Scroll Top

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 22

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 22 marzo 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Scarica il testo della meditazione

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 22

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a martedì 22 marzo 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XVIII di San Matteo, versetti 21-35.

Andiamo avanti con la lettura del testo di Padre Avrillon:

Martedì dopo la III Domenica – Giorno di carità

“Incominciate il giorno con dimandare a Gesù questa carità cristiana, che sia una perfetta immagine di quella che ha insegnata a tutti gli uomini e particolarmente a voi. Vegliate con molta premura sulle parole, sui sentimenti e sui pensieri. Fate in maniera che la vostra bocca non pronunzi niente, che il vostro cuore non senta nulla, e che il vostro spirito non pensi a nulla di ciò che potesse in qualche maniera offendere questa carità. Mettetevi al contrario nella disposizione di far vedere in tutte le cose al vostro prossimo, che voi lo amate sinceramente per Dio, anche a quelli pei quali sentite più contrarietà. Distruggete ed estirpate a fondo questa opposizione; siate sempre pronto a soccorrere il vostro fratello, chiunque egli sia, ne’suoi bisogni, a consolarlo nelle afflizioni, a sopportarlo nei difetti ed a fargli una prudente e saggia correzione se si allontana da’suoi doveri, come prescrive il Vangelo di questo giorno”.

Meditazione sulla carità del prossimo, tratta dal Vangelo.

“Vi dico ancora che se due di voi si accorderanno sulla terra a dimandare qualsisia cosa, sarà loro concessa dal mio Padre, che è nei cieli. Studiate seriamente tutte le parole di questo Vangelo: esse lo meritano, poiché stabiliscono il precetto della carità in tutte le sue circostanze con una ammirabil chiarezza.

1. Gesù ci dimostra la stretta obbligazione di quest’amore del prossimo, e quanto è importante alla nostra salute che noi siamo sempre in perfetta intelligenza con lui.

2. Egli entra con una esattezza maravigliosa nella pratica di questo precetto, insegnandoci la maniera prudente e segreta di correggerlo dei suoi difetti per guadagnarlo a Dio.

3. Fa noti i vantaggi e le ricompense unite a questa carità, quando promette a quelli che la praticheranno, che otterranno dal Padre celeste tutto ciò che gli dimanderanno, e che sarà egli stesso in mezzo di loro. Finalmente risponde ai dubbi che potrebbero nascere nell’esecuzione di questa legge d’amore, quando disse a Pietro che non basta perdonare sette volte, ma settanta volte sette, cioè a dire, senza limiti e senza misura”.

Ecco, quindi c’è, primo, una stretta obbligazione nell’amore del prossimo; secondo, l’esattezza, la prudenza, la saggezza, nel praticare questo precetto e nel correggere i difetti, perché bisogna anche saper correggere i difetti delle persone, a tempo, luogo, modo opportuno; poi, certo, ciascuno può anche essere autore della sua condanna, e non intendo adesso per condanna la condanna eterna, no, no, intendo proprio la condanna già in questa vita, la condanna della stoltezza e della superbia.

Cioè, se io sono una persona superba, orgogliosa, e quindi permalosa, se non sopporto nessun richiamo, nessun rimprovero, perché poi mi deprimo, perché poi mi risento, perché poi mi offendo, perché poi sto male, perché poi faccio mille polemiche, perché poi… cosa succede?

Succede che chi abbiamo accanto, ad un certo punto, giustamente dirà: «Va bene. Basta, non dico più niente, perché tanto non serve. — cioè lo scopo del rimprovero è fallito — Allora, faccia quel che vuole!», cioè la persona viene affidata a se stessa.

Credetemi, non c’è condanna peggiore, perché quando chi abbiamo accanto smette di essere sentinella per noi, è la fine… è la fine…

Dice San Gregorio, in riferimento ai Sacerdoti, che quando il cane diventa muto per colpa delle pecore (che non ascoltano, che si ribellano, che lo maltrattano, che…), basta, i lupi possono fare tutto quello che vogliono.

Ma la responsabilità di questo di chi è?

Della superbia di Tizio, Caio e Sempronio, che ogni volta si risentono, che vedono come un peso insopportbile e intollerabile l’intervento di correzione, peggio ancora, che vedono la correzione come un atto di disamore, non come un atto eroico d’amore, perché capite che rimproverare e correggere è dura, molto dura, molto pesante.

E poi, soprattutto, se si fa una correzione precisa, la correzione giusta e adatta, questo richiede preghiera, richiede riflessione, richiede meditazione, richiede valutazione. Non è facile correggere una persona, perchè non puoi dire le parole a vanvera, devono essere parole precise, quindi vuol dire che devi averla osservata molto bene, vuol dire che devi aver misurato bene, vuol dir che devi aver pregato bene, e via di seguito.

