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Il riposo – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.60

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il riposo – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.60
Sabato 30 dicembre  2023 – Sacra Famiglia di Gesù Maria e Giuseppe

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 2,13-15.19-23 – ANNO A)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 30 dicembre 2023. Quest’oggi festeggiamo la Sacra Famiglia di Gesù Maria e Giuseppe.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal secondo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 13 e seguenti.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al paragrafo quinto del capitolo diciannovesimo.

5 — Meno ancora si spegne se l’acqua gli cade sopra dal cielo, perché allora i due elementi, nonché non essere contrari, provengono dal medesimo regno. Né vi è da temere che si danneggino: anzi, l’uno, contribuisce all’effetto dell’altro, perché mentre l’acqua delle vere lacrime, data dal Re del cielo nel tempo della vera orazione, ravviva il fuoco e lo rende più duraturo, il fuoco da parte sua aiuta l’acqua a sempre più rinfrescare. Oh, splendido e meraviglioso spettacolo, gran Dio, vedere un fuoco che raffredda! Sì, raffredda tutte le affezioni del mondo, purché vada commisto a quell’acqua viva che discende dal cielo, a quella sorgente, donde derivano le lacrime di cui ora ho parlato, concesse da Dio e non già procurate per nostra industria. Quest’acqua, dunque, ci toglie ogni affezione per le creature e c’impedisce di arrestarci in esse, fuorché per accenderle di quel fuoco, tanto più che quel fuoco tende di natura sua, non già a contentarsi di poco, ma a consumare, potendolo, tutto il mondo.

Allora, siamo dentro in questa prima proprietà dell’acqua, che è quella di rinfrescare, e adesso lei sta parlando dell’acqua delle vere lacrime, che viene data da Dio, è un dono di Dio, non è frutto della nostra industria, e viene data nel tempo della vera orazione. Quindi, quest’acqua delle vere lacrime, arriva nel tempo dell’orazione, non è frutto di sentimentalismi, è un dono di Dio, non c’entra niente con “mi batte il cuore; mi sento il cuore tutto effervescente”, no, no, è un dono di Dio, e arriva durante la vera orazione. E i frutti quali sono? Quelli di raffreddare tutte le affezioni del mondo e quindi togliere ogni affezione per le creature, ci impedisce di arrestarci in esse, a meno che, questo restarci, non sia per accenderle in questo fuoco dell’amore di Dio.

6 — La seconda proprietà dell’acqua è di lavare. In che stato cadrebbe il mondo se non ci fosse l’acqua per lavare!… Orbene, sapete voi quanto lavi quest’acqua viva di cui parlo, quest’acqua celeste e chiara, quando cade dal cielo limpida e senza mistura di fango? Anche a berla una sol volta, tengo per certo che lasci l’anima netta e pura di ogni colpa. Essa come ho detto altrove, significa l’orazione di unione, grazia totalmente soprannaturale, indipendente dalla nostra volontà. Se Dio la concede all’anima è solo per purificarla, renderla più netta, mondarla dal fango e dall’ignominia in cui le sue colpe l’hanno precipitata. Le dolcezze che si sperimentano nella meditazione mediante il lavoro dell’intelletto sono sempre, malgrado tutto, un’acqua che non si beve alla sorgente, ma che scorre sulla terra, perciò non tanto limpida, per ragione del fango che incontra nel suo corso. Non a questa orazione quindi, secondo il mio modo di vedere, si deve attribuire il nome di acqua viva, perché entrandovi il discorso dell’intelletto, è facile che l’anima, malgrado ogni suo sforzo in contrario si attacchi a qualche cosa di terrestre, a cagione del corpo a cui è unita e a causa della nostra misera natura.

Quindi, la seconda proprietà di quest’acqua, è quella di lavare e lasciare l’anima pura da ogni colpa. E qui adesso parla “dell’orazione di unione”, che è una grazia totalmente soprannaturale e che non dipende dalla volontà dell’uomo; «Se Dio la concede all’anima è solo per purificarla, renderla più netta, mondarla…» insomma, capite qual è il senso no! E poi lei dice che le dolcezze che si sperimentano nella meditazione (che è diversa) e, quindi, attraverso l’uso dell’intelletto, sono sempre, comunque, non come acqua limpida, non è l’acqua viva, perché entra il discorso dell’intelletto, e quindi è facile che ci si attacchi a qualcosa di terrestre, a qualcosa che è legato alla nostra natura. Adesso lei dice:

