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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 26

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Giovedì 9 febbraio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mc 7, 24-30)

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.
Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia.
Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Ma lei gli replicò: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli”. Allora le disse: “Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia”.
Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 9 febbraio 2023.

Oggi iniziano i Quindici Giovedì di Santa Rita: chi fosse interessato troverà sicuramente sul sito www.veritatemincaritate.com questa bellissima pratica. Ora non ho tempo di spiegarvela, ma troverete tutte le informazioni perché, ormai, sono anni che la facciamo. Se c’è qualche anima generosa, raccomando di farli per la mia intenzione di Sofonia 3. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo settimo del Vangelo di San Marco, versetti 24-30.

 Se un giorno ne avrò la possibilità, mi piacerebbe scrivere un piccolo librino nel quale raccogliere tutte le descrizioni presenti nel Vangelo delle persone che Gesù libera dal demonio. Vediamo l’effetto, come le ritroviamo: il prima e il dopo. Queste brevi descrizioni fatte nei Vangeli sono molto brevi e molto interessanti. In questo caso la bambina è coricata sul letto — bellissima questa immagine — il demonio se ne va e come troviamo questa bambina? Coricata sul letto. Se andate a vedere nei Vangeli, dopo tutti gli esorcismi di Gesù ci sono sempre le descrizioni di come vengono trovate le persone. Va bene: se sarà lo faremo.

Continuiamo la nostra lettura e la nostra meditazione del libro di Bonhoeffer, Vita Comune.

Due cose vorrei dire:

La prima. Non so se avete notato, ma, grazie a questo libro, senza averlo deciso prima, stiamo facendo un corso sulla preghiera, su che cosa significhi pregare l’Ufficio Divino. Non so se abbiate notato che stiamo facendo un corso sul Salterio: a ottobre abbiamo il corso sul Salterio di Gesù e di Maria, il Rosario, e adesso stiamo facendo un corso sul Salterio dei centocinquanta salmi, la preghiera della Chiesa. Stiamo imparando l’importanza e la bellezza di recitare ogni giorno le Lodi, l’Ora Media, il Vespro, la Compieta, l’Ufficio delle Letture. Stiamo imparando sempre meglio il perché fare questa preghiera: la nostra giornata dovrebbe essere – come dirvi? – racchiusa dalla Santa Messa, che è il primo pilastro della nostra giornata, e i due bellissimi momenti dell’Ufficio Divino (il Salterio), e il Salterio di Gesù e di Maria, (il Santo Rosario). 

Avete presente un giardino intangibile, incorrotto, un giardino vergine, una fonte sigillata? Ecco, la nostra giornata è sigillata così, da queste colonne bellissime.

La seconda cosa che vorrei dirvi. Ricevo non di rado delle email, dei messaggi, delle telefonate di qualcuno che chiede: “Padre, mi può spiegare meglio questa cosa?” Per esempio, per la pratica dei Primi Giovedì, Venerdì e Sabati. Oppure di qualcuno che chiede qualsiasi altra cosa. Bene, dato che potete immaginare che non posso dedicarmi anche questo, a dare tutti i dettagli su come fare e non fare tutte le devozioni importanti che portiamo avanti o su tante altre cose, vi raccomanderei questo: per favore, iscrivetevi al Canale Telegram di “veritatemincaritate”. 

Io non ho un Canale Telegram personale, assolutamente: non c’è “padregiorgiomariafaré”, non c’è! Chi vuole essere in un contatto più “diretto” con me (non come persona, non nella logica “tu e io/io e te”), chi vuole essere in contatto con tutto quello che propongo: le novene, le preghiere, le meditazioni, faccia una cosa semplicissima, si iscriva al Canale Telegram “veritatemincaritate”, attivi le notifiche o, almeno una volta al giorno, vada a guardarlo. 

