Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 17 maggio 2021
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
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MARIA ALLA SCUOLA DI GESÙ – DON CLEMENTE BARBIERI
Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.
Eccoci giunti a lunedì 17 maggio 2021, abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal cap. XVI, vv. 29-33 di San Giovanni. Noi non vogliamo lasciare solo Gesù, forse nella nostra vita lo abbiamo lasciato già fin troppo da solo e forse, nonostante tutti i doni ricevuti fino ad oggi, nelle nostre giornate troppo spesso scegliamo altro e altri rispetto a Gesù. Lui è silenzioso, è delicato, non fa forza, non preme, attende, spera, arde dal desiderio, ed essendo così delicato, per noi che siamo così frastornati, come vedremo nella meditazione di oggi, risulta molto facile lasciarlo solo.
Quest’oggi vediamo il nostro testo “Maggio Eucaristico” di don Barbieri:
XVII GIORNO -Maria alla scuola di Gesù
“Il sacerdote non riuscirà mai a corrispondere all’altezza della sua dignità e della sua autorità se non attingendo in sommo grado da Dio, che è santo per eccellenza e sapienza eterna, la santità e la sapienza, che rendendolo sempre più degno della sublimissima missione a lui commessa, ne avvalora l’apostolato e lo rende fecondo di bene.”
O partiamo da Dio, o siamo carboni spenti che non sanno scaldare niente e nessuno, ma sanno solamente sporcare tutti coloro che li toccano, o che noi tocchiamo; e non si tocca solamente con le mani, ma anche con le parole. Il nostro apostolato, la nostra missione deve partire da Dio.
“E’ quindi mestieri che egli si ponga alla scuola di Gesù…”
Noi ci sentiamo ancora degli alunni che vanno a scuola, o siamo tutti dei professori? Tutti che insegnano, tutti che sanno con la propria testa cosa è bene e cosa è male e non hanno bisogno di Dio, non hanno bisogno dei Santi, della Chiesa, sanno loro. Anzi, oggi va tanto di moda la ribellione. La Chiesa, per esempio, dà un’indicazione autorevole, importante, e noi (super teologi) ci mettiamo insieme per scrivere un documento di ribellione. “Perché la teologia deve saper dire una parola propria”, “la teologia non è un commentario del Magistero”, “la teologia vive di vita autonoma, deve essere libera di dire il suo dissenso”. Quante stupidaggini!
Se autonomia vuol dire ribellione, se vuol dire diffondere e difendere l’errore, se vuol dire superbia, orgoglio, questa non è autonomia, ma assoluta dipendenza e assoluta schiavitù da sé stessi, dai propri gusti e dai peccati. L’autonomia più grande si manifesta nella radicale e totale obbedienza.
“La teologia come commentario del Magistero” è così brutta questa cosa? È così brutto pensare ad un teologo che commenta per i propri fratelli ciò che la Chiesa indica? A parer mio è una bella cosa. Non sarò un teologo importante, ma mi sembra bello che un teologo possa spiegare, possa far vedere la bontà, la bellezza che sta all’interno del Magistero della Chiesa. Quando qualcuno la fa per me, io la trovo una cosa molto utile, perché mi aiuta a conoscere meglio la mia fede e mi aiuta a capire come viverla bene oggi.
Non c’è nessuna autonomia, indipendenza, libertà fuori dalla coscienza di sapere che la Chiesa ci è Madre e non Matrigna, non c’è bisogno di attaccarla, di criticarla.
Già ve lo raccontai un’altra volta, ma desidero citarlo ancora: quando ero ragazzo, un giorno, venendo a casa, andai da mia mamma, pensando di fare la cosa più intelligente del mondo e mi misi a criticare la mamma di un mio compagno, perché a mio giudizio non era una brava persona. Mia mamma mi ascoltò e poi mi disse: “Ricordati, se anche tua mamma diventasse una prostituta, sarà sempre tua madre”. Non ho mai più dimenticato questa frase.
