Scroll Top

“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 5

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Giovedì 19 gennaio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mc 3, 7-12)

In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: “Tu sei il Figlio di Dio!”. Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 19 gennaio 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal terzo capitolo del Vangelo di San Marco, versetti 7-12.

Continuiamo la nostra lettura e il nostro commento del libro di Bonhoeffer.

È da questa fonte che colui che Dio ha messo nella situazione di vita comune con altri cristiani può apprendere che cosa significhi avere fratelli. “Fratelli nel Signore” è l’appellativo che Paolo rivolge alla sua comunità (Fil 1,14). Solo per mezzo di Gesù Cristo si è fratelli. Sono fratello dell’altro solo per ciò che Gesù Cristo ha fatto per me e in me; l’altro mi è divenuto fratello per ciò che Gesù Cristo ha fatto per lui e in lui. Solo per mezzo di Cristo siamo fratelli: questo è un fatto di incommensurabile importanza. Il fratello con cui ho a che fare nella comunità non è l’altro che mi si fa incontro nella sua serietà, nella ricerca di fraternità, nella devozione… 

Attenti, attenti a quello che ha appena scritto, perché per noi è esattamente così! Quindi: io sono fratello dell’altro solo per ciò che Gesù Cristo ha fatto per me e in me; noi siamo fratelli solo per mezzo di Gesù. 

Questo non dimentichiamocelo mai perché, poi, uno dice: “Sì, va bene, siamo tutti d’accordo, ma concretamente che cosa vuole dire?”. Adesso Bonhoeffer ce lo sta dicendo:

  • Il fratello con cui ho a che fare nella comunità non è l’altro che mi si fa incontro nella sua serietà, non è questo il fratello, non è la persona seria, brava, impegnata che viene a Messa con me, che fa la carità con me, che fa le cose in oratorio con me. Non è questo il fratello! 
  • Il fratello con cui ho a che fare nella comunità non è l’altro che mi si fa incontro nella ricerca di fraternità, quindi non mi è fratello per il fatto che anche lui voglia fare comunità con me e voglia essere in comunione con me; non è il nostro desiderio, non è il suo desiderio di “fare chiesa”, amicizia, fraternità, comunità,… no! Non è questo! 
  • Non è l’altro nella devozione, neanche questo: abbiamo la stessa devozione, coltiviamo le stesse devozioni, abbiamo la stessa sensibilità religiosa, liturgica; ci ritroviamo nella stessa sensibilità liturgica,… non è questo! 

L’altro non mi è fratello per queste tre ragioni che, peraltro, a noi bastano e avanzano perché, se avessimo qualcuno che ci è fratello nella sua serietà, nella ricerca di fraternità e nella devozione, noi saremmo in Paradiso.

Non solo: quando noi facciamo i nostri discorsi sulla comunità, sulla fraternità, li facciamo a questo livello, questo è il punto! Il nostro ideale di fraternità e il nostro ideale di comunità sono esattamente a questo livello, cioè nel maturare, nel trovare un incontro nella serietà di vita, di impegno, di applicazione, di cose da fare; nella serietà nel rispettare le regole delle nostre comunità; nell’auspicata ricerca comune di comunità per cui noi misuriamo quanto l’altro veramente ricerca una vita comunitaria, valutiamo quanto l’altro si impegna mettendo anima e corpo per vivere una vera vita fraterna. E guardiamo quanto si spende, quanto si impegna, quanto è disponibile, servizievole, propositivo, progettuale, creativo, fedele, rispettoso delle leggi nella vita fraterna, questi sono i nostri ideali! Quando noi facciamo una valutazione della vita di fraternità, la facciamo a questo livello, a questi tre livelli.

E poi: “nella devozione”! Questo per noi è il top, è veramente il massimo. Se arriviamo qui, noi arriviamo all’apoteosi. Questa è veramente l’isola-che-non-c’è. Incontrarci, fare fraternità nella devozione: incontrarci nel nostro amore per il Signore. Noi diciamo: “Che cosa posso avere di più?” È il sogno: il fatto di pregare insieme, di stare davanti al Signore insieme, di organizzare insieme la Via Crucis comunitaria, la liturgia della Parola, … Tutte queste cose per noi sono il massimo: incontrarci come comunità nella devozione, nell’avere questa pietas fraterna, comune, il più possibile simile.