Ad esempio: io non ho attivato le notifiche per quando uno mi scrive qualche cosa perché, se no, al mio cellulare viene un infarto, ma una o due volte al giorno mi escono tutte le cose che sono state scritte, i vostri commenti e poi, dove posso, quando è possibile, rispondo alle vostre richieste, ai vostri commenti, alle vostre domande o richieste di delucidazioni.

Vi consiglio di iscrivervi a questo Canale perché è molto utile: innanzi tutto vedrete che c’è un grande scambio tra le persone che scrivono i loro commenti oppure, se c’è qualcuno che ha bisogno di un aiuto, qualcuno risponde è molto bello, è un canale molto “familiare”. Aveva ragione una persona, una signora che è qui di Roma, che proprio l’altro giorno mi diceva: “Padre, siamo praticamente diventati una parrocchia “virtuale”: non ci conosciamo, ma ci conosciamo e virtualmente siamo parte di una parrocchia”. È vero: si è formata questa bellissima realtà dove le persone, anche se non si conoscono fisicamente, hanno creato spiritualmente un bel rapporto. Ognuno abita dove abita, ma c’è la possibilità di vedere ogni giorno i commenti che uno scrive, rispondere a qualcuno che ha bisogno di delucidazioni tecniche, (non teologiche: a quelle penso io): “Dove trovo questo?” “Non trovo quell’altro, sapete dove trovarlo?” e qualcuno risponde. Ad esempio, per la Catechesi su Radio Mater è stato così: avete dato un bell’aiuto su dove trovare il canale, dove cliccare.

Se voi vi iscrivete lì e andate a vedere ogni giorno, c’è la possibilità di essere aggiornati quotidianamente, se non istantaneamente, con tutte le informazioni del caso. Così evitate anche di farmi tutte le domande che mi sono già state fatte e sono già state affrontate, dette e ridette su Telegram. È molto fruibile come realtà, molto più di Facebook e molto più di altre; poi, soprattutto, io lì rispondo — non sempre, ma con una certa frequenza — cosa che non faccio su YouTube, su Facebook dove non mi metto a scrivere. 

Dunque vi invito caldamente a iscrivervi così da rimanere aggiornati: se ti disturba il fatto che arrivino messaggi, silenzia le notifiche così sullo schermo non appare l’arrivo del massaggio, il cellulare non ti avvisa con un suono, ma tu sei iscritto. Una volta al giorno apri Telegram dove escono tutti i messaggi che sono stati scritti, tutti gli avvisi che sono stati messi, le pubblicazioni, le omelie, così resti aggiornato. Ecco, ve lo consiglio caldamente!

Dopo tutto questo preambolo lungo ma necessario, proseguiamo con il nostro corso di preghiera, perché questo, ormai, è un corso sulla preghiera.

«Intrattenetevi fra voi con salmi, inni e cantici spirituali» (Ef 5,19). 

È bello questo stile, somiglia a quello che abbiamo noi: sempre un testo di riferimento, una fonte, e da lì il commento. Questo è un procedere teologico rigoroso: fonte-commento, se no sono chiacchiere!

«Intrattenetevi fra voi con salmi, inni e cantici spirituali» (Ef 5,19).

Il nostro canto terreno è un colloquio. è parola cantata. Perché i cristiani cantano, quando sono insieme? 

Ve lo siete mai chiesto?

In primo luogo, ed è la cosa più ovvia, perché nel canto comune è possibile dire la stessa parola e pronunciare la stessa preghiera tutti ad un tempo, quindi per amore dell’unità nella parola. La meditazione e il raccoglimento si concentrano tutte sulle parole del canto. Il fatto di non limitarci a pronunciarla tutti insieme, ma di cantarla, esprime solo il fatto che le nostre parole pronunciate non sono sufficienti ad esprimere ciò che vogliamo dire, e l’oggetto del nostro canto supera di molto qualsiasi parola umana. Pur tuttavia non balbettiamo, ma cantiamo articolando le parole per glorificare Dio, per ringraziarlo, per confessare la fede, per pregare. L’elemento musicale in tal modo è interamente al servizio della Parola. Ne chiarisce la portata inafferrabile.

