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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 35

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 35
Lunedì 11 settembre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 6, 6-11)

Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 11 settembre 2023. Oggi ricordiamo la beata Madre Maria Pierina De Micheli, Apostola del Santo Volto di Gesù. A chi non dovesse conoscere questa beata, consiglio caldamente di leggere qualche testo che presenta un po’ la sua vita. Ce n’è uno, scritto da Paolo Risso, Innamorata di Gesù. Madre Pierina De Micheli (1890-1945) edito da San Paolo. Sono sicuro che troverete un grande vantaggio spirituale leggendo quel libro.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo sesto del Vangelo di san Luca, versetti 6-11.

Proseguiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer, Sequela. 

Prosegue e scrive:

«Beati coloro che portano [su di sé] la passione, perché saranno consolati». Ogni ulteriore beatitudine approfondisce la frattura fra i discepoli e il popolo. Sempre più visibilmente la schiera dei discepoli è chiamata ad uscir fuori. Coloro che portano [su di sé] la passione sono appunto coloro che sono disposti a vivere nella rinuncia a ciò che il mondo chiama felicità e pace, che non possono esser resi consonanti al mondo, che non sanno adeguarvisi. Sopportano la passione a causa del mondo, della sua colpa, del suo destino e della sua felicità. Il mondo fa festa e loro se ne stanno discosti, il mondo grida: godetevi la vita ed essi sono nella tristezza. Vedono già che la nave, dove si celebra la festa, ha una falla. Il mondo fantastica di progresso, forza, futuro, i discepoli hanno presente la fine, il giudizio e l’avvento del regno dei cieli, nei cui confronti il mondo non ha alcuna predisposizione. Perciò i discepoli sono stranieri nel mondo, ospiti sgraditi, disturbatori della pace, che vengono respinti.

Cosa dice Bonhoeffer? Ogni beatitudine, ogni ulteriore beatitudine, dopo la prima che abbiamo letto, approfondisce questa frattura fra i discepoli e il mondo. I discepoli si vede che sono proprio chiamati a uscire fuori dal mondo. Uscire fuori dal mondo. Voi direte: “Ma cosa si intende con questo uscire fuori? Devo andare a vivere sui monti? Dobbiamo diventare tutti monaci e monache?” Bonhoeffer adesso ce lo spiega:

Coloro che portano [su di sé] la passione sono appunto coloro che sono disposti a vivere nella rinuncia a ciò che il mondo chiama felicità e pace.

Ecco cosa vuol dire uscire fuori dal mondo. È questo: rinunciare a ciò che il mondo chiama felicità e pace. Coloro che portano la croce non possono essere resi consonanti al mondo, ecco perché escono. Non sanno adeguarvisi, non son capaci di adeguarsi al mondo. A uno sguardo superficiale sembrano quasi dei dissociati, degli asociali, perché non riescono a adeguarsi: questo vuol dire uscire.

Sopportano la passione a causa del mondo, della sua colpa, del suo destino e della sua felicità.

È proprio un soffrire. Ecco perché Gesù dice: «saranno consolati». Sopportano questa passione terribile.

Il mondo fa festa

ma loro si discostano, prendono le distanze dalla festa del mondo.

il mondo grida: godetevi la vita ed essi sono nella tristezza.

Quante volte si sentono queste grida: “Godetevi la vita, goditi la vita, rifatti una vita, ma chi te lo fa fare? Ma non esagerare. Nessuno fa così. Perché devi fare il diverso?” E via di seguito. 

Eppure, i discepoli sono nella tristezza; la tristezza quella secondo Dio, direbbe San Paolo, non la tristezza dei depressi. Tutto questo perché? Perché “vedono che la nave ha una falla”. Dove tutti fanno festa, i discepoli vedono che la nave ha un buco.

E se il mondo ha presente il progresso, il futuro, la forza i discepoli hanno in mente la fine, il giudizio e l’avvento del regno dei cieli.

Tutta un’altra prospettiva! 

Di conseguenza i discepoli sono stranieri; di conseguenza sono ospiti sgraditi; di conseguenza disturbano la pace; di conseguenza vengono respinti.

