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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 11

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 11 marzo 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 11

Eccoci giunti a venerdì 11 marzo 2022. 

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XVIII del Libro del Profeta Ezechiele, versetti 21-28. 

Il Vangelo che commenterà quest’oggi Padre Avrillon è diverso da quello proposto nella Santa Messa di oggi, quindi ho scelto questa prima lettura perché c’è un’espressione che ritornerà nella meditazione di Padre Avrillon, e cioè:

“Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.”

Questo: “Ha riflettuto”, così come il ragionamento che fa Dio attraverso il profeta Ezechiele, dove dice:

“Non è retto il mio modo di agire o piuttosto non è retto il vostro modo di agire?” 

Purtroppo noi perdiamo il bene dell’intelletto, purtroppo noi siamo sempre a rischio di perdere la capacità di una sana logica.

Continuiamo la lettura di p. Avrillon. Il tema di questo giorno è: “Giorno di vittoria”. 

Venerdì dopo la I Domenica – Giorno di vittoria

“Domandate a Dio quando vi svegliate che vi dia la sua santa grazia per non dar luogo al demonio nel vostro cuore.”

Vedete che la pratica che lui consiglia ogni giorno di questa Quaresima è sempre una preghiera, si comincia appena svegli con una preghiera, avete notato?

“Siate diligenti, perché se nel tentarvi riporta il minimo vantaggio, egli trionferà della vostra debolezza, e vi farà commettere molte colpe. Prevedetene tutti i suoi tentativi, e state in una continua attenzione sui vostri pensieri, sulle parole e sui sentimenti, poiché senza questo voi non ne riporterete la vittoria. Penetrate a fondo i vostri abiti viziosi e la vostra passione predominante, combattete con tutte le forze, e fate una risoluzione di piuttosto morire che di lasciarvi vincere.” 

Quindi vedete che questa vittoria noi la dobbiamo conseguire su noi stessi. Noi abbiamo sempre in mente che dobbiamo combattere contro gli altri e invece no, non c’è da combattere contro gli altri, c’è da combattere contro noi stessi. Questa è una cosa ben poco consueta, perché se voi vedete, anche in tanti discorsi che si fanno, in tanti messaggi che arrivano su WhatsApp è sempre una lotta contro qualcuno, c’è sempre qualcuno di sbagliato attorno a noi. Non si capisce bene perché, non sono mai inviti alla lotta contro se stessi, no, è sempre Tizio che è cattivo, Caio che è disonesto, quell’altro che ha sbagliato… che sarà anche vero, però tutto il mondo pagano, lontano da Dio, e anche quello che si dice vicino a Dio, ci chiamano a puntare gli occhi sempre fuori da noi stessi, mai dentro di noi, e questo non va bene perché di fatto è dentro di noi che si gioca tutto, e il “fuori” non è altro che una conseguenza del “dentro”.

Vediamo ora la meditazione sul Vangelo:

Meditazione sulla vittoria dell’abito peccaminoso tratta dal Vangelo. 

“Vi era in Gerusalemme una piscina presso la quale erano coricati molti infermi aspettando che l’Angelo del Signore venisse a turbar l’acqua, ed il primo che vi discendeva era guarito. 

Tra questi malati vi era un paralitico, che da trent’anni era in questo stato, e Gesù lo guarì. Questo paralitico è la figura di un’anima languente o malata da molto tempo di qualche spirituale infermità, che aspetta tranquillamente l’Angelo del Signore, e la grazia di Dio senza darsi alcun moto, senz’alcun desiderio efficace e senza voler fare da sé stessa alcuno sforzo per ottenere la guarigione, che è troppo vergognosa per combattere come si deve, e riportar la vittoria di un’abito vizioso e di una passione predominante nella quale essa vive tranquilla, benché si trovi vicina alla piscina della penitenza, dov’essa non vuol entrare perché teme di dover farsi una ben giusta violenza.”