Ecco, Bonhoeffer dice:

Il fratello con cui ho a che fare nella comunità non è l’altro che mi si fa incontro nella sua serietà, nella ricerca di fraternità, nella devozione non è questo! Ma… attenti bene, cosa è? — ma è l’altro che è stato redento da Cristo, che è stato liberato dal peccato e chiamato alla fede e alla vita eterna.

Cambia tutto! Cambia completamente e radicalmente la prospettiva nella quale collocarsi! Trovo che queste siano parole, oltre che vere, estremamente sagge, estremamente reali. 

Primo punto: “Il fratello con cui ho a che fare nella comunità… è colui che è stato redento da Cristo”: questa è la ragione dell’essere fratelli. 

Noi siamo fratelli non perché ci incontriamo nella serietà, nella ricerca di fraternità e nella devozione: noi siamo fratelli perché siamo stati redenti da Cristo! 

Vedete che si sposta il centro? Mentre nelle tre cose precedenti il centro siamo noi e il centro è puramente antropologico e umano, adesso la prospettiva ha completamente cambiato asse perché il centro è Gesù. Vedete come ha spostato tutto? Questa lettura è una rivoluzione copernicana. Peccato che noi non la applichiamo, non viviamo così la fraternità. 

Ho in mente così tante cose da dirvi che, forse, sto facendo un discorso un po’ confuso. Ho la testa tanto piena di idee che mi sta esplodendo, siccome ho paura di perderle apro mille discorsi! Segnatevi le cose che vi dico perché sono veramente troppe e capisco che uno che mi segue dica: “Padre, un momento! Non so dove stiamo andando a finire perché tutte queste cose che sta tirando fuori… ”. Capisco, ma abbiate pazienza: sono questioni importanti.

Bonhoeffer sposta completamente l’asse e qual è la prova che quello che lui dice è vero e che quello che, invece, noi facciamo è falso perché quello che noi cerchiamo di fare come comunità non ha niente a che fare con Cristo, non ha niente a che fare con il progetto di comunità di Gesù?

La prova è questa: dove cerchiamo il fratello, dove riconosciamo il fratello? Nell’incontro con la sua serietà, nella ricerca di fraternità e nella devozione. Per noi questi sono i tre ideali. Risultato? Siamo sempre scontenti; mormoriamo l’uno contro l’altro; non ci sentiamo mai a nostro agio e in pace; abbiamo sempre da criticare tutto e tutti; di fatto, siamo profondamente insoddisfatti e inquieti e, appena possiamo, diciamo che le cose vanno male “per colpa di…”. È sempre così! 

Pensate a una realtà parrocchiale, a un convento, un seminario, un monastero; pensate a un gruppo di stampo cattolico che si impegna per questo e per quell’altro. Ovunque siamo chiamati a vivere una comunità che si ritrova a motivo della sua fede, siccome noi intendiamo l’essere comunità e l’essere fratelli in base a queste tre coordinate totalmente uomo-centrate, noi siamo in perenne stato di angoscia, sofferenza, insoddisfazione, incompiutezza! Siamo dentro a una costante ansia da prestazione per cui noi siamo aguzzini e vittime allo stesso tempo. Siamo innanzi tutto aguzzini degli altri per cui siamo sempre con l’orologio in mano a guardare quanto uno c’è e quanto uno fa. 

Funziona così: “Io ho dedicato quattro ore per cinque giorni a fare il presepe! Invece quello là ha dedicato tre ore e cinquanta… ecco, vedi, non si impegna abbastanza per la sua comunità parrocchiale. Vedi che non fa abbastanza, non ci crede abbastanza e non si impegna abbastanza! Per questo dobbiamo fare, dobbiamo dare… !”; “Abbiamo organizzato l’Adorazione Eucaristica in chiesa con il Santo Rosario: sui cinque incontri previsti io sono venuto per cinque volte, sono stato qui a morire dall’inizio alla fine per essere presente e invece quello là (hai visto?) non è venuto! È venuto solo quattro volte e mezza e poi, quando è venuto, era distratto, chiacchierava, non stava in chiesa come avrebbe dovuto stare!” 

