Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 36
Martedì 12 settembre 2023 – Santissimo Nome di Maria
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Lc 6, 12-19)
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a martedì 12 settembre 2023. Oggi ricordiamo il Santissimo nome di Maria. Quindi, innanzitutto facciamo un augurio speciale a tutte le persone che portano nel loro nome il nome di Maria. E viviamo bene questa giornata anche con uno spirito di riparazione per tutte le volte che il nome di Maria viene oltraggiato in svariati modi.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 12-19.
Continuiamo la nostra meditazione del libro di Bonhoeffer, Sequela.
«Beati i miti, perché possederanno la terra». Questa comunità di stranieri nel mondo non ha alcun diritto proprio che la possa difendere. Non lo pretendono nemmeno, perché essi sono quei miti che vivono per amore di Gesù rinunciando ad ogni diritto proprio. Se li si ingiuria, essi tacciono, se si usa loro violenza, essi pazientano, se li si respinge, essi cedono. Non difendono con processi il proprio diritto, non provocano clamori, se subiscono torti. Non rivendicano un diritto proprio. Vogliono lasciare a Dio solo ogni diritto… Ciò che è giusto per il loro Signore, deve esserlo anche per loro. Solo questo. In ogni parola e gesto è evidente il loro non appartenere a questa terra. Lasciate loro il cielo, dice il mondo con aria di compatimento, quello è il loro posto. Ma Gesù dice: Possederanno la terra. La terra appartiene ad essi, che sono privi di ogni diritto e di ogni potere. Coloro che la possiedono adesso con la forza e con l’ingiustizia, la perderanno, e quelli che ora vi hanno rinunciato totalmente, che sono stati miti fino alla croce, domineranno la nuova terra.
Direi che questa beatitudine è una provocazione forte per tutti. Per tutti, perché ciascuno di noi sente di avere dei diritti propri e questi diritti propri, che noi diciamo essere sacrosanti, di fatto che cosa testimoniano? Testimoniano che apparteniamo a questo mondo, che non abbiamo rinunciato. Il mite è colui che vive per amore di Gesù, rinunciando a ogni diritto suo proprio personale. Ecco perché Bonhoeffer scrive:
Se li si ingiuria, essi tacciono, se si usa loro violenza, essi pazientano, se li si respinge, essi cedono.
Ecco perché scrive:
Non difendono con processi il proprio diritto, non provocano clamori, se subiscono torti. Non rivendicano un diritto proprio. Vogliono lasciare a Dio solo ogni diritto…
Perché hanno rinunciato. È difficile per noi, sapete, è difficilissimo, questo è difficilissimo. Infatti, la mitezza è veramente una virtù rara, rarissima, perché esprime questo totale, incondizionato affidamento a Dio. È un cammino, veramente, l’acquisizione di questa virtù — tutte le virtù, ma questa credo in particolare — è veramente un cammino. Tacere, pazientare, cedere, non difendersi, non provocare clamori. Tutte queste cose vanno a mettere alla prova il nostro livello di attaccamento alla storia di questo mondo. È questo il punto. E quindi bisogna vedere quanto si lascia a Dio ogni nostro diritto.
In ogni parola e gesto è evidente il loro non appartenere a questa terra.
Ecco, io non so se in ogni nostra parola e gesto è evidente che non apparteniamo alla terra. A me sembra che tante parole, tanti gesti che noi compiamo, dicono la nostra appartenenza alla terra e il poco pensiero che abbiamo del cielo. Però queste persone, i miti, che sono stati tali fino alla croce — come Gesù — domineranno la nuova terra.
Sì, mi rendo conto che è un discorso durissimo, perché veramente ci mette a nudo, e probabilmente davanti a queste parole ciascuno di noi, facendo il suo esame di coscienza, deve dire: “Eh beh no, no, io appartengo a questa terra. Sento proprio di appartenere”. E quindi non taccio se mi ingiuriano, non paziento se mi usano violenza, non cedo se mi respingono, mi difendo, provoco clamori…
Sapete: polemiche su polemiche, disquisizioni, discussioni, litigi. Per affermare cosa? È importante discutere per crescere nella verità, ma quando si assiste a quei rimbalzi dove Tizio attacca Caio, Caio attacca Tizio, poi Tizio e Caio attaccano Sempronio, e poi Sempronio risponde a Tizio e a Caio… Uno dice: “Sì, va bene. Perché lo fai?”; magari uno risponde che lo fa perché è venuta meno cosa? Viene attaccata cosa? Bah, la verità. Ecco, speriamo!
