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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 37

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 37
Mercoledì 13 settembre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 6, 20-26)

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 13 settembre 2023. Festeggiamo quest’oggi San Giovanni Crisostomo, Vescovo e Dottore della Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 20-26.

Un Vangelo che si adatta molto bene a quanto stiamo leggendo del libro di Bonhoeffer, Sequela.

Scrive Bonhoeffer:

«Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati».

Questa è la nuova beatitudine che oggi commentiamo. E scrive:

Non solo nella rinuncia al proprio diritto, ma addirittura nella rinuncia alla propria giustizia si svolge la vita di coloro che sono nella sequela. Essi non traggono alcuna gloria da ciò che fanno o sacrificano. Non possono avere giustizia che essendone affamati e assetati; né giustizia propria, né giustizia di Dio sulla terra; essi continuano a rivolgersi alla giustizia futura di Dio, ma non possono realizzarla personalmente. Coloro che sono nella sequela divengono affamati e assetati lungo la via.

Essi sono beati, perché è stato loro promesso che saranno saziati. Dovranno ricevere giustizia, non solo attraverso ciò che udranno, ma sperimenteranno una giustizia che li sazierà nel corpo. Il pane della vera vita sarà quello che maineranno nella cena futura con il loro Signore. Essi sono beati per questo pane futuro, poiché lo hanno già nel presente. Colui che è il pane della vita, è in mezzo a loro, pur con tutta la loro fame. Questa è la beatitudine dei peccatori. 

«Coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati». Quindi non solo la rinuncia al proprio diritto, come abbiamo visto ieri dei miti, ma la rinuncia alla propria giustizia. Perché, innanzitutto, queste persone non traggono gloria da ciò che fanno o sacrificano, c’è una grande libertà nei discepoli di Gesù. Non cercano la gloria, la gloria propria, la gloria che viene dal mondo, la gloria che viene dal consenso degli altri. I discepoli di Gesù non la cercano perché non gli interessa. Non interessa loro avere questa gloria, né in ciò che fanno, né in ciò che sacrificano.

Quante volte ci aspettiamo il riconoscimento degli uomini! Quante volte ci aspettiamo la gratitudine degli uomini! E quando non arriva, ci rimaniamo male e, alle volte, il nostro cuore muta e ci passa la voglia di fare il bene, perché non siamo stati riconosciuti, non siamo stati gratificati nei sacrifici che abbiamo fatto. È la nostra gloria: stiamo cercando la nostra gloria personale.

Il discepolo di Gesù resta affamato e assetato, sia per quanto riguarda la propria giustizia — vedere che nella propria vita viene fatta giustizia — sia per la giustizia di Dio sulla terra. Quindi il discepolo vede situazioni alle volte anche molto gravi di ingiustizia personale, comunitaria, sociale. Ma questa fame e questa sete non si estingue, perché lui continua a vederla, continua a desiderarla, ma allo stesso tempo vede che non si realizza, non qui. Alle volte magari succede che si realizzi anche qua, però non nei tempi e non nei modi che magari noi vogliamo o che magari noi abbiamo pensato.

Essi sono beati, perché è stato loro promesso che saranno saziati.

Ecco la beatitudine! Nel senso che riceveranno questa giustizia, e questa giustizia sazierà, proprio nel corpo, nella persona. E allora Bonhoeffer fa riferimento al pane della vera vita, che ovviamente per noi è, in sommo grado, l’Eucarestia. Perché? Perché all’interno della nostra fame, del nostro stato di fame, questo pane è in mezzo a noi. Questo pane ci viene dato, questo pane che non è più pane in mezzo a noi, ci viene dato. Ed è questa — dice lui — la beatitudine dei peccatori. E se voi ci pensate è proprio così. La beatitudine di noi peccatori è l’Eucarestia, è il sapere che dentro questo percorso che stiamo facendo di comprensione delle beatitudini e quindi di preghiera per ottenere di essere beati, secondo questa Magna Carta di Gesù, ci scopriamo sempre più peccatori. Cioè, ci scopriamo sempre più manchevoli, ribelli, alle volte proprio in contrapposizione con la logica di Gesù, che è molto contraria, anzi opposta, alla nostra logica. È per questo che in nessun modo dobbiamo permettere che qualcosa o qualcuno si frapponga tra noi e l’Eucarestia.

