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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 25

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Mercoledì 8 febbraio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mc 7, 14-23)

In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: “Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro”.
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: “Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?”. Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 8 febbraio 2023. Ricordiamo oggi san Girolamo Emiliani e la Santa Giuseppina Bakhita, vergine.

 Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo settimo del Vangelo di San Marco, versetti 14-23.

Continuiamo la nostra lettura del testo di Bonhoeffer, Vita Comune.

Come dobbiamo leggere la sacra Scrittura? In una comunità di persone che vivono insieme, la forma migliore per la lettura continua è quella fatta alternativamente dai vari membri della comunità. Si vedrà alla prova che non è facile leggere ad altri la Scrittura. Quanto più semplice, obiettiva, umile sarà la disposizione interiore verso ciò che si legge, tanto più la lettura risulterà adeguata al contenuto. Spesso nella lettura a voce alta risulta evidente la differenza fra un cristiano con molta esperienza e chi è appena all’inizio. 

Io oserei dire: “Basta andare alla Messa e sentire come vengono proclamati il Vangelo e le Letture e si capisce quanto sia vera questa espressione”.

Si può considerare norma per leggere la Scrittura in modo corretto il non identificarsi mai da parte del lettore con il soggetto che parla nella Scrittura. 

Infatti, non dobbiamo leggere mettendo dentro chissà quale enfasi: deve essere una lettura molto precisa senza chissà quale partecipazione interiore. Devi leggere un testo e non sei tu, è Gesù che sta parlando, non sei tu, sono gli scribi e i farisei. Ed è importante, Bonhoeffer dice, che la lettura sia fatta all’interno di una comunità. Non è che si escluda la lettura personale, ma che cosa c’è, per esempio, di più bello che recitare insieme i Salmi dell’Ufficio? Trovarsi al mattino prima della Messa per recitare insieme le Lodi; oppure quando si è a casa, con la zia, con il nonno, con la mamma, con il figlio, con il marito, con l’amica vicina di pianerottolo con la quale, oltre che condividere i pizzoccheri, magari possiamo condividere anche l’Ora Media che richiede dieci minuti. Se metti sul fuoco l’acqua, prima che l’acqua della pasta bolla, hai già detto l’Ora Media.

Non sono io ad adirarmi, ma è Dio che si adira, non sono io a consolare, ma è Dio che consola, non sono io ad ammonire, ma è Dio che ammonisce nella Scrittura. Certo, il fatto che sia Dio ad adirarsi, a consolare, ad ammonire, non potrà essere espresso dal lettore in tono monotono e indifferente, ma richiederà da lui la più profonda partecipazione, in quanto egli si sente chiamato in causa da ciò che legge; tuttavia qui si vede la differenza profonda fra una lettura giusta e una sbagliata della Scrittura: nel non scambiare la mia parte con quella di Dio, nel mettermi al suo servizio in tutta semplicità. Altrimenti si avrà una lettura retorica, patetica, toccante o incalzante, con il risultato di portare l’attenzione di chi ascolta sul lettore, anziché sulla Parola; questo è il peccato che può inerire alla lettura della Scrittura. 

Non deve essere una lettura come quella del Telegiornale: bisogna trovare un equilibrio. Ci deve essere la partecipazione, perché devo sapere che cosa sto leggendo, per intenderci. Se io mi metto a leggere in russo, uno che mi ascolta dirà: “Va bene, questo leggerà pure precisamente, con tutti gli accenti al posto giusto, ma non capisce niente di quello che dice!”. Non deve essere così: Io/oggi/sono/andato/a/scuola/e/ho/preso/le/patate/da/mangiare non è questo, ma non è neanche la stessa frase declamata come se fossi un attore teatrale. 

Innanzi tutto, è non scambiare la mia parte con quella di Dio, non mettermi a fare il profeta dall’ambone perché non è il mio compito (lasciamo fare Dio a Dio), quindi non devo fare una lettura patetica, né retorica, né toccante, né incalzante, se no, il risultato qual è? È che l’attenzione va a cadere sulla persona che legge. Invece, l’attenzione deve essere sulla Parola di Dio, sui contenuti, non su chi sta proclamando questi contenuti. La lettura, quindi, va preparata prima: non si va a leggere senza averla letta bene, senza aver controllato gli accenti.