È frequente questo. Perché noi ci confessiamo così raramente, oppure con così tanta fatica? Quante volte succede di sentire dire: “No io non ce la faccio, no… — poi si comincia a piangere — non ce la faccio a dire i miei peccati, non ce la faccio a parlare dei miei peccati, a parlare del perché, del senso del mio essere caduto così in basso, di questo cuore che è stato capace di fare tutto questo, del cosa vuole dire questa scelta, queste scelte, di che persona sono io.” 

“La piscina della penitenza è poco frequentata.” 

La prima penitenza che noi abbiamo a nostra disposizione, ovviamente, qual è? Appunto il Sacramento della Penitenza. Quella è frequentata poco, è frequentata male. Non siamo più capaci neanche di confessarci bene, spesse volte si confonde la confessione con una seduta psicanalitica, psicologica, ma la confessione non è il luogo dello sfogo, non è questa la confessione. La confessione non è il luogo dove io vado a parlare male di mia suocera, di mio suocero, di mia moglie, di mio marito, di mio padre, del mio datore di lavoro, del prete, di non so chi, no, non è questa la confessione. Non è il luogo dello sfogo. Io non vado in confessionale per sfogarmi e poi per non dire i peccati, perché vado a dire quelli degli altri. Alle volte un Sacerdote deve dire: “Va bene signora, o signore, adesso lei ha parlato per venti minuti dei peccati di suo marito, di suo figlio, di Tizio che bestemmia, quell’altro che non va in chiesa, quell’altro che non crede, quell’altro che si comporta male… Ha parlato del parroco che l’ha trattata male e della suora che non l’ha capita, e questo che non va bene… Ok, mi scusi, ma i suoi peccati quand’è che li dice? Perché l’assoluzione io dovrei darla a lei, non a suo marito che bestemmia, a suo figlio che non va in chiesa, a sua moglie che la tradisce… Capisce?”

 La Confessione è il momento nel quale io, io mi riconosco peccatore e quindi dico i miei peccati, non quelli degli altri, e li dico senza se e senza ma, li dico per quello che sono, così come li ho fatti, precisandoli chiaramente. Quando li facciamo davanti a Dio siamo tanto bravi a farli e tanto precisi, quando poi dobbiamo riconoscerli come penitenza… Questa è la penitenza. Noi pensiamo che la penitenza durante la Quaresima sia: non mangio i dolci. Ma che cosa è questa? Poi faccio i peccati e non li riconosco per quelli che sono. Questa vi sembra una penitenza seria? Ma questo è prendere in giro Dio e noi stessi.

Un esempio? Sempre per ultimo si dice questo peccato, sempre per ultimo e con un po’ di tosse, soffiandosi il naso, abbassando la testa, biascicandolo… “Achbescgheche”. Avete capito cosa ho detto? Ecco, così succede in confessionale. 

— “Scusi? Cos’è che ha detto?”

— “Noveghescheche”

— “Guardi io non sono un ventriloquo, cioè nel senso, non faccio parlare i pupazzi, quindi non riesco a dirlo io al suo posto, quindi può dirlo chiaramente il peccato che ha fatto?”

E finalmente: “Ho commesso atti impuri” 

Il mondo! Dire questo e dire niente è la stessa cosa. 

“E che cosa?”

“E no, non ce la faccio, non ce la faccio”

Capite? Ma che cos’è? 

La stessa cosa è dire: “Ho rubato”. 

Ma che cosa? Hai rubato una televisione, hai rubato una mela, hai rubato un panino, hai rubato una scarpa, hai rubato la macchinina, hai rubato la pensione a una persona anziana, hai rubato il pane ai poveri? Cosa hai rubato?

La valutazione dell’atto, il giudizio dell’atto, cambia, è diverso se io ho rubato una mela per fame, o ho rubato una mela per gioco, è diverso se ho rubato una mela in un anno, e non l’ho mai fatto prima nella mia vita, o se io ogni giorno rubo una mela.

Capite che è diverso? 

