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Le Passiflore Eucaristiche: Serva di Dio Teresa Neumann, parte 1

Le Passiflore Eucaristiche: Serva di Dio Teresa Neuman

Meditazione

Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Le Passiflore Eucaristiche: Beata Alexandrina Maria da Costa, Serva di Dio Teresa Neumann, Beata Anna Caterina Emmerick, Venerabile Marta Robin” di giovedì 10 novembre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 17, 20-25)

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 10 novembre 2022.

Oggi festeggiamo san Leone Magno, papa e dottore delle Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciassettesimo del Vangelo di san Luca, versetti 20-25.

Continuiamo la nostra meditazione sulle Passiflore Eucaristiche e oggi, come annunciato, vediamo la Serva di Dio Teresa Neumann, laica stigmatizzata, colei che visse gli ultimi suoi trentasei anni nutrendosi solo di Santissima Eucarestia.

La sua vita ha molto a che fare con la realtà carmelitana e vi spiegherò il perché. Ma prima, come mia consuetudine, le fonti.

La fonte dalla quale abbiamo raccolto il materiale che segue è il volume “Teresa Neumann di Konnersreuth” di Johannes Steiner del 1963. Avendo cominciato a scrivere subito dopo la morte della mistica tedesca, l’autore, che la conosceva bene e la frequentava assiduamente, ha potuto raccogliere direttamente le testimonianze più importanti e autorevoli: quelle dei familiari, del direttore spirituale padre Naber, e tramite loro ha potuto visionare documenti e testimonianze firmate da medici, teologi ed ecclesiastici fra cui diversi Vescovi. Inoltre ha potuto confrontare il proprio lavoro con l’autore di una minuziosa biografia in due volumi, il dott. Fritz Michael Gerlich, archivista di stato e redattore capo della più importante rivista della Germania meridionale Münchner Neueste Nachricten.

A riprova dell’autorevolezza e della capacità di ricerca e di verifica degli autori citati, sottolineiamo che entrambi erano esperti giornalisti di fama nazionale, specialmente il dott. Gerlich, il quale tra l’altro era pure protestante al momento di conoscere Teresa e la sua vicenda.

Alcune annotazioni:

1) Teresa ha usato chiamare Gesù “il Salvatore” per tutta la sua vita, e quindi anche nel testo che seguirà sarà utilizzato soprattutto questo appellativo.

2) Teresa è chiamata dai suoi concittadini Resl, che è un diminutivo di Teresine, fin da quand’era bambina, e nelle testimonianze che riporteremo ricorrerà spesso, anche da parte di Gesù stesso.

Io adesso vorrei dirvi che, salva la libertà di ciascuno, se si intende seguire le meditazioni, è opportuno seguirle dall’inizio perché non si può dire: “Beh, me ne ascolto una!”, come si va al bar a bere un caffè o a prendere una brioche alla nutella. Bisogna seguire il percorso perché, se uno ascolta la terza o la quarta meditazione del ciclo perde l’importante dichiarazione di intenti iniziale, perde le fonti, la metodologia, le annotazioni, l’introduzione e poi arrivano dei commenti che rivelano che la meditazione non è stata seguita dall’inizio. Si parte dall’inizio, si segue il percorso, si arriva alla fine e poi, se ci sono rimproveri, richiami, annotazioni si fanno presenti.

3) Nel corpo del testo di Steiner che citeremo sistematicamente sono spesso riportate dall’autore delle fonti fra parentesi, per lui particolarmente importanti. Si riferiscono a volumi o testimonianze pubblicate non a scopo puramente divulgativo, ma per dimostrare la veridicità dei fatti straordinari di Konnersreuth e rendere disponibili le verifiche già acquisite. Infatti, si tratta per lo più di raccolte di testimonianze firmate e di perizie mediche di specialisti nominati dalla Curia.

Vediamo la parte relativa alla giovinezza.

Teresa nasce in Baviera nel 1898 in una famiglia di umili origini: il papà è sarto, la madre lavora invece a giornata nei campi. Prima di undici figli, riceve la cresima a dieci anni e la Comunione l’anno successivo. La sua giornata iniziava all’alba con la preghiera; poi il lavoro rude nei campi e in casa, senza grilli per la testa, affatto romantica, di una concretezza a tutta prova.