Per il fatto di essere del tutto legato alla Parola, il canto liturgico della comunità è sostanzialmente monodico, e lo è in particolare nel culto di una comunità di persone che vivono insieme. Nel canto monodico c’è un modo specifico in cui la parola e la musica sono collegate tra loro. La parola cantata è l’unico ed essenziale punto fisso all’interno della libera modulazione del canto monodico, che perciò non ha bisogno di essere sostenuto musicalmente da altre voci. 

Interessante anche questa cosa sul canto monodico che, probabilmente, non abbiamo mai neanche sentito. 

 «Affinché unanimi e con una sola bocca glorifichiate il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 15,6). La purezza del canto monodico, non alterata da motivi estranei di puro godimento musicale, la chiarezza non turbata da una confusa aspirazione ad attribuire una ragion d’essere propria all’elemento musicale accanto alla parola, la semplicità e sobrietà, l’umanità e il calore di questo canto, ne fanno la forma più adatta all’espressione musicale della comunità terrena. Certamente è necessario molto tempo e un esercizio molto paziente perché il nostro orecchio, viziato dall’abitudine a forme più complesse, cominci ad apprezzarlo. Dipenderà dalla sua capacità di discernimento spirituale se una comunità si esprima in modo corretto nel canto monodico. In tal caso il canto nasce dal cuore, ci si rivolge al Signore, si canta in funzione della Parola, si canta concordemente. 

Mi fermo un attimo perché tutto questo è molto importante. 

Innanzitutto una cosa che dobbiamo dire subito è questa: quando noi cantiamo in chiesa, non dobbiamo assolutamente mai dimenticare che stiamo cantando a Dio, per Dio e con Dio, questo è fondamentale, quindi non si urla. E il canto in chiesa non è un canto soggettivistico per cui deve emergere la mia voce e quanto io sono bravo, questo sia chiaro! 

Che cosa è il canto monodico? Monodia indica, in senso proprio, il procedimento musicale che consiste nel dispiegarsi di una sola linea melodica che viene di fatto intonata da una sola voce o suonata da un solo strumento. La monodìa è l’opposto della polifonia che conosciamo di più e che ha più suoni, più linee melodiche che risuonano insieme, che sono eseguite da voci e strumenti diversi, come accade all’interno di un coro o in un orchestra. Noi siamo più abituati alla polifonia che alla monodia. 

Diciamo anche questo: tra i religiosi, quando si canta, c’è il modo di cantare che è detto “recto tono“, tutto con lo stesso tono: sembra di sentire una persona sola, sembra che ci sia una persona sola e viene tolta ogni espressione, diciamo così, sentimentale. C’è sempre lo stesso tono sia che tu stia cantando un salmo di disperazione, sia che tu stia cantando un salmo di ringraziamento. Che cos’è che sta a cuore? Qual è la logica che sta sotto? Una sola voce o un solo strumento: uno solo. Questo per sottolineare quello che Bonhoeffer ha appena detto: diciamo la stessa parola, pronunciamo la stessa preghiera, tutti ad uno stesso tempo, quindi per amore dell’unità. Vedete? Questo è il senso del canto monodico. 

E il canto supera qualsiasi parola umana. Non dimentichiamo mai che l’elemento musicale, come dice Bonhoeffer, è al servizio della parola, chiarisce la portata ineffabile della parola, della Parola di Dio, non il contrario. 

Ecco perché Bonhoeffer dice che “il canto liturgico della comunità è sostanzialmente monodico“. Si deve sentire una cosa sola, come se sentissimo una voce sola. Non è che la polifonia sia sbagliata, ma questo discorso sul canto monodico vuole sottolineare l’importanza dell’unità, dell’essere uno: stiamo pregando la stessa preghiera di tutta la Chiesa che è l’Ufficio Divino.

Quindi Bonhoeffer dice che la purezza di questo canto, non è alterata da motivi estranei di puro godimento musicale: se io ascolto un bel canto polifonico e magari c’è anche l’orchestra, beh, insomma, questo è un godimento musicale.

