniga, dei nostri Sacerdoti — una cosa tra le tante che ci hanno insegnato, bellissima, è questa: quando finisci la confessione ricordati di ringraziare sempre il Sacerdote.

“Io ti assolvo dai tuoi peccati” — “Amen, amen, arrivederci”

Ma come arrivederci? Grazie non si dice? Cioè tu grazie lo dici alla parrucchiera, con tutto il rispetto per la parrucchiera; lo dici all’estetista, con tutto il rispetto per l’estetista; grazie lo dici allo spazzino che pulisce davanti a casa tua, con tutto il rispetto per gli spazzini, e non devi dire grazie al Sacerdote che ti ha dato il perdono in Nome di Dio? Quello poteva essere benissimo fuori a cavallo in riva al fiume, poteva essere in casa sua a guardarsi la TV, poteva essere su un eremo a fare altro, no quel giorno lui è stato lì. Certo, voi direte: “Questo è il suo dovere”. Sì, però sapete quante persone non fanno il loro dovere? Ve lo devo dire io quante persone non fanno il loro dovere? Voi, tutti voi, fate sempre il vostro dovere? E lo fate sempre al meglio? No, ve lo dico già io senza essere un profeta, no, non è così, quindi quando qualcuno fa il suo dovere e lo fa bene: “Grazie. Grazie perché mi hai dato quest’opportunità. Grazie perché mi hai dato questo aiuto. Grazie perché hai deciso di darmi il tuo tempo. Grazie di esserci.” 

Ovviamente, questo “grazie” deve essere sempre più grande e più formale, più tangibile e più concreto in proporzione alla grazia che abbiamo ricevuto. Un conto è se dò una caramella perché ho un colpo di tosse e un conto p se ti salvo la vita. Non è che posso in tutti e due i casi dire: “Grazie, ciao, ciao” e “Amen, Amen”. No. È una questione di educazione. Se non è una questione cristiana — e dovrebbe essere anche una questione cristiana — è una questione di educazione. Perché se tu fai così con un uomo, se il tuo comportamento è questo con le creature, peggio ancora sarà con Dio che neppure vedi, sarai ancora più grato. E voi tutti che leggete il Vangelo più di me e meglio di me, voi tutti sapete quanto Gesù sia sensibile alla riconoscenza e, quando Gesù appare ai Mistici, il peccato che Gesù lamenta maggiormente è l’ingratitudine degli uomini, in particolar modo delle sue anime consacrate. Vero o falso? Andate a controllare.

“Eccovi le istruzioni delle quali dovete profittare e se voi non ne profittate, ciò basta per confondervi e per farvi conoscere che ben lungi dall’attendere alla vera perfezione, voi non siete nemmeno cristiani.” 

Neanche cristiani!

“Siate perfetti, dice ancora Gesù ai suoi discepoli, com’è perfetto il vostro Padre celeste, e guardatevi bene dal fare le vostre opere buone per esser veduti e stimati dagli uomini. 

Osservate che dopo avere il divin Salvatore stabilita la legge particolare della dilezione dei nemici, dopo averne espresse con esattezza tutte le circostanze e condannati tutti i risentimenti, che sono il più grande ostacolo alla cristiana perfezione — i risentiti non saranno mai degli eroi — stabilisce in seguito la legge della perfezione, dandoci delle celesti ammonizioni contro i più piccoli difetti che possono rendere imperfette le nostre buone opere, le quali sono il rispetto umano, la vanità, l’ostentazione e le compiacenze di noi stessi.”

Ecco i difetti da combattere. E quindi dopo ci dà l’esempio del Padre Nostro Celeste da seguire.

“Quanti cristiani vi sono, la tiepida vita dei quali è una rinunzia formale alla perfezione, perché costerebbe troppo alla loro delicatezza, od amano meglio rinunziarvi, che faticarvi”.

Ecco la tiepida vita! “Ciao, ciao. Amen, amen. Grazie, grazie”

Perché è dura tirare fuori il tuo soldino, dire che è per quella persona che mi ha fatto un piacere, una grazia e portargli un pacchetto, una scatolina di cioccolatini, un vassoio di pasticcini, un vaso di frutta fresca buonissima, per dire grazie. No, certo, figurati! Braccini corti ce ne sono in giro a valanghe, però quando devono ricevere, ah caro mio queste braccia come si allargano! Come si allungano, come i colli delle giraffe! Certo, tutti capaci di vivere così! Questi sono i tiepidi, questi sono i meschini, che non hanno niente a che spartire con Gesù.

Mi ricordo quando andavo a confessarmi dal mio Padre Spirituale che per 17 anni mi ha accompagnato, si chiamava Don Mario, non vi ho mai parlato forse di lui, ho parlato sempre di  Mons. Cazzaniga, ma non ho mai parlato di lui, di quando ero più grande. Dunque mi ricordo che quando andavo a confessarmi da Don Mario c’era un giovane che arrivava sempre a confessarsi con un sacchettino con dentro una bottiglia di acqua. E mi dicevo: “Chissà questo qui perché tutte le volte deve andare a confessarsi con dentro l’acqua. Possibile che abbia così tanta sete?” Poi ci siamo conosciuti e gli ho chiesto: “Senti un po’, ma tu perché vieni sempre con l’acqua in confessionale? Ma hai così sete? Sei diabetico?” E mi dice: “No, Giorgio io la porto sempre perché quando entro chiedo a Don Mario: hai sete?”