La domenica, la Messa festiva e la Comunione. Era una buona compagna, una cara amica verso tutti e tutte, pur nella sua riservatezza di ragazza.

Il fatto che segue avvenne quando Teresa aveva dodici anni – non dimenticatevi l’età – e fu narrato da Teresa stessa molti anni dopo, sotto giuramento, a una commissione incaricata dal vescovo di Eichstàtt di indagare sulle prime esperienze straordinarie della veggente. Era il 1953 e la commissione era costituita da docenti universitari che erano anche sacerdoti. Ecco dunque il fatto, con le parole stesse di Teresa: 

«Un altro fatto sorprendente mi capitò durante il mio settimo anno di scuola, quando custodivo il bestiame nel podere Fockelfeld. Un pomeriggio durante il mio lavoro recitavo il S. Rosario quando un operaio mi aggredì, mi tappò la bocca col suo fazzoletto sporco e puzzolente, mi legò le mani col suo grembiule, mi gettò a terra e mi alzò la gonna.”

Devo dirvi che, quando ho dovuto leggere e studiare questo passaggio per la meditazione, sono rimasto sconvolto; mi sono fermato, ho guardato il Signore e ho detto:” Ma si può?” Una fanciulla di dodici anni aggredita per essere violentata… pensate anche a Santa Maria Goretti… Vedete che nella storia queste situazioni criminali terrificanti, mostruose e disumane sono sempre state presenti là dove c’è l’uomo; dove c’è l’uomo è sempre presente questa miseria, nel senso di esposizione, poi accettata, al peccato mortale, al peccato gravissimo di una violenza, su una dodicenne, poi! Non che sia meno grave su una persona adulta, ma su una ragazza così giovane lascia un ricordo che la segna per tutta la vita… E, tra l’altro, stava recitando il Rosario. Pensate lo spavento, l’angoscia, il terrore, il senso di impotenza, di solitudine; pensate alla tremenda paura di vedersi in balia di questo mostro!

“In quel momento arrivò al galoppo il toro che faceva parte del bestiame e cacciò l’operaio con le corna.”

Quando ho letto questo, ho detto: “Dio ti ringrazio! Qualche volta finisce bene!”

Poi venne anche verso di me, ma non mi fece alcun male, come io invece temevo: aspettò con pazienza che mi liberassi le mani e la bocca, poi chinò la testa verso di me, che me ne stavo lì tremante e priva di forze. Io mi aggrappai alle sue corna e lui mi sollevò lentamente. Attese poi che mi riprendessi dallo spavento, appoggiata a lui”.

Un toro, capite, ha vinto sulla mostruosità di un uomo: la potenza di Dio si è rivelata attraverso un toro, attraverso una bestia per allontanare questo mostro. Stiamo veramente attenti alle nostre figlie e ai nostri figli perché poi queste cose lasciano un segno che non si cancella più. Teresa, vedete, ne parla molti, molti anni dopo, nonostante la cosa fosse finita nel modo migliore possibile; non sempre Dio interviene con un toro e, quando non arriva il toro, si consumano delle tragedie terribili.

Adesso vediamo che cosa scrive Padre Naber in una annotazione tratta dal suo diario:

21 dicembre 1930. Teresa racconta il suo passato:

“Quand’ero bambina e non avevo ancora ricevuto il Salvatore, da lontano correvo incontro al parroco di allora e gli davo delicatamente la mano pensando con gioia: queste mani hanno tenuto Gesù stamane ed io ora posso toccarle. Ciò mi rendeva felice e piena di gioia. Spesso ho pensato: se fossi nata maschio avrei fatto il parroco, così avrei potuto tenere anch’io il buon Gesù. Se fossi diventata parroco, il Salvatore avrebbe passato i guai suoi, tanto lo avrei stretto nelle mie mani: lo avrei accarezzato sempre, senza fine, e la gente avrebbe detto: non la finisce più, quel lumacone! ma per il Salvatore potreste dirmi ciò che vi pare. Quando sarò finalmente in Paradiso non mi staccherò mai più dal Salvatore: allora non sarà mai troppo poco; non lo lascerò mai e lo amerò sempre tanto”.

