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Novena di Natale: la semplicità e la povertà

Coltivatori di patate

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 19 dicembre 2020

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Novena di Natale: la semplicità e la povertà

Eccoci giunti a sabato 19 dicembre, abbiamo ascoltato la Prima Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal cap. XIII del Libro dei Giudici che narra l’inizio della vicenda di Sansone. Noi siamo giunti al quarto giorno della nostra Novena, Novena fatta da don Dolindo Ruotolo. Il tema di oggi è la santa semplicità.

Quarto Giorno: La santa semplicità. Perchè Gesù è nato povero

“Lascio alla vostra pietà il meditare tutte le virtù di cui Gesù vi dà luminoso esempio nel santo presepe. Non posso però non suggerirvi due virtù che sono necessarissime, virtù che Gesù c’insegna con la sua medesima persona: la santa semplicità e la povertà. Ci sono forse persone più semplici dei bambini? Chi non li ama proprio per quel loro candore che li fa parlare e agire come sentono?”

La semplicità nei bambini è questo agire, questo parlare per come sono, per quello che hanno dentro, senza doppiezze, senza falsità, senza nascondimento, senza bugie.

“Ascoltate la parola di Gesù: Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3). Se tutti i fanciulli sono i nostri modelli, non deve essere il Bambino Gesù il nostro primo modello? Mettetevi dunque dinanzi agli occhi questo divino Bambinello e ricopiatelo in voi. Siate semplici nelle intenzioni, ossia nei motivi che vi spingono a operare; operate sempre per Dio, abbiate sempre Dio innanzi agli occhi, non profanate le azioni più sante con intenzioni indegne, come l’essere veduto, stimato, applaudito.”

Semplici nelle intenzioni, che sono i motivi che ci spingono ad agire. Agire sempre per Dio. Don Dolindo ci mette in avviso sul pericolo di condurre una vita doppia, una vita schizofrenica, dove all’esterno sembriamo persone devote, persone religiose che amano il Signore, poi all’interno tutt’altro. Lo capiamo da soli, è meglio una persona che vive tutta nel male, di una persona doppia, di una persona che non è fuori ciò che è dentro.

“Un’altra virtù che risplende nella Persona del divino Bambinello è la povertà. Quando noi meditiamo sulla nascita di Gesù e consideriamo la sua grande povertà, potremmo dire: “Come mai Dio si è ridotto così, avendo a sua disposizione il Cielo e la terra?”.

È debolezza, la sua povertà, oppure è misteriosa grandezza? Cari fedeli, non immaginiamo che Dio abbia potuto essere sopraffatto dalla nostra miseria, e che la sua povertà sia stata prodotta dalla miseria dell’uomo che lo scaccia e gli nega un riparo. No; questa piccola creatura umana non avrebbe potuto minimamente sopraffare il suo Dio. La povertà del Verbo Incarnato ha un significato più alto ed è per noi la redenzione del più tenace e più basso dei nostri sentimenti: il sentimento dell’avarizia e della ricchezza.”

Avarizia e ricchezza stanno insieme.

“Gesù Cristo ha preso la nostra carne per glorificare Dio e per salvarci. Egli, dunque, con la carne umana ha assunto le sue miserie e le sue sofferenze. La povertà che lo affligge non è quindi che l’effetto del suo amore e della sua Volontà.”

Ha voluto quella povertà in nome dell’amore che ha per noi.

“E poi, di quali ricchezze avrebbe potuto adornarsi Dio? Qualunque fasto lo avrebbe degradato, perché lo avrebbe ridotto al livello di un po’ di oro 0 di un drappo prezioso. Gesù, dunque, non poteva mantenere la sua potestà e la sua grandezza senza circondarsi di povertà. Un drappo ci avrebbe impressionati, ma avrebbe ridotto Gesù come uno di noi. O mistero di povertà! Gesù non si riduce come i poveri, ma si riduce peggio degli animali: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, disse Egli stesso, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Lc 9,58).

Chi di voi mi darà dei pannicelli per avvolgere il mio caro Gesù che muore di freddo? Chi di voi mi darà legnetti, affinché io li bruci per riscaldare quella grotta gelata? Chi mi darà un nascondiglio nella sua casa, un luogo qualunque, perché io Vi adagi il mio Dio e lo tolga dalla vista dell’asino e del bue?

Cari fedeli, Gesù è venuto a salvarci, e qual è il grande ostacolo alla nostra salvezza? E’ la cupidigia, il desiderio di possedere, che ci distoglie dai desideri del Cielo e ci rende in realtà più poveri di prima.”

Il desiderio di possedere non è assolutamente e unicamente, univocamente rivolto solo ai soldi o alle cose, il primo livello dove noi immediatamente esercitiamo il possedere è il livello delle relazioni umane, poi succede anche con le cose, ma innanzitutto succede con le persone. Noi illudendoci di amare, in realtà vogliamo possedere gli altri, possedere vuol dire controllare, vuol dire dominare, tenere legato a noi, vuol dire sapere, conoscere, è questa una piaga purulenta.

Da piccolino mi capitò di vedere un gatto affetto dalla rogna, una cosa terrificante, era tutto coperto da queste croste, da queste piaghe. Il desiderio di possedere, la cupidigia è la rogna dell’anima. E la rogna rende rognosi, quel gatto infatti era inavvicinabile, era cattivissimo, così sono i rognosi, i possessori.

Perché la bramosia ti fa diventare cattivo?

Perché di fatto tu non potrai mai possedere, non siamo stati creati per possedere l’altro, siamo stati creati per donarci all’altro, per ricevere l’altro come dono, ma non per possedere o essere posseduti. Ricordate l’esempio della sabbia che già vi feci, se io prendo una manciata di sabbia in mano e tengo la mano aperta tesa, la sabbia rimane lì, nel momento in cui io chiudo la mano a pugno, la sabbia esce tutta dalle dita delle mani, non la puoi tenere la sabbia se la stringi, così come una farfalla se ti sale sul palmo della mano e la lasci aperta, rimane lì, appena cerchi di chiuderla, scappa via.

Quando ero molto piccolo, mio nonno aveva un’abitudine che è durata per tanto tempo, quando andavamo a fare la passeggiata d’estate lui portava con sé un piccolo sacchettino di sale e poi quando lui si sedeva su una panchina a leggere mi diceva:

“Giorgio adesso ti dò questo sacchettino di sale, tu devi andare a mettere un pizzico di questo sale sulla coda di un uccellino. Se tu riuscirai a mettere un po’ di questo sale sulla coda di un uccellino, quell’uccellino sarà tuo per sempre”

Un esercizio da grandissimo pedagogo. Ed io andavo in giro a correre fino a morire, con questo sale in mano, e anche se poi mi avvicinavo all’uccellino non ce l’avevo più in mano, perché l’avevo perso. Non sono mai riuscito a mettere mai neanche un milligrammo di sale sulla coda di alcun uccellino. Mio nonno è morto e io non sono mai riuscito a mettere sulla coda dell’uccellino il sale. A distanza di quarant’anni comprendo il valore simbolico di quel gesto. I tuoi desideri non sempre incontrano la realtà, devi imparare ad educarli, a valutarli, a pesarli. Il tuo desiderio non può essere sempre realizzato. Hai tutto, le gambe, gli occhi, l’udito, la vista, il sale, ma se l’uccellino non si lascia mettere il sale sulla coda, tu non potrai mai metterlo. La realtà supera sempre il nostro desiderio e noi dobbiamo imparare a rinunciare al desiderio, perché le persone sono come gli uccellini, noi non abbiamo il diritto di mettere il sale sulla coda a nessuno. Non è giusto. Ogni uomo è solo di Dio e basta.

“Esaminate le condizioni dei ricchi: si riducono come insensati, desiderano maggiori ricchezze, non sono mai contenti di nulla. Gesù si è fatto povero, e chi potrà ardire di aspirare alle ricchezze?”

Se noi fossimo onesti dovremmo prendere il nostro presepe e buttarlo via perché noi non ci crediamo fino in fondo a quella povertà, noi crediamo alla ricchezza, alla ricchezza di questo possedere.

Vi auguro di cuore una santa giornata e la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo dice da su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Feria propria del 19 Dicembre

PRIMA LETTURA (Gdc 13,2-7.24-25)
La nascita di Sansone è annunciata dall’angelo.

In quei giorni, c’era un uomo di Sorèa, della tribù dei Danìti, chiamato Manòach; sua moglie era sterile e non aveva avuto figli.
L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: «Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio. Ora guardati dal bere vino o bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro. Poiché, ecco, tu concepirai e partorirai un figlio sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio fin dal seno materno; egli comincerà a salvare Israele dalle mani dei Filistei».
La donna andò a dire al marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; aveva l’aspetto di un angelo di Dio, un aspetto maestoso. Io non gli ho domandato da dove veniva ed egli non mi ha rivelato il suo nome, ma mi ha detto: “Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere vino né bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno della sua morte”».
E la donna partorì un figlio che chiamò Sansone. Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse. Lo spirito del Signore cominciò ad agire su di lui.

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