È diverso se io ho fatto un pensiero impuro o se io ho commesso adulterio, cadono tutti e due sotto il sesto Comandamento, ma uno ha una gravità, l’altro ne ha un’altra. A me sembrano cose abbastanza logiche. Dopo ci andiamo a inventare le penitenze più astruse ed impossibili. Ma mangiati in Quaresima tutte le colombe che vuoi, ma quella confessione, però, falla bene. Quella è la prima penitenza da fare, falla bene, chiama le cose con il loro nome. 

Confessarsi non è giocare a nascondino, ma il contrario, mostrarsi per quello che si è. 

— “Ho commesso adulterio” 

— “Sì, ok, ma è successo una volta? È successo con uno sconosciuto?” 

— “No, è da tre anni che ho una relazione con un uomo, o con una donna, che conosco e che è mio amico” 

Capite che è tutta un’altra cosa? Eppure ricade tutto sotto il sesto Comandamento, ma un conto è: “Sono scivolato in questa cosa una volta, con uno che quasi non conosco” e un conto è: “Da tre anni porto avanti questa situazione”. 

Non deve essere il confessore che fa queste domande, non è giusto, siamo noi, quando ci andiamo a confessare, che dobbiamo mettere il Sacerdote nella condizione di capire tutto bene. Anche perché non tutti i Sacerdoti si sentono di fare domande precise, perché è imbarazzante, perché uno dice: “Ma non tocca a me andare a dover sviscerare le questioni, è compito tuo.”

Quando tu vai dal dottore, tu gli devi raccontare tutto il tuo male, ma è tuo dovere farlo, non è che lui può star lì a ciascuno a dirgli: “Come, dove, e quando, perché, quante volte, come mai, e cosa hai mangiato”. Sei tu che devi raccontare. Uno ti dice: “Come sta? Cosa c’è che non va?” E tu cominci. 

Questa è la vera penitenza.

“… benché si trovi vicina alla piscina della penitenza, dov’essa non vuol entrare perché teme di dover farsi una ben giusta violenza.”

Certo, dobbiamo farci violenza per vincere la nostra superbia, per vincere la nostra mancanza di trasparenza, per saperci chiamare con quel nome, perché a noi dà fastidio, siamo talmente pieni di amor proprio che ci dà fastidio dire davanti ad un volto: “Io, che credevo di essere un santo, e magari ci credo ancora, io ho fatto questi peccati, sono così miserabile”.

Ci dà fastidio, questa violenza noi non la vogliamo fare, ma ci fa bene. La logica del Sacramento della Penitenza è geniale, perché riporta l’uomo sempre ai dati di realtà. 

E finiamola con questa storia del: “No, ma tanto non dobbiamo stare davanti al giusto giudice, tanto Dio ci perdona, Dio è bontà, Dio è pietà”. Dio è tutto questo, ma proprio perché è tutto questo noi dobbiamo sottoporre alla sua bontà e alla sua pietà tutto il nostro male e non nasconderlo. Proprio perché è buono, proprio in nome della sua bontà non abbiamo niente da temere nel riconoscerci peccatori qual siamo. Proprio perché è quel Padre amorevole che abbiamo tutto il dovere di mostrarci dentro ai nostri peccati, proprio per questo. Se Dio fosse solamente giusto giudice non avremmo motivo di farlo, perché avremmo tanta paura, ma siccome Dio è misericordia, di cosa abbiamo paura nel riconoscere i nostri peccati? Dio è buono, Dio ci perdona, Dio è pietà, Dio è misericordia, bene! Allora chiama i tuoi peccati con il loro nome fino in fondo, perché se no vuol dire che tu non ci credi che Dio è misericordia, lo dici ma non ci credi.

È razionale quello che vi dico? È logico? Sì? Allora facciamolo.

“Ella si lamenta molto più a torto del paralitico, dicendo che non ha alcuno che la getti nella piscina, perché essa non vuol darsi alcuna pena, e se fa qualche passo a questo fine, lo fa con tanta negligenza, che non merita di trovar ciò che ella cerca.”