Quindi, quando noi maltrattiamo chi svolge questo compito, che può essere il papà, la mamma, il Sacerdote, il docente, l’educatore, insomma, ognuno a livelli diversi, può succedere che poi l’altro dica: «Basta, adesso basta. Adesso allora vai per la tua strada, fai quello che vuoi, così siamo tutti più felici».

Ovviamente, questa carità del perdono, di cui parla Gesù, ci ottiene il Perdono di Dio, che insomma…

Di questa Legge d’amore, cioè di questo perdonare gli altri, qual è la misura? Nessuna… nessuna, perché è senza limiti e senza misura.

“Eccovi la legge stabilita e spiegata. Dimandate a voi stesso s’ella è scolpita nel vostro cuore quale essa si trova nelle parole di Gesù. La natura, la grazia, l’autorità d’un Dio, la bontà, le promesse e le istruzioni d’un Salvatore, i sacramenti, il sangue di Gesù, debbono averla impressa profondamente in voi. Sarebbe ella forse scancellata? Esaminate i motivi più premurosi che c’impegnano ad amare il prossimo: il primo è la natura, il secondo la grazia. La natura ci stimola a questo. Non v’è niente di più naturale che d’amare e soccorrere quelli che la natura ha renduti simili a noi: il non amarli è un segno di esser privi di sentimenti di umanità”.

Sì… sì, è proprio vero.

“Vi è nelle anime ben educate un’inclinazione che le porta naturalmente ad amare il prossimo, è cosa naturale muoversi a pietà, allorché si vede un simile nell’afflizione”.

Quindi, vuol dire che c’è qualcosa di innaturale, qualcosa contro natura, quando noi non sappiamo empatizzare con chi abbiamo accanto. Vuol dire che l’egoismo, la superficialità, il cuore di ghiaccio (che abbiamo già visto) hanno preso possesso, hanno preso piede dentro di noi, perché è naturale avere pietà di chi abbiamo accanto e soffre o geme e ci chiede perdono. È la natura, anche, che ci spinge a questo.

“I mali altrui son sempre di pena ad un cuore ben fatto; e questa carità naturale, quando è ben regolata, è sovente il fondamento e la base sulla quale l’autore della natura e della grazia pone l’edifizio d’una carità soprannaturale”.

Questa carità deve essere fatta a tutti, indistintamente, perché comunque abbiamo sempre davanti un essere umano, in qualsiasi caso abbiamo davanti un essere umano.

“La grazia viene in soccorso della natura, ed essa è un motivo molto più forte della carità. Essa sa molto meglio amare che la natura, perchè è molto più illuminata, e perchè è animata e sostenuta dal sangue di Gesù Cristo, che facilita e purifica quest’amore. Ma soprattutto non dimenticate che questa carità non è un semplice consiglio, ma un precetto sostanziale ed indispensabile, che Gesù chiama suo precetto, e che l’ha stabilito coi termini più forti e più energici, che una divina eloquenza potesse usare per guadagnare i cuori più ribelli. Eccovi le parole colle quali ha fatto il suo testamento, e le ha pronunziate il giorno avanti la sua morte: Voi sarete miei amici, disse ai suoi Apostoli, se farete ciò che vi comando: questo è di amarvi gli uni e gli altri, come io ho amati voi stessi; e così operando si conoscerà se voi siete miei discepoli”.

Certo, chi ci vede dovrebbe — ripeto, dovrebbe — vedere gente che si vuole bene, non ispettori, non persecutori, non calunniatori, non arrivisti, ma persone buone, comprensive, pazienti.

“In qualunque luogo si trovino due o tre persone unite in mio nome, io mi troverò in mezzo di esse, dice ancora Gesù. Ciò vuol dire che se voi amate il vostro fratello per amor di Dio, se vi unite con lui per far bene, Gesù Cristo si troverà con voi. Che bella compagnia! Se poi ricusate di amarlo, allora in vece di lui si troverà il demonio, che è spirito di discordia”.

Noi siamo bravi in queste cose, noi siamo bravi… ci illudiamo di amare chi non ci sta tanto simpatico, ci illudiamo, ma in realtà dentro nel cuore abbiamo chiusure e durezze impressionanti.

“Sovvengavi che il nostro Redentore ci comanda qui due cose; primieramente la carità, secondariamente la sincerità e la prudenza nella carità. Bisogna che la carità unisca i cuori, ma è necessario che ella li unisca nel nome di Gesù. Sul primo articolo direte forse che è ben difficile amare una persona che non ha cosa alcuna di amabile, che non vi ama o che voi non potete farvi una sì gran violenza. Questo è il linguaggio d’un uomo carnale. Ma pensate, parlate ed operate da cristiano, per chi farete a voi stessi violenza se non per l’amor di Gesù, che a se stesso l’ha fatta sino a morire per amor vostro, quantunque foste suo nemico? Se il vostro fratello non lo merita, lo merita Gesù Cristo che vel comanda”.