Vedete gli aguzzini? Come le iene, le iene che vanno in cerca degli animali malati per sbranarli: noi siamo così! Ci dipingiamo come dei santini che vanno a fare i panegirici intellettualistici sulla fraternità e sulla comunità e, poi, che cosa significano? Che appena tu ti azzoppi un attimo, io ti sbrano… ecco che cosa significa!

Bonhoeffer sta arrivando a distinguere tra l’essere branco e l’essere comunità: questa è la distinzione… arriveremo lì. Essere uniti, stare insieme, avere serietà, cercare di essere uno per l’altro e avere devozione, queste tre cose, le hanno anche i lupi! Certo: devozione non nel senso di pietas verso Dio, ma — potremmo dire — come rispetto delle regole per le leggi del branco, ma è la stessa cosa. Loro sono bestie e non cristiani, perciò si devono mutuare un po’ le cose, ma le hanno anche i lupi, anzi, forse il branco di lupi ha da insegnarci che cosa significhi “essere branco”! 

Forse a noi piacerebbe che la nostra comunità fosse un branco. Ma noi siamo una comunità. Vogliamo una comunità cristiana o vogliamo un branco? Noi facciamo parte di un branco o facciamo parte di una comunità? Il branco lo vivono le bestie e quando gli uomini “fanno branco” c’è tanta roba brutta, veramente tanta roba brutta perché per le bestie va bene, ma per gli uomini no! Se gli uomini fanno branco, fanno male a se stessi e agli altri perché Dio non ci ha creati per essere un branco, ma per essere una comunità. Se, però, vuoi essere una comunità, allora devi essere altro e adesso lo stiamo vedendo.

Quindi, siamo aguzzini perché, poi, capite, se la bestia che fa parte di un branco di gazzelle viene sbranata, viene lasciata lì; il malato in un branco viene abbandonato, il branco non può occuparsi della bestia malata. Sapete che l’elefante, quando si ammala, non muore nel branco: prende e va a morire da solo, spesse volte sbranato e divorato dalle bestie feroci. Terribile: le leggi del branco sono tremende!

Dobbiamo avere ben in mente che cosa ci insegna la natura; dobbiamo conoscere bene le “leggi di natura”, perché, poi, tra di noi succedono cose simili, ci sono meccanismi molto simili: quello debole, quello affaticato, quello che non sta sulla cresta dell’onda… nel branco devi assolutamente sottostare alla legge del branco che è veramente tutto, per cui tutti devono sottostarle e non ci sono eccezioni. Se non riesci a starle dietro, rimani indietro. Se non la accetti, vieni espulso, diventi un randagio, un ramingo e per te non c’è speranza perché tu hai bisogno del branco, hai bisogno di tutti per vivere, per difenderti, per cacciare, per nutrirti e senza il branco muori. Ma noi facciamo parte di un branco o di una comunità?

Andate a farvi un po’ di letture sul comportamento degli animali e vedete che ci sono tanta serietà, tanta ricerca di essere l’uno per l’altro e una devozione incredibile verso la legge del branco, ma non sono fratelli, sono bestie: la loro non è una fraternità, non è una comunità… quello è un branco!

Al contrario, nella comunità Cristo-centrata l’altro chi è? È colui che è stato redento da Cristo: tu mi sei fratello per quello che Gesù ha fatto per te, non per quello che tu sei; non per quanto tu sei serio; non per quanto tu cerchi la fraternità; non per quanto tu sei devoto come me… no! Tu mi sei fratello perché Cristo ti ha redento, al di là di quelle tre cose, prima di quelle tre cose! Tu mi sei fratello perché Gesù ti ha redento e salvato.

Secondo punto: tu mi sei fratello perché sei stato liberato dal peccato. 

Quali sono i due Luoghi (con la L maiuscola) nei quali noi ci scopriamo fratelli, ci riconosciamo fratelli addirittura al di là del conoscerci? Possiamo anche non conoscerci, ma noi siamo fratelli a partire da: 

1) il Battesimo, che è il Sacramento che celebra proprio la Redenzione di Cristo che mi raggiunge e mi strappa dal peccato originale;

2) il nostro essere fuori dal confessionale: io magari non conosco nessuna delle persone che sta fuori dal confessionale insieme con me, ma l’essere lì insieme ci sta dicendo che siamo fratelli perché stiamo sperimentando la liberazione dai nostri peccati operata da Gesù Cristo.