È quello che vi ho detto fino adesso, queste confessioni farlocche. 

San Giovanni Maria Vianney, nella sua omelia sulla mormorazione, scrive: “Quando vai a confessarti non puoi dire: «Io ho mormorato» e basta. Che confessione è questa qui?” 

Dice San Giovanni Maria Vianney che devi dire: “Hai mormorato, perché? Hai mormorato quante volte? Hai mormorato contro chi? Hai mormorato per invidia, per odio, per gelosia, hai mormorato per sofferenza tua personale, hai mormorato per rivalità… quante volte e contro chi? Hai mormorato contro tuo padre, contro tua madre, contro il tuo parroco, contro il tuo amico, contro tuo figlio?” 

Cambia la valutazione, cambia la terapia, perché poi di questo si tratta, dobbiamo individuare la terapia giusta per guarire da quel male. Ma se tu non me la racconti chiara, io come faccio a trovare la terapia?

“Forse non vorrebbe trovar nessuno per non esser obbligata a faticare, e quando ha trovato qualche Angelo del Signore, ricusa di sottomettersi ai suoi avvisi e di prendere i rimedi salutari che gli prescrive, perché la sua accidia — che è l’avversione alle cose di Dio, il contrario della sapienza — e la sua delicatezza vi si oppongono — la delicatezza quella falsa — così ella non riporterà mai la vittoria, perché non vuol combattere; nondimeno bisogna vincere o morire; né si può vincere una tentazione ed un abito cattivo, senza far violenza allo spirito, al cuore ed alla carne.”

Lei, quest’anima, non vuole far fatica. Ci sono diverse testimonianze di Padre Pio dove si racconta, per esempio, di qualche attore — adesso non mi ricordo, non vorrei dire dei nomi perché non sono sicuro con la memoria — c’erano degli amici che erano attori famosi a quel tempo e che sono andati da Padre Pio. Uno o due di loro sono andati, l’altro ha detto: “No, no, io non vengo perché ho paura, non vado da Padre Pio a confessarmi, perché quello mi guarda nell’anima, e chissà cosa mi dice”, e non è mai andato. Infatti questo attore viveva una situazione irregolare a livello familiare e non aveva alcuna intenzione di smetterla. Sapeva benissimo che se fosse andato da Padre Pio quello l’avrebbe preso e messo con le spalle al muro. Non c’era tanto da giocare con Padre Pio! E allora se ne è stato ben lontano. 

Quando io ho paura? Quando io temo la severità, quando temo la giustizia? Quando io non sono veramente pentito. Tutti quelli che tanto sottolineano la misericordia di Dio, la bontà di Dio, la pietà di Dio, e la sottolineano mettendola in contrapposizione con la Sua giustizia — cosa assolutamente assurda perché Dio è infinitamente giusto ed infinitamente misericordioso, stanno insieme, non può esserci giustizia senza misericordia e non può esserci misericordia senza giustizia, dicono i Santi — chi spacca questa unione e antepone la misericordia alla giustizia? Semplice, chi ha fatto la pace con i suoi peccati, chi non vuole riconoscersi veramente peccatore.

Andate a leggere nel Manzoni, ve l’ho già detto mille volte, la conversione dell’Innominato. L’Innominato, il vero peccatore, non ha minimamente in mente la misericordia, ha in mente solo la giustizia. Il vero peccatore sente di non meritare nessun perdono, non va a cercare una via facile, il vero peccatore non va a cercare neanche il perdono, perché non riesce neanche sperarlo. 

