Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: «I santi segni. Romano Guardini, parte 35»
Venerdì 9 giugno 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mc 12, 35-37)
In quel tempo, insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo:
“Disse il Signore al mio Signore:
Siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
sotto i tuoi piedi”.
Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?».
E la folla numerosa lo ascoltava volentieri.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a venerdì 9 giugno 2023.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo dodicesimo del Vangelo di San Marco, versetti 35-37.
Continuiamo la nostra lettura del libro di Romano Guardini: I Santi Segni.
Dunque, siamo arrivati a quando ieri parlavamo dell’essenza che ci parla e di questa parola che ci scuote, ci può scuotere.
È il «nome» che si presenta, l’essenza, la risposta dell’anima… Proviamo la visione stupefacente, la stretta spirituale con cui l’uomo colse l’essenza del nuovo che gli sta dinanzi e lo coniò, attingendo al suo intimo, nella creazione del nome…
Adesso scrive:
Forse il nome «Dio» ti si può presentare in modo siffatto. Quando riflettiamo a tutto questo, ben possiamo comprendere perché i fedeli dell’Antico Testamento non pronunciassero affatto il nome di Dio. A esso sostituivano il nome di «Signore». Infatti da questo è appunto costituita la particolare lezione del popolo ebraico: dal fatto che esso ha sentito più immediatamente degli altri popoli la realtà di Dio, la vicinanza di Dio. La sua grandezza, la sua sublimità e terribilità Israele l’ha sentita più fortemente di ogni altra nazione. Agli Ebrei Dio aveva manifestato attraverso Mosè il suo nome: «Colui che è, questo è il mio nome». «L’Esistente», che non ha bisogno di alcun altro, che riposa tutto in se stesso, sintesi e sostanza di tutto l’essere e di ogni forza.
Noi probabilmente non siamo così abituati a riflettere sul nome di Dio, su questa teofania che è avvenuta quel giorno nel roveto ardente davanti a Mosè. «L’Esistente», colui che non ha bisogno di nulla, di nessuno, di nient’altro.
“Il nome di Dio era per essi immagine della Sua essenza” — Questo è importante, perché a noi il nome di Dio cosa dice oggi? — “Quest’essenza di Dio la vedevano irraggiare dal Suo nome. Il quale era per essi come Dio stesso, e li riempiva di timore come quando un giorno avevano temuto sul Sinai il Signore in persona. E invero Dio parla del suo nome come di se stesso: «Il mio nome ha da esser là»: Egli dice del Tempio. E nell’Apocalisse promette al fedele perseverante che «lo eleverà a colonna del tempio di Dio» e che «scriverà il proprio nome su di lui».
Lo vuol così consacrare e fargli dono di se stesso. Così comprendiamo il comandamento:
«Non nominare invano il nome di Dio, tuo Signore».
E invece noi lo facciamo! Quante volte si sente nominare il nome di Dio invano! O anche della Vergine Maria. Quante volte sentiamo nominare i santi, invano magari, per fare battute. Pensate a quel vizio orrendo che alcuni hanno di usare Dio, la Vergine Maria, i santi, alcune espressioni del Vangelo per raccontare barzellette. Ci sono barzellette su Dio! Sono terribili. “No, ma è per ridere!” Non si ride di Dio, tu puoi ridere di tutto quello che vuoi ma non di Dio, Dio non è tema di scherzo, di ironia. Non possiamo permetterci una cosa del genere “Non nominare il nome di Dio invano”. Rendiamoci conto: è un comandamento!
Oppure usare delle espressioni del Vangelo — e io non voglio assolutamente ripetervi quello che ho sentito perché non voglio che vi rimangano in mente — per fare battutine, doppi sensi, per applicarle a cose assolutamente volgari, assolutamente banali. Espressioni che non dovrebbero essere toccate non dovrebbero essere estrapolate dal loro ambiente, dalla loro sacralità, dovrebbero essere lasciate lì: usate per essere meditate, usate per annunciare il Regno di Dio, usate per la gloria di Dio, ma non per ridere, ma non mentre sto mangiando pane e prosciutto, non c’entrano niente! Dobbiamo stare molto attenti al nome di Dio e a usare il nome di Dio.
“Non nominare il nome di Dio invano”, quindi non si nomina neanche per esclamazione. Che cosa c’entra: cade per terra qualcosa e uno deve nominare il nome di Dio e della Vergine Maria, perché? Ma cosa c’entra? Ci sono proprio espressioni che mi danno proprio fastidio, questi modi di parlare di scherzare, soprattutto, poi, se parliamo di sacerdoti, ancora di più.
