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Rispettare la sacralità delle persone

ArnoldFriberg-Mose e il roveto ardente

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 28 febbraio 2016 (S. Messa del giorno).

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Rispettare la sacralità delle persone

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Abbiamo ascoltato nella prima lettura di questa terza domenica di Quaresima, tratta dal Libro dell’Esodo, capitolo 3, questo grande spettacolo (così dice Mosè) del roveto, di una fiamma di fuoco in mezzo al roveto, che arde senza consumarlo, è un fuoco soprannaturale, ovviamente.

Il fuoco di Dio, la presenza di Dio, che arde nelle anime in Grazia di Dio, non fa mai male, arde senza consumare, perché Dio non divora nessuno, Dio non si nutre di nessuno, Dio dona senza consumare, Dio risplende senza accecare, perché è rispetto.

Il Signore vide che si era avvicinato per guardare, Dio gridò dal roveto: «Mosè, Mosè, non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!»

Sarebbe bello se questa voce di Dio, questo fuoco che arde senza consumare presente nell’anima di ogni uomo, perché Tempio dello Spirito Santo, perché, come scrive la Beata Elisabetta della Trinità, Abitazione della Santissima Trinità (ecco il fuoco che arde, che è presente in ogni uomo) noi fossimo in grado di ascoltarlo, di ascoltare questo grido di Dio che da ciascun uomo esce verso di me.  Come se lo dicesse a me: «Giorgio Maria, Giorgio Maria, non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo, la persona, l’anima, sul quale tu stai, è terreno santo! Tu ti stai avvicinando al sacrario di Dio, che è la coscienza, che è il talamo nuziale, il luogo dove Dio parla alla persona. Non avvicinarti oltre! Stai al tuo posto! Rispetta la sacralità della persona. Togliti i sandali, cioè assumi un atteggiamento umile, di colui che è cosciente che non sta camminando ovunque, ma si sta introducendo dentro a questa sacralità!»

Purtroppo, la nostra vita di cristiani cattolici è spesse volte tempestata esattamente dal contrario.

Quante mancanze di rispetto!

Quante mancanze di presa di consapevolezza che ogni uomo è tempio dello Spirito Santo!

Quanti modi brutti, ingiusti, frettolosi, cattivi, irrispettosi, egoisti, quanti modi squallidi, dissacratori, vivono in noi verso gli altri!

Io non posso aiutare mio fratello bisognoso, se dentro lì io non sento la voce di Dio che grida a me, e mi chiama: «Il luogo sul quale tu stai è terra santa! Togliti i sandali! Non avvicinarti oltre!»

Sapete, c’è un modo di fare la carità che è brutto, perché è un fare la carità dove io la faccio da padrone, dove io in questa maniera esercito un potere, dove si sente che io sono quello che sta bene e l’altro è quello che sta male, dove si crea un dislivello tra me che sto in alto e lui che sta in basso perché è nel bisogno, perché lui ha bisogno di me, si sente che lui ha bisogno di me e si sente che io sono quello che lo aiuto, lo si sente e lo si vede.

Questa non è carità di Cristo, questo non è il modo di fare la carità!

«Non sappia la sinistra quello che fa la destra!», dice Gesù, e noi facciamo la carità mettendo fuori i tromboni.

Tutti che vedono, tutti che sanno, tutti che applaudono, tutti che conoscono i più piccoli gesti di carità che facciamo. Questa non è la carità del Vangelo!

Questo è il modo falso di fare carità degli scribi e dei farisei, che suonano nelle piazze le campane per farsi vedere e sentire.

La carità vive di questa coscienza sacrale della assoluta unicità e divinità, che sta in ogni persona che mi sta accanto, perché è abitazione dello Spirito Santo. Questo fuoco arde in ogni uomo, ovunque, sempre, anche nell’uomo più peccatore del mondo, e per questo dobbiamo avere rispetto.

Quante mancanze di rispetto tra marito e moglie!

Quante tra genitori e figli, tra frati, tra preti, tra suore, tra amici, tra colleghi di lavoro, quante mancanze di rispetto!

Motivate, per l’amor del Cielo, tutte motivate!

C’è sempre una ragione per andare all’Inferno, ce ne sarà sempre una!

C’è sempre una ragione per tradire Cristo, Giuda ne aveva più di una per tradirlo!

Motivate, tutte sempre dorate, motivate e giustificate, fatto sta che sono tutte mancanze di questa sacralità dell’altro, fatto sta che con questo modo di fare io affermo un potere satanico, che rinnega la presenza di Dio in quella persona, per esercitare il mio potere.

Io non tolgo i sandali, io non mi fermo, ma ci vado sopra e la calpesto, la schiaccio, cerco di dissacrarla, cerco di strappare tutto ciò che di Divino c’è. In ultima analisi, cerco di spegnere quel fuoco, perché la presenza di quel fuoco dice che io non sono il tutto di quell’anima, giustamente, io sono uno spettatore, come Mosè, che rimane a contemplare la meraviglia di questo fuoco che arde, non gli mette sopra le mani per prenderlo, per spegnerlo, non va a sindacare, non va a curiosare, lo contempla da lontano.

«Fermati! Non andare oltre! Non ti avvicinare! Togliti i sandali!», quasi che Dio dicesse: «Qui si cambia musica! Quando hai a che fare con le persone, non è come avere a che fare con le bestie o con le macchine, qui hai a che fare con le persone, quindi togliti i sandali! Non si cammina come si cammina da tutte le altre parti! Devi prenderne coscienza».

Infatti il Papa ci dice che dobbiamo essere una Chiesa da campo, lui dice che dobbiamo essere questa Chiesa non degli specialisti con gli ammalati che hanno degli pseudo problemi, non con delle specializzazioni di chissà quale cosa, ma deve essere questa Chiesa da campo che tratta questi casi urgenti, i casi di vita o di morte, i casi estremi, dove si opera sul campo come in tempo di guerra, questa Chiesa in uscita, che non si chiude su se stessa, ma va verso l’altro, questa Chiesa che si apre al bisogno più profondo e più autentico della persona, questa Chiesa che punta l’attenzione sugli altri, sugli altri nel senso dei bisogni primari della persona. Parole sante.

Certo, parole sante…peccato che però vorrei vedere se nelle nostre chiese entrasse una prostituta…

Cosa faremmo?

Non abbigliata da Madonnina infilzata come noi, no, no, proprio una prostituta…se entrasse e volesse partecipare alla Santa Messa, o altre persone di questo genere…chissà noi! Chissà noi!

Sapete i cristiani cattolici sono tutti devoti di Dio ma, appena entra qualcuno in Chiesa, fanno così… per andare a guardare, per vedere, per misurare, tutto per misurare: altezza, profondità, età, larghezza, status.

Ci sarebbe posto?

No. Infatti non entrano, nel senso che non entrano vestite per quello che sono, perché ci sono, ci sono tra di noi persone che fanno queste cose, che vivono in questa maniera, ma ovviamente vestite bene, certo, perché noi siamo la cultura dell’apparenza.

Con la parola diciamo che dobbiamo essere la Chiesa in uscita, con la parola diciamo che dobbiamo essere la Chiesa da campo, ma poi di fatto, nella realtà siamo sempre tra di noi, guai se uno è diverso!

Guai se uno manifesta la sua diversità, perché non c’è posto, non c’è posto!

Perché fino a quando viene tutto nascosto, viene sepolto dentro l’apparenza di una vita falsa, allora, per noi che ci nutriamo di apparenza, va tutto bene, basta che non si sappia, ma se questa cosa emerge…

Ma io mi domando: «Perché una Chiesa sia una Chiesa da campo, vuol dire che è dentro ad una guerra, giusto?»

Ok, vuol dire che è dentro ad un disastro o a qualcosa.

Benissimo.

Vuol dire che questa realtà di campo sta operando a favore di qualcuno, allora domanda: «Ma se questi qualcuno, che sono lì in guerra, non sono una famiglia, cosa andiamo ad aiutare chi? Se noi non siamo Chiesa, non siamo famiglia, cioè non c’è questo clima familiare dove è possibile essere sé stessi, chi aiutiamo? Andiamo a prendere chi?»