Il vero peccatore sapete cosa cerca? Il vero peccatore cerca quel Volto che ha tanto offeso e di fronte al quale ha deciso in tutta onestà di andare a mettersi e a riconoscersi per quello che è. Il vero peccatore, di fatto, cerca solo la giustizia di Dio, ma, sorpresa delle sorprese, mi viene la pelle d’oca a dirvelo, è proprio quando è in questa decisione — ricordate la Parabola del Figliol Prodigo? “Tornerò da mio padre e gli dirò: padre ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono degno di essere chiamato tuo figlio” — ed è proprio quando ha deciso di riconoscersi per quello che è, ed è proprio quando non cerca altro che la giustizia, ed è proprio quando non vede altro che il suo male, ed è proprio quando è consapevole e cosciente di aver perso tutto, ed è proprio quando decide di mettersi davanti a quel Volto che tanto ha tradito… che trova che cosa? Trova la più alta, la più bella, la più profonda, la più infinita, la più meravigliosa, la più vera misericordia e il più grande e il più radicale perdono.

Esattamente quello che il Manzoni meravigliosamente scrive circa l’Innominato: un incontro col Cardinal Federigo fatto di verità e di una carità meravigliosa, fatto di lacrime e di abbracci, fatto di petto contro petto, testa contro testa, fatto di parole che solo il Cielo può ispirare. È da quell’incontro, che nasce in nome della giustizia e si avvera nel nome della misericordia, che avvengono le vere, uniche, conversioni. 

Questa è gente che vuole combattere, che fa violenza al suo spirito, al suo cuore e alla sua carne. Leggete nel Manzoni non solo il momento in cui l’Innominato incontra il Cardinale, ma quello che accade la notte prima, nel suo salone con le armature, andate a leggere.

“Esaminatevi su quest’importante articolo, e prendete ciò che fa per voi. La prima cosa che bisogna fare per vincere un male — le abbiamo già viste queste cose quando abbiamo fatto Larchet —  è di ben conoscerlo.”

Dicono tutti sempre la stessa cosa, incredibile.

Ma se non riusciamo a riconoscere neanche la differenza che c’è tra uno struzzo e una gallina, come possiamo riconoscere i nostri peccati? Se per noi va bene tutto e il suo contrario, se quello che non capiamo semplicemente lo prendiamo e lo buttiamo nella pattumiera per non fare la fatica.

A una persona una volta, come risposta a una questione, ho mandato uno screenshot di una conversazione. La sua risposta è stata: “???”. Come a dire: “Devo fare anche la fatica di capire?” Eh sì, io ho fatto la fatica di cercare, adesso tu farai la fatica di capire, se vuoi capire, se no niente. 

“Non capisco? Butto via.” 

Peggio per te! In questa maniera non conoscerai mai il tuo male. Però poi faccio l’ascetico, però poi non mangio i dolci, poi mi mangio un gelato baby, come se tutta la vita spirituale fosse lo stomaco, non si capisce perché, ma comunque… Per l’amor del cielo, è vero che c’è anche il digiuno, sì, ma innanzitutto facciamo il digiuno del nostro io, della nostra superbia, della nostra superficialità, della nostra grettezza spirituale, del nostro essere un po’ bozzi.

“La prima cosa che bisogna fare per vincere un male è di ben conoscerlo.”

 La prima cosa è conoscere il nostro male, e come faccio a conoscerlo? Lo devi vedere. Ma se non vuoi vederlo…

“Fate una diligente ricerca nel vostro cuore. La languidezza, ossia la paralisi spirituale, non è ella la malattia abituale della vostra anima? Non portate voi dappertutto la tiepidezza alla preghiera, alla parola di Dio, alla lettura, ai vostri esercizi di pietà e ancora ai Sacramenti? Domandate a voi stesso qual violenza vi siete fatta sino al presente per risorgere da questo stato pericoloso e per acquistar lo spirito di fervore.”

Non ho voglia di alzarmi presto, non mi alzo; non ho voglia di andare a Messa, non ci vado; non ho voglia di dire il Rosario, lo dico dopo; non ho voglia di mettermi a studiare, non lo faccio; non ho voglia di lavorare bene, non lavoro; non ho voglia di aiutare mia moglie a sparecchiare, mi butto sul divano con la canotta, con il telecomando in mano e la televisione a mille, e avanti così, violenza zero, tiepidezza nelle cose di Dio al massimo.