Quindi, mi viene da dire che due persone — un fratello e una sorella, due fratelli o due sorelle in Cristo — che vanno a confessarsi insieme stanno affermando e celebrando nel modo più bello possibile il loro essere fratelli e sorelle in Cristo.

 Non c’è modo più bello per dire: “Siamo in fraternità; stiamo facendo comunità insieme, perché stiamo celebrando insieme la festa del perdono ed è Gesù che ci perdona! Noi siamo fratelli perché tra poco  Gesù ci libererà dal nostro peccato!”. Forse è per questo che siamo tanto branco e poco comunità: non ci confessiamo mai e, quando lo facciamo, andiamo da soli e nascosti, come se andare a ricevere il perdono di Gesù fosse una cosa vergognosa. Sembra che chiedere a una persona: “Ma tu da chi vai a confessarti; ogni quanto ti confessi?” sia rivolgere una domanda indelicata! Guardate che è la cosa più bella del mondo; è un segreto di chi e su che cosa? Che problema abbiamo a dire ogni quanto ci confessiamo e da chi andiamo? Che segreto è? Devo mettere sotto segreto la celebrazione della fraternità? La fraternità si fa lì! Lì è il luogo della fraternità! 

Noi non facciamo fraternità guardando insieme la televisione, andando al cinema insieme, no! Questa non è fraternità! Usciamo da questa idea bestiale di branco religioso! Io non faccio fraternità guardando un film insieme, facendo una grande pizzata insieme, mangiando come maiali, capite? Le cose dobbiamo dirle, dobbiamo chiamarle con il loro nome perché è ora di finirla di nasconderci dietro a un dito; bisogna finirla e chiamare le cose con il loro nome per uscire da questo pantano di ipocrisia falsa per cui facciamo i falsi devoti e, in più, ci mettiamo a posto la coscienza credendo di aver fatto le cose più giuste del mondo. No! 

Bonhoeffer dice che noi ci scopriamo fratelli perché siamo stati redenti da Gesù, perché siamo stati liberati dal peccato in quanto tale. Allora, invece di preoccuparci di fare le pizzate insieme, di andare a fare la sagra della salamella insieme, di metterci davanti alla televisione insieme per guardare chissà che cosa fino a non so che ora, andiamo insieme a confessarci perché, forse, nella nostra “vita di comunità” abbiamo fatto tutto insieme tranne che quello che ci faceva veramente comunità, cioè andare insieme a ricevere il perdono. 

Andiamo insieme a confessarci: chissà che, andando e tornando, non scopriamo qualcosa che fino a quel momento non avevamo ancora scoperto; chissà che non ci vediamo con occhi nuovi; chissà che, magari, per esempio, una volta ricevuto il perdono, non siamo capaci di darcelo questo perdono… cosa che la tv, la grande pizza, la salamella non ci insegnano.

Uno, poi, si chiede: “Ma io sono qui a far che cosa? Il mio essere comunità vuol dire questo?”. Questo forse neanche i lupi lo fanno! Alle volte viviamo una vita insieme che è meno della vita di un branco e questo significa che è sub-animale: è grave! Se fosse, sarebbe grave! 

Noi non siamo comunità a tavola; non parte da lì. Invece c’è questo “imperat” per cui si deve partecipare… “Facciamo una festa di comunità!”. Bello, che cos’è? Ci troviamo alla tal ora per mangiare la pizza! No, un momento, se io non ho voglia? Magari sono uno di quelli che mangiano una volta alla settimana e a te che cosa interessa? 

Ho conosciuto un medico che ha settant’anni, pratica ancora — tra l’altro è un medico famoso — che un giorno mi ha detto: “Sa, Padre, io mangio una volta al giorno!”

“Come, dottore?” 

“Sì, ho settant’anni; arrivo in studio alle sette del mattino e poi arrivò a casa alle sette di sera”.

“Dottore, che cosa fa? Dodici ore di servizio?” 

“Eh, sì, le persone hanno bisogno!”

“Va beh, ma a che ora mangia?”

“No, io non mangio.”

“Farà una colazione super-mega!”

“Sì, un caffè!”

“Scusi dottore, ma allora in un giorno mangia effettivamente solo alla sera?”

“Sì! Padre, vede come sto bene? Io sto benissimo; sono tranquillissimo e non ne ho necessità. Ho imparato a capire che non vivo per mangiare, ma mangio per vivere.”