C’è sobrietà, c’è semplicità e, certo, ci vuole tempo per apprezzarlo: dipenderà dalla capacità di discernimento spirituale, come sempre. Bonhoeffer ce lo ripete sempre: alla base sta la nostra dimensione spirituale, ecco perché, dicevamo nei giorni scorsi, tanto più sei spirituale, tanto meglio canterai.

Il canto nasce dal cuore (lo abbiamo già visto); ci si rivolge al Signore; si canta in funzione della Parola di Dio e si canta concordemente. Chi ha questo impegno liturgico dovrebbe sempre dirsi questa cosa: “Devo cantare con il cuore; devo rivolgermi al Signore; canto in funzione della Parola del Signore e devo cantare concordemente”. Importantissimo! Stiamo proprio facendo un corso sulla preghiera!

Ci sono dei nemici del canto monodico (purtroppo, diciamo anche noi) , e questi, nella comunità, devono essere estirpati con il massimo rigore. Proprio nel canto, più che in qualsiasi altro momento del culto, può prevalere la vanità e il cattivo gusto. 

Adesso vorrei sapere chi ha il coraggio di dire che Bonhoeffer ha torto o che sta dicendo sciocchezze: “può prevalere la vanità e il cattivo gusto“, cioè canto per fare il pavone e guai a chi tocca la mia parte! Qui siamo completamente fuori strada! 

Ricordo quando non ero ancora sacerdote e avevo il compito di dirigere il coro dei giovani: l’avevo proprio impostato nella maniera che ora stiamo vedendo con Bonhoeffer. Eravamo partiti con quattro giovani… che strazio! Ma ha ragione quando dice che tutto parte dalla dimensione spirituale! Quattro giovani che erano tre ragazze e un ragazzo. Io arrivavo dal [volontariato in] carcere, da sei anni “di galera” e mi era stato affidato il gruppo dei giovani. Chi me lo aveva “passato” venne in camera mia dicendo: “Quel tipo è terribile; quell’altro è terribile; un gruppo che è un disastro, va malissimo, non ci puoi fare niente: nella catechesi non puoi parlare che ti vengono addosso; sono polemici, critici, viziati ”. E io gli ho chiesto: “Sarà mica peggio che con i carcerati?”. A parte che i carcerati erano bravissimi, ma, sapete, certi luoghi comuni ogni tanto vanno cavalcati. 

Sono sceso e ho chiesto loro (ho ancora i foglietti di quei miei primi appunti ): “Chi è per voi Gesù? Che cosa vi aspettate dal catechismo? Che cosa vi aspettate da questa catechesi del gruppo giovani che faremo il venerdì sera?”. Poi mi ero scritto tutte le loro osservazioni. 

Beh, per farla breve, all’inizio erano dodici nel gruppo, di cui quattro nel coro. Entro la fine dell’anno siamo arrivati a una quarantina di persone e tutti quelli che venivano alla catechesi venivano anche a cantare. Non vi dico che Messe bellissime abbiamo servito con il canto! Vi posso dire queste cose con tanta libertà e serenità d’animo nel senso di essere lontano da ogni vanità e da ogni superbia perché a me è molto chiaro ciò che ha generato questo cambio di numero e questo impegno bellissimo di questi ragazzi. Che cosa è stato? Io con la mia bravura, con la mia non so cosa? No! È stato Gesù: io ho impostato la catechesi come in carcere. Ho sempre fatto così: a partire dal Vangelo! Ho preso il Vangelo e ho detto: “Cari ragazzi, cominciamo a leggere il Vangelo insieme.” E da lì è nato l’amore. Piano piano Gesù, che è un rubacuori, ha rubato i loro cuori e poi l’amico ha invitato l’amico, che ha invitato l’amico… insomma non vi dico: delle esperienze bellissime. Poi abbiamo fatto delle uscite stupende, poi venivano alla Messa, facevamo la preghiera di preparazione , poi la preghiera di ringraziamento, poi le confessioni. Sapete, no? A Gesù date un dito, poi vi prende il braccio, poi vi prende tutto! 