“Non è questa una cecità?”

Altro che cecità!

“Io non parlo di una cecità grossolana cagionata da un’abito di peccati enormi, ma da una moltitudine di peccati leggeri e volontari, che rendono a poco a poco il cuore insensibile, diminuiscono la carità, tolgono la delicatezza di coscienza, e non lasciano di condurre insensibilmente l’anima alla sua perdita.”

Ecco perché ci dobbiamo confessare di frequente.

Mi ha fatto crepare il cuore quando ho preparato a distanza una persona per la confessione, essendo io a Roma non potevo confessarlo io, e allora ho potuto almeno prepararlo, questo sì, era una situazione un po’ delicata. Si va a confessare, fa una bella confessione e poi dice al Sacerdote: “Padre, tra quanto devo tornare?”

“Non venga qui prima di un mese”.

Io mi sono detto: ma tu ti immagini se io mi taglio un dito con un coltello o con la scatola del tonno, se mi sbuccio una mano picchiandola contro un muro ruvido, se mi mettono una medicazione, una benda, un cerotto, oppure mi danno dei punti e chiedo: “Scusi ma quand’è che devo tornare?”  e mi rispondono: “Ah non torni prima di un mese!” Io quando torno ho la mano in cancrena, non ho più il dito, è pieno di vermi. 

Un mese? Ma come un mese? È una vita che non mi confesso più e il mio ritornare a Dio è: “Ritorna tra un mese”?

Ma San Carlo Borromeo e San Giovanni Maria Vianney, San Pio da Pietralcina e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori avrebbero detto la stessa cosa? San Giovanni Bosco? Per l’amor del cielo! San Giovanni Bosco tutte le settimane confessava i suoi ragazzi, tutti lui, il sabato era solo per quello. 

Ma sì, ma possiamo anche fare tra un anno, tanto cosa cambia? E così i peccati veniali si moltiplicano, così la coscienza diventa sempre più insensibile, così la carità diminuisce.

“Volete voi guarire? Dice Gesù al paralitico: eccovi il secondo passo che deve farsi per ottener la propria guarigione, ed è di volerlo efficacemente, perché vi è questa differenza tra le malattie spirituali e corporali, che in queste non basta di volerlo bene. Se dopo tanti proponimenti, tante comunioni voi siete ancora mondano, così pigro, così vano, così pieno di voi stesso, così avido dei piaceri, così tenace nei vostri interessi, così vivo nei vostri risentimenti e così neghittoso nei doveri della religione, io dirò che non avete mai voluto vincervi, né trionfare de’ vostri abiti viziosi.”

I fatti sono fatti, le parole sono quaqquaraquà, i fatti sono fatti ed è dai fatti che noi capiamo.

“Diffidate di tutte le vostre risoluzioni e di tutte le vostre promesse.”

Mamma quante promesse! Quanti voti che noi vorremmo fare!Quante promesse di conversione, quanti giuramenti! Si sì, avete presente la neve al sole? Uguale.

 “Badate bene se le avete fatte ad oggetto di quietare la vostra coscienza, per calmare i suoi rimorsi e per accostarvi meno agitato ai sacramenti. Dovreste esser confuso d’aver fatte tante comunioni senz’alcun frutto.”

Facciamo le promesse per metterci l’anima in pace e facciamo le Comunioni, la Comunione è importante, sì, venti Comunioni al giorno e poi qual è il frutto di queste Comunioni?

 “Questi bei propositi, queste vaghe risoluzioni non hanno fatto che lusingare il vostro male, ma non l’hanno guarito; esse l’hanno soltanto diminuito e nascosto agli occhi vostri; ma non l’hanno nascosto agli occhi di Dio, voi non siete disceso nella piscina, e non avete avuto il coraggio di portare il vostro letto con voi.”

Questo è il mio letto, questo è il mio giaciglio, questi sono i miei peccati, guardali bene.

“Quale è il segno d’una compiuta vittoria sopra un’abito vizioso?”