Io l’ho guardato pensando: “Quanto ti ammiro! Incredibile!” 

E lui aggiungeva: “Sa, l’unico problema è tutto il contesto comunitario”.

Quando ha pronunciato questa parola ho detto: “Mamma mia!” e, visto che tutti siamo chiamati all’interno di una comunità e tutti, più o meno, viviamo all’interno di una comunità, gli ho domandato: “In che senso?”

“Il problema si pone quando mi invitano a pranzo il sabato o la domenica” (questo dottore fa così anche sabato e domenica): io vado lì e poi non ho fame!” (se per tutta la settimana sei abituato a questo ritmo, non è che il sabato e la domenica ti viene fame; non è che nello stomaco c’è un orologio che si accende e dice: “Oggi è sabato, oggi è domenica… mangiamo da lupi!”) “Vado lì, ma mangio poco, mangio per cortesia e i miei ospiti si lamentano del fatto che io mangi poco e mi dicono che sono noioso!”

“Noioso? Perché?” Tra l’altro è una persona brillante, molto colta, intelligente, interessata a tutto, piacevole, con cui parlare volentieri, che si intrattiene volentieri… “Dottore, a tutti possiamo dire “noioso”, ma non a lei; non mi pare che lei sia una persona noiosa!”

“Mi dicono che sono noioso perché, magari, non mangio il primo o voglio poco dell’altro… ”

Che cosa c’entra l’essere noioso con il fatto che questo medico non mangi la pastasciutta? Che cosa c’entra? Ma qui siamo andati fuori di testa: siccome non mangia la pastasciutta, lui è noioso! Rendiamoci conto dello slivellamento che stiamo vivendo. Siamo completamente slivellati, completamente! Come può essere noiosa una persona che mi dice di non volere la pastasciutta? Che cosa c’entra?” 

“Non voglio la pastasciutta”

“Va bene, non mangiarla!”

“Non voglio né il primo, né il secondo, né il dolce, né la frutta: sono venuto qui per bere una tisana calda!”

“Ti faccio una tisana calda!” A me che cosa interessa? Non è che io vivo nel tuo stomaco! Io mi mangio un’amatriciana da quattro porzioni, un bue fritto e una Saint Honoré intera e tu ti bevi la tua tisana… che cosa mi interessa? Perché devo voler vedere che l’altro si sfondi di cibo come mi sfondo io? Perché devo costringere l’altro nelle mie strutture da psicotico? Perché? Questo non lo fanno neanche nei branchi di lupi! Non vuoi mangiare? Meglio per me! Mangerò di più io! Che cosa mi interessa? L’importante è che tu faccia il tuo dovere! E questo dottore il suo dovere lo fa: dalle sette del mattino alle sette di sera! E il suo lavoro come medico è pesante, non è semplicemente lì a una scrivania!

Questo per dirvi quanto noi siamo “scentrati” rispetto a quello che veramente è la comunità.

Terzo aspetto: il fratello con cui ho a che fare nella comunità è l’altro che è chiamato alla fede e alla vita eterna. Capite? Quindi capite che nessuno di questi tre aspetti hanno a che fare con la persona in quanto tale. Mentre i tre punti precedenti, quelli del branco, sono tutti centrati sull’uomo, i tre punti della vera comunità sono tutti centrati su Gesù Cristo, come di fatto deve essere perché noi siamo comunità in funzione di Gesù, non della pizza, non del cinema! Noi siamo comunità in funzione di Dio, a motivo di Dio, non a motivo del “volemossebbene”, del “la pensiamo tutti allo stesso modo”. 

Perché è chiamato alla fede; perché è chiamato alla vita eterna, dice Bonhoeffer.

Lo so: oggi in pratica ho letto e commentato quattro, cinque righe, ma capite quanto è densa questa cosa? Non avrei potuto andare più veloce! Più veloce di così, credetemi, è impossibile, almeno per me. 

Termino, se no la questione rimane aperta.

La nostra comunione non può motivarsi in base a ciò che un cristiano è in se stesso… 

Non si fonda su questo: la comunità non si fonda su ciò che un cristiano è in se stesso, 

… alla sua interiorità e alla sua devozione.

non si fonda su questo!

Viceversa, per la nostra fraternità è determinante ciò che si è a partire da Cristo.