7 — Voglio spiegarmi meglio. Stiamo meditando sul mondo e sulla fragilità dei suoi beni per disprezzarli — fa un esempio. Ed ecco che, quasi senza accorgerci, ci arrestiamo sopra cose che ci piacciono. — succede, no? — Cerchiamo subito di divertirne il pensiero, ma ciò non ci impedisce che ci fermiamo sia pur per poco, a pensare come fu, che ne avverrà, cosa si è fatto, cosa si farà; e così, nell’intento di fuggire un pericolo, s’inciampa in un altro. Non è a dire con ciò che si debba rinunciare a queste considerazioni, ma soltanto che bisogna andar sempre guardinghi e mai trascurarsi. Nell’orazione soprannaturale questa cura viene assunta da Dio. Egli non vuol fidarsi di noi, ed è tale la stima che Egli ha per l’anima nostra che nel tempo in cui la favorisce di qualche grazia, non permette che s’immischi in cose che le siano di danno, ma subito l’avvicina a sé, e in un attimo solo le rivela tante verità, con così chiare cognizioni sulle cose del mondo, quali da sola non potrebbe acquistare neppur in molti anni, perché allora i suoi sguardi, nonché non essere liberi, sono offuscati dalla polvere che solleva camminando. Qui invece Iddio ci porta al termine della giornata senza che ne sappiamo il modo.

Ecco, qui sta facendo un esempio, per cui lei dice: noi stiamo meditando sul mondo, stiamo meditando sulla fragilità, però poi, di fatto, ci fermiamo su cose che ci piacciono; eravamo partiti su tutto quello che dobbiamo disprezzare — sapete bene cosa vuol dire: tutto ciò che dobbiamo mettere in secondo ordine rispetto a Dio — e poi ci troviamo a riflettere più su questo che su Dio. E quindi cominciamo a pensare: “Come è stato? Che cosa avverrà? Cosa si è fatto? Che cosa si farà?”, capite? Quindi, Santa Teresa dice che non bisogna rinunciare a tutte queste cose, però bisogna essere molto guardinghi.

Invece, nell’orazione soprannaturale, questa cura viene assunta da Dio, e lui non permette che si mischino cose che siano di danno, ma subito avvicina a sé l’anima e rivela tante verità così chiare sulle realtà del mondo, che uno da solo non potrebbe capirle neanche in chissà quanti anni. E quindi, capite: è una grazia grandissima.

8 — La terza proprietà dell’acqua è di togliere la sete.

Per sete, secondo me, s’intende il desiderio di una cosa di cui si sente così vivo bisogno, che, mancando, si muore. Strano elemento l’acqua! Se ci manca, moriamo, e moriamo pure se l’abbiamo in abbondanza, come avviene negli annegati. Oh, Signor mio, perché non mi è dato di sommergermi in quest’acqua viva e perdere in essa la vita? È forse questo impossibile? No, perché l’amore e il desiderio di Dio possono salire a tal punto da farci veramente soccombere, come è successo a molte persone che sono morte per davvero. Io so di una — lei sta parlando di sé stessa — la cui sete era così viva da vedere lei stessa chiaramente di essere vicinissima a morire, se il Signore non la soccorreva con darle di quell’acqua in così grande abbondanza da farla quasi uscire di sé con qualche grande rapimento. Dico che la faceva quasi uscire di sé, perché in questo stato l’anima si trova nel suo riposo bellissimo! Questo è sicuramente molto importante: “l’anima si trova nel suo riposo”. Asfissiata dalla noia che il mondo le procura, le pare di risorgere nel Signore. Indi Sua Maestà la rende capace di godere di quel bene, che, rimanendo in sé, non potrebbe godere senza morire.

Ecco, vediamo un attimo di capire bene. 

L’amore e il desiderio di Dio possono arrivare ad essere così forti da fare addirittura morire — sapete c’è questa espressione “morire d’amore” — e lei dice che il Signore la soccorreva, facendola quasi uscire di sé con qualche rapimento, e aggiunge che, in questo stato, l’anima trova il suo riposo: «asfissiata dalla noia che il mondo le procura, le pare di risorgere nel Signore». 

Ora, voi direte: “Sì vabbè, per me che sono un po’alle prime armi, che non ho mai sentito parlare di queste cose, tutto questo discorso, cosa mi dice? Dove sono io rispetto alle tre caratteristiche dell’acqua?” 

Poi uno dice: “Ma io non so distinguere l’orazione, la contemplazione, la meditazione, il discorrere con l’intelletto…”

Innanzitutto è bene conoscere le tre caratteristiche, primo perché magari, nella vita, non si sa mai che succeda che vi serviranno e quindi sapete dove andare a cercare; secondo: io ragionerei proprio sugli aspetti — come dire — essenziali di queste proprietà, che sono: 

  • quando lei parla del “rinfrescare”, abbiamo visto che fa riferimento a questo amore di Dio, che ci fa partecipare della Signoria di Dio sul creato, quindi talmente forte, che ci sgombra da ogni attacco terreno e ci inserisce nella grandezza e bellezza di Dio. Parla proprio di queste fiamme di fuoco, in questo contrasto continuo tra fuoco e acqua;  
  • poi “le lacrime”, che ancora riguardano il tema dell’affezione per le creature, il non restare in esse, questo dono che viene dato durante l’orazione, e anche questo fa sempre parte di questo amore per Dio; 
  • poi “l’acqua che lava”, quindi il tema della purificazione, dell’essere mondati e il fatto che Dio ci avvicina a sé; 
  • poi questa terza proprietà (e ritorna ancora il tema dell’amore), che è quella di “togliere la sete” e il desiderio di Dio; in Dio, dove l’anima trova il suo riposo.

Io non so se l’avete provato, ma credo proprio di sì, quando arrivate a fine giornata, che siete stanchi — mi vien da dire — stanchi di tutto e di tutti, per moltissime ragioni. Voi vi mettete davanti al Signore e, se ci fate caso, una delle esperienze comuni che si fa, è quella di tirare un fiato, proprio riposare. Quando uno è stanco e si sdraia, proprio tira un fiato e dice: “Ah, che bello, adesso mi riposo”. Ecco, questo è quello che succede all’anima quando è purificata, è lavata, è incendiata dall’amore e dal desiderio di Dio, e quindi in Dio trova il suo riposo. 

Perché, vedete, se l’anima non trova il suo riposo in Dio, lo va a cercare altrove, dopo è inutile che ci facciamo venire i sensi di colpa: “Ecco io sono brutto e cattivo, peccatore, perché mi son messo a guardare la televisione, perché mi sono affogato nei social, perché dicevo che ero stanco e mi sono messo quattro ore davanti a Facebook, perché ho acceso la radio e non l’ho più spenta, perché mi son messo a vedere i video su YouTube senza un domani, perché mi sono messo a parlare con le persone e non la finivo più, perché… ecco vedi, io sono ancora tanto fragile…” no ! Oppure: “Sono caduto dell’impurità”.

Io sono convinto… mi sbaglierò eh, guardate sono pronto subito ad alzare le mani e dire che sicuramente ho sbagliato. Ci saranno quelli più esperti di me, che mi diranno, magari: “No, padre Giorgio, questo è sbagliato”, benissimo, io alzo subito le mani e dico: va bene, può darsi che io sbagli, però io mi son fatto un po’ questa idea nella mia piccola, piccolissima esperienza di questi ventitré anni e mezzo di sacerdozio. La mia esperienza è un po’ questa: che anche quando uno cade in modo serio, importante, ripetuto, anche in questi casi estremi — per esempio, nell’impurità — forse sono ingenuo e mi direte che non è vero, che sto sbagliando, può darsi — io mi sono un po’ fatto l’idea che ci cade dentro non tanto per lussuria, che certamente ha il suo posto — certamente ha il suo perché, certamente ha la sua presenza, tutto quello che volete — però non è questa, io credo, la prima ragione; la prima ragione io penso sia: che cerca riposo. 

Voi direte: “Eh, beh, insomma… chi cade lì, non è che sta proprio cercando di riposarsi, cioè si sviluppa nel corpo e nella mente esattamente il suo contrario”, si, ma dopo! Cioè, è vero che sviluppa il suo contrario, ma dopo. All’inizio, quando comincia, la ricerca è motivata da questo riposo, da questa ricerca del riposo; siccome non lo trova da nessuna parte, lo va a cercare lì. Perché proprio lì, e non lo va a cercare nell’andare a raccogliere le margherite? Eh, perché è proprio qui che sta l’inganno: ciò che gli appare come riposo, in realtà è tutto il suo contrario. 