Per chiarire la cosa con un esempio profano, la situazione di chi legge a voce alta la Scrittura è molto simile a quella di uno che legge ad un altro la lettera di un amico (bello questo esempio, no?). Non leggerò la lettera come se l’avessi scritta io, ma dovrò render chiaramente percepibile una certa distanza; d’altra parte non si leggerà la lettera di un amico come se non ce ne importasse niente, e dovrà invece risultare la partecipazione e il legame personale. La lettura corretta della Scrittura non si può apprendere con una tecnica e con l’esercizio di questa, ma sarà (attenti!) migliore o peggiore in base alla mia condizione spirituale. Spesso la lettura faticosa, difficile da seguire, di certi cristiani giunti molto avanti nell’esperienza della fede, è molto migliore di quella tanto curata di un pastore. In una comunità di persone che vivono insieme anche su questo punto ci si può offrire reciproco aiuto e consiglio.

Bonhoeffer dice che la mia lettura della Scrittura è in relazione con la migliore o peggiore condizione spirituale. La stessa cosa vale per i sacerdoti: una Santa Messa celebrata in un modo o in un altro da che cosa dipende? Dalla condizione spirituale del sacerdote! È così! Un mio professore di teologia, quando studiavamo per diventare sacerdoti, ci diceva a sempre: “Ragazzi, ricordatevi questo: tutte le volte che voi salite sull’altare, voi state facendo la confessione pubblica dei vostri peccati e delle vostre virtù!”. È vero! Dimmi come celebri e ti dirò chi sei! Uno va alla Messa di Padre Pio e, senza conoscere chi sia Padre Pio, capisce chi è Padre Pio; uno va a un’altra Messa e dice: “Mai più, perché c’è tutto tranne che Gesù, tranne che la Santa Messa, tranne che il Sacrificio di Gesù”. E questo da che cosa dipende? La Messa è sempre quella! Dipende dalla condizione spirituale di chi la celebra. Così come quando uno va in una comunità cristiana a partecipare alla Santa Messa insieme con quella comunità: da come quella comunità partecipa, dal raccoglimento, dal silenzio, dalla devozione e via di seguito, si capisce la condizione spirituale di quella comunità e del sacerdote che l’ha formata. Se in quella chiesa sembra di essere dentro a un sacco di pulci, ecco, diciamo che non c’è molta spiritualità.

È bello anche quello che dice adesso:

Oltre alla preghiera dei salmi e alla lettura biblica, c’è anche il canto comune, che dà voce alla lode, alla gratitudine, alla richiesta della chiesa.

Magari per noi risulta un po’ difficile pensare di cantare insieme, però il Benedictus, il Magnificat, un Inno, un Salmo, perché no?

«Cantate al Signore un canto nuovo»: è l’insistente e continua esortazione del salterio. Ogni mattina è il nuovo canto, che la comunità di persone che vivono insieme intona rivolgendosi a Cristo, al sorgere del sole, il nuovo canto che si leva da tutta la comunità di Dio sulla terra e in cielo, a cui noi siamo chiamati a partecipare. Dio si è preparato per l’eternità un unico, immenso canto di lode, a cui partecipa chiunque si aggiunga alla comunità di Dio. E «l’inneggiare in coro delle stelle del mattino e il plauso di tutti i figli d’Iddio» alla creazione del mondo (Gb 38,7). E il canto di vittoria dei figli d’Israele dopo il passaggio del mar Rosso, il Magnificat di Maria dopo l’annunciazione, il canto di lode di Paolo e Sila nella notte del carcere, il canto dei salvati presso il mare di cristallo, il «canto di Mosè e dell’Agnello» (Ap 15,3), è il canto nuovo della comunità celeste. Al mattino di ogni giorno la comunità in terra intona tutta unita questo canto, e con questo canto chiude ogni sera la giornata. In esso si glorifica il Dio trinitario e la sua opera in cielo è il canto «in parole ineffabili, che non è dato all’uomo poter esprimere» (2 Cor 12,4), è quel «cantico nuovo che nessuno poteva imparare se non i 144.000» (Ap 14,3), per il quale vengono suonate le «cetre di Dio» (Ap 15,2).

Ovviamente, il nostro è un canto diverso dal loro.

Il nostro nuovo cantico è un canto terreno, il canto del pellegrino e del viandante, che ha prestato orecchio alla Parola di Dio e a cui essa illumina il cammino. Il nostro canto terreno è legato alla Parola della rivelazione di Dio in Gesù Cristo. È il semplice canto dei figli di questa terra, che sono chiamati ad essere figli di Dio, non in visione estatica, non nel rapimento, ma nella sobrietà, nella gratitudine e nella meditazione della Parola rivelata di Dio.