Comprendiamo perché il Salvatore ci insegni a pregare:
«Venga santificato il tuo nome».
Non “venga preso in giro!” Non “venga usato per fare le barzellette!” Non “venga usato per fare le battute!” Oppure prendere in giro i luoghi dell’apparizione della Vergine Maria come Lourdes, quando si ha a che fare con la malattia… ma che senso ha? Ma che senso ha? Ma sei mai stato a Lourdes? Ma hai mai visto quel mondo di dolore portato da bambini, ragazzi, mariti, mogli, persone anziane, con una dignità, con una compostezza, con una bellezza, con una pazienza… Ma l’hai mai visto? Magari non l’hai mai visto, e allora come ti permetti di prendere in giro un luogo nel quale noi probabilmente non siamo neanche degni di entrare. Non solo perché è stato luogo dell’apparizione della Vergine, ma per la nobiltà, la dignità con cui questi malati sono lì a pregare e ad affidarsi a Dio, ad attendere il loro turno per immergersi nelle piscine.
Io ricordo quando sono stato a Lourdes, ho avuto la grazia di stare a Lourdes qualche giorno da studente nei primi anni di studentato teologico, insieme agli altri confratelli. Quando uno va a Lourdes, non ti parlano della cappella dell’Adorazione continua che c’è dentro al santuario, della possibilità di confessarsi sempre, della bellissima chiesa che c’è, della grotta, delle piscine, della processione — quella con le fiaccole il venerdì sera, bellissima, una cosa che ti commuovi — no! Ti parlano del mercato! Io sono arrivato a Lourdes che di Lourdes sapevo: “Ah vedrai che scandalo tutto questo mercanteggiare di cose sacre, ah vedrai che roba brutta tutto questo mercatino — che poi è un mercatone a dir la verità — di oggetti sacri, e tutto ‘sto vociare, tutto ‘sto mercanteggiare”. A sentire questi racconti uno dice: “Vabbè, ma cosa ci vado a fare, se è così!”. E quindi quando io sono andato, mi sono detto: “Mamma, adesso chissà cosa mi aspetterà!”. Sì, è vero, è vero che c’è tutto questo mercanteggiare, tutto questo mercato, tutte queste bancarelle di cose sacre, sì. Ma fuori! Ma questo non lo dicono! Fuori! Ma fuori possono fare quello che vogliono! Fuori dai cancelli, fuori dai sacri cancelli di Lourdes. Fuori! Ma vabbè, fuori stanno i cani, fuori sta chiunque, che problema c’è? Fuori facciano quello che vogliono! Ma appena tu oltrepassi quei cancelli… entri in paradiso! Io non mi sono neanche più ricordato di quello che c’era fuori! Se uno venisse a dirmi: “Vado a Lourdes per la prima volta, che cosa mi dice, padre?” — “Ma guarda, cosa ti dico? Ti dico che vai in paradiso!”. A me non verrebbe neanche in mente di dire che c’è il mercato degli oggetti sacri, ma cosa interessa? Se ti interessa ci vai a prendere quello che ti interessa, se non ti interessa ci passi in mezzo, come ho fatto io e come hanno fatto tutti i miei compagni, ci passi in mezzo velocemente per arrivare ai sacri cancelli di Lourdes e una volta che sei dentro tu non ti accorgi più di niente di quello che sta fuori.
Tra l’altro, noi siamo arrivati proprio il venerdì pomeriggio, proprio nel momento in cui c’era la processione con le fiaccole. Mamma! Non vi dico, non vi dico! Guardate, a me sembrava di essere in paradiso: un silenzio, un raccoglimento…
Poi, ovviamente nessuno me l’aveva detto, perché queste cose non si dicono, si parla di mercati ma non si dice che al di là del fiume c’è questa cappella, una piccola chiesina, che io vedevo, la guardavo e dicevo: “Ma chissà cosa c’è lì dentro!”. Poi, sapete, a Lourdes una cosa bella è che ci si conosce tutti, non si capisce bene, ma siamo tutti fratelli e sorelle, una cosa bellissima; quindi, alla prima persona che ho incontrato — era un ragazzo — ho chiesto: “Ma tu sai cosa c’è lì?” — “Ma sì, ma guarda, vieni, ti devo far vedere, bellissimo”, mi ha raccontato tutta la storia, come se ci conoscessimo da sempre, quindi mi ha portato lì e mi dice: “Guarda, qui c’è l’Adorazione continua” — “Ma veramente?” — “Si” — “Non ci credo! Non me l’ha detto nessuno!”- “Eh, lo so, lo so, però è così, qua tu entri, c’è sempre l’Eucarestia esposta”. Cioè il paradiso nel paradiso. Quindi si passa dalla chiesa, alla grotta, alla cappella dell’Adorazione.