Chissà quanto queste parole potrebbero essere di luce e di insegnamenti per noi sacerdoti spingendoci a riflettere sulle nostre mani: abbiamo bisogno di riflettere su quello che accade attraverso le nostre mani, in particolare modo la mano destra con cui assolviamo, benediciamo e poi… il miracolo dei miracoli, la transustanziazione! 

E poi il desiderio e l’amore di Teresa verso Gesù. È bello quando dice ‘per il Salvatore potreste dirmi ciò che vi pare”. Se avessimo anche noi questa leggerezza santa per cui non ci interessa nulla di quello che dice la gente! Noi facciamo quello che è giusto fare, quello che la nostra fede ci dice di fare e gli altri facciano poi tutti i loro commenti, le loro critiche. 

E ricordatevi che il male è sempre male: anche se potesse venirne qualcosa di bene, è sempre male. Qualcuno dice: “Bisogna ringraziare chi calunnia e chi parla male perché offre comunque un’occasione per riflettere.” Stiamo scherzando? Se devo far riflettere qualcuno, se devo dire il mio dissenso a qualcuno, lo prendo da parte e gli parlo a quattr’occhi: non mi metto a calunniarlo e a diffamarlo. Calunnia e diffamazione rimangono sempre peccato mortale. E stiamo molto bene alle nostre lingue biforcute e, a volte, triforcute…

A vent’anni successe che un giorno Teresa corse in aiuto di alcuni vicini cui stava bruciando la cascina: per compiere rapidamente un gesto di generosità e di coraggio, non controllò bene il terreno dove stava per mettere il piede. Cadde e si procurò una lesione alla spina dorsale. Rimase, prima paralizzata alle gambe, poi, in seguito, per un’altra caduta, diventò totalmente cieca.

P. 13 – 17:

Sin dal giorno in cui aveva ricevuto dal padre l’immaginetta della suora di Lisieux, Teresa si era molto affezionata a lei, attratta dalla sua infantile devozione e dall’omonimia derivante, per entrambe, dalla grande santa, Teresa d’Avila, loro comune protettrice. Ripeteva, dapprima molto spesso, poi ogni giorno, la preghiera scritta sulla figurina che intercedeva per la beatificazione di Suor Teresa del Bambino Gesù. Quando il 29 aprile 1923 fu proclamata beata, mentre dormiva Teresa ebbe l’impressione che qualcuno toccasse il suo guanciale. Si svegliò e vide. Picchiò col bastone sul pavimento e accorse la sorella Crescenzia. Teresa però la riconobbe solo dalla voce, tant’era cambiato il suo aspetto durante i quattr’anni di cecità. (…)

È stata dunque guarita dalla cecità!

Ma la paralisi permaneva, i crampi aumentavano. La continua contrazione dei muscoli ritrasse la gamba sinistra tanto che il piede, venendo a trovarsi sotto la coscia destra, la costringeva a stare sempre in posizione supina producendo grandi piaghe di decubito sulla schiena e sulle gambe. La piaga della gamba divenne tanto profonda da mettere a nudo l’osso. Il medico disse che bisognava amputarla (aprile 1925). La madre, terrorizzata da questa notizia, piangeva. Impietosita da tanto dolore, Teresa permise alla sorella Crescenzia di mettere nella fasciatura un petalo di rosa, con cui erano state toccate le reliquie della beata Teresa di Lisieux. Poco dopo la malata avverti un certo sollievo alla gamba e, tolta la benda, videro che il pus era rimasto appiccicato al petalo di rosa, mentre la piaga era completamente guarita e sulla ferita s’era già formata una sottile pelle nuova. 

Teresa udì una voce che le disse: “Ora puoi anche camminare, ma dovrai soffrire ancora molto e a lungo senza che nessun medico ti possa aiutare. Solo con la sofferenza potrai esplicare nel modo migliore la tua disposizione e la tua vocazione al sacrificio coadiuvando l’opera dei sacerdoti. Si possono salvare più anime coi patimenti che con le prediche più brillanti. Questo l’ho scritto tempo fa”.

Le ultime parole decisero P. Naber e il Beneficiario in carica, al quale fu narrato l’accaduto, di far ricerche nella letteratura. Si orientarono subito su Teresa di Lisieux, che era stata beatificata proprio il giorno della guarigione e infatti quelle parole furono trovate nella sua “Storia di un’anima” (VI lettera ai Missionari).

Questo ci aiuta un po’ a rimettere in asse la testa e il cuore di qualcuno: “Oh, Teresina, la santina delle rose; oh, Teresina, la piccola via, la semplicità …” Sì, sì, ma non solo! Quando si studia un santo, bisogna leggere tutto, non estrapolare quello che piace a noi e farlo diventare una bandiera di battaglia! Se vi avessi letto queste parole senza dirvi di chi fossero, non so chi avrebbe capito che si trattava di Teresina di Lisieux! Che sa parlare, eccome, di dolore e sofferenza, di vocazione al sacrificio, di patimenti, di anime slavate…

Tutto ciò che viene dal buon Dio mi dà gioia. Mi rallegrano i fiori, gli uccelli e anche una nuova sofferenza. Più di tutto mi rallegra il buon Salvatore”: con questa fede e gratitudine Teresa accolse quelle Grazie del Cielo.

Il 13 novembre il medico curante, dott. Seidl riscontrò un’appendicite purulenta ed ordinò l’immediato ricovero all’ospedale di Waldsassen per farla operare. Straziata dai disperati lamenti della madre, Teresa chiese aiuto alla piccola S. Teresa e si fece posare una sua reliquia sulla parte dolente. 

Vedete questo continuo richiamo all’uso sapiente delle reliquie e alla richiesta di intercessione dei Santi? Noi lo facciamo molto raramente!

Aveva prima domandato a P. Naber se una tale supplica poteva essere una tentazione di Dio, ma il sacerdote non trovò nulla da obiettare perché pregasse la piccola Santa di poter guarire senza essere operata, se questo coincideva con la volontà di Dio. Teresa Neumann che, secondo il racconto del sacerdote, stava appunto nel letto contorcendosi come un verme per i dolori, disse: “Santa Teresa! Tu puoi aiutarmi. Lo hai fatto già così spesso. Non te lo chiedo per me, ma senti un po’ cosa sta combinando la mamma!” Allora, mentre lei si sollevava col volto raggiante, le apparve di nuovo la luce e udì la voce che disse: “La tua completa sottomissione, la tua gioia nel sopportare i dolori, ci rallegrano. Affinché il mondo sappia che qui accade qualche cosa di straordinario, ti è concesso di guarire senza essere operata. Alzati e va’ subito in chiesa a ringraziare Dio. Ma che sia subito, subito! Però dovrai soffrire ancora molto per cooperare alla salvezza delle anime. Dovrai rinunciare sempre di più al tuo “Io” e restare sempre così candidamente innocente”. 

Tornata in sé Teresa ripeté le parole udite e chiese alla madre di portarle un vestito. Invano tentarono di opporsi e di dissuaderla, essendo ormai tardi e freddo. Teresa volle assolutamente obbedire alle parole “subito, subito!” e insistette nel suo proposito. Visto che anche P. Naber era dalla sua parte, fu accontentata. Si alzò, andò in chiesa e non ebbe più né dolori né febbre. Dal momento della visita del medico a quello del ritorno dalla chiesa era passata solo un’ora e tutto si svolse tra le 6 e le 7 di sera. Durante la notte la suppurazione si risolse per via naturale.

Il dì appresso, verso mezzogiorno, Teresa e P. Naber si recarono con la postale a Waldsassen dal dott. Seidl, il quale rimase molto sorpreso vedendoli. Egli allora spiegò loro come talvolta accada che suppurazioni appendicolari si risolvano per via intestinale, ma, oltre a trattarsi di casi rarissimi, richiedevano molto più tempo a guarire che non per via operatoria 

(GERLICH Vol. 1, pagg. 99-100)

Prima di concludere, vorrei dirvi di stare attenti al ‘subito, subito!’ Attenti! Il demonio dice di rimandare; il corvo di sant’Espedito ripete ‘cras, cras!’, ma il Santo tiene in mano una croce con scritto ‘hodie’: oggi, adesso, subito! 

Quando dobbiamo ringraziare il Signore non dobbiamo rimandare: c’è un dovere legato al tempo che va assolutamente sempre rispettato e ricordiamoci di essere immediati e celeri nel ringraziare Dio. È questa la condizione, è questo il motivo di tante nuove grazie, magari ancora più grandi.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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