Prima, quando eravamo in sacrestia a prepararci per la Messa, oltre a tutte le cose belle ordinate, fatte bene dalle Sorelle, c’era anche un bel tepore, si stava bene, poi, quando si è insieme a pregare, quel calore diventa ancora più forte, cioè proprio fisicamente tu senti questa bella sensazione della realtà domestica, della Chiesa domestica, senti proprio che c’è calore umano oltre che calore fisico concreto.

Quando abbiamo aperto la porta e siamo usciti per venire in chiesa (aspettiamo sempre in corridoio un secondo che arrivi il momento giusto per partire), mi è venuto da dire: «Mamma che freddo che fa qui!», ma non era solamente il freddo della pioggia di oggi, proprio il freddo del luogo di passaggio.

Fa freddo…dove non c’è casa, fa freddo, c’è freddo.

La strada è fredda, fa freddo dove non c’è questa unione, dove non c’è questa appartenenza, c’è freddo, si sta male.

Allora è per questo che Gesù nel Vangelo dice: «Credete che quelli lì siano più peccatori degli altri?»

Io, quando andavo in carcere (sembra che siano passati cinquecento anni, ma in realtà solamente pochi, perché qui gli anni volano, c’è una mutazione culturale-religiosa incredibile), mi ricordo che c’era il tema caldo dell’AIDS, assolutamente ancora molto moderno, ma non se ne parla più, e mi ricordo che nel consesso degli uomini non giusti, quando ci si trovava per discutere i casi si diceva: «Ecco, questa persona abbiamo saputo che è siero positiva…», ed era sempre quella la frase: «Come vuoi che l’abbia presa? Sì, ti dicono che l’hanno presa dal dentista, ma poi non è vero, là si prende in quel modo lì e basta…»

Credete forse che quelli siano più peccatori degli altri?

Credete forse che quella persona è più peccatrice degli altri?

Quando alla sera mi capita di ritornare in macchina dall’autostrada, su quella strada che c’è per tornare in convento, ci sono sempre una, due, tre, quattro prostitute.

L’altra sera ce n’era una seduta con l’ombrello in mano, e guardate mi ha fatto una tenerezza, una tristezza, sta povera ragazza, e proprio dicevo: «Mah…»

Poi, mentre andavo in macchina, mi sono detto: «Pensa te…e poi a me tocca assolvere quelli che vanno con queste persone, che vengono lì a dirti: “Io ho fatto peccato perché ho tradito mia moglie per andare con una prostituta”, come se stesse dicendo: “Ho fatto peccato perché ho mangiato un po’ di nutella in più”, senza battere un fiato, senza dire una parola, niente, come se stesse confessando la cosa più normale della terra;  tra una parola in più, il non essere andato a Messa alla domenica e magari, non so, aver visto un film di troppo: “Ecco poi confesso anche di aver fatto questa cosa”».

Ma quella lì è una persona!

Sapete cosa ho pensato?

Io ho provato dispiacere non per lui, ma per lei, perché mi sono venute in mente alcune persone e mi sono detto: «Mamma, che schifo! Che schifo! Pensa Giorgio a vederti davanti quello lì, sporco, brutto… e pensa un po’ quella povera ragazza cosa deve fare. A me dà fastidio solamente nel momento in cui si presenta».

Ma va tutto bene, noi dobbiamo dire che va tutto bene, noi tolleriamo queste cose, la nostra coscienza le tollera, salvo poi puntare il dito sulle persone, salvo poi dire: «Eh certo, gli vengono le malattie… Eh certo, cosa vuoi che sia? Vedi, il male è la presenza di queste persone».

No, queste persone, se non ci fosse nessuno che va, avrebbero finito di fare quello che fanno, perché non stanno una notte al freddo e al gelo con l’ombrello in mano solamente per guardare il pavimento; se ci stanno, è perché c’è qualcuno che si ferma, e tra questi qualcuno ci sono gli sventurati cristiani cattolici che vanno lì e il giorno dopo vanno in chiesa, e il giorno dopo hanno il coraggio di andarsi a confessare, come se avessero mangiato una caramella in più.

Questa è una cosa abominevole!

Questa è una cosa gravissima!