Come facciamo a sapere di avere veramente vinto?

“Dice S. Agostino, è un altro abito della virtù che gli è opposta. Voi eravate abitualmente dissipato, vi siete messo in uno stato di raccoglimento? Voi eravate pronto ad andar in collera, avete acquistata la dolcezza e la mansuetudine? Voi eravate troppo portato per i piaceri, siete ora nel silenzio, nel ritiro e nella pratica della mortificazione? 

Superate talmente il vostro cattivo abito, da arrivarne ad estirparne persino l’idea e l’inclinazione.”

Sono parole importantissime, ci sarebbe da stare su due ore su ognuna di queste espressioni ma sono già quaranta minuti che vi parlo. Quindi, per sapere se ho vinto devo trovare in me l’abito al contrario, devo avere estirpato persino l’idea e l’inclinazione.

 “Non vi contentate di portare il letto della vostra infermità per segno d’una compiuta vittoria, ma camminate subito come una persona che non sia stata mai ammalala. Nessuno vi trovi più nelle mondane conversazioni…”

Oh mamma! Padre Avrillon, vieni fuori dalle nostre chiese! Vieni! Padre Avrillon, vieni dentro le nostre chiese, per vedere che conversazioni su conversazioni che si fanno, ma non con Dio, con l’amica del Cotton club, con l’amica del mercato. Dentro, al posto di parlare con Dio, parliamo tra di noi. 

“Nessuno vi trovi più nelle mondane conversazioni dove Dio è offeso, ma nella chiesa come Gesù vi trovò il paralitico già guarito.”

Parole, parole, parole..

“Non attribuite a voi l’esito felice della vostra vittoria, se l’avete riportata, ma al Salvatore ed alla sua grazia. Temete sempre gli attacchi del vostro nemico, ed immaginatevi di udire Gesù che vi dice, come al nostro infermo: Eccovi guarito, non ricadete più, per timore che non vi succeda qualche cosa di peggio.”

E qui ci sarebbe da aprire il mondo di cose da dire, ma lasciamo stare, perché se no diventa veramente troppo lungo.

Preghiera:

“Venite a me, o Signore, l’anima mia è inferma, e non può guarire senza il vostro aiuto. Apritemi tutte le porte della piscina della penitenza — che è il confessionale — affinché sia lavato e purificato da tutte le mie immondezze: ma, o mio Dio, basta che mi apriate quella del vostro cuore, e che apriate il mio alla vostra grazia ed al vostro amore. S’egli è fedele a questa grazia, se è acceso del vostro amore, sarà ben tosto vittorioso. 

Ahimè! Io non ho fatto attenzione che voi mi avete preparata una piscina mille volte più efficace, ed incomparabilmente più salutare nell’anima mia, che quella di Gerusalemme non l’era al corpo, poiché essa è tutta piena del Vostro Sangue. Poteva lavarmi e non l’ho fatto. 

Voglio combattere, o Signore, voglio vincere con ogni sforzo, voglio guarire perfettamente di tutte le mie debolezze. Aiutatemi, sostenetemi e datemi le forze, che mi avete meritato col vostro Sangue. Non voglio esser più schiavo della vanità, né dei piaceri, né dell’accidia, né dell’amor proprio. Non voglio più star neghittoso vicino ad una piscina, in cui posso entrarvi in ogni momento, poiché è sempre aperta.” 

C’è il confessionale, vai, corri!