Altra beatitudine:

«Beati i misericordiosi, perché riceveranno misericordia». Questi nullatenenti, stranieri, privi di ogni potere, peccatori, questi seguaci di Gesù vivono con lui ora anche nella rinuncia alla propria dignità, perché sono misericordiosi. Non si contentano della propria distretta, della propria indigenza, ma si rendono partecipi anche della distretta, della meschinità, della colpa di altri. Hanno un amore irresistibile per gli umili, i malati, i miseri, per chi è stato umiliato e ha patito violenza, per chi subisce torti ed è estromesso, per chi si tormenta e si affligge; essi cercano chi è caduto nel peccato e nella colpa. Nessuna miseria è troppo profonda, nessun peccato troppo terribile, perché non vi si applichi misericordia. Il misericordioso fa dono del proprio onore a chi è caduto nell’ignominia e se ne fa carico. Si fa trovare presso i pubblicani e i peccatori e si assume volontariamente la vergogna della familiarità con loro. Essi rinunciano al massimo bene dell’uomo, alla propria dignità e al proprio onore, e sono misericordiosi. Essi conoscono solo una dignità e un onore: la misericordia del loro Signore, della quale soltanto vivono. Egli non si è vergognato dei suoi discepoli, è stato un fratello per gli uomini, portando la loro ignominia fino alla morte in croce. Questa è la misericordia di Gesù, della quale soltanto vogliono vivere coloro che sono legati a lui, la misericordia del crocefisso. Una misericordia che fa loro dimenticare ogni proprio onore e dignità, alla ricerca solo della comunione con i peccatori. Nonostante l’ignominia che ricade su di loro, essi sono beati. Infatti otterranno misericordia. Dio un giorno si piegherà dall’alto su di loro e prenderà su di sé il loro peccato e la loro ignominia. Dio li renderà partecipi del suo onore e prenderà egli stesso il loro disonore su di sé. Sarà onore di Dio farsi carico dell’onta dei peccatori e rivestirla del suo onore. Beati i misericordiosi, perché colui che è misericordioso è il loro Signore

Il “tema” di questa beatitudine, che sicuramente nessuno di noi si aspettava, è la dignità. Santa Teresa d’Avila dice che la dignità è la nemica numero uno della vita spirituale: la ricerca, l’affermazione, la difesa della propria dignità. Noi facciamo di tutto, sempre, per difendere la nostra dignità. E infatti noi vogliamo apparire davanti agli altri sempre bravi, buoni e belli, puliti, ordinati e, se possibile, anche un po’ “santini”. E quindi difficilmente riusciamo a essere misericordiosi con gli altri. Questo perché? Perché il misericordioso, non solo rinuncia alla propria dignità, ma si rende partecipe dello stato indegno dell’altro. Il misericordioso ha un amore irresistibile per gli ultimi: malati, umili, miseri, chi subisce violenze di ogni genere e tipo, torti, chi viene esiliato, chi si tormenta e si affligge, chi è caduto nella colpa e nel peccato… Proprio il misericordioso è affamato di queste persone, perché sa che la misericordia — che lui a sua volta ha ricevuto e continuamente riceve da Dio — si applica volentieri proprio in quelle situazioni di profonda miseria e di profondo peccato. 

E badate: la misericordia, quindi il misericordioso, si applica a queste situazioni così terribili, non per mettere una fascia sulle piaghe purulente e così mandare in cancrena la ferita e la piaga. Spero che non tutti abbiate presente le piaghe da decubito, sono terribili, arrivano fino all’osso. Le piaghe da decubito, se non curate, arrivano fino all’osso. Sembra proprio che camminino, sono terribili, dei buchi! I malati hanno dei buchi nella schiena, insomma, delle robe terribili. Oppure pensate a una persona che  si è ferita.

Il bravo chirurgo non è colui che dice: “Ah guarda, una piaga piena di pus, facciamo così, io sono buono, io sono misericordioso, adesso ci mettiamo su un po’ di quell’unguento bello morbido, che ammorbidisce, che lenisce, poi ci mettiamo su una bella garza, poi la copriamo tutta per bene e così tu non soffri”. Sì, dopo una/due settimane, quello è morto, perché è andata in cancrena la gamba o il braccio o la schiena. Questa non è misericordia, questo non è un chirurgo misericordioso, questo è un chirurgo assassino, questo è un delinquente, è un omicida. Non è misericordioso. Il chirurgo misericordioso applica la cura: questa è la sua misericordia. E ti dice: “Guardi, la piaga è infetta, dobbiamo pulirla”.

Io ho in mente una persona che, pensate, su un ginocchio gli si è fatta questa cosa: al vederla esternamente, e per i non addetti ai lavori, sembrava di vedere semplicemente un po’ di rigonfiamento e come un po’ di pelle screpolata. Non aveva neanche dolore particolare, era semplicemente il colore un po’ diverso del solito, invece di essere una bella zona rosea, ben vascolarizzata, aveva questo colore un po’ vitreo, e poi era un po’ arrossata, intorno era un po’ arrossata. E allora questa persona ha avuto la sapiente idea di farsi vedere, di dire: “Mah, per non sapere né leggere né scrivere, sembra niente, neanche un brufolino, aspetta che vado a farmela vedere”. Quando è andato a farsi vedere, hanno detto: “Prima vediamo cosa c’è qui sotto” — “Sotto dove?” — “Sotto qui, perché qui, vede, è tagliato, c’è un taglio. Ma cosa c’è sotto questo taglio? Proviamo un po’ a guardare (la misericordia, andiamo a fare luce) portiamo luce, magari non è niente. Magari invece è altro, magari troviamo una sorpresa”. E allora hanno preso la garza, hanno cominciato a bagnare la zona, hanno cominciato a sfregare un pochino, poi un pochino ancora e poi è venuta via questa sorta di crosta, che sembrava pelle, invece era una crosta. C’era sotto una piaga stracolma di pus, era quasi arrivata all’osso. Si vedevano non so dirvi quanti centimetri di carne, di buco. “Ma come, sembrava neanche un brufolino!”. Gliel’hanno pulita tutta. Ci sono voluti mesi, mesi e mesi per riportare quella gamba alla sua salute. Mesi di pulizie, mesi di andare lì a fare tutte le tolettature chirurgiche, mesi di antibiotici, mesi di… non è mica così semplice. E non era un piacere dover star lì, tirar via le garze e cominciare a pulire e grattare via tutta la carne morta e tutto il pus. Questa è la misericordia! Perché questo chirurgo, questa infermiera, che hanno svolto questo compito, hanno salvato la gamba e la vita di questa persona. Questa persona ha sofferto? Certo! Certo che ha sofferto, perché nessuno sta con la carne viva infetta, dicendo: “Che bello, che bello, che bello”. Però lo hanno salvato. Questa è la misericordia: diagnosi perfetta, vediamo cosa ci sta sotto, scopriamo il male, asportiamolo, curiamolo. Questa si chiama misericordia. Quella di prima, del chirurgo che copre e che fa morire il paziente, invece si chiama omicidio, degno di essere radiato dall’albo dei medici, minimo, e poi di andare in galera. Perché uno ci muore. “Eh, ma io sono stato misericordioso” — “No, tu sei stato un criminale, non sei stato misericordioso”.

È importante, sapete, distinguere queste cose, perché la cosa più stupida e più ingrata che si può dire alla fine di questo percorso, a questo dottore, a questa infermiera è: “Eh, dottore, lei è stato duro; eh, dottore, lei è stato spietato; eh, dottore, lei è stato…” No, quel dottore, quell’infermiera, ti hanno salvato la vita, altro che duro e spietato.

Sapete quando i bambini cadono e si sbucciano le ginocchia? È successo a tutti in bicicletta o correndo. Dopo vai a casa, tutto il ginocchio sanguinolento, poi c’è dentro un po’ di terra e bisogna pulirla, sennò… questo lo capisce anche la persona che ha fatto la terza elementare, no? E quindi un bambino piange. La mia nonna, che non era laureata in medicina, a me che cadevo in continuazione e mi sbucciavo le ginocchia tutti i giorni, diceva sempre: “Ricordati Giorgio, mano pietosa, piaga cancrenosa”. E quindi io stringevo i denti, piangevo, ma stavo lì, perché sapevo che mi faceva del bene. E infatti non mi è andata in cancrena la gamba, non sono morto perché sono caduto per terra.

Il misericordioso fa dono del proprio onore a chi è caduto nell’ignominia e se ne fa carico.

Certo! Perché — capite — condivide il proprio onore, la propria dignità, il proprio essere lontano dal peccato. Lo condivide, sta accanto. Non condivide il peccato, non sostiene il peccato, la piaga — il peccato è la piaga purulenta — non accarezza la piaga purulenta, ma sostiene, conforta e sta vicino al peccatore. Che tra l’altro, voi sapete, una delle caratteristiche, purtroppo, delle piaghe purulente, della cancrena, è un odore, una puzza insostenibile, veramente da svenire, proprio la puzza della carne morta, della carne marcia. Solo che quella persona se la porta addosso, ma ha un odore, una puzza veramente da voltastomaco. Esattamente come il peccato: San Filippo Neri sentiva “la puzza de li peccati” e non solo lui. E quindi il misericordioso:

Si fa trovare presso i pubblicani e i peccatori e si assume volontariamente la vergogna della familiarità con loro.

Guardate, parole sante, parole sante. Perché noi parliamo tanto…  parliamo tanto dei poveri, parliamo tanto degli ultimi, parliamo tanto dei sofferenti, … però non è così facile farsi trovare presso questi ultimi. O meglio, ci sono alcuni tipi di “ultimi” che fanno bello, che fanno moda, che se li frequenti ti fanno un po’ fashion. Anche lì ci sono le mode, no? Anche negli ultimi, anche nell’aiuto dei poveri, anche lì c’è povero e povero. Ci sono povertà e povertà. Quindi se tu stai presso un certo tipo di povertà, ah… allora sei bravissimo, sei un samaritano, sei un santo; se stai vicino, se sei familiare ad altri tipi di ultimi, ad altri tipi di pubblicani e peccatori, ecco questo no, questo non va bene. E invece il misericordioso: «si assume volontariamente la vergogna della familiarità con loro». È difficile, richiede una libertà interiore grandissima. Perché fino a quando c’è il consenso, lo sdoganamento del consenso pubblico, allora va bene aiutare, ma quando sai che gli altri guardano storto quel tipo di “ultimo”, quel tipo di povertà, quel tipo di emarginazione, uno dice: “No, io li dentro non ci vado. Non voglio portarmi la vergogna, l’onta di quella povertà, di quel peccato, di quell’essere reietto. Questo non lo voglio”.

Sapete noi che abbiamo sempre la bocca piena dei poveri, degli ultimi, a me personalmente questa cosa… e ve lo dice uno che ha fatto sei anni di carcere, quindi nessuno mi venga a dire: “Ah padre lei certo, lei è vissuto in mezzo ai libri e non sa che cosa vuol dire stare con i poveri, con gli ultimi”. Guardate, lasciamo perdere, sei anni di galera, tutte le settimane di tutto l’anno, tutto il sabato e tutta la domenica, tutto il centro clinico, i malati psichiatrici e il reparto degli infami; questo era il mio compito due volte alla settimana, sabato e domenica di tutte le settimane dell’anno, compreso quando avevo gli esami, quindi lasciamo perdere. Conosco bene cosa vuol dire essere ultimi e stare con gli ultimi, perché sei anni non sono sei giorni. E non avevo cinquant’anni, ne avevo venti, quindi… Questo lo dico perché, se magari a qualcuno venisse il prurito, la mosca al naso di dire: “Eh, certo, ma ha vissuto tra i libri dalla mattina alla sera…” No, no, non è andata così. E però questo discorso degli ultimi, dei poveri, bisogna stare attenti, perché sennò diventa anche nauseante, diventa un’ideologia.

E mi ha sempre colpito Madre Teresa di Calcutta, che veramente è stata una donna di carità, una Santa della carità, non un’ideologa della carità, una Santa della carità, c’è una differenza abissale. Madre Teresa di Calcutta — quando noi, che da sempre abbiamo la bocca piena (la bocca piena, ma le mani vuote) degli ultimi, dei poveri, dei reietti — quando si è scatenato il virus dell’AIDS, tutti questi amanti dei poveri, degli ultimi, degli emarginati, sono tutti spariti. Tutti spariti. Allora come oggi, la storia non cambia, è sempre quella. Sono tutti spariti. E siccome all’inizio dell’epidemia del virus dell’HIV si pensava/si temeva che si trasmettesse per via aerea, immaginatevi voi… Non c’erano cure. Li vedevi morire come mosche, rosi dall’interno, svuotati, ma guardate, cose terribili; chi ha visto morire i malati di AIDS, sa di cosa sto parlando: proprio prosciugati, ossa, rimanevano ossa. Un dramma, un flagello terribile. Allora cosa hanno fatto — noi che siamo pieni di amore per le persone, noi che siamo pieni di amore per gli ultimi — cosa hanno fatto? Guardate, la storia si ripete sempre. Li hanno presi e li hanno sbattuti fuori dalle città. In America hanno costruito proprio dei lazzaretti. In ospedale non potevano stare, perché nessuno li voleva. Quindi li hanno presi e hanno costruito, all’esterno della città, direi proprio dei lazzaretti, cioè delle strutture dove venivano messe dentro solo queste persone, perché sennò rischiavano di contagiare gli altri, siccome temevano che si trasmettesse per via aerea. Uno dice: “Padre, ma sta parlando di tanti anni fa o di qualche anno fa?”. Beh, insomma, vedete voi poi di tirare insieme le somme…

E allora Madre Teresa di Calcutta, che cosa fa? Madre Teresa di Calcutta prende e parte con le sue suorine dall’India — notate, no? —  dall’India va in America. Perché ci vuole Madre Teresa di Calcutta che dall’India vada in America per essere misericordiosi con queste persone, perché quelli li, buontemponi, borghesi e ideologi dei poveri, degli ultimi, dei sofferenti, ovviamente… “Morte tua, vita mia”. Lei va là e questi cosa fanno? Ti immagini? Era come vedere la manna cadere dal cielo, no? Arriva Madre Teresa con le sue suore a curare “aggratis” — con quattro g — questi reietti. Allora questi qui mettono dentro a questi lazzaretti tutti i comfort possibili: frigoriferi, forni a microonde, letti stupendi, meravigliosi, da principesse, gli addobbano tutto, delle cose bellissime. Quindi arriva Madre Teresa con le suorine, le vanno a prendere in pompa magna — eh, certo, devi andare là a curare questi appestati, altro che pompa magna, basta che lo faccia tu! — lei arriva, entra, dicono: “Questa è la casa”, dove poi verrà portata seduta stante tutta questa gente qui, da curare aggratis — ripeto — da sole, perché sarete da sole, qui non verrà nessuno. E non c’erano mascherine, FFP2, P5, P7, P10, non c’era un tubo, là si andava pensando di morire, perché siccome si temeva che fosse per via aerea, uno dice: “Vabbè, io vado e poi se lo prendo muoio, cosa devo fare?”. Madre Teresa di Calcutta entra, fa un giro della struttura, esce e dice: “I frigoriferi, i forni a microonde, i letti e tutti i comfort che ci sono, fuori! Se volete che noi entriamo a curare i malati, tutta questa roba la portate via!”. E questi dicono: “Ma perché? Ma come? Ma in che senso?” — “Fuori tutto. Qui dentro non ci deve essere niente di tutto questo, perché noi vivremo qui, da suore, esattamente come in India; in India non abbiamo il frigorifero.” — a quel tempo — “In India non abbiamo un frigorifero, nei buchi marci di Calcutta non ci sono i forni a microonde. O tutte le altre comodità…” — Dico il forno a microonde per dire tutte le comodità che c’erano — Gli ha fatto portare via i letti, questo me lo ricordo benissimo, i letti li ha fatti portare fuori tutti, perché ha detto: “Noi dormiremo sui nostri pagliericci, come in India, come a Calcutta”. E questi, a bocca aperta, hanno portato via tutto. Madre Teresa è andata a servire i poveri da povera. Madre Teresa è andata a servire gli ultimi da ultima. Capite? Questa è la misericordia. Se voi entrate in una qualunque casa delle suore di Madre Teresa, voi vedrete i poveri di ogni genere e specie, gli ultimi di ogni genere e specie, e la cappella per l’adorazione. Perché fanno ore e ore e ore di adorazione. Ore e ore e ore.

La misericordiosa Madre Teresa — perché nessuno può vantare dubbi sulla misericordia di Madre Teresa, credo che nessuno abbia la follia di dire che Madre Teresa non fosse misericordiosa e non avesse dato la sua vita per i poveri, spero e mi auguro che nessuno raggiunga questo grado di follia — Madre Teresa, quando le sue suorine giovani, all’inizio della sua congregazione queste suorine giovani che entravano e servivano i lebbrosi — ma non solo i lebbrosi — e giornate intere così, eh? Capite che uno arriva alla fine che non è che è morto, di più, non riesce neanche a stare seduto, sviene. Ebbene, dovevano fare tre ore di adorazione eucaristica in ginocchio. Questa è storia, eh? Questa è storia! Tre ore, ogni giorno, in ginocchio, di adorazione eucaristica. Ripeto: in ginocchio! Cosa succedeva? Che le suorine, a un certo punto, svenivano. Cadevano sul pavimento, svenute. La misericordiosa Madre Teresa sapete cosa faceva? Andava lì e le rimetteva in ginocchio. Funzionava così. È questo il segreto della carità di Madre Teresa. Tutto parte da lì. Non dal buon cuore, non dal buon tempo, non dalle idee, ma dallo stare in ginocchio davanti all’Eucarestia, tutto partiva da lì. Questa è storia, che piaccia o non piaccia, così era. Questo è il modello vero della carità cristiana, non quello dei bambocci che hanno in bocca: “Carità, carità, carità, ultimi, ultimi, ultimi, poveri, poveri, poveri”, e poi non partono da Gesù Cristo, non partono e non portano l’Eucarestia, ma partono da sé stessi, dalle proprie idee, dai propri gusti, dai propri stili; questo non c’entra niente col cristianesimo. Quello che ha fatto Madre Teresa vuol dire prendere, assumere volontariamente la vergogna della familiarità con loro, certo, perché una volta entrata in quella casa, in America, con gli ammalati di AIDS, basta, erano segnate. Perché da lì diventavano anche loro appestate. E questo vale per il corpo e vale anche per l’anima, perché anche oggi, anche oggi è così: guai a stare vicino a certe persone che il mondo giudica negativamente; e forse non solo il mondo. Guai! Perché se lo fai, possono succedere dei problemi.

E in questo sta il loro segreto (adesso finisco):

Essi conoscono solo una dignità e un onore: la misericordia del loro Signore, della quale soltanto vivono.

I misericordiosi vivono della misericordia di Dio, come Madre Teresa. Anche Gesù non si è vergognato di noi, anche Gesù ha preso il peso del nostro peccato e l’ha portato fino alla croce.

Bellissima questa espressione:

Questa è la misericordia di Gesù… la misericordia del crocefisso.

Noi dobbiamo annunciare con la nostra vita la misericordia del crocefisso, non la misericordia dei bambocci pagliacci: bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla e poi? Vuoi essere misericordioso? Bene, vai in croce con Gesù. La misericordia di Gesù è tinta di sangue, non di chiacchiere: questo è fondamentale, non dimenticarlo mai. Ed è qui che si instaura la vera comunione con i peccatori — dice Bonhoeffer — in questo, e in questo sta la beatitudine. Bene, andiamo avanti, beatitudine per beatitudine. Ecco perché i misericordiosi hanno il Misericordioso come Signore. E noi abbiamo bisogno di questa misericordia, che vede la piaga, fa la diagnosi, la pulisce fin dove deve pulirla, e la cura. Che Dio ci conceda di trovare frequentemente persone così.

Beati i misericordiosi e coloro che li incontreranno.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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