Però a me sembra di notare che non di rado, quando si dice di voler difendere la verità, se uno guarda bene, ci scappa poi dentro anche la difesa di noi stessi. Ci sono stati anche dei santi che hanno fatto l’apologia di sé stessi, però se la mia vita è così radicalmente e profondamente conformata a Gesù Cristo, allora diciamo che difendere lui e difendere me, in un certo senso, è quasi la stessa cosa, perché siamo talmente uno nell’altro… Però bisogna essere veramente uno nell’altro.
Mi viene da pensare a Padre Pio, che veramente ha sofferto una persecuzione indescrivibile e la sua conformità a Gesù era inarrivabile, non ha fatto tanta difesa di sé stesso. E diverse volte, quando lo attaccavano, lui diceva: “Lasciate stare. Se il Signore lo permette, è per il nostro bene”. A me questa frase ha sempre colpito, mi ha sempre fatto pensare. Perché è vero che non dobbiamo consentire che la verità venga calpestata, questo certamente, è un dovere collaborare per difendere la verità, che vuol dire difendere Gesù. Allo stesso tempo dobbiamo stare molto in guardia che in questa difesa della verità, non si frammischi — dico almeno non troppo — la difesa di me, delle mie idee e di quello in cui io credo. Perché noi non apparteniamo a questa terra, noi apparteniamo al cielo, quindi… che dicano quel che vogliono!
Tra l’altro — non so se l’avete notato anche voi, ma sicuramente meglio di me — quando si entra in polemica con qualcuno tu puoi ripetere le cose cento volte in tutte le lingue possibili e non cambia niente. Non convinci nessuno. E guardate, è così, sembra incredibile, ma è una legge: quando uno è fisso su una sua posizione, tu puoi portare tutte le evidenze che vuoi, tutte, tutte le evidenze più logiche, più matematiche, più filosofiche, più teologiche, più ecclesiologiche, tutto quello che vuoi. Puoi portargli il logos, non cambia niente.
Pensate a Gesù nel suo parlare con gli scribi e i farisei, cosa è mai cambiato? Niente, ogni volta era sempre peggio. E stiamo parlando di Gesù, la seconda persona della Santissima Trinità. Chi più del logos sapeva razionalizzare, pensare, essere logico, dire le cose? Chi più di Lui? Eppure… niente, niente da fare. A tal punto che addirittura uno dei suoi discepoli arriva talmente a fraintenderlo da tradirlo.
Oggi abbiamo sentito il Vangelo delle persone che lui sceglie tra i discepoli come Apostoli. Ebbene, uno di loro lo tradirà e tutti gli altri, tranne uno, fuggono. Eppure, lo hanno visto agire, lo hanno sentito parlare, hanno vissuto con lui.
Credo che questa virtù della mitezza doni veramente una marcia in più a coloro che ne capiscono l’importanza e a coloro che la individuano come veramente una delle virtù fondamentali. Perché è come se permettesse a queste persone di camminare a un metro da terra. È come se le onde di questo mondo si infrangessero ai loro piedi. Non li raggiungono.
Io ho sempre in mente quando ho letto un testo su Suor Lucia di Fatima, adesso non mi ricordo il titolo perché l’ho letto tanti anni fa. E lei un po’ raccontava la loro esperienza di ragazzi, il loro stare insieme… Mi ha sempre colpito quando lei parlava di Francesco, è quello che mi è rimasto in mente di tutto quel libro.
Due cose mi hanno colpito: una quando raccontava di Francesco che giocava. Sapete, tra ragazzi poi si comincia a bisticciare: “e ho vinto io, hai vinto tu, ho fatto io il gol, no era un fallo” e qui, e là, su e giù. Francesco, appena iniziavano queste cose, diceva: “Vuoi vincere? Vinci, non mi interessa. Non mi interessa niente, se vuoi la vittoria prendila, a me non interessa”. Perché lui pensava al cielo, non apparteneva già più a questa terra. Quindi: “Vuoi la ragione? Prendila. Vuoi averla vinta? Va bene!”. Tutte le volte che noi litighiamo e bisticciamo, tutte le volte che noi polemizziamo, noi stiamo affermando che apparteniamo a questa terra e non al cielo. Al di là di tutte le preghiere che facciamo, di tutte le cose religiose a cui apparteniamo, noi stiamo dicendo: “Io appartengo a questa terra e quindi difendo il mio perimetro”.
La seconda cosa è quando a un certo punto Francesco ha smesso di andare a scuola e lo trovavano in chiesa davanti al tabernacolo. Non mi ricordo più chi, se Giacinta o Lucia, vanno e gli dicono: “Francesco, ma cosa fai qui in chiesa? Devi andare a scuola. Perché sei qui a pregare?”. E lui risponde: “Tanto so che devo morire”. Infatti, da lì a poco è morto. “Tanto so che devo morire presto, lo ha detto la Vergine Maria. Quindi cosa vado a scuola a fare? Sto qui e mi preparo”. E infatti poi è morto a breve.
Mi ha sempre colpito — come dirvi — questo suo vivere su questa terra ma con la cittadinanza altrove.
Chi è stato per un certo tempo in un paese straniero, o anche chi è stato trasferito per qualche tempo da una città all’altra sa di cosa sto parlando. Tu sei lì, vivi lì, ma non sei di lì; e gli altri ti riconoscono che non sei di lì. Se uno di Milano va a Napoli — e viceversa — lo capiscono subito a Napoli che quello è di Milano, basta che dica: “Buongiorno, vorrei un chilo di pane”, tutti hanno già capito che quello viene da Milano, e sentirà sempre di non essere di quel posto. Può viverci lì una vita, ma non sarà mai un napoletano, anche se viene registrato in comune, anche se ha la residenza. La sua terra è un’altra. Se poi va in America, va in Africa, va in Asia, va in Australia, potrà prendere pure la cittadinanza americana, ma è un italiano. È un italo-americano, va bene, ma è un italiano, viene da Bologna. Quindi tu gli puoi fare tutti i sandwich che vuoi, tutti gli hot-dog che vuoi, ma quello che cosa ha in mente? La pastasciutta alla bolognese. Capito? E lui si mangerà la pastasciutta alla bolognese, come il gusto dei gusti. Perché lui è italiano e viene da Bologna.
E così dovrebbe essere anche per coloro che sono discepoli di Gesù, “i miti”. Questa dovrebbe essere proprio la loro caratteristica. Potremmo dire così: la mitezza dovrebbe essere l’accento che, come fa riconoscere il milanese a Napoli e un Napoletano a Milano, così fa riconoscere il cristiano nel mondo. È quell’accento: la tua parlata ti tradisce. Tu non potrai mai dire: “io voglio un chilo di pane ben cotto” con accento romano se non sei di Roma, fine.
Prendiamo uno che vive nella Brianza. La Brianza è piatta, piatta come una tavola da surf, piattissima, che tu vedi in lontananza l’airone. Non so se abbiano fatto forse una ripopolazione, ma, soprattutto nel tempo del lockdown, se si andava in giro un po’ nei campi in Brianza si vedeva una quantità incredibile di aironi che salgono, che si muovono, che pescano, … e tu li vedi in lontananza… chilometri… e l’airone è lì fermo che ti guarda… Ecco, uno che dalla Brianza va a vivere a San Francisco, gli si cambia l’orizzonte. E su e giù, e su e giù, e su e giù, e su e giù, e su e giù; sì, i primi tempi devono essere un po’ spaesanti, perché uno non è abituato a fare le montagne russe per andare al lavoro, è abituato che si mette in macchina, può chiudere gli occhi, mettere la quinta, la terza o la quarta e va, a occhi chiusi, perché ormai la macchina sa la strada che deve fare: ogni tanto muove il volante, deve fare una curva, fine. Capite? Ma poi è marcia piatta. Se ti trovi davanti un trattore, poi, puoi mettere il pilota automatico e fare proprio un sonnellino.
Così deve essere la mitezza per il cristiano. Quella caratteristica che fa dire: “No, quello è cristiano. Quello è cristiano”. Infatti dice:
Lasciate loro il cielo, dice il mondo con aria di compatimento, quello è il loro posto.
Cioè: “Lascialo stare, tanto non capisce niente. Quello ha la testa altrove”. Sì, esatto. Sì, perché non mi interessa niente di questa roba, tanto finisce tutto. Tanto dobbiamo morire tutti, è questo il punto. Cioè, non è qui per sempre.
La persona che deve trasferirsi da Milano a Catania o da Roma a Cagliari a studiare o a lavorare dice: “Ok, devo fare l’università cinque anni, devo fare un lavoro, star qui tre anni, va bene, ok, ma poi torno a casa”. La mentalità è: “Poi torno a casa”. Ci sta, vive lì, ma dice anche: “Sì, ma a me cosa mi interessa? Ma cosa mi interessa di quello che mettono insieme qui, tanto sto qui ancora poco, è temporaneo il mio soggiorno qua, poi devo tornare a casa”. E la stessa cosa deve essere per noi cristiani: è temporaneo, questo tempo che sto qui su questa terra è per un po’, non è per sempre. A me cosa interessano tutte le questioni, i litigi e tutte le polemiche, tutte le lotte, tutti gli urli, le grida, gli insulti… Ma sì, ma fate quello che volete, ma dite quello che volete, ma inventatevi tutte le cose che volete, tanto che cosa cambia? Che cosa conta? Quello che conta è che io non appartengo a questa terra. Io non sono napoletano. Io non sono di Cagliari. Io abito a Milano, Venezia, Genova, fine. E là tornerò”.
Sentivo una mamma pochi giorni fa che diceva: “Mia figlia è andata a studiare a Bologna. Però ogni fine settimana vuole tornare a casa”. Mi ha colpito questa espressione. “Ogni fine settimana vuole tornare a casa”. E lei era di Bergamo, mi sembra. E insomma, alla fine ha chiesto il trasferimento per venire a studiare qui perché non era più sostenibile questa cosa. E io tra me e me dicevo: “Eh, beh! O sei figlio di un miliardario, oppure se ogni fine settimana vuoi fare Bologna – Milano per tornare a casa, moltiplicato per quattro, moltiplicato per dodici, diventa un po’ impegnativo”… Ma perché? Perché vuole tornare a casa. Lei è di Bergamo, e a Bologna non ci sta bene, ma non perché Bologna sia brutta, Bologna è bellissima e si mangia benissimo, si sta benissimo. Ma non è casa mia, non è la mia terra.
E così il cristiano: questo mondo è bellissimo, stupendo, meraviglioso, ma lo vuoi paragonare con la Gerusalemme celeste? Lo vuoi paragonare con l’eternità? Vuoi paragonare questo sole, che è bellissimo, con la luce dell’Agnello intramontabile? Ma di cosa stiamo parlando? Vuoi paragonare la bellezza del creato con un secondo al cospetto della Vergine Maria? Ma non scherziamo! È imparagonabile! Il mite è colui che ha chiaro, davanti agli occhi, nella mente, nel cuore, tutto questo e quindi si comporta di conseguenza.
Quando noi cadiamo nell’ingiuria, nella polemica, nel trattarci male, nel rispondere male, nell’ira, nel rivendicare, nell’urlare, noi stiamo semplicemente dicendo una cosa… dopo andiamo a confessarci e diciamo: “Ecco, chiedo perdono a Dio perché sono caduto contro la carità, perché ho mancato di carità verso il mio fratello, perché sono stato iracondo, perché l’ho trattato male…”. No, noi dovremmo dire una cosa sola: “Io ho fatto un peccato. Ho dimenticato il cielo e ho concentrato tutto me stesso sulla terra. Ho dimenticato casa mia e la mia patria e l’ho confusa con questa”. Questo è il peccato.
E allora preghiamo quest’oggi il buon Dio, soprattutto la Vergine Maria che ha vissuto veramente così. La Vergine Maria era la mitezza in persona; pensate alla Vergine Maria durante la passione; pensate alla Vergine Maria sotto la croce. Non mi è mai piaciuto per niente quel quadro — me lo hanno fatto vedere una volta mi ha proprio stomacato — dove è rappresentata la Vergine Maria sotto la croce che si dispera, che urla, che piange, che si strappa i capelli… mamma, ma che brutto! Io non me la immagino proprio così la Vergine Maria sotto la croce. Me la immagino proprio ordinatissima, composta; nel suo dolore, nel suo cuore trafitto, me la immagino proprio veramente con la sua nobiltà, la sua compostezza, il suo rigore, la sua totale fiducia e abbandono in Dio. Io me la immagino così, veramente un baluardo della mitezza. Io la vedo così, la donna patiens per eccellenza. Certo, noi forse preferiamo vederla in un altro modo, eh certo, perché per noi è più facile dimenticare il cielo, dimenticare di appartenere al cielo e scoprirci infangati, avvinghiati, avviluppati a questa terra; e allora vorremmo che tutti fossero così. Grazie al cielo ci sono tante persone, tante persone, mamme, papà, sacerdoti, suore, vescovi, tante persone, tante persone che con la loro vita testimoniano a questo mondo, attraverso la mitezza, che loro appartengono al cielo e non alla terra.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.