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Relicto Eo – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.32

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Relicto Eo – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.32
Domenica 21 aprile 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 10, 11-18)

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 21 aprile 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal decimo capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 11-18.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di san Manuel González. Siamo arrivati a pagina 59.

Questo abbandono del suo fianco da parte di coloro che avrebbero dovuto essere sempre con Lui, questo non assisterlo con la loro presenza e la loro adesione incondizionata quando ne aveva più bisogno, è chiamato dagli Evangelisti abbandono e fuga… Relicto Eo, relinquentes Eum, fugerunt… Pertanto, perché ogni volta che si torna ad osservare o a sentire che Gesù, nella sua vita di Tabernacolo, passa per la medesima situazione, non si può dire con giustizia e senza esagerazione o scandalo che è abbandonato o che patisce abbandono?

Quindi san Manuel ci ricorda, ci richiama ancora, questo tema dell’abbandono da parte di coloro che avrebbero dovuto essere sempre con Gesù. Del resto, Gesù sceglie i dodici perché stessero sempre con lui; li sceglie perché stessero con lui e per mandarli a predicare; questa è la ragione, dice il Vangelo. Ma, del resto, se si ama una persona, si ha il desiderio di stare sempre con quella persona. E, quindi «non assisterlo» in che modo? Con l’assenza; non assisterlo con un’adesione che non sia incondizionata, soprattutto quando ne ha più bisogno. E quando ne ha più bisogno? Quando è più solo, quando patisce maggiore solitudine; in questo caso la solitudine è grande. Un’adesione che deve essere incondizionata, un’adesione totale, altrimenti si configura il caso dell’abbandono e della fuga, del lasciarlo solo; quindi, il non essere con lui sempre (e quindi il non assisterlo con la presenza, con questa adesione incondizionata) comporta l’abbandono e la fuga.

Di questo tema io ho parlato nell’omelia che ho tenuto nella Santa Messa al santuario di Maria Rosa Mistica il 7 di aprile, che potete trovare pubblicata su Telegram, e credo che sia stata pubblicata anche su YouTube; forse si sente un po’ male per il rimbombo, però è l’omelia in cui ho parlato dei Tabernacoli viventi, tema sul quale poi ritornerò. È un tema che affronteremo quando faremo il ritiro spirituale di luglio, io tratterò proprio questo tema in riferimento alla Vergine Maria, ma ne riparleremo a quel tempo. Ed è fondamentale portare avanti l’idea dei Tabernacoli viventi, e quindi della permanenza eucaristica (perché permanenza eucaristica e Tabernacoli viventi sono praticamente la stessa cosa). Ecco, quindi, in questo ritiro, noi vedremo proprio questo tema del Tabernacolo vivente, della presenza e della permanenza eucaristica – anche perché sapete, può succedere nella vita che non si può ricevere Gesù sacramentalmente ogni giorno, è già successo qualche anno fa, questa grande impossibilità e fatica – quindi sarà una questione nuova che tratteremo, che io ho accennato in questa omelia e che riprenderemo poi.

E san Manuel scrive: «Pertanto … ogni volta che si torna ad osservare o a sentire che Gesù, nella sua vita di Tabernacolo, passa per la medesima situazione», si parla di abbandono. E non è uno scandalo, nel senso che non è che uno deve sentirsi scandalizzato, offeso, o che questa sia un’esagerazione, è la realtà: questa è la realtà. 

Causa dell’orrore di questo nome.

Credo che nessuno di coloro che tanto sono inorriditi dalla parola abbandono, applicata al loro Tabernacolo, rifiuterebbe queste ragioni; succede che, per non so quale confusione di termini abilmente sfruttata dal demonio, si è fatto temere o sospettare che la nota dell’abbandono sopra un Tabernacolo includa quella di incuria, tiepidezza o fiacchezza di zelo dei Sacerdoti che lo custodiscono e delle anime buone che lo accompagnano o, più esplicitamente, che chiamare un Tabernacolo abbandonato significhi accusare tutti i suoi prossimi di aver causato questo abbandono e il Parroco o il Sacerdote che ne è responsabile di esserne complice o colpevole. Poveri Parroci e povere anime fedeli! Come vi mostrerei la mia ammirazione e la mia compassione nel vedervi lavorare in questi campi, che non mancano di semine costanti ma di raccolti nulli, tardivi o scarsi! Per distruggere questa confusione, e se solo fosse per sempre!, userò lo stesso esempio del Vangelo che ho appena citato. Si può affermare con ogni rigore di verità che Gesù fu abbandonato dai suoi durante la sua Passione e morte. E consta, tuttavia, che né la sua Madre Immacolata, né le sue fedeli Marie, né San Giovanni, mancarono di starGli vicino quanto più possibile. Così, perché non dovrebbe essere possibile affermare che Gesù è oggi abbandonato nel suo Tabernacolo da migliaia di suoi prossimi, battezzati e indottrinati, pur restando che Egli ha al suo fianco un Sacerdote fedele come San Giovanni, e un gruppo di anime costanti e compassionevoli quanto lo furono le prime Marie? Certo, se quel sacerdote manca o se anche quelle anime fedeli se ne vanno, l’abbandono sarebbe assoluto e totale e maggiore di quello del Calvario, ma questo non è il caso ordinario, grazie a Dio. Proprio una delle pene che più acerbamente lacererebbero quei cuori fedeli sarebbe quella di vedere e sentire tanto abbandonata nel suo Sacrificio la Vittima augusta del loro amore.