Si parte da Lui: se parto da Lui, allora posso guardare ciò che sono io, ma deve essere in riferimento a Lui! Quindi, la fraternità si determina da ciò che io sono a partire da Gesù, ecco i tre punti precedenti: redento da Gesù, liberato da peccato, chiamato alla fede e alla vita eterna. 

La nostra comunione consiste solo in ciò che Cristo ha compiuto in ambedue, in me e nell’altro. E questo non vale solo per l’inizio, come se poi nel corso del tempo si aggiungesse ancora qualcosa a questa nostra comunione, ma resta per sempre: nel futuro è nella eternità. Solo per mezzo di Cristo c’è e ci sarà comunione tra me e l’altro.

Per mezzo di Cristo“! Non per mezzo della pizza, di quanto mangi, di quanto ci stai e di quando ci sei; non per mezzo di quanto “fai”, di quanto ci sei, di quanto sudi! 

Questa poi è un’altra cosa. Cartesio dice: “Cogito, ergo sum” (Penso, quindi sono) e, certo, su questo c’è molto da discutere, però è qualcosa di abbastanza elevato. Oggi, invece, si dice: “Sudo, ergo sum”, cioè tu vali tanto quanto sudi. Sapete che oggi c’è uno strumento nuovo che si chiama “sudometro” e oggi quanto è alto il tuo punteggio sul sudometro, tanto sei fratello nella “komunità”, perché, se non sei “komunità” con la “k”, non sei! La komunità con la “k” è quella del branco, quella con la “C” di Cristo è quella di Gesù. 

Allora: il sudometro ti dice quanto tu sei komunità e devi versare il tuo sudore che, se tinto di rosso è gradito; se tutto rosso, è molto gradito e se lo dai anche tutto, siamo tutti felici perché nella komunità siamo tutti un po’ vampiri; quindi, ti sveniamo per bene ed è importante che ti sveniamo per la komunità!

Bonhoeffer dice che se tu conti quanto sudore fai, allora non sei della comunità di Gesù. Se invece conti quanto Gesù ha fatto per me e per te e quello che Gesù ha realizzato e realizza per me e per te, questa è la comunità di Cristo, anche se tu non sudi tanto o sudi meno di me. Nella comunità con la “c” il sudometro ha le ragnatele, non si va a cercare il sangue di nessuno, non si umilia nessuno e, soprattutto, non si fanno processi a nessuno.

Via via che la comunione si fa più autentica e più profonda, scompare tutto ciò che si frappone ad essa, e risulta con sempre maggiore chiarezza e purezza l’unica cosa che la rende viva tra noi, Gesù Cristo e la sua opera.

Vedete che bello? “Via via che la comunione si fa più autentica e più profonda, scompare…”. Scompare da solo, non c’è bisogno di fare gli incontri, le commissioni, le verifiche. Noooo! Tutto tempo guadagnato! La comunità si sistema da sola! Va in asse da sola. Scompare tutto ciò che si frappone ad essa. Man mano che questa comunione con la “C” si fa sempre più autentica e più profonda, tutto il resto va via da solo ed emerge l’unica cosa che la rende viva tra noi! C’è un’unica cosa che rende viva la Comunione tra noi: Gesù Cristo e la sua opera!

Solo per mezzo di Cristo apparteniamo gli uni agli altri, ma grazie a questo mediatore l’appartenenza è effettiva, integrale e per tutta l’eternità. 

Bellissimo, perché è verissimo! Questa è la comunità che dobbiamo cercare e costruire, non quella umanoide, non quella del branco. Questa è la comunità da costruire! Gesù Cristo e la sua opera: questa è l’unica cosa che rende viva tra noi la comunione e noi, per mezzo di Gesù, apparteniamo gli uni agli altri. Questo appartenere di me a te è effettivo, cioè è vero, realtà, integrale, totale, per sempre. Pensate a un matrimonio con queste caratteristiche… mamma che bello! Ci saranno le difficoltà e le fatiche, ma, come dice Bonhoeffer, più la comunione si farà profonda, più Gesù sarà al centro, più Gesù e la sua opera saranno l’unica cosa che la rende viva e più quella appartenenza tra gli sposi, tra gli amici sarà “effettiva, integrale e per tutta l’eternità“.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati