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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 28

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 28
Domenica 3 settembre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 16, 21-27)

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”.
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 3 settembre 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa messa di oggi, tratto dal capitolo sedicesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 21-27.

Un Vangelo, questo, che ancora ci riporta al libro che stiamo meditando e leggendo di Bonhoeffer, Sequela.

Volevo anche dire una cosa inerente proprio al giorno di oggi, e cioè che oggi ricorre, per coloro che sono devoti, il giorno dedicato a Gesù Bambino di Praga. C’è una bellissima orazione rivelata da Maria Santissima al venerabile Padre Cirillo della Madre di Dio, carmelitano scalzo e primo apostolo della devozione al Santo Bambino di Praga, so che molti sono devoti al bambino di Praga. Andate a leggere la storia perché è veramente toccante e affascinante, profondamente carmelitana, e mi sembrava giusto farlo presente.

Dunque, continuiamo la nostra lettura.

Gesù ha chiamato tutti gli oppressi da sofferenze e pesi perché depongano il proprio giogo ed assumano il suo, che è soave, e il suo peso, che è leggero.

Il suo giogo e il suo peso, noi potremmo chiederci: che cosa sono? Che cosa intende Gesù quando dice: “Prendete il mio carico sopra di voi, prendete il mio giogo sopra di voi”. Che cosa intende per giogo e per peso? Intende la croce.

Il suo giogo e il suo peso è la croce. Mettersi sotto questa croce non equivale a miseria e disperazione, ma è ristoro e pace per l’anima, è la gioia più alta. Qui non siamo più sottoposti a leggi e pesi imposti da noi stessi, ma al giogo di colui che ci conosce e che procede con noi sotto lo stesso giogo. Sotto il suo giogo siamo certi della sua prossimità e comunione. Chi si pone nella sequela trova, quando si assume la propria croce, Gesù stesso.

Ecco, questo è importante. Ripete ancora quanto detto fin qui, però con questo ulteriore approfondimento che ci aiuta a capire che il giogo di cui parla Gesù è proprio la sua croce. E noi siamo chiamati, proprio in virtù della sequela, a portarla.

Bene, quest’oggi iniziamo un nuovo capitoletto: “La sequela e il singolo”. Anche questo credo che sarà molto, molto bello; leggiamo:

«Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle, e anche la sua propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26).

Bonhoeffer inizia questo capitoletto proprio con questo passo del Vangelo, questo versetto del Vangelo di San Luca, e adesso ce lo spiegherà. Vediamo che cosa ci dice: 

La chiamata di Gesù alla sequela fa del discepolo un singolo.

E qui si aprirebbe un mondo, sul tema della singolarità.

Che lo voglia o no, deve decidersi, e deve farlo da solo. Non è una scelta propria, quella di voler essere un singolo, ma è Cristo che rende tale colui che chiama. — Bellissima, questa è bellissima — Ognuno è chiamato da solo. Da solo deve seguire [Gesù]. Nel timore suscitato da questa solitudine, l’uomo cerca protezione nelle persone e nelle cose che lo circondano. Di colpo scopre tutte le sue responsabilità e si aggrappa ad esse. Vuol decidere facendosi schermo di queste, e non vuol trovarsi da solo al cospetto di Gesù, non vuol essere costretto a decidersi guardando a lui solo. Ma chi è chiamato in quest’ora non trova riparo né nel padre né nella madre, né nella moglie né nei figli, né nel popolo né nella storia. Cristo vuol mettere l’uomo nella condizione di solitudine, perché questi deve poter vedere soltanto colui che l’ha chiamato’.

Questo è importantissimo! Guardate, è talmente vero, talmente importante, talmente profondo che io purtroppo non potrò commentare approfonditamente ogni parte di quello che vi ho letto adesso, perché c’è veramente da scriverci un altro libro su queste cose, quindi farò degli accenni, mi perdonerete, ma di più non è possibile.

La chiamata di Gesù alla sequela fa del discepolo un singolo.

Cioè, il discepolo

Che lo voglia o no, deve decidersi

rispetto alla chiamata, e questa decisione deve farla da solo.

Non è una scelta propria

Ecco, questo è importantissimo: questo essere un singolo, cioè la singolarità del discepolo, non deriva da una propria scelta, non è un’affermazione di sé stesso, non è un’idea geniale che lui ha avuto — guardate, è esattamente il contrario di quello che il mondo oggi ci propone — ma essere singolo è un dono di Cristo. Cioè, è Cristo che rende singolo il suo discepolo, che rende singolo colui che chiama.

Capite? È diversa la prospettiva: io non sono un singolo, una singolarità, perché io mi sento tale, perché io mi decido così, perché io voglio così, perché ho capito così di me. Ma io sono una singolarità perché è Cristo che mi rende tale attraverso la chiamata. Perché ognuno è chiamato da solo, e quindi da solo deve seguire Gesù. 

Ora che cosa succede? Che il mondo propone questa singolarità come una grandissima, stupenda, meravigliosa conquista; certo, perché parte dal soggetto, perché parte dall’uomo e allora non crea problemi, anzi crea solo diritti, non crea doveri quando questa singolarità parte dall’uomo e quindi finisce ancora sull’uomo; ma quando parte da Dio, ed è a motivo della chiamata di Cristo che il discepolo si scopre un essere singolare, e quindi è chiamato da solo e da solo deve seguire Gesù, allora che cosa succede? Eh, succede che invece di esserci questo grandissimo entusiasmo, questa grandissima effervescenza, nasce il timore. 

Questa solitudine legata alla singolarità fa nascere il timore. E allora l’uomo cerca la protezione nelle persone e nelle cose. Pur di non trovarsi come essere singolare — vedremo dopo in che senso, cioè davanti a chi, è questo il tema — pur di non trovarsi da solo in questo senso, l’uomo fugge nella protezione delle persone, delle cose. 

Forse sarà per questo che oggi questo mondo ci propone una compensazione via l’altra rispetto alla solitudine? Pensate a tutto ciò che viene proposto per occupare il silenzio e per occuparci quando siamo soli. Il mondo si è preoccupato di fare in modo che, se noi vogliamo, non siamo mai soli. Non siamo mai singolarità. Se non siamo singolarità, diventiamo parte della massa e questo può diventare un problema.

Quindi: l’uomo cerca protezione nelle persone e nelle cose e di colpo scopre tutte le sue responsabilità. Diventa improvvisamente responsabile di tutto e di tutti, e si aggrappa a queste responsabilità. Quindi si fa schermo — attraverso le responsabilità, attraverso tutto quello che ha a disposizione — per che cosa? Per non trovarsi da solo al cospetto di Gesù. Ecco da cosa fugge.

L’essere singolare del discepolo in funzione della chiamata di Gesù, fa nascere — grazie al cielo non in tutti — il timore. Questo sì che è un timore malsano, questo non è il santo timore di Dio. Chissà perché di questo timore non si parla mai, ma si parla sempre e a sproposito del timor di Dio, come se fosse qualcosa di negativo. No, quello è positivo, il santo timor di Dio, che è un dono dello Spirito Santo. Questo timore, invece, viene dato da una cosa negativa, cioè dal fatto che il “discepolo”, percependo questa chiamata alla solitudine/singolarità (vanno insieme), di che cosa ha paura? Perché ha questo timore per cui si attacca, si compensa, si difende, si scherma… Da che cosa fugge? Di che cosa ha paura? Ha paura di trovarsi da solo al cospetto di Gesù. Non vuole essere costretto a decidere di sé guardando solo a Gesù. Questo è il problema.

Vi siete resi conto che in neanche dieci righe Bonhoeffer ci ha messo il cuore battente così all’aperto? Ci sta facendo vedere proprio il cuore che batte. In dieci righe ha fatto una toracotomia della vita spirituale.

E quindi l’uomo fugge, perché non vuole trovarsi da solo al cospetto di Gesù, non vuole decidersi guardando a lui solo. Pensiamoci… pensiamoci se forse, magari, anche noi non siamo tra questi fuggitivi. Se anche noi forse non siamo parte della massa, se non siamo ancora esseri singolari. Nel senso che siamo chiamati, ma il timore del cospetto e dello sguardo di Gesù e del dovermi decidere in relazione a questo, mi fa schermare e fuggire, cercando consolazione e protezione — interessante che usi la parola protezione — nelle cose, nelle persone. Questo timore mi spinge a pensare che io devo proteggermi da Gesù! Non penso che di dovermi proteggere dal mondo, dal diavolo, dalla carne, come dice San Giovanni, no no, penso di dovermi proteggere da Gesù, da Dio! Se questa non è una cosa demoniaca… 

E sentite cosa dice adesso:

Ma chi è chiamato in quest’ora non trova riparo né nel padre né nella madre, né nella moglie né nei figli, né nel popolo né nella storia. 