Attenti a che cosa dice adesso:

«Cantate e salmeggiate di tutto cuore al Signore» (Ef 5,19). Il canto nuovo nasce nel cuore. Altrimenti non è affatto un canto. È il cuore che canta, perché è ricolmo di Cristo. Perciò il canto nella comunità è un fatto spirituale. Il canto comune presuppone abbandono alla Parola, inserimento nella comunione, molta umiltà e disciplina. Se non è il cuore che interviene nel canto, si ha solo un’orribile confusione di voci umane che celebrano se stesse. 

Mamma mia! Mamma mia! “Un’orribile confusione di voci umane che celebrano se stesse“: la stessa cosa diceva papa Benedetto in relazione alla Messa, quando diceva che la Santa Messa non è la danza attorno al vitello d’oro che siamo noi! Capite? La Santa Messa è tutta dedicata a Dio Padre attraverso Gesù Cristo: uno non può andare alla Santa Messa e udire “un’orribile confusione di voci umane che celebrano se stesse“.

Se il canto non è rivolto al Signore, si canta solo a gloria di se stessi o della musica. In tal modo il nuovo cantico si trasforma in canto agli idoli.

Noi trasformiamo il canto liturgico che facciamo in un canto agli idoli: noi non stiamo cantando a Dio, stiamo cantando a noi stessi! Ecco la danza vuota attorno al vitello d’oro che siamo noi, di cui parlava papa Benedetto! Bellissimo questo brano, ed è verissimo.

Innanzitutto, quando canti, devi preoccuparti che questo canto sgorghi dal cuore, non dalla voglia di protagonismo, perché, se no, non è un canto. Solo il cuore canta! E deve essere un cuore ricolmo di Gesù. Dunque cantare deve essere un atto spirituale. Chi spiritualmente non è in grazia di Dio, per esempio, farebbe bene a non cantare in chiesa! Non è che io canto e poi non vado a fare la comunione eh, no! Ho cantato per chi? Per l’idolo, cioè me stesso, o per Dio?

«Cantate e salmeggiate di tutto cuore al Signore» (Ef 5,19): è Parola di Dio! 

Il canto comune presuppone abbandono alla Parola, inserimento nella comunione, molta umiltà e disciplina”: se io non sono in grazia di Dio, come faccio a inserirmi nella Comunione? Comunione con chi? E poi non è: “Andiamo a fare una bella cantata!”. Non è questo: cantare in chiesa non è fare una bella cantata; non è come essere alla Compagnia del Ricciolo d’Oro che ci troviamo la parco a fare una bella “sviolinata” e “schitarrata” tutti insieme, non è questa cosa! La Compagnia del Ricciolo d’Oro canterà tutti i canti di montagna che vorrà e farà tutti i canti più strani della terra, ma al parco, non in chiesa! Lo scopo di cantare in chiesa non è quello di fare una bella “sgolata”, una bella cantata: no, questo si fa alla sagra della salamella, quella con gli Alpini, con tutto il rispetto per gli Alpini, ma non in chiesa!

Se il canto non è rivolto al Signore, si canta solo a gloria di se stessi o della musica“. A volte mi capitava – adesso per motivi di studio non mi succede – di celebrare la Santa Messa in qualche comunità: c’era veramente da mettersi dei tappi di cera nelle orecchie! Canti inascoltabili: sguaiati, gridati, senza armonia, disordinati. Quando canti non devi gridare! Perché gridi? Siam mica sordi! Veramente una grande confusione. Per non parlare poi delle nostre celebrazioni! 

Se uno dice: “Voglio vedere un po’ di confusione. Quando si vede un po’ di confusione alla Messa?”

Guarda, vai alle Messe delle Prime Comunioni e tu non saprai distinguere se sarai a una Santa Messa o a un mercato o alla Fiera degli Oh Bej! Oh Bej! di Milano dove si deve andare con il satellitare e quell’apparecchio elettronico che si usa per le valanghe quando si va a sciare, così poi i cani ti trovano grazie a quello strumento che fa il segnale: “Pio, pio, pio”. Questo perché, quando tu vai alla Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!, sai che entri, ma devi pregare per uscire. Se poi ci porti un bambino, non lo trovi più! Tutti però sanno che la Fiera degli Oh Bej! Oh Bej! a Milano è così e uno allora dice: “Io non ci vado!”. E fai bene! 

Ma io non posso trovare la Fiera degli Oh Bej! Oh Bej! in chiesa a una Prima Comunione, oppure in chiesa a una Cresima!

Un’ altra cosa che mi colpisce è questa. Ci sono persone che dicono: “Vengo alla tua Cresima o alla tua Prima Comunione di domenica, ma io resto fuori dalla chiesa perché, sai, io sono allergico al fumo delle candele”.