Cioè veramente un posto bellissimo, bellissimo, bellissimo, veramente un posto bellissimo, stupendo. E poi vedere questi malati… questi malati gravissimi, con una dignità, un decoro… A guardarli, ti fanno venir voglia di essere malato anche tu! Direte: “Ma sta impazzendo?” Non sto impazzendo, a vedere queste persone portare la malattia e la sofferenza in quel modo ti fa venire voglia di dire: “Gesù voglio essere malato anch’io, perché anch’io voglio vivere così”. Perché veramente è una cosa… E poi anche tutti coloro che portavano i malati… bellissimo, guardate, un rispetto una compostezza…
Già vi raccontai che io non volevo assolutamente entrare nelle piscine. Sono andato a Lourdes ma veramente mi sembrava di essere come San Francesco con il lebbroso. Ho sempre amato la Vergine Maria, avevo tanto desiderio di andare a Lourdes, ma nelle piscine assolutamente no! Proprio l’avevo messo come condizione: “Vengo, ma le piscine assolutamente no!”. Perché? Molto semplice: mi faceva schifo. Questa è la verità, mi faceva schifo, solo il pensiero di immergermi in un’acqua dove c’erano state dentro centinaia di persone prima, a me veniva il voltastomaco, così è! Punto. Quindi è inutile che giriamo intorno alle cose, questa è la verità. E quindi io ho detto: “No, io lì non vengo, vado a fare le mie preghiere, vado all’adorazione, sto alla grotta, tutto quello che è, ma io lì no”. E poi era agosto, se non ricordo male, luglio o agosto, un caldo che non vi dico, un caldo terribile.
Mi ricordo che questo mio compagno, furbescamente, mi ha detto: “Sì, sì, va bene dai, non c’è problema, tu non venire alle piscine, però accompagna me”. Dico: “Vabbè, accompagnarti va bene, però sia chiaro che io non entro, eh!” — “No, no, tranquillo, tranquillo, ci vado dentro solo io, non ti preoccupare. Tu mi accompagni, stiamo in coda un po’ insieme, così mi fai compagnia. E poi dopo tu vai per la tua strada”, dico: “Sì, sì, vado per la mia strada. E poi ci vediamo quando esci, ci vediamo qui” — “Va bene”. E quindi andiamo — saranno state le due del pomeriggio, ci saranno stati 40 gradi, noi in abito, non vi dico il caldo — e gli ho detto: “Vabbè dai, dicono che l’acqua è molto fredda, almeno tra tutti i benefici che avrai, avrai anche il beneficio di rinfrescarti un pochino, perché insomma, essendo così fredda quell’acqua…” — “Eh sì, sì, si”.
Quindi ci mettiamo in coda, una coda lunghissima, tanto che ho detto: “Mamma! Ma sei sicuro? Ma qui entreremo tra tre ore, sotto questo sole ci viene un’insolazione, moriamo, come facciamo a stare qui sotto questo sole così?”
Poi c’era questa cosa che ci avevano detto, che quando si usciva dalle piscine si usciva asciutti. E dicevo: “Mah! Boh! Mi sembra una cosa così strana uscire asciutti, vai dentro tutto nell’acqua, come fai a uscire asciutto? Vabbè, ma ci saranno degli asciugamani, qualcosa”, perché poi io vedevo che tutta la gente andava lì senza nessun asciugamano e dicevo: “Ma dov’è che vanno a prendere l’asciugamano per asciugarsi quando escono dalla piscina? Vabbè — dico — tanto, non sono affari miei. Io non ci devo entrare, quindi siamo a posto”. Quindi, mentre siamo lì, io dico a lui: “Ma guarda che coda che c’è, ma sei sicuro di volere entrare?” — “No, no, io devo entrare, devo entrare” — “Va bene”.
Passano due secondi e io vedo in fondo — perché eravamo veramente lontani — gli uscieri, non so come chiamarli, il servizio d’ordine delle piscine, che cominciano a sbracciarsi, a fare gesti. Io mi guardavo intorno e mi chiedevo: “Ma quelli con chi ce l’hanno, chi stanno chiamando? — e continuavano a guardare noi e fare il segno di andare, di andare, di andare — Ma non possono parlare con noi…”. Insomma, noi immobili, questi sono venuti fino a dove eravamo noi: “Avancez, avancez, avancez” — Dico: “Avancez? Ma tutta la coda?” — “No, no, i sacerdoti entrano per primi”, e io: “Noi non siamo sacerdoti” — “No, non fa niente, siete religiosi, avete la veste, avanti, avanti, avanti”.
Quindi non vi dico, passiamo avanti circondati da questi signori perché io, tordo, non avevo capito che si rivolgevano a noi. Mai mi sarei immaginato che ci volessero far saltare una coda di tre ore! Una vergogna… perché ho pensato: “Mamma, adesso cosa diranno questi ammalati nelle barelle?”. Se succede una roba del genere in posta, piuttosto che dal dottore, piuttosto che in un confessionale, se per sbaglio salti uno, viene giù il mondo, ti saltano in testa e ti fanno lo scalpo. Ti immagini se dal macellaio o dal fruttivendolo o al supermercato, tu ti permetti, solo perché ti sbagli, di passare avanti di un posto?! Ma tu come minimo perdi una mano, se ti va bene. Qui c’erano non so quante centinaia di persone, con un caldo allucinante… e questi ci vengono a chiamare. Ho pensato: “Qui succede il pandemonio. Chissà cosa vien fuori adesso”. E io non c’entravo niente, tra l’altro, perché dicevo: “Ma no, io no, io non devo fare il bagno”. Loro pensavano che io mi schermissi, dicendo di non voler entrare, perché non volevo fare il furbo, per non passare davanti agli altri. Invece non era questa la ragione, non c’entrava niente, io non volevo fare questa cosa perché non volevo entrare. Quindi questi ci si sono messi tutti attorno, in tre o quattro, e ci hanno spinti dentro. Ho pensato: “Non è possibile!”. E in dieci secondi mi sono trovato seduto fuori dalle piscine, con tutti gli ammalati che mi guardavano. E chi si alza più da lì, adesso? Sono passato davanti a tutti, non hanno detto una parola, nessuno ha fatto un fiato, nessuno, nessuno. Un silenzio imperturbabile. Io sprofondato nella vergogna per questa cosa. In più, l’incubo della piscina, nella quale non volevo entrare. Ma ormai ero lì seduto, tra l’altro quando siamo entrati ci hanno messo proprio nella zona antecedente le piscine, proprio appiccicati alla porta d’ingresso, saremmo stati i successivi ad entrare. Ho pensato: “Non è possibile, cosa mi è capitato? Non è possibile!” e tutti che ci guardavano, come se si aspettassero chissà che cosa da noi. Quindi io, immobilizzato dal loro sguardo e dal fatto che c’erano tutte quelle centinaia di persone, non potevo certo uscire e andarmene via, ho detto: “Va bene. È andata così, la Vergine Maria ha voluto questo, io cosa devo fare? Va bene”.
Questo ve l’ho raccontato perché volevo dirvi di come queste persone hanno testimoniato. Ecco perché non si può prendere in giro. Ecco perché non si può scherzare su questi luoghi, come Lourdes, che è pieno di fede e pieno di sofferenza. Non si può scherzare. E, a conclusione, non vi racconto tutto il resto della storia perché forse ve l’ho già raccontato, vi dico solo la conclusione: sono uscito asciutto! Sono uscito asciutto! L’asciugamano per asciugarsi non c’era. Non vi racconto quello che accadde in mezzo tra l’ingresso e l’uscita, questo ve lo risparmio perché sennò vi porto via troppo tempo, già ho parlato fin troppo. Vi dico solo che alla fine mi son vestito, senza asciugamano, e non avevo bagnato niente. Non ho bagnato gli abiti sotto, non ho bagnato la maglietta, non ho bagnato l’abito, non ho bagnato la veste, niente, nulla, completamente asciutto. Io l’ho vissuto sulla mia pelle, si esce, ti vesti e sei asciutto, neanche i capelli avevo bagnati. Perché mi hanno immerso tutto! Mi hanno proprio immerso tutto! Evidentemente avevo bisogno di essere immerso tutto, gli altri erano malati nel corpo, io ero malato nell’anima. Quindi mi hanno immerso completo, tutto. Non solo mi hanno immerso tutto, ma quello che non sapevo è che in più, davanti a te, c’è un bicchiere, uno, sempre quello, come l’acqua, un bicchiere che vale per tutti. E quindi, quando sono uscito da questa immersione ghiacciata, che non avevo appena neanche il fiato per respirare, cosa hanno fatto? Hanno preso quel bicchiere, hanno preso dell’acqua — non della vasca, ovviamente, ma a parte — l’hanno messo dentro l’acqua, e me l’hanno fatta bere. Io ovviamente ero ormai senza più resistenza, senza più forza, avrei fatto qualunque cosa perché ormai ero completamente rassegnato. E quindi ho bevuto anche dall’unico bicchiere da cui bevono tutti. Ogni vasca ha il suo bicchiere, almeno a quei tempi funzionava così. E quindi ok, ho bevuto anche l’acqua dall’unico bicchiere e si esce asciutti. È vero, si esce asciutti. Mi ha fatto bene? Si, mi ha fatto molto bene.
Tra l’altro — me lo ricordo come se fosse oggi, mentre mi vestivo e aspettavo il mio compagno — che ovviamente era felicissimo e rideva come un matto, perché sapeva tutto quello che io avevo vissuto — davanti a me c’era un signore, che si stava vestendo anche lui, operato alla pancia — uno squarcio pazzesco doveva avere sotto perché c’era un cerotto che gli copriva tutto l’addome — e appena operato lui è venuto a fare l’immersione, il bagno. Lui guardava la moglie e le diceva: “Vedi? Il mio cerotto e la mia garza sono asciutti!”. Io non ci credevo. Ho detto: “Scusi, ma posso vedere?”, mi fa: “Si, guardi. Tocchi, se vuole” — “No, no, non serve, lo vedo!”. Era asciutto, non solo il corpo, il cerotto, tutto il cerotto era asciutto, tutto questo cerotto che gli copriva la pancia, era asciutto. Vabbè, non vi dico poi come ho vissuto quel pomeriggio. Entravo a Lourdes al mattino e uscivo la sera. Il paradiso, per me è stato il paradiso.
E perché dobbiamo incominciare «nel nome di Dio» quanto facciamo.
Quindi lui dice: “Venga santificato il tuo nome” perché dobbiamo incominciare nel nome di Dio quanto facciamo. Impariamo ad iniziare nel nome di Dio tutto quello che facciamo: lo studio, il lavoro, lo stirare, il cucinare, il mangiare… tutto! Tutto deve essere fatto nel nome di Dio. Benedire gli altri nel nome di Dio… Quando guidiamo, impariamo prima a dire la preghiera, a invocare nel nome di Dio la benedizione su di noi, su coloro che incontreremo per strada, perché non succedano incidenti… e via di seguito.
Misterioso è il nome di Dio, l’essenza dell’Infinito ne irradia; l’essenza di «Colui che è» in pienezza incommensurabile e in elevatezza infinita.
E in questa parola vibrano anche le scaturigini più profonde della nostra anima. Il nostro essere più intimo risponde a Dio, poiché appartiene indissolubilmente a Lui. Creato da Lui e per Lui, non ha pace, fino a che non è unito con Lui — Qui si sente Sant’Agostino — Il nostro Io anzi non ha altro senso che quello di restituirsi nella comunione d’amore con Dio
Se noi facciamo così, abbiamo tutto il senso della nostra vita. Quelli che dicono: “Ma la mia vita non ha senso!”. Eh, certo, non ha senso, perché non vivi così. “Restituirsi a questa comunione …”
Tutto questo, tutta la nostra nobiltà, l’anima della nostra anima, si trova racchiusa nella parola «Dio» e «Mio Dio». La mia origine e il mio fine, inizio e termine del mio essere, adorazione, anelito, rimorso: tutto.
Il nome di Dio è propriamente tutto. Così lo preghiamo che c’insegni a «non nominare invano il suo nome», bensì a «santificarlo». Lo preghiamo che il suo nome ci risplenda nella gloria. Tale nome non deve mai diventare per noi una moneta che passa inerte da una mano all’altra: ci deve piuttosto restare infinitamente prezioso, tre volte santo.
Onoreremo pertanto il Nome di Dio, come Dio stesso. E in esso onoreremo anche il santuario dell’anima nostra.
Ecco, abbiamo finito questo libro bellissimo, I Santi Segni.
Spero che questi giorni, queste meditazioni siano stati utili per voi come lo sono stati per me.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.