Da nessuna parte! Non trova nessun riparo! Non c’è riparo per il chiamato. Perché il chiamato, che lo voglia o no, deve prendere una decisione. Cioè, dire sì o dire no. Il giovane ricco, per esempio, deve scegliere e deve farlo da solo, è inutile che cerchi protezione nelle persone, nelle cose, inutile che cerchi di schermarsi attraverso le sue responsabilità. No no, non ci sono storie. “Ah, ma questo non è il mio compito”, “Ah, ma prima c’è questo, ma prima c’è quello… “. No no. Non si scappa da qui. Da qui non si scappa. Devi prendere una decisione e devi prenderla da solo. Tutti questi legami e tutte queste realtà — padre, madre, moglie e figli, popolo, storia — non ti potranno proteggere, non ti potranno evitare la fatica del deciderti rispetto alla tua singolarità, che vuol dire alla tua chiamata. 

Dice Bonhoeffer:

Cristo vuol mettere l’uomo nella condizione di solitudine, — vuole proprio metterci in questa condizione — perché questi deve poter vedere soltanto colui che l’ha chiamato

E quindi diventa veramente un rapporto a due.

Mi fermo qua. Abbiamo letto poche righe, come sempre, però, guardate, sono talmente dense che va bene così. 

Riflettiamo su queste cose e, se ci scopriamo “infarciti” di massa, se ci scopriamo travolti dall’onda, dal magma della massa, che quasi non riusciamo più neanche a vedere la nostra singolarità rispetto alla massa; se sentiamo la chiamata come una cosa lontana e sentiamo invece forte il timore di trovarci al cospetto di Gesù, guardando lui solo, ecco, allora forse è giunto il giorno in cui, proprio davanti al Bambino Gesù di Praga, possiamo rimettere un po’ di ordine e accettare questa solitudine, accettare di stare al cospetto di Gesù, di guardare lui solo. 

Ecco che il richiamo all’Eucarestia in questo caso è d’obbligo. Forse sarà per questo che non riusciamo a stare per un po’ di tempo davanti all’Eucaristia e, soprattutto, in silenzio? Davanti all’Eucarestia si chiacchiera, si canta e si balla, si danza, si leggono le riflessioni. Ma il silenzio? Perché non riusciamo a fare silenzio davanti a Gesù Eucarestia. Perché sembra una cosa così impossibile stare zitti? 

E guardate che per silenzio non intendo solo quello che ho appena detto. Per esempio, perché l’Adorazione Eucaristica deve trasformarsi in una sala di lettura? Impariamo a stare davanti a Gesù Eucarestia senza fare niente. Né preghiere vocali, né leggere libri, niente, nulla: “Signore, parla, il tuo servo ti ascolta”. Fine! Quanto c’è voluto? Tre secondi per dire questa frase. Poi il resto del tempo me ne sto zitto davanti al Signore; “Ah, ma se io faccio così mi distraggo, ma se io faccio così, mi addormento…”. Fa niente. Fa niente. Fa niente. All’inizio sarà così. All’inizio ti distrarrai tanto, all’inizio ti addormenterai tanto, va bene. Ma stai tranquillo che Gesù Eucaristia, quando tu sei lì davanti, disponibile e aperto, stai tranquillo che Gesù Eucarestia fa quello che deve fare.

Quando ti portano in sala operatoria è fondamentale che tu faccia tanta nanna. Infatti, sapete, di solito c’è questo bellissimo colloquio con l’anestesista, che poi è quello che in sala operatoria ti parla più di tutti, perché ti mette lì, poi ti mettono le cose dell’elettrocardiogramma, poi ti mettono le cose della pressione, poi ti mettono il saturimetro e poi ti dicono: “Eh ma insomma, è un po’ agitato. Ma perché è così agitato?”. Intanto tu parli, ti distrai, loro si muovono, si mandano le loro occhiate, i loro segnali “morse” con gli occhi. Sono bravissimi, sono veramente bravissimi perché, se si ha un attimo di distacco da sé e li si guarda un po’ da lontano, si vede proprio che è veramente un’arte mettere il paziente a proprio agio, prepararlo per l’intervento chirurgico e prepararlo senza che si agiti troppo, perché poi magari sei ancora sveglio, ti devono coprire con i teli, ti devono disinfettare, mettere su tutti i loro disinfettanti, e intanto tu sei lì che guardi…

Se poi notate c’è sempre quel tavolino — non è giusto dire tavolino, adesso i chirurghi mi sgridano, ma per intenderci — quel tavolo che chiamo tavolino, quella sezione a lato che è coperta, e vedi spuntare da sotto questa coperta verde, questo telo verde, qualche ferro. Solitamente c’è lì davanti un’infermiera, che penso sia la ferrista o il ferrista, seduto fermo, che fa come da schermo a ciò che gli sta dietro, che appunto è la zona dei ferri e che viene coperta. Per delicatezza non ti faccio vedere cosa poi userò su di te, perché appunto sennò uno si spaventa, si agita, anche perché uno che non sa come funzionano le cose, si immagina le cose più terribili del mondo.