Ecco, quindi, è vero che ci sono situazioni di grande abbandono, è vero che ci sono situazioni dove i Tabernacoli sono lasciati da soli, però è anche vero che, in tantissime occasioni, ci sono persone, ci sono sacerdoti, che prendono in carico questo abbandono e vanno a fare compagnia a Gesù, e questo veramente vale più di tutto, vale più di tutti gli abbandoni. Quindi, chiunque tu sia che ascolti questa meditazione — sacerdote, religiosa, religioso, giovane, anziano, adulto, bambino — prendi proprio come compito, come incarico tuo personale, quello di andare a fare compagnia a Gesù nel Tabernacolo. Guardate, basta anche scegliere un’ora al giorno, stare un’ora con Gesù. Non posso stare un’ora? Fanne mezz’ora. Non puoi fare mezz’ora? Fai un quarto d’ora. Non puoi fare un quarto d’ora? Fai un minuto; un minuto lo possiamo fare tutti. Guardate, quelli sono i minuti più belli che ci possano essere nella vita.

Consentitemi una piccola nota personale, qui faccio un inciso nell’inciso. Quando un sacerdote, mentre predica, fa una nota personale, cioè, racconta qualcosa della sua vita, qualcuno dice: “Ecco è un narcisista, perché parla di sé, e non dovrebbe parlare di sé, dovrebbe essere umile e dimenticarsi di sé, parlare solo di Gesù, parlare dei santi, parlare degli altri, ma mai parlare di sé, perché sennò, come ho detto, è un narcisista, o è una persona che vuole sfoggiare sé stesso”. Io ho imparato questo, proprio nei miei studi: mi ricordo molto bene, quando ero in prima teologia – quindi stiamo parlando dell’anno 1996 mi sembra – ebbi un professore di Sacra Scrittura (ne ebbi tanti di docenti di Sacra Scrittura, ne ho avuti veramente tanti, lui insegnava Teologia biblica e insegnava Esegesi) che, ogni tanto, citava dei fatti personali, degli accadimenti suoi personali.

A distanza di trent’anni, io alcune sue lezioni le ricordo ancora, in particolar modo ricordo quelle durate le quali ha citato dei suoi fatti personali. Io non ho mai pensato che fosse un narcisista, mai, anzi, a me piaceva tantissimo, e mi ricordo che, quando lo ascoltavo, dicevo: “Se un giorno diventerò sacerdote, anch’io farò così: quando predicherò Gesù, quando predicherò il Vangelo, devo sempre mettere dentro qualcosa di personale; perché rimane impresso, perché è la condivisione di una vita ordinaria, perché rende pratico ciò che è teorico, perché ti fa dire: ah, ecco, vedi, questa cosa si può realizzare in questo modo”; e a me ha fatto tanto bene, veramente tanto bene. Quindi, poi, io l’ho fatto tante volte, nelle mie meditazioni e, a un certo punto, ho un po’ smesso perché, appunto, qualcuno ha cominciato a dire che sono narcisista, che voglio mettermi in mostra, che voglio apparire per quello che non sono; e quindi ho smesso, perché non voglio che queste meditazioni diventino occasione di fastidio per chi ascolta e magari si preferisce di più una predicazione senza il coinvolgimento personale, più distaccata, diciamo così.

E allora, questa citazione personale, la metto adesso, in fondo, così chi non è interessato può spegnere; è finita la spiegazione del testo di san Manuel; quindi può spegnere, non è costretto ad ascoltarla. Però questa cosa personale ve la voglio dire, e poi, se mi giudicheranno un narcisista e vanitoso e non so che cosa, non ha importanza, perché quello che conta è il giudizio di Dio e io so che non lo sto facendo per queste ragioni, ma lo faccio proprio perché voglio farvi innamorare ancora di più del Signore.