Mi sono detto: ma io da dove vengo fuori? Ma io sono cresciuto in mezzo agli scimpanzé allora! A lui è venuto in mente di andargli a chiedere se ha sete! Ma io ho dato per scontato che Don Mario fosse un androide? E mi sono fatto due conti di quando usciva di casa Don Mario al mattino per andare in Duomo a fare tutte le preghiere con gli altri Canonici… È fuori da stamattina dalle 6:50, adesso sono le 10:15, ma certo che avrà sete! Non mi è mai venuto in mente che avesse sete! Questo ragazzo andava dentro sempre con l’acqua. Magari lui non l’avrà mai presa, però il gesto! Capito, il gesto! Pensare che quella persona può aver bisogno di bere, come effettivamente è! 

Che vite morte! Guardate che vite morte! Dobbiamo riflettere che nella vita non possiamo solo avere, che tutto ci è dovuto, ma dobbiamo anche dare, accorgerci di chi abbiamo intorno, che hanno dei bisogni come noi. Certo, ma questo costa troppo alla nostra delicatezza, mi devo porre il problema che forse, magari, allora… prova tu.

 “Benché abbiano avute a questo fine tante celesti ispirazioni, che li eccitavano ad attendervi, e ne rendevano loro il cammino! Sareste voi nel novero di costoro ? Pensatevi seriamente.”

Quindi, tante grazie avute, ma che poi rifiutiamo perché la nostra delicatezza… sapete…

“Ripigliate in quest’oggi questo importante lavoro, che con troppa viltà avete lascialo, né vi sgomentate, quantunque sia un lavoro di tutta la vita. Studiate voi stessi, esaminate, correggete la vostra passione predominante, pregate, meditate, formate gran divisamenti e generose risoluzioni adattate ai bisogni dell’anima vostra.”

Quindi, cari miei, fermiamoci, riflettiamo, esaminiamoci e prendiamo impegni chiari, pratici, belli e veri per correggere le nostre passioni.

“Imitate, dice un santo dottore, lo scultore ed il pittore: lo scultore non trova la figura, che si propone di fare che a forza di togliere collo scalpello il superfluo che la nascondeva.”

Quindi via tutto ciò che è superfluo.

“Il pittore non dà l’ultima perfezione alla sua immagine, che aggiungendo nuovi lineamenti.

Diminuite, aggiungete, distruggete, acquistate, cercate i vostri più nascosti difetti, cominciate a ben conoscerli, continuate ad odiarli e finite coll’estirparli. Voi troverete senza dubbio maggior lavoro di quello che pensate; ma quel che importa si è di metter subito la mano all’opera, e di non rallentarsi, nè scoraggiarsi giammai.”

Forza e coraggio!

“Inoltre se volete studiare il cammino della perfezione, che vi pare sì lungo e difficile, amate Dio, amatelo fervorosamente, e nel tempo stesso temetelo, e sarete presto perfetti.”

Certo, tutto si fonda sull’amore.

E concludo con questa bellissima preghiera, che potete fare vostra:

“Quali opposizioni ed ostacoli, o Signore, sento io alla perfezione che mi dimandate, quantunque voi mi offeriate tutti i soccorsi de’ quali abbisogno per giungervi! La mia pusillanimità, la pigrizia, l’amor proprio, i miei affetti e la mia delicatezza mi fanno un’aspra guerra quando voglio efficacemente attendervi per mettermi in stato di poterla acquistare. Ohimè! Io li ascolto, torno addietro, divengo tiepido, ricado, perdo il coraggio, e finalmente vi rinunzio vilmente. 

Se dopo aver conosciuta la necessità di attendere alla perfezione tanto necessaria alla mia salute, mi ci fossi seriamente applicato, sarei già molto avanzato in essa. Ho mille volte intesa la vostra voce nel fondo del mio cuore che mi chiamava, e con forza mi sollecitava ad intraprenderla: la mia coscienza, la cui voce è la vostra, mille volte m’ha rimproverato la mia viltà, e m’ha fatto intendere che voi volete da me una vita più pura e più perfetta di quella ch’io conduceva, ne sono stato convinto, l’ho sentita, e qualche volta ne sono stato persino intenerito e conturbato; allora feci i divisamenti e promesse, cominciai ad operare, ma poi ho guardato addietro e rendute vane le mie promesse, ed eccomi imperfetto come prima, e così poco avanzato nella perfezione. 

Ah Signore, qual conto rigoroso mi dimanderete voi nel giorno del giudizio! E quale rammarico ne avrò io nel punto di morte! Quest’idea mi spaventa sin da ora e mi fa tremare. Ho potuto fare e non ho fatto: quale infedeltà, e qual motivo di dolore! Ma, o mio Dio, voglio da questo momento incominciare, né mai più desistere: soccorretemi, aiutatemi, guarite la mia pigrizia, risvegliate il mio languore e fissate la mia incostanza.” 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

VANGELO (Mt 9, 14-15)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

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