E il compito, appunto, dell’anestesista, è quello di prepararti, di rassicurarti, di dire: “Ma no, ma stia tranquillo, guardi, adesso cominciamo a fare questa piccola puntura, che la calmerà, vedrà che poi il cuore…” Che tu senti il tuo battito cardiaco che va un po’ troppo veloce, poi ti dicono: “Ma è agitato?” — “Io?? Io no, io agitato?” — “Ma guardi in video cosa sta facendo ‘sto cuore, sembra una pallina impazzita che salta fuori dallo schermo” — “No, io non ho paura, assolutamente”. Fortunatamente il nostro corpo non mente mai! Quindi ti fanno questa bella punturina dove ti calmano un po’, poi ti dicono: “Guardi, allora adesso ci siamo. Tra pochissimo farà tanta bella nanna. E stia tranquillo e tra poco poi ci rivedremo”. 

Poi ti iniettano il liquido direttamente nella flebo in vena e poi ti dicono: “Comincia a contare da dieci a zero”. E tu parti: “Dieci-nove-otto…” TUM! Basta, non ci sei più, finito tutto, ed è fondamentale che sia così. Perché a quel punto poi procedono. Tu ormai non ci sei più, coscientemente non sei più presente e inizia tutto un procedimento che ti prepara affinché tu sia praticamente morto, come morto. Non si muove più nulla. Ti spediscono in una sorta di sonno profondissimo, che consentirà ai chirurghi, poi di agire e di fare quello che devono fare. Uno dice: “Eh, ma io cosa faccio?” — “Niente. Tu devi solo dormire, tu non devi fare niente. Sono loro che fanno. Anzi, tu meno fai meglio è”.

Davanti a Gesù, che è il chirurgo dei chirurghi, è la stessa cosa. Noi dobbiamo lasciarlo agire, noi dobbiamo dire: “Signore, parla che il tuo servo ti ascolta”. Immaginiamoci la Vergine Maria come la nostra meravigliosa anestesista, che ci prepara a questi interventi chirurgici di grandissima specializzazione, di grandissima levatura spirituale, che il Signore fa nella nostra anima senza che noi ne accorgiamo; quando ci svegliamo nella sala operatoria, non ci siamo accorti di niente, eppure è già fatto tutto. La stessa cosa fa il Signore; non ci accorgiamo di niente, eppure… Lui fa tutto. E magari poi, col passare del tempo, diciamo: “Ma pensa, avevo quel difetto lì, avevo quella cosa lì che non andava bene; guarda adesso come è cambiato? Guarda adesso come le cose sono migliorate, come sto meglio. Guarda quel fratello, quella sorella, come riesco a sopportarla meglio, guarda con la purezza com’è migliorata. Eh, certo, dove è accaduto? Davanti a Gesù Eucarestia.

Impariamo a stare in silenzio. E se ci addormentiamo, fa niente! Succederà così le prime volte, il primo mese. Andiamo avanti, perseveriamo, nella consapevolezza assoluta che il Signore agisce anche se ci addormentiamo, anche se ci distraiamo, però siamo lì. Siamo lì. “Gesù, sono qui per te, sono qui con te. Poi va bene, col tempo imparerò a fare l’orazione, ad essere concentrato, a non distrarmi, a non dormire. Va bene, ma intanto sono qui, adesso è quello che posso fare”. 

Magari all’inizio non faremo un’ora perché sennò ci perdiamo, ma faremo — non so — un quarto d’ora, dieci minuti; va bene, in questi dieci minuti io rimarrò concentrato due — che sarebbero già tanti — e poi per gli altri otto vado per campi; e va bene, pazienza, non è un problema. Vedrai che tra un mese starai concentrato cinque, poi sei, poi dieci, e così aumenterà sempre di più.

Lasciamoci condurre nella solitudine dal Signore, stiamo al suo cospetto sotto il suo sguardo e guardiamolo. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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