“Ahimè! Quante vittorie avrei riportate se avessi sempre combattuto! Quanti mostri avrei abbattuto, che hanno abbattuto me stesso! Quanti vizi avrei distrutto e virtù acquistate! Io sarei umile e intanto son pieno d’orgoglio; sarei fervente e non ho che languidezza; sarei forte nelle più vive tentazioni, nelle più grandi afflizioni ed invece la minima prova ed il minimo contrattempo mi abbattono e mi scoraggiano. Ah Signore, guaritemi come il paralitico. Imploro la vostra misericordia” 

Io davvero vi auguro di cuore una cosa sola per questa Quaresima: una santa Confessione, solo questo vi auguro. Imparate a confessarvi bene, andate a prendere il Catechismo della Chiesa Cattolica e studiate bene il Sacramento della Confessione. Vi ho già detto milioni di volte che ho fatto anche un librettino… non lo pubblicizzo perché ci guadagno, non ho mai guadagnato una lira. Ve l’ho detto che l’unico libro che ho scritto mi è costato sangue, sono autore di un libro del quale ho dovuto pagare la mia copia per averla. Incredibile! Quando mi è successo non ci credevo, mi sono dovuto pagare la copia, robe da matti, non solo non ho guadagnato niente perché si sono presi tutto quelli che l’hanno stampato, ma non ha importanza, ma ho dovuto pagarmi la copia! Mi sono dovuto comprare il mio libro! Ma l’ho scritto io! E mi devo comprare il mio libro? Incredibile. Quindi non lo dico per guadagnare, evidentemente come scrittore sono pessimo perché non so vendere i miei libri, fa niente, stavo dicendo non lo pubblicizzo per guadagnare qualcosa perché tanto non ci ho mai guadagnato niente non ci guadagnerò mai niente, e non perché ho scritto delle cose intelligenti, perché di mio non c’è dentro niente, quindi vi posso assicurare che è molto intelligente come testo perché non c’è niente di mio in quel testo, è semplicemente una raccolta di scritti di Santi. A me piace così, non riesco a mettermi a scrivere cose mie perché quando le rileggo mi sembrano talmente banali, talmente stupide che mi viene voglia solamente di stracciarle e basta. Invece mi piace molto quando riesco a raccogliere queste cose dei Santi, fare questo copia e incolla, questo taglia e cuci, perché alla fine sono tanti testi che a me personalmente hanno fatto tanto bene e credo che possano fare tanto bene anche a voi. Ho fatto questo Pdf, poi c’è qualcuno che mi chiede se si può stampare, o fotocopiare, guardate, fate quello che volete, stampate quello che volete, fotocopiate quello che volete, datelo a chi volete, a me non interessa, perché non ho mai guadagnato niente e non li ho scritti per guadagnare. Io li ho messi insieme semplicemente perché potessero essere di aiuto alle persone per ritrovare la loro amicizia con Gesù. Tutto il resto a me non interessa. E anche lì, ma non solo lì, ci sono tante belle riflessioni per confessarsi bene. A chi me lo chiede lo spedisco sempre per e-mail, o anche su WhatsApp, come è più comodo. A chi me lo chiede mando questo Pdf dove in copertina c’è Gesù che va a prendere la pecorella, l’agnellino che si è perso tra i rovi, con lo scopo di fare una bella e santa confessione. Ma una non basta, quello è l’inizio. Potremmo definire che è la Confessione in generale se è tanti anni che non mi confesso, ma poi devo farla sempre, poi devo andare avanti, ecco perché vi auguro in questa Quaresima una santa Confessione, un santo amore per la confessione. 

Confessatevi spesso, non abbiate paura di disturbare i Sacerdoti. Vi rispondono male? Ringraziate e offrite come penitenza a Gesù questa umiliazione in sconto dei vostri peccati, non ha importanza. Supplicate Dio di darvi un bravo confessore, amate il Sacramento della confessione, attaccatevi con tutto voi stessi, non abbiate mai paura di andarvi a confessare, dite i peccati per quello che sono, diteli sinceramente, chiaramente, distintamente e precisamente. Quando poi uscite, siete le persone più belle, più liberi, più felici, più in pace e più serene dell’universo. Provare per credere. 

Domani sarà il giorno di desiderio. Vedrete che bello. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

PRIMA LETTURA (Ez 18, 21-28)

Così dice il Signore Dio:
«Se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato. Forse che io ho piacere della morte del malvagio – oracolo del Signore – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?
Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l’empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.
Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».

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