La Chiesa ci è Madre. Anche qualora vivesse il momento più buio possibile, sarà sempre la nostra Madre. Quelli che di solito si ribellano, che fanno i proclami, le lettere firmate di ribellione, in realtà, se andate a leggere i testi, gli atti di ribellione, vedrete che non hanno capito nulla di quello che è stato detto, combattono qualcosa che non è stato scritto, mettono in bocca e nella penna di chi ha scritto parole e intenzioni che non c’erano. È il gusto dell’andare contro, di voler affermare in modo polemico certe cose per sembrare più intelligenti.
“…Alla scuola di Gesù a studiarne con umiltà gli esempi e ad apprenderne le lezioni, facendo di essi il suo pascolo e la quotidiana pratica di sua vita; per modo che vivificando il suo spirito ed illuminandolo di verità, lo abbiano a rendere santo ed atto a diffondere santità.”
Andiamo alla scuola di Gesù, impariamo da Gesù che non ha mai vissuto un atto di ribellione, impariamo da Gesù le lezioni di umiltà.
“Anche in questo, che è, si può ben dire, un ministero nel ministero sacerdotale, l’esempio della Vergine madre soccorre ed incita. Come seppe ella farsi discepola alla scuola di Gesù!”
Se stiamo alla scuola di Maria, Lei ci insegna a stare alla scuola di Gesù.
“Accostiamoci al tabernacolo dove egli dimora; avviciniamo ad esso il nostro cuore; stiamovi in ascolto col nostro orecchio acuito dal desiderio, e ascoltiamo.”
Basta parlare. Stiamo in ascolto di Gesù presso il suo Tabernacolo. Come si fa a stare in ascolto?
“Ma taccia intorno a noi il fragore del mondo; ma sia sedata in noi la tempesta dei sensi; ma sia attutito fuori e dentro di noi ogni orgoglio!”
Altrimenti non posso ascoltarlo. Se io entro in Chiesa e vado al Tabernacolo e ho nella testa la musica, il film, le notizie del telegiornale, come faccio ad ascoltare il Signore? Il fragore del mondo deve placarsi, devo prendere una distanza, altrimenti non riusciamo. Se sono schiavo dei miei sensi, del guardare tutto quello che voglio, dell’ascoltare tutto quello che voglio, del toccare tutto quello che voglio, come faccio ad ascoltare Dio? E poi l’orgoglio… Gesù non parlerà mai ad un cuore orgoglioso. Se c’è l’orgoglio non c’è Gesù.
“E se la indifferenza ha congelato in noi ogni ardore di bene, invochiamo che la sua parola la disciolga; …”
Essere indifferenti verso Gesù, non provare niente, che triste cosa…
“…potremo udirne il sussurro, come di acque limpidissime, scorrenti a noi dal suo sacratissimo Cuore, che ci daranno la freschezza che avviva e che eleva alla vita eterna. E così, insieme alla madre sua benedetta e al pari di lei ascoltando, udiremo quelle parole di vita che ci daranno la vita, nella felicità che potremo godere di conversare con Dio in su la terra, come un giorno Maria Maddalena gittata a’ suoi piedi”
Consiglio a tutti, in particolare modo ai Sacerdoti, un bellissimo libro, veramente bellissimo, un libro che può cambiare la vita di un Sacerdote e può cambiare la vita di un uomo: “In sinu Jesu. Quando il cuore parla al cuore. Diario di un Sacerdote in preghiera” dell’Editrice Ancilla. “Nel seno”, “nel e sul” petto di Gesù. È l’atteggiamento di San Giovanni apostolo nell’Ultima Cena. Noi dovremmo metterla dentro al petto, la testa, non basta metterla sopra! È il diario di un monaco benedettino americano che ha messo per iscritto i suoi incontri, i suoi dialoghi con Gesù e con Maria. Vi leggerò qualcosa ma è veramente bellissimo, ve lo consiglio caldamente. È tutto un testo sullo stare presso il Tabernacolo, presso Gesù.