Capite? Stiamo attenti ai ragionamenti carnali. Uno dice: «Questo proprio è terribile…», eh beh… Gesù non lo è, ed è Lui che ci chiede di perdonare.

“Pensate ora alle differenti persone che trattate. Ve ne sarebbero forse alcune che segretamente odiaste, ed altre che amaste per motivi d’interesse, ed altre finalmente che amaste all’eccesso? Non odiate voi alcuno? L’antipatia, la contrarietà, l’amore, la gelosia, il temperamento, il risentimento, non vi hanno forse amareggiato il cuore contro il vostro fratello? Provate in voi una gioia quando egli è nell’afflizione, e sentite un segreto dolore quando è lodato ed ha buon esito nei suoi affari? Se voi non l’amate, come deve un cristiano, non avete parte al regno celeste, e se gli chiudete il vostro cuore, Gesù vi chiuderà il suo”.

Queste cose sono Proprio da vivere.

“La carità, dice l’Apostolo (San Paolo) deve esser sincera. Esaminate i motivi del vostro amore verso il prossimo. Non è forse alle volte un’interesse di vanità che vi stimola a trattare persone ragguardevoli, perché queste amicizie vi fanno onore? Non è forse un interesse di ambizione, perchè la persona che amate può avanzar la vostra fortuna? Non è forse un interesse di avarizia, che vi fa ravvisare i vantaggi temporali che potete aspettarvi? La carità, dice ancora S. Paolo, deve esser saggia, deve venire da un cuor puro. Osservate se la vostra carità è di puro temperamento, in cui la grazia non vi ha parte. Una cieca predilezione non è carità, ma un fantasma; invece di edificare, ella distrugge. Quando si dà troppo ad un fratello, si toglie ingiustamente agli altri ciò che è loro dovuto, e rovina intieramente l’amor di Dio…”

Capite? Io sto a parlare con uno due ore e poi a quell’altro, che mi chiede dieci minuti, non lì dò.

Questo squilibrio nel darsi ad alcuni, rispetto ad altri, cosa fa?

Rovina l’amore per Dio, ovviamente; bisogna stare molto attenti alle illusioni della carità.

Non illudiamoci di amare perché andiamo d’accordo con un po’ di gente; andare d’accordo non c’entra niente con l’amare. Andare a fare gli apericena, gli happy hour e tutte quelle robe lì, non vuol dire amare qualcuno, assolutamente. Amare qualcuno è cosa ben diversa da tutto questo.

Neanche dare il sacchettino con dentro da mangiare… troppo facile!

Stiamo attenti ai fantasmi, stiamo attenti agli eccessi, stiamo attenti agli sbilanciamenti.

“…e siccome tale amore è sempre cieco (quello che vi dicevo adesso della sproporzione), è cagione sovente di certi effetti viziosi, e qualche volta carnali, i quali portano funeste conseguenze, quando non si sta ben attento, e quando taluno vi si abbandona indiscretamente.

Quindi stiamo molto attenti a queste simpatie patologiche, morbose, a questi appiccicamenti, a queste cose che sono proprio sproporzioni.

Con quello ci siamo mandati cinquanta messaggi in un giorno, ci siamo sentiti per due ore al telefono, mentre quell’altro non so neanche, se è vivo o se è morto.

Capite? È questa cosa che non va bene. Uno dice: «Però io…». No. Incomincia a guardare te stesso, non cosa fanno gli altri.

Preghiera:

“Risoluto d’amare tutt’i miei fratelli coll’aiuto della vostra grazia e per amor vostro, o mio Dio, permettete ch’io ponderi rispettosamente le promesse vantaggiose che oggi mi fate nel Vangelo: l’una è di farmi concedere dal Padre vostro tutte le dimande che gli farò; l’altra di venire a dimorare con me. Io ho motivo di sperarlo, perchè siete un Dio di carità, che risiede nell’amore di quello che la pratica. Dimanderò da questo punto al vostro Padre celeste tutte le grazie delle quali avrò bisogno in nome vostro, e sarò sicuro di essere esaudito, perchè avrò in voi un Dio salvatore e mediatore. Ma, o mio adorabile Salvatore, infondete in me col vostro Santo Spirito quella vera carità che porta tutti i lineamenti della vostra; una carità, dico, che sia ardente, sincera, eguale, benefica, eroica e saggia. La freddezza, l’antipatia, l’incostanza, la stravaganza, l’invidia, i motivi umani e la passione non ne estinguano mai lo splendore e la purezza. Ma, o Signore, per praticare una perfetta carità, apritemi il vostro cuore per estrarne le fiamme, i motivi e la regola dell’amore verso di voi, e di quelli che avete amati sino a perdere la vita, e versare il vostro sangue per loro amore. Io voglio da ora in avanti amare con tutto il mio cuore, con tutta l’anima mia e con tutte le mie forze i miei fratelli come me stesso per amore vostro”.

Bene.

Domani vedremo il “Giorno di devozione”.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mt 18, 21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Post Correlati