Chi si droga, chi si ubriaca, ma, secondo voi, cosa cerca? Cerca la droga? Cerca l’alcol? No, secondo me no, è troppo banale; io credo che cerchi il suo riposo, ma non lo trova. 

Questi ragazzi, queste ragazze, che cadono anche “tra le maglie” della criminalità, delle gang (sapete in America è molto forte questa cosa, ma non solo in America), delle compagnie brutte, cattive, cosa cercano? Cercano il riposo, solo che lo vanno a cercare nel posto sbagliato e non ne escono più. Rimangono invischiati da questi riposi falsi, che non sono riposi, sono tutt’altro che un riposo. 

Ma secondo voi, a chi piace stare in strada? Guardate che la strada è dura, la strada è strada, la strada è fredda, la strada è espropriante, la strada è anonimato, la strada ti toglie ogni bellezza, tutto, ti porta via tutto, come il cemento, chi sta in strada non riesce ad avere una casa, non ce la fa, e quindi è qualcuno, secondo me, che cerca solo il riposo. Purtroppo, questi ragazzi, queste ragazze, non trovandolo dove dovrebbero trovarlo, si perdono. Nessuno gli ha testimoniato il riposo che l’anima trova in Dio, nessuno gli ha testimoniato, con la propria presenza, che questo riposo si può veramente trovare. I santi, come San Giovanni Bosco, mi viene in mente anche don Benzi, con tutto quello che ha fatto proprio per le prostitute, che cosa hanno mostrato a queste persone, a questi ragazzi, a questi giovani e a queste ragazze? Che c’è un luogo dove puoi riposare: una casa.

Io ho sempre in mente quel film — beh adesso siamo in tempo natalizio, ancora meglio — “The giver”, non so se l’avete visto, io vi consiglio di vederlo assolutamente, ma forse ve ne ho già parlato. Ecco, io non voglio dirvi come va a finire, però devo dirvi qualcosa, perché sennò è inutile che ve lo citi. Ecco, a un certo punto (non vi dico dove) si vede proprio questo personaggio segnato dalla lotta, dalla fuga, dal freddo, dalla stanchezza dell’essere sfiancato, che a un certo punto, nel luogo più inospitale possibile, cosa vede? Una casa, animata da una luce calda, da un camino da cui esce il fumo, dagli addobbi natalizi, e dai canti: ecco il riposo. E lui rantolando, barcollando con le ultime energie che aveva addosso, si dirige verso quella casa. Questa è la nostra vita, sapete? E quando si trova questa casa, non la si abbandona più.

Credo che tutti abbiate visto — io mi auguro, spero, perché sennò, anche qui, se non l’avete visto, dovete farvi una maratona in questi due giorni — Le cronache di Narnia. Io penso che l’abbiate visto tutti, soprattutto chi ha dei bambini, o dei ragazzi, dei giovani, questa è proprio una trilogia che va assolutamente vista, è un must che bisogna assolutamente assolvere, e anche chi l’ha visto, lo può rivedere. Beh, ma capite che cos’è Narnia? Stringi stringi, Narnia non è il luogo dove i leoni parlano, dove i tassi parlano, dove le piante parlano, dove ci sono le cose strane, dove ci sono, non so, i folletti piuttosto che gli alberi che girano, gli armadi che aprono su mondi nuovi; si, questo è, come dirvi, il “contorno”, ma cos’è Narnia? Narnia è casa, questo è! Narnia è casa, Narnia è riposo. Che è esattamente il contrario di “Telmar”, o del regno della Regina dei ghiacci, che è il luogo del freddo polare, della cattiveria, dell’odio, della sterilità, della morte; Telmar è il luogo degli uomini che non fanno parte di Narnia, dei “figli di Adamo” — così li chiama — che vivono di egoismo, di tutte le cose più brutte, di giochi di potere. E poi c’è Narnia, questo luogo che non è per tutti; a Narnia non vai perché ci vuoi andare, a Narnia vai perché sei chiamato, è diverso capite?

