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Commento al Vangelo di S. Giovanni, di don Dolindo Ruotolo, parte 6

Commento al Vangelo di S. Giovanni, di don Dolindo Ruotolo

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di un ciclo di meditazioni sul testo “Commento al Vangelo di S. Giovanni” di don Dolindo Ruotolo di giovedì 25 agosto 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 24, 42-51)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Commento al Vangelo di S. Giovanni, di don Dolindo Ruotolo, parte 6

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 25 agosto 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ventiquattresimo di san Matteo, versetti 42-51.

Proseguiamo la nostra meditazione sul capitolo quindicesimo di san Giovanni fatta da don Dolindo Ruotolo nel suo commento ai quattro Vangeli. 

Scrive don Dolindo: 

Nell’esercizio della carità si può trovare un grande ostacolo nell’indegnità di quelli che la ricevono. Essi o sono ingrati o sono duri e ci fanno sentire o ripugnanza nell’aiutarli o scoraggiamento nel curarli.

È vero, verissimo. È assolutamente così. Comprendere che chi si ha davanti si rende indegno di ricevere un atto di carità materiale o spirituale — ancora di più se si tratta di carità spirituale —, o con l’ingratitudine o con la durezza, genera in chi vorrebbe compiere la carità ripugnanza o scoraggiamento. Uno dice: “Chi me lo fa fare; perché dovrei?”. È un ragionamento che non fa una piega…

Gesù Cristo previene questa difficoltà delicatamente, mostrando agli Apostoli che la loro dignità e quello che da Lui hanno ricevuto non è stato frutto dei loro meriti o della loro elezione, ma frutto della sua misericordia: “Non siete voi che avete eletto me, ma io ho eletto voi, e vi ho costituiti perché andiate e facciate frutto, e il vostro frutto sia durevole”. 

Quindi: il Signore Gesù ci mostra che quello che gli Apostoli e noi stessi abbiamo ricevuto da Lui non è mai il frutto dei nostri meriti e della nostra chiamata. Ciò che noi riceviamo da Gesù è sempre frutto della sua misericordia. 

Sicuramente l’esperienza che Lui fa di noi minuto dopo minuto — e di questo si lamenta sempre con i santi — è quella di avere a che fare con dei grandi ingrati… chissà che ripugnanza prova il Cuore di Gesù… chissà che sofferenza, che fastidio! Ricordate? “Fino a quando vi dovrò sopportare?” Non dico scoraggiamento, ma ripugnanza, fastidio. Questo nelle visioni mistiche di cui ci riferiscono i santi lo troviamo: Gesù si lamenta sempre dell’ingratitudine, dell’indegnità, soprattutto delle anime a Lui consacrate. Ciononostante, Lui continua a amarci, a cercarci in nome della sua misericordia, certo. 

Ma ecco il distinguo che dobbiamo sempre fare: Gesù non dona le stigmate o il fidanzamento, il matrimonio mistico a chiunque, e sicuramente non li dona a un ingrato — è ovvio: non capirebbe neanche —, ma ciò non toglie che lo cerca, lo attende, che gli fa dei doni proporzionati alla sua situazione, ma pur sempre doni.

Ecco che cosa dobbiamo imparare: noi non dobbiamo mai chiudere il cuore agli ingrati, ai duri. Non ci è richiesta chissà quale unione o confidenza spirituale o amicizia: non ci è chiesto questo perché, se ci sono ingratitudine e durezza non si può pensare a questo; ma la carità non si fa solo dentro al grande e bellissimo regno dell’amicizia: si fa anche a persone che amiche non sono. 

Gesù compie atti di misericordia anche a chi non gli è amico. Un esempio? Lo tiene in vita — partiamo da qui — è vivo, respira, cammina e ha la libertà di bestemmiarlo dalla mattina alla sera. Solo questo non è un atto di misericordia? Poi la salute, il lavoro, la famiglia non sono atti di misericordia? 

Mi ricordo un giovane che conosco bene e che poi, per grazia di Dio, divenne sacerdote, il quale mi disse: “Oh, Padre, che grande sofferenza quando prego davanti al Signore: fino alla fine della vita ricordare tutti i giorni, tutti i momenti, tutte le ore durante le quali da piccolino, da giovane dovevo ascoltare mio padre che bestemmiava… ho nella testa, nelle orecchie, nel cuore, negli occhi l’immagine, il volto, lo sguardo, la voce di mio padre che bestemmia in casa”. Poverino, pensate che tormento! E in un momento di grande confidenza io gli chiesi: “Sai che cosa penso? Poi tu puoi anche non rispondermi, ma io credo che nella tua vita tu non abbia mai bestemmiato”. “Sì, è vero, ma come fa a saperlo?” “Eh, non certo perché sono un profeta, ma è semplice da capire: l’esperienza ti ha così segnato, addolorato, ferito che ti preservato dall’offendere Dio anche una sola volta nella tua vita. Non è questo un atto di misericordia di Dio? Ha saputo trarre dal peccato più grave in assoluto tra tutti i peccati, la bestemmia — san Girolamo dice che non esiste peccato più grave e più odioso della bestemmia —, Dio ha saputo trarre da questo orrore un atto stupendo di misericordia, preservandoti in tutta la tua vita fino a oggi dall’offenderlo direttamente con un insulto. In più, tu porti nel cuore questo spirito di costante riparazione contro la bestemmia. Non è un atto di misericordia di Dio? Da un male assoluto ha saputo tirare fuori te: a parte il dono del sacerdozio, che dono più grande non è possibile, ma soprattutto tu da giovane, ragazzo, adulto non lo hai mai offeso. Non hai mai pronunciato quelle parole d’inferno, quelle litanie diaboliche, mai. La tua lingua si e conservata vergine da questo punto di vista: che grazia!” 

Vedete quanti atti di misericordia sa compiere Dio? Quanto sa trasformare anche il male più grande in un bene meraviglioso? E certo: a questo mio carissimo amico il Signore avrà riservato chissà quale amicizia particolare con Lui; al suo papà probabilmente no, non questa; avrà fatto altri atti di misericordia che non sappiamo. 

Il Signore in modi diversi, a livelli diversi, elargisce atti di misericordia. Così noi non possiamo trattare tutti allo stesso modo: non possiamo essere amici di tutti, neanche ci è chiesto. Ciò, però, non toglie che in modi diversi siamo chiamati a vivere questi atti di misericordia e di carità, al di là dell’indegnità: magari non faremo il matrimonio spirituale, va bene, Gesù non tratterà quell’uomo come ha trattato santa Gemma Galgani, va bene, è logico. O come santa Caterina da Siena con cui scambia il cuore… però farà altro. E così anche noi: l’importante è non chiudere il cuore, non farsi fermare da questo ostacolo che è l’indegnità, e andare oltre. 

Bisogna però tener sempre presente di non gettare le perle ai porci. Questo è fondamentale: se ho davanti un maialino, gli getto una ghianda, non una perla, una pepita, un diamante. Questi li darò a una principessa, a un principe che ne sapranno fare buon uso, ma al maialino getterò una ghianda, una mela. Va bene così, ma l’importante è non passare oltre con fare sprezzante.

Se Io vi ho scelti senza vostro merito, anche voi dovete andare dalle anime e cercarle per beneficarle spiritualmente, affinché portino un frutto di Vita eterna. Se vi doveste trovare dinanzi alle difficoltà dell’apostolato, non vi turbate per la vostra insufficienza ma pregate, perché vi dico che “qualunque cosa domanderete al Padre mio in mio nome ve la accorderà”. Gesù Cristo non dice che otterranno tutto quello che vorranno, ma qualunque cosa domanderanno in suo nome per superare le difficoltà dell’apostolato della carità; e per questo soggiunge subito: Questo v’ingiungo: che vi amiate l’un l’altro.

Quindi non vado a chiedere: “Nel nome di Gesù voglio vincere la lotteria”. Non è questo, ovviamente, ma nel nome di Gesù chiedo a Dio Padre di effondere su di me e su quella persona lo Spirito Santo, lo Spirito del consiglio, del timor di Dio. Il Signore risponde sempre a queste preghiere. 

E allora vediamo qual è il segreto della vera carità:

Il mondo si dilania nella maniera più feroce quando si allontana dall’Eucaristia, e noi lo constatiamo con i fatti, poiché le nazioni più povere di Eucaristia sono le più povere di carità. La bontà, la dolcezza, il compatimento, l’apostolato fatto per salvare le anime, il soccorso materiale agli indigenti sono fiori che spuntano e prosperano ai piedi dell’altare eucaristico.

Qualcuno potrebbe arricciare il naso, ma non ha importanza. Questa è la verità: ai piedi dell’altare eucaristico, lì sorgono tutta la carità, l’attenzione all’ apostolato, la pastorale verso gli altri.

Non sono i trattati che stabiliscono la pace nel mondo, ma è il regno eucaristico.

Ditemi voi quando avete sentito parlare del Regno Eucaristico?

Se l’umanità non ricorre al suo Re sacramentato, invano fa appello alla giustizia e alla carità

E infatti si vede, no? Parole, parole, incontri, trattati, cose e si vede… diplomazie, summit, convegni, commissioni… e la guerra, le guerre — sono tante le guerre a questo mondo — continuano. E magari guerre che durano da molti più anni di guerre più famose… sono sempre persone che muoiono, se non sono bianche ma nere non importa niente: sono sempre persone che muoiono. Però non se ne parla, non si dice niente…

Queste parole sono vive solo quando si riceve Gesù e si vive di Gesù. 

Giustizia e carità sono vere solo quando si riceve Gesù e si vive in Gesù! Chi non sa vivere in Gesù e non riceve Gesù, non sa che cosa sia la carità e non vive la carità.

Andiamo, perciò, ogni giorno ai piedi dell’altare, per rinfocolarci nella carità vera e per fecondare le nostre opere di apostolato affinché, raccogliendo da Gesù i tesori della sua carità, siamo come fiori profumati dalla sua bontà, dal suo amore, dalla sua misericordia, dalla sua condiscendenza e dal sacrificio col quale ci ha amati e ci ama.

Capite perché vi dico sempre di andare ogni santo giorno a fare una visita a Gesù nel Tabernacolo? Che tu ci vada alle cinque del mattino, alle sette di sera o alle tre del pomeriggio non ha importanza. “No, io vado a Messa tutti i giorni, quindi faccio il due per tre”. Non funziona così: non è che vado lì e faccio la scorta come il dromedario del deserto e poi vado… no! Vado alla Messa e poi andrò a fare la visita al Santissimo Sacramento; questa è un’altra cosa… 

Ho fatto un pdf, ma ce ne sono anche molti altri migliori del mio, dove ho raccolto un po’ di preghiere belle da recitare davanti al Tabernacolo: ci sono dei bei disegni, delle belle immagini che invogliano alla lettura. Non chiedetemi il cartaceo, perché non ne ho più. Ho solamente il pdf che posso inviare per mail e per WhatsApp. Così uno lo tiene nel telefono e quando va da Gesù si apre il suo pdf e magari poi succede di avere vicino qualcuno che si avvicina dicendo:

— “Buongiorno, vuole dire una preghiera con me? Sapesse: mi hanno inviato su WhatsApp un pdf con delle preghiere bellissime…”  

— “Davvero?”

— “Oh, sì, sì, guardi, glielo faccio vedere”

— “Oh, ma che bello!” 

— “Guardi, questa preghiera la conosce?”

— “No, me la faccia vedere”. 

— “Sa chi l’ha scritto? Padre Giorgio Maria Faré… lo conosce?”

— “No”

— “È un sacerdote di Milano… glielo mando su WhatsApp. Le raccomando: ogni giorno vada davanti al Tabernacolo a recitare queste belle preghiere!”

— “Signora, non abbia dubbi: userò il suo pdf per recitare le preghiere davanti al Tabernacolo!” 

Incredibile, incredibile: mai avrei pensato di vivere una cosa del genere nella mia vita! I cerchi si chiudono. Bisogna stare ai piedi del Tabernacolo e lì, appunto, si fanno gli incontri più incredibili. E tutti i giorni si va: pioggia, grandine, neve, bufera… si va! 

Uno dice: “Ma io ho paura della bomba atomica”. Paura della bomba atomica? Hai visto che cosa è successo a Hiroshima e a Nagasaki? Gli unici posti dove pregavano il Rosario tutti i giorni per devozione alla Vergine Maria, dove facevano Adorazione Eucaristica, sono stati gli unici posti a non essere distrutti e i frati che vi abitavano non hanno subito le radiazioni. Mistero per la scienza: la bomba atomica è caduta loro sulla testa, ha distrutto tutto quello che era lì e nel raggio di non so quanti chilometri e loro erano là, tranquilli. Sì, hanno avuto qualche problemino, ma non sono stati investiti dalle radiazioni. Perché? Per la loro devozione alla Vergine Maria, per la recita del Santo Rosario e per la devozione all’Adorazione Eucaristica.

Capite? Poche cose, ma Gesù ci crede… siamo noi che non ci crediamo. Impariamo a stare ai piedi del Tabernacolo: è lì che impariamo ad amare, a essere buoni cristiani; è lì che impariamo la carità spirituale e la carità materiale. 

Ogni giorno dobbiamo metterci nei raggi di questo Sole divino per espanderci come passiflore di bontà, che sono fiori bellissimi e portano in loro i segni della Passione. 

Andate a vedere come è fatta la passiflora: Dio l’ha pensata in modo che portasse scritta dentro di sé tutti i segni della Passione di Gesù…bellissima… comprate una bella pianta di passiflora da tenere in casa e fatela vedere ai vostri figli.

L’anima nostra porti i segni della Passione come segni della carità che giunge a dare la vita per il prossimo, in un sacrificio e in un’immolazione completa. L’Eucaristia sia la mensa comune delle famiglie, dei cuori e delle nazioni e, attraverso l’Eucaristia, si formi di tutta la terra un solo ovile e un solo pastore, nella vera pace.

Dobbiamo essere ‘passiflore’ di bontà, ma lo possiamo essere solo se stiamo sotto i raggi del Sole Eucaristico, se fondiamo le nostre radici in tutti i Tabernacoli della Terra. Solo così possiamo diventare passiflore di bontà. Ecco il segreto della vera carità…

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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