Perché? Perché non appartengono. Essendo discepoli di Gesù, non possono appartenere al mondo. Per questo sono stranieri, per questo non sono graditi, per questo sono disturbatori della pace, per questo vengono respinti. Esattamente la stessa cosa che si fa con Gesù. Quindi Gesù dice: “Beati coloro che soffrono perché saranno consolati”. Questa è la sofferenza di cui parla il Signore. 

Prosegue Bonhoeffer: 

Perché la comunità di Gesù resta inevitabilmente estranea a tante feste celebrate dal popolo in mezzo a cui vive?

Uno dice: “Ma perché succede questo?” 

Forse non capisce più gli altri uomini che ha accanto? Forse ha assunto un atteggiamento di odio o di disprezzo degli uomini? Ma nessuno meglio della comunità di Gesù capisce gli uomini che ha accanto. Nessuno li ama più dei discepoli di Gesù, anzi proprio questa è la ragione per cui essi restano fuori e portano [su di sé] la passione.

Tutto dipende, scrive Bonhoeffer, dal portare la passione. La comunità dei discepoli, cioè coloro che soffrono, non soffrono come qualcuno che “gli tocca”. Non soffrono come un destino amaro, no, proprio la portano, questa sofferenza. 

La comunità dei discepoli non si scuote di dosso la passione, come se non avesse niente a che fare con essa: al contrario, la porta [su di sé]. Proprio in questo si mostra il suo vincolo con gli uomini che ha accanto. Contemporaneamente questo dice anche che essa non cerca la passione di sua propria volontà, né si sottrae per un disprezzo arbitrario del mondo, ma porta [su di sé] ciò che le è assegnato e che ricade su di lei per amore di Cristo nella sequela. E infine i discepoli non intristiscono, non sono distrutti e amareggiati per la passione, fino al punto da crollare. Essi la sopportano nella forza di chi porta loro stessi. I discepoli portano [su di sé] la passione loro assegnata solo nella forza di colui che nella croce porta [su di sé] ogni passione. Essendo coloro che portano [su di sé] la passione essi sono in comunione con il crocefisso. Essendo stranieri sono nella forza di colui che fu così straniero al mondo da esserne crocefisso. Questa è la loro consolazione, o meglio, costui è la loro consolazione, il loro consolatore. La comunità di coloro che sono stranieri è consolata sulla croce, è consolata per il fatto di aver trovato il luogo in cui la attende il consolatore d’Israele. Essa trova così inaspettatamente la sua vera patria, presso il Signore crocefisso, qui e nell’eternità.

Quindi il discepolo e la comunità dei discepoli vivono questa estraneità dal mondo. Ma non perché non capiscono gli uomini, non perché hanno un odio, un disprezzo, ma perché portano su di sé la passione, che non si vogliono scuotere da dosso. Non la vogliono scuotere da dosso, ma la portano. Ed è proprio questo “portare” che mostra il vincolo con gli altri uomini. E questo dice anche che non cercano la passione di loro propria volontà, ma portano ciò che viene loro assegnato. Portano ciò che ricade su di loro per amore di Gesù. Questa è la ragione per cui portano la passione. Quindi non intristiscono, come abbiamo già visto, non sono distrutti e amareggiati, non crollano. La sopportano nella forza di chi porta loro stessi, è nella forza di Gesù che si può sopportare questa passione. Questo accade perché sono in comunione con Gesù crocifisso. 

Quindi sono stranieri nella forza di colui che fu straniero al mondo tanto da esserne crocifisso. Capite? Sempre in riferimento a Gesù, perché Gesù è la loro consolazione, Gesù è il loro consolatore. Quindi questa comunità di discepoli, stranieri rispetto al mondo, da chi è consolata? Dove trova la sua consolazione? Nella croce, perché la croce, “Gesù crocefisso”, è la vera patria. Ma non solo nell’eternità, anche qui: Gesù crocefisso è la nostra patria anche qui.

Bene, ci fermiamo, e riflettiamo quest’oggi sull’essere beati nella misura in cui si soffre questo tipo di sofferenza, perché saremo consolati.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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