È questa la confidenza personale: quando io studiavo alle superiori, ho avuto la grazia immensa – senza che lo sapessi quando mi sono iscritto – di avere una chiesa (io so che c’è una compagna di classe delle superiori che ascolta queste meditazioni, quindi può confermare) proprio a circa cento metri dalla scuola, e poi avevamo un istituto religioso, di sacerdoti e religiosi, proprio attaccato all’istituto nostro scolastico. Non era un istituto privato, era pubblico, però la loro casa, il loro convento, era proprio appiccicato, tanto che, come vi ho detto più di una volta, io dal bagno dei maschi del piano della mia classe, dalla finestra (mi sembra ancora di vederlo adesso), vedevo la loro cappella e vedevo la lucina rossa del Tabernacolo. Quella lucina rossa mi ha tenuto compagnia per cinque anni e, nei momenti più difficili di un’adolescente, di un preadolescente, che ha tutti i suoi problemi, le sue fatiche, le sue crisi, i suoi dubbi, le sue lotte, ecco che andavo in bagno e contemplavo; il Tabernacolo non riuscivo a vederlo, perché era buio, però vedevo la lucina, e sapevo che lì c’era Gesù, e questo mi dava un conforto enorme. E al mattino, prima di iniziare la lezione, come già vi ho detto, con alcuni andavamo in bagno dei maschi – c’era anche qualche ragazza che veniva – ci stringevamo tutti alla finestra, sotto c’era un calorifero, aprivamo la finestra, anche se faceva freddo, e recitavamo una preghiera alla Vergine Maria – che non ho più trovato, non so più dove l’ho messa, questa preghiera bellissima – guardando la lucina rossa del Tabernacolo, e poi andavamo.

Ebbene io mi ricordo che non sempre – perché non era sempre possibile, a motivo dei mezzi che non facevano sempre puntualità nell’arrivo — ma alle volte riuscivo ad andare in chiesa un minuto, in quella chiesa che stava un po’ lontana; bellissimo! Bastava quel minuto per salutare Gesù; il tragitto lo facevo un po’ pregando il Rosario e poi arrivavo lì, da Gesù; mi sembrava di essere arrivato al monte Tabor. Anche perché avevo davanti cinque anni di studi, e a me sembravano un’eternità. E poi finalmente un giorno – ecco, questa è la confidenza nella confidenza – ho preso il coraggio a quattro mani (noi tre volte alla settimana facevamo anche i pomeriggi, avevamo una pausa dalle tredici alle tredici e trenta dove dovevamo mangiare in mensa) ho mangiato velocemente, sono uscito, ho fatto proprio venti passi, sono arrivato al convento di questi padri, ho suonato — mi ricordo che andava la televisione col telegiornale – mi hanno aperto e mi han detto: “Dimmi, cosa vuoi?” e io gli ho detto: “Io ho ancora dieci minuti di tempo, un quarto d’ora, volevo chiedervi se posso stare qui, nella vostra cappella, a pregare”. Perché non l’avevo mai vista! Io non ero mai entrato, l’avevo sempre vista da lontano, avevo sempre visto questo lucignolo rosso. Mi han detto: “Vieni, sì, certo. Ma vuoi mangiare?” — “No, no, ho già mangiato”. E quindi mi hanno aperto, io sono entrato e, per la prima volta, ho visto questa cappella.

Guardate, mi scoppiava il cuore dal petto, perché era la prima volta che entravo e la prima volta che la vedevo. Ecco, da lì sono tornato tante volte, di nascosto dai miei compagni; forse neanche la mia compagna che adesso ascolta queste omelie, queste meditazioni, lo sa – forse è la prima volta che lo viene a sapere anche lei, non mi ricordo se l’avevo detto, se si erano accorti – e da lì ho cominciato ad andare con frequenza. Erano i dieci minuti più belli della mia vita, io li ricordo ancora adesso, dopo trenta e rotti anni che sono passati, veramente i più belli; brevi, ma di un’intensità incredibile: c’era lì Gesù da solo.

Allora, da lì al mattino dopo, quando tornavo a scuola – guardate mi viene ancora la pelle d’oca adesso a raccontarvelo – andavo su in bagno, subito (padre Giorgio era sempre in bagno… vabbè, comunque), e allora, a quel punto vedevo il lumino, ma sapevo cosa c’era attorno, perché avevo fotografato con la mia testa tutta quella cappella (non c’erano i cellulari, a quei tempi). Quindi ero lì, guardavo lì, ma avevo in testa perfettamente dove io mi sedevo. Che poi, appena entrato in convento, la cappella era subito sulla destra, per cui un passo ed ero in cappella.

E guardate, io credo che queste cose veramente stringano un rapporto con Gesù bellissimo, bellissimo! Non vi racconto queste cose per dirvi quanto sono stato bravo nel fare questo, ma per dirvi quanto è stato seducente Gesù, quanto Gesù ha saputo cogliere il fiore del mio cuore con una delicatezza incredibile, proprio mi ha colto senza che neanche me ne accorgessi. E sono stati veramente anni stupendi, che ancora adesso ricordo con una gratitudine incredibile, incredibile… Quelli son stati i minuti più belli spesi nella mia vita, e sono certo che saranno il mio grande conforto, il mio grande ricordo di conforto, negli ultimi istanti della mia vita, quando il Signore mi chiamerà. Proprio li rivivrò con la mia memoria e con il mio senso grande di gratitudine. Quindi fatelo anche voi; voi fatelo ancora più di me, e vedrete che gioia porterete nel cuore da lì in avanti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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