“Se Gesù proclama beati coloro che ascoltano la sua divina parola, per questo appunto dice che lo sono, perché di essa sanno fare tesoro. E in questa sua proclamazione di beatitudine giunge perfino a dichiarare che egli considera come propria madre e propri fratelli quegli stessi, che la sua parola ascoltano e sanno praticare; perché appunto, come ben commenta un dotto esegeta, l’udir la Parola è quasi concepir Gesù Cristo, l’osservarla è come partorirlo, e la gloria della Vergine fatta madre della Parola increata non sarebbe stata piena e perfetta se ambedue queste beatitudini non avesse in sé riunite.”
Dobbiamo udire la Parola di Gesù, che è concepire Gesù, e nel momento in cui lo osservo, lo partorisco. La Vergine Maria ha vissuto questi due momenti in modo perfetto in sé, perché Lei osservava, ascoltava e meditava.
“Oh la felice scuola che è questa, dove Gesù si mostra e figlio e maestro di Maria, e dove Maria è nel contempo madre e discepola diligentissima di Gesù! Oh sì che ella nel trasporto della sua materna commozione profonda, nella sua estasi di discepola amorosa, non poteva non ripetere trepidando di gaudio: “Oh buon Gesù, pensare di te mi riesce dolcissimo, meditare di te è per l’anima mia il pascolo più soave, parlare di te è la mia soddisfazione più viva, conoscere te è la gioia più santa, seguire te è possedere la vita eterna, separarmi da te è precipitare in perpetua morte! [..]”
Bellissime queste preghiere. Le potremmo segnare e far un po’ nostre, recitarle, dirle a Gesù.
“Se la voce di Dio è sempre solenne e terribile, e ci conturba nel pensiero della maestà che ci parla; e ci atterrisce con lo sfolgorare le anime nostre e giudicarle; quando ci giunge dal tabernacolo dove Dio sta con noi per nostro amore, è voce che ha le più soavi flessioni di tenerezza. Però se noi impariamo ad ascoltarla e a meditarla degnamente, anche degnamente la sentiremo penetrare e rifluire in noi in vigoria di vita, perché essa, che è vita, rafforza, essa discioglie ogni gelo dalle anime nostre e le riscalda di santo ardore; essa illumina il nostro intelletto e purifica le nostre azioni, essa ci eleva, e poi che luminosissima è sempre, anche è lampada sui nostri passi e luce pei sentieri del nostro vivere di quaggiù.”
Vi lascio un aneddoto che mi hanno raccontato di una mamma morta non tanto tempo fa, anziana, una santa donna. Questa mamma aveva l’abitudine di mandare la sua bambina — che ai tempi era piccola, oggi è adulta e ha un grandissimo amore per Gesù Eucaristia — il giorno della Candelora, il 2 febbraio, a ritirare dopo la celebrazione 52 candele, che sono le settimane di un anno, e le faceva portare a casa. Davanti alla statua della Vergine Maria teneva sempre accesa una luce. Questa mamma aveva l’abitudine, quando qualcuno le chiedeva di pregare per lei per qualunque intenzione, di accendere una candela della Candelora. Diceva che otteneva tantissime grazie attraverso l’utilizzo di queste candele della Candelora che vengono benedette proprio in quel giorno.
Qualcuno dice che sono cose da vecchi, da bigotti, devozionismi che non servono a niente… Ma, non so se lo sapete, è scritto in diversi libri di autorevoli esorcisti che, anche nelle messe nere, vengono usate delle candele, ovviamente non bianche ma nere. Questa mamma nella sua semplicità di donna che, come mia nonna, ha fatto le elementari e niente più, aveva capito qualcosa che noi non abbiamo ancora capito. Le candele usate nelle messe nere sono tutte consacrate al demonio esattamente il giorno della Candelora. Nel giorno in cui noi celebriamo la Candelora c’è un rito specifico che viene fatto dai satanisti per consacrare a Satana le candele che verranno utilizzate durante le messe nere di tutto quell’anno. Non sono come noi, che prendiamo qualunque candela per celebrare la Messa. Loro hanno una rubrica liturgica, noi non l’abbiamo e facciamo come vogliamo. Loro sono rigidissimi, sono precisi. C’è una liturgia rigidissima. Il demonio distrugge la liturgia, il vero culto da dare a Dio, ma il culto che lui vuole a sé, quello deve essere assolutamente preciso e perfetto. Noi non ci rendiamo conto di queste cose. Loro, nel giorno della Candelora consacrano tutte le candele che serviranno e useranno solo quelle candele. Quindi questa mamma ci aveva visto giusto e la figlia teme a raccontare queste cose, per paura che la prendano per pazza. Ma ha ragione a pensare questa cosa e allora le racconto io.