È questo: l’anima trova il suo riposo in Dio; ma questo è un dono che Dio dà a chi vuole lui, che tu, con la tua volontà, non lo puoi ottenere, questo è il punto! E sono belli, bellissimi, i momenti in cui questi ragazzi vengono rimandati a casa; sono dei momenti struggenti in tutte e tre le volte, in cui alcuni — poi, alla fine, tutti — vengono rimandati a casa; perché non puoi rimanere a Narnia per sempre! Perché il messaggio qual è? Il messaggio è che tu devi trovare Narnia dove vivi: sei stato chiamato a Nania, hai incontrato Aslan a Narnia, perché lì ti è stato insegnato un modo nuovo di vivere e di vedere le cose, e adesso tu dovrai imparare a trovare Aslan, vedere Aslan, vedere Narnia, fare Narnia, là dove vivi. Interessante! È il Vangelo! È il monte Tabor di Gesù! Ricordate: “Facciamo tre tende, stiamo qui per sempre”, no, adesso andate, avete visto la trasfigurazione? Bene, adesso andate. 

E allora, ecco, quando voi vedete Le Cronache di Narnia, voi lo vedete bene: quando tu hai vissuto il riposo, la bellezza, il calore, la gioia, la vita nuova, la vita vera — non la vita morta che c’è a Telmar, la vita vera di Narnia — allora che cosa sperimenti? Sperimenti che lì è il riposo, sperimenti la noia asfissiante del mondo, e il pensiero e il ricordo di continuare a tornare a Narnia. È quello che vivono questi ragazzi: loro vanno a Narnia e fioriscono. Tornano nella loro vita — perché è un cammino anche per loro, di crescita, di maturazione. All’inizio loro proprio sperimentano questo dualismo soffocante — e continuano a pensare a Narnia, e gli sembra che quella vita che conducono sia una vita inutile, una vita asfissiante, una vita noiosa, perché non ha dentro la vitalità di Narnia. Appunto, devono imparare, dovranno imparare progressivamente, tutto ciò che è necessario per poter vivere e per poter rivivere, ripresentare nella loro vita, lo spirito di Narnia, che hanno trovato a Narnia.

Ecco, e questo è quello che fa l’anima quando è con Dio, capite? Quando veramente incontra Dio, incontra il suo riposo. Noi preghiamo, stiamo col Signore, ma perché? Perché lo amiamo, si, certo! Ma se Dio non è il nostro riposo, andiamo a cercarlo altrove, eh! È sicuro! Dopo stiamo lì a fare le confessioni: “Ecco ho fatto questo peccato, quel peccato, quell’altro peccato; ecco sono una brutta persona; ecco io sono immaturo; ecco io sono qui…”; ma no!! Sì, magari anche tutto questo, ma il concetto è: il problema è che tu non hai trovato, in Gesù, Narnia; tu non sei ancora entrato a Narnia, non hai ancora fatto esperienza del Regno dei cieli, questo è il punto! 

Perché Narnia, secondo me, è proprio una parabola bellissima. È chiaro che Aslan è la figura di Gesù, il leone Aslan, il leone della tribù di Giuda — almeno io do questa lettura — e loro dovranno ritrovare nel mondo, dovranno trovare nella loro realtà, il leone che, come lui stesso gli ha detto: “Io avrò un’altra forma, io sarò con voi ma sotto un’altra forma”, che è quella di Gesù, quella è “la sua forma nel tuo mondo”. E tutto quello che abita nel Regno di Narnia, è esattamente un rimando al Regno dei cieli. 

Capite: se tu nel Regno dei cieli non trovi il tuo riposo — e quindi vuol dire in tutto ciò che richiama la logica del Vangelo, in tutto ciò che richiama la logica di Gesù, nella compagnia di Gesù, nella bellezza di Gesù, nello stare con Gesù — non trovi il tuo riposo, è chiaro che dopo vai a fare i peccati, ma li vai proprio a scegliere, perché non ne puoi più, non ce la fai più, hai bisogno di un riposo!! Ma siccome tu non hai ancora fatto questa esperienza di Narnia, questa vera esperienza del Regno dei cieli, allora è chiaro che tu ti vai a perdere nel Regno di Telmar, cioè nel mondo. E quindi non senti l’asfissiante noia che il mondo procura, ma senti tutta la sua fascinazione e ci vai a cadere dentro; poi ovviamente rimani: triste, avvilito, disperso, perso, umiliato e, alle volte, ci perdi la vita.

Ecco, in questo penultimo giorno dell’anno, spero di avervi dato qualche motivo in più di riflessione.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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