Bisogna dire che è gravissimo, che è un crimine contro le persone, che non si risolve con una banale confessione, dicendo un peccato, ma ci vuole una vita di penitenza, una vita dove mi strappo la pelle, per chiedere perdono a Dio di quello che ho combinato, del male che ho fatto!

È per questo che Gesù dice: «Se non vi convertite, perirete tutti alla stessa maniera», per questa ragione, perché dice: «Svegliati! Svegliati finché sei in tempo! Guarda che la tua coscienza non funziona giusta, perché tu sei capace di far stare insieme Dio e il diavolo, e non si può. Non si può, non puoi farli stare insieme. Tu devi creare una separazione netta e un rinnegamento assoluto di questa realtà completamente fuori da Dio, qualunque essa sia. Ti devi convertire!»

Altrimenti è inutile che tu dici: «A quello è successo, perché lui vive nel peccato».

No, no, no.

Sono ammonimenti, per dire a me: «Stai attento! Oggi è toccato a lui, domani tocca a te! Vivi nella stessa maniera o ti converti?»

Quanta leggerezza c’è nel nostro modo di confessarci!

Noi non siamo capaci di confessarci, ci confessiamo malissimo e raramente: non sappiamo dire i peccati, la confessione diventa una narrazione, sembra l’epica, ma la confessione non è un libro di epica, non è una narrazione, è dire i peccati; i peccati più gravi li diciamo sempre per ultimi, perché abbiamo una vergogna orrenda di dirli e biascicando di corsa, però quando li hai fatti non avevi vergogna, però quando li hai fatti li hai fatti bene, e li hai fatti fino in fondo, e li hai ripetuti, e li hai fatti nel dettaglio, mente quando li confessi, li confessi per sommi capi.

Poi diciamo: «Dio è misericordioso».

Sì, ma non è stupido!

È vero che è misericordioso, ma non è stupido.

Sapete perché c’è la Misericordia di Dio (e concludo)?

La Misericordia di Dio non è un indulto, non è il “tanto quanto”, non va a chili la Misericordia di Dio!

La Misericordia di Dio c’è per questa ragione: per il peccatore, non è per i paolotti o per i bigotti o per gli ipocriti, quelli non c’entrano niente, sono fuori!

La Misericordia di Dio è per il peccatore, sapete perché?

È semplice: perché al peccatore, a colui che sa di aver peccato, quando prende coscienza di aver peccato, davanti agli occhi si apre una strada sola, la disperazione.

Questo è il peccatore!

Colui che, guardando il suo male, dice: «È finita! Per me è finita!»

C’è la disperazione e quindi il suicidio…ecco Giuda.

Questo è il peccatore, colui che si vede e dice: «Non ho più speranza».

In quel preciso istante, si inserisce la Misericordia di Dio che dice: «No, non è vero! Tu sei cosciente del tuo peccato? Bene, io sono qui per dirti che io sono la tua speranza».

Questa è la Misericordia!

Non è quella roba melassa e melensa che diciamo noi del “tanto quanto”, no, non c’entra niente, è questa cosa qua: «Io sono qui per dirti che c’è una speranza, ma se tu ti senti peccatore, se tu ti vuoi convertire, se tu sei veramente pentito, se tu riconosci la gravità reale del tuo peccato. Io sono qua per dirti che c’è un domani».

Noi, quando è stata l’ultima volta che abbiamo pianto i nostri peccati?

Pianto sui nostri peccati?

Quando è stata l’ultima volta che abbiamo pianto di gratitudine per il perdono che Dio ci ha dato?

Quanto tempo dedichiamo all’esame di coscienza?

Quanto tempo dedichiamo a preparare la confessione?

È da qui che si capisce se io sono un peccatore, è da queste cose.

Che il Signore ci conceda la grazia di una vera conversione!

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

 

Letture del giorno

III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

Prima lettura

Es 3,1-8.13-15
Io-Sono mi ha mandato a voi.

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

Salmo responsoriale

Sal 102

Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Seconda lettura

1Cor 10,1-6.10-12
La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

Canto al Vangelo (Mt 4,17)

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo

Lc 13,1-9
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

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