Mi raccontava, dunque, che la mamma accendeva questa candela quando qualche studente le chiedeva di pregare per qualche esame difficile, oppure a chi le chiedeva di pregare perché doveva andare in ospedale per fare degli accertamenti, oppure per malattie gravi, o situazioni famigliari brutte. Lei l’accendeva e la lasciava ardere e pregava.
Una volta c’era una bellissima preghiera tutta in latino per la benedizione delle candele, sul significato di questa luce, di questa candela che è chiamata a disperdere, dove arde, tutte le potenze dell’inferno. Anche noi possiamo prendere questa bella abitudine, tenerci la nostra scorta di candele della Candelora e poi quando preghiamo possiamo accendere una candela davanti al Signore. Ha tanti rimandi, tanti significati questa luce nel buio della notte.
E poi mi diceva che da come bruciava la candela, da come scendeva la cera, riusciva a comprendere se quella preghiera andava a buon fine, se era stata ascoltata dal Signore. C’è chi sorride davanti a queste cose, c’è chi dice che è superstizione o stupidaggini, ma del resto la Madonna ha fatto mangiare il fango e l’erba del campo a Santa Bernadette e l’hanno presa per pazza. Le persone semplici sanno vedere Dio nelle cose più semplici che ci sono, vivono e muoiono beate.
Ho voluto lasciarvi questa testimonianza bella di una sorella nella fede che conosceremo in Cielo, affinché da questa esperienza impariamo ad usare una bella candela benedetta quando preghiamo e di accenderla quando qualcuno ci chiede una preghiera, affinché il Signore si ricordi di quell’anima e noi preghiamo per lei.
Prosegue don Barbieri:
“Accogliamo dunque, questa parola benedetta e nascondiamola nei nostri cuori; ci varrà a fortificarci nelle vie del bene. Ma per degnamente ed efficacemente ascoltarla non abbiamo che da stringerci intorno a Gesù, che vive con noi nel Sacramento dell’altare. Andiamo a visitarlo spesso nella solitudine del suo santo tabernacolo…”
Sì, perché è solo. A me colpisce che si facciano gruppi per andare al canile a far compagnia ai cani, che è una cosa bella, ma è un cane. Viene trattato con più dolcezza, con più cura, con più dedizione un cane che non Gesù nel Tabernacolo. Questo non va bene. La domenica pomeriggio non trovate nessuno in Chiesa, il sabato forse si trova qualcuno, ma la domenica no, nessuno. Durante la settimana sembra poi il deserto dei tartari. Abbandonare Gesù nel Tabernacolo, è una cosa orrenda. Andiamo a visitarLo spesso.
“…Mettiamoci con attenzione in ascolto presso la porticina che lo rinchiude, prigioniero d’amore per noi, udiamone devoti i suoi santi insegnamenti, specialmente quando per il silenzio che a lui d’intorno si serra e per le ombre che si raccolgono come un velario nella sua santa solitudine, siamo maggiormente conciliati al raccoglimento. Ogni anima è in dovere di far suo riposo presso il tabernacolo.
Invece di riposare davanti alla televisione, riposiamo davanti al Tabernacolo, perché davanti a Gesù riposiamo veramente.
Non dimentichiamo quindi noi, che con Gesù e di Gesù vogliamo vivere, di adire, almeno una volta al giorno, a chiedere a lui di parlarci;
Gesù oggi mi devi parlare, oggi Gesù non mi hai ancora parlato. Non mi parli? Perché non mi parli?