Sapete che c’è questa espressione truce “sono allergico al fumo delle candele”… veramente lasciamo perdere, a me ricorda delle cose terribili! Solo il demonio avrebbe potuto pensare a un’espressione così terribile! Scusate, ma quando penso a questa espressione mi va insieme la testa: l’ho sentita quando ero piccolo e sono rimasto traumatizzato. È un’espressione che mi ha fatto un male che voi non avete idea.

Dunque: “Vengo alla Prima Comunione o alla Cresima, resto fuori, non partecipo e vengo poi dopo al rinfresco” — “Sì, sì va benissimo!”.

Allora si vede un codazzo di persone con la sigaretta in mano (succede anche ai funerali), fuori dalla chiesa tre minuti prima che il sacerdote inizi a celebrare e poi le ritrovi alla fine della celebrazione, sempre fuori, perché non hanno partecipato visto che “non sono credenti”, oppure “sono credenti ma non praticanti (lo sapete, no? Anche il diavolo è credente, ma non praticante: è il patrono dei credenti e non praticanti!)”. Nessun problema: nessuno si permette di dire una parola: è assolutamente accettata questa cosa.

Se però tu dici: “Io vengo alla celebrazione della Cresima o della Comunione, ma non vengo al rinfresco dopo”. Ah, sì? Vendetta eterna: non ti parlerò mai più! Ma scusa un momento: che cos’è più importante? Quindi è più importante che io venga “a magnà e beve” questo è più importante! È più importante “panza mia fatti capanna”, quindi siamo sempre dentro il “mantra della salamella” che ormai è il nostro tutto. Gli israeliti hanno fatto il vitello d’oro, noi dovremmo fare la salamella d’oro, perché c’è tutto lì, tutto si risolve lì, tutto si asciuga lì, tutto si conclude lì!

Poi non capisco una cosa: pesiamo centottanta chili per settanta di altezza e non facciamo altro che parlare di cibo! Scusa un momento: ogni tanto guardarti allo specchio, prendere un centimetro e guardare se stai dentro nel metro che ti gira intorno? Visto che il metro non ti basta più e alla bilancia, appena ti vede, vengono i singulti, non è che magari potresti cominciare a deviare il tuo cervello dalla “panza” a qualcosa che sta un po’ più in su? Non è possibile parlare di cibo alle sette del mattino, alle nove, alle dieci, non è possibile parlare di cibo mentre stai mangiando! Ma questo parla solo di cibo? No, allora parliamo di donne! Ecco, va beh! Oppure di motori, oppure di calcio… per la serie: “Quoziente culturale/intellettivo pari a zero”! 

Parlare di altro? Non so, un argomento a caso… Dio?

Quindi, se io non vengo perché, ad esempio, non voglio mancare contro il Terzo Comandamento, si fa la faida; se io non vengo perché sono credente-non praticante, non ho fede e sto fuori dalla Messa al freddo o al gelo oppure a cinquanta gradi se la cerimonia è d’estate, con in mano la sigaretta, aspettando che tutto finisca per andare insieme a “magnà”, va bene! 

A noi queste cose vanno bene e la cosa triste non è che succedano, ma che noi le accettiamo, le “ingoiamo” come se fossero i confetti della felicità! 

Stiamo attenti perché se il nostro canto non è rivolto al Signore, noi cantiamo solamente la gloria di noi stessi o della musica: ci sono quelli che cantano perché amano la musica, amano cantare, ma non stanno cantando per Dio!

Ricordo che, quando da studente dirigevo il coro dei giovani, dicevo sempre: “Questo momento deve iniziare con la preghiera”. E poi aggiungevo: “Attenti: se non potete venire a ricevere la Comunione, non venite a cantare, state lì seduti. Se non cantate con un cuore libero, andate a confessarvi, prima!”

Perché devo cantare con un canto “sporco”. Allora non canto a Dio! Visto che poi non faccio la Comunione, non canto a Dio. Allora a chi canto? Perché non devo essere in comunione con il Signore? Che cos’è che me lo impedisce?

E poi non si chiacchiera! “Dammi il foglio; passami il foglio; quale canto? Dove siamo?” No No! La Compagnia del Ricciolo d’Oro è più tardi, insieme alla Compagnia della Salamella, si trovano sempre insieme!

Attenti a non trasformare il nuovo cantico in canto agli idoli, che siamo noi!

Domani vedremo il commento a questo versetto:

«Intrattenetevi fra voi con salmi, inni e cantici spirituali» (Ef 5,19).

Vi lascio una domanda a cui Bonhoeffer darà una risposta bellissima:

Perché i cristiani cantano, quando sono insieme?

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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