Un giorno, li ho “sciolti”. Ho detto: “Oggi non canta nessuno!” Immaginate tutta la gente che veniva alla Messa, i genitori che venivano per vederli, per sentirli, la gente che aveva visto tutto quel cambiamento incredibile perché inizialmente erano in quattro gnè, gnè, gnè (tipo “Sister Act” prima versione, prima che arrivi lei) voci da galline strozzate e dopo un cambio incredibile!

Bene, quel giorno ho detto: “Oggi non canta nessuno!”. Messa piatta: a cantare non c’era nessuno! Tutta la gente sconvolta e i giovani erano dispersi in mezzo all’assemblea a far penitenza perché io avevo notato che avevano perso il fine – la gloria di Dio – ed era entrata la vanità. Ho detto: “Ah! Voi non venite più a cantare per Gesù; adesso venite a cantare per la gente, per vostri genitori, per i vostri amici che vi vengono a sentire; perché è bello far parte di un gruppo di quaranta giovani che cantano!” — Avevano anche messo gli strumenti musicali: ognuno suonava il suo, bellissimo! — “Adesso ho capito: voi un po’ gareggiate per l’ugola d’oro, per il premio dell’ugola d’oro… Ah sì? Molto bene: tutti a casa, arrivederci!” 

“No, no, dai!” 

“No, no, no assolutamente: questo canto non serve, a me non interessa il premio ugola d’oro! Ognuno vada al suo banco a cantare nell’assemblea!”

Ha funzionato: si sono subito “registrati”, hanno capito che “non c’era trippa per gatti” e dalla volta seguente siamo tornati a essere una voce sola, senza ugole d’oro, né virtuali, né potenziali.

Il cattivo gusto… per quanto possibile io ho sempre combattuto il cattivo gusto perché è proprio cattivo. Cantare male, cantare sguaiati è orrendo! Infatti ai giovani io ho fatto amare, apprezzare tanto il canto gregoriano che è una scuola di vita. Bellissimo. Quindi cantavano il gregoriano che era bellissimo, veramente bello, poi, sentirlo cantare dai ragazzi…

Quindi stiamo attenti a queste cose: ai canti sguaiati, buttati lì in qualche maniera, che vogliono dire niente!

Non abbiatene a male, ma io vorrei tanto… c’è un canto che… non so, che senso ha? 

“Io lo so, Signore, che vengo da lontano prima nel pensiero e poi nella tua mano” ma che cosa vuol dire? Sì, è bello, è un bel canto, ma che cosa vuol dire? “Io lo so, Signore, che vengo da lontano prima nel pensiero e poi nella tua mano”, che cosa vuol dire? 

Va beh oppure quell’altro: “Tra le mani non ho niente”… e allora stai a casa tua! “Tra le mani non ho niente”… e allora che cosa vieni qui a fare? Quando, celebrando la Messa, sentivo questi canti, mi venivano queste reazioni! Allora stai a casa tua, che cosa vieni qui a fare? 

Poi ce ne sono altri: “Una notte di sudore”… ma davanti al Signore devo andare a cantare “Una notte di sudore”? Quando sentivo quel canto, a me veniva in mente il deodorante Infasil. Se si canta “Jesu dulcis memoria” non viene in mente “Infasil” o la saponetta! Forse io avrò una fantasia abbastanza attiva e, sapete, io sono un po’ così… per cui mi giravano nella testa queste cose e mi dicevo: “Mah!”.

Poi ce ne sono altri che, a sentirli, uno dice: “Boh?”.

Oggi siamo andati un po’ oltre; domani vedremo il commento che Bonhoeffer fa sulla vanità e sul cattivo gusto molto, molto importante. Soprattutto per chi ama cantare queste indicazioni sono molto importanti: vedrete come scende nel dettaglio.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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