A profondere a lui la nostra adorazione; ad implorare da lui la grazia di poterlo servire col far pratico tesoro de’ suoi divini ammaestramenti. Oltre ascoltare e meditare le parole di Gesù, la Vergine benedetta fu l’arca preziosissima che queste divine parole seppe custodire per noi. Misericordiosamente fin d’allora ella provvedeva a pascere le anime nostre, provvedendo a far sì che queste dolci e salutari parole di vita non andassero in certo qual modo perdute.”
Anche noi dobbiamo essere l’Arca che custodisce le parole del Signore.
“Pasciuta così della parola di Dio, ella poteva parlare la parola di Dio, perché ella, sempre ferma nei santi propositi, temperata nel silenzio e giustissima nel confessare, come oltre a possedere Gesù ebbe di Gesù ad avvertire o ad ascoltare le meraviglie, queste fermò nella memoria e custodi meditando in silenzio ed in raccoglimento, e fu quindi degna di poter a tempo opportuno aprire il cuore e lasciare che ne scorresse il rivolo della salutare sapienza. Quando mai ci vien fatto di conoscere ch’ella parlasse soverchio o che narrasse lasciandosi guidare da presunzione? Gli Evangeli non ci riferiscono che poche e sobrie parole di lei, prudentissima ovunque e con ognuno, ma dalle sue brevi parole quanta luce irraggia, e da questa luce quanto grande beneficio a nostro pascolo e a nostro esempio. Oh sì che ella ci ha custodito Gesù! Oh sì che ella ci ha conservato le parole di Gesù!”
Noi quante parole diciamo! Impariamo la virtù della sintesi: poche idee, chiare, distinte, logiche e pulite! Ricordate il riassunto del riassunto, del riassunto, del riassunto. Le nostre maestre erano sagge. Diamoci dei limiti. Quante parole inutili e frutto di istinto. Quanto ci piace parlare, scrivere, perdere il tempo nel rompere il nostro silenzio e romperlo agli altri. Noi prima di metterci al telefono a chiamare o a scrivere a qualcuno dovremmo chiederci: è necessario? È veramente necessario? Qual è il momento opportuno per farlo? Quand’è che disturbo di meno? Di sicuro non alle 11 di sera, magari scegliamo un momento che si avvicina a mezzogiorno, magari alle 11.30 della mattina, oppure alla fine del pomeriggio così non disturbiamo. E poi, brevi!
Ci sono persone che mandano messaggi vocali di 25 minuti… Ma chi ha 25 minuti da dedicare a un vocale? O è un’omelia, e allora non è più un messaggio vocale, è una meditazione. Un vocale deve essere breve. Mettetevi un cronometro e provate a fare un vocale di un minuto e non di più. Ci vuole sintesi.
E se devo scrivere? Breve, poco, chiaro, succinto e logico.
Sant’Alfonso Maria de Liguori nelle visite al Santissimo parla di un certo S. Venceslao:
Esempio. — S. Venceslao. — Tenera era la divozione di S. Venceslao di Boemia verso Gesù Sacramentato. E tale era in questo buon principe l’amore per Gesù presente in questo adorabile Sacramento, che non solo radunava grappoli d’uva e spighe per spremere vino e comporne ostie con le sue stesse mani e portarli per la santa Messa, ma pure soleva, anche durante il rigore dell’inverno, recarsi di notte a visitare le chiese dove si conservava l’augustissimo Sacramento. Simili visite accendevano nella sua bell’anima tali fiamme di divina carità, che gli ardori di essa si propagavano anche al suo corpo e toglievano alla neve su cui camminava ogni freddo. Però si narra come il cameriere che lo accompagnava, soffrendo di molto in quelle notturne visite, il Santo, preso da compassione, lo invitasse a ricalcare lungo il cammino le orme stesse che egli veniva segnando sul candore del freddo strato di neve; e così riusciva a seguirlo senza più oltre menomamente patire.”
Credo che abbiamo ancora bisogno che nasca qualche altro San Venceslao, dobbiamo pregare il Signore che ci dia tanti San Venceslao, che ci faccia uscire da questo torpore mediocre, insipido, della nostra fede che vuole tutto comodo, facile e semplice.
E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Lunedì della VII settimana di Pasqua
VANGELO (Gv 16,29-33)
Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!
In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».