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Kairos – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.74

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Kairos – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.74
Sabato 13 gennaio 2024 – Sant’Ilario, Vescovo e dottore della Chiesa

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mc 2, 13-17)

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?”.
Udito questo, Gesù disse loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 13 gennaio 2024. Oggi festeggiamo Sant’Ilario, vescovo e dottore della Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal secondo capitolo del Vangelo di san Marco, versetti 13-17.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al capitolo ventitreesimo.

 CAPITOLO 23

Chi ha cominciato a praticare l’orazione deve guardarsi dal tornare indietro — Insiste ancora sull’importanza di procedere con coraggio.

1 — Quello che importa, ripeto, è d’intraprendere la via con la ferma risoluzione di proseguire. Potrei allegarvi in proposito tantissime ragioni, ma per non essere troppo lunga, ne voglio accennare due o tre soltanto. Eccovi la prima. Quando ci determiniamo a dare un po’ del nostro tempo a Colui che tanto ci ha dato e continua a darci, non è forse ragionevole consacrarglielo con generosità, tanto più che questo è di nostro sommo interesse, potendone noi avere grandissimi vantaggi? In caso diverso, invece di donare, si dà solo ad imprestito, con intenzione di riprendersi poi tutto. Ora, colui a cui si è imprestato un oggetto rimane sempre un po’ male quando lo si reclama di ritorno, specialmente se ne abbia ancora di bisogno o lo ritenga già come suo. Che dire poi se si tratta di un amico, dal quale chi ha imprestato l’oggetto abbia ricevuto molti altri favori, datigli senza alcun interesse? Egli allora, vedendo che non vuol lasciargli quella piccolezza, neppure come segno di amicizia, lo ritiene, e a ragione, per un uomo avaro e senza cuore.

2 — Qual è la sposa che avendo ricevuto dal suo sposo molte gioie di gran prezzo, non lo ricambi almeno di un anello, non tanto per il suo intrinseco valore, giacché nulla possiede che non sia di lui, ma almeno come pegno che ella sarà sua fino alla morte? E merita forse di meno nostro Signore per doverlo prendere in giro, reclamando subito il piccolo nulla che gli diamo? Quante ore sciupiamo per noi stesse o per intrattenerci con persone che poi non ci sono riconoscenti! Orbene, se del nostro tempo ci determiniamo a consacrargliene un poco nell’orazione, diamoci a Lui completamente, libere da ogni pensiero terreno. Consacriamoglielo generosamente, decise di non più riprenderglielo, malgrado i travagli, le contraddizioni e le aridità che ne avessimo. Riteniamolo, insomma, come non cosa nostra, persuase di doverne rendere conto se a Lui non lo consacriamo tutto.

3 — Dico tutto, ma non voglio dire che sia un riprenderlo quando tralasciamo l’orazione per uno o più giorni perché assediate da giuste occupazioni, oppure perché indisposte. Basta che la nostra risoluzione sia costante. Il mio Dio non è meticoloso, né si ferma tanto in piccolezze. Anzi vi sarà grato anche per il poco che gli date. L’altro modo di agire è buono per le anime che non sono generose. Non essendo così liberali da donare, è già molto se imprestano. Comunque purché facciano qualche cosa, il signore prende tutto in acconto e si accomoda alle loro possibilità. Non solo Egli non è esigente, ma è anzi molto generoso, e condona facilmente ogni debito per rilevante che possa essere. Per ciò che riguarda la ricompensa, è tanto scrupoloso che non lascia senza premio neppure un semplice levar d’occhi, fatto col pensiero a Lui.

Bene, fermiamoci su questa prima ragione. Innanzitutto, la ferma risoluzione: questa è una costante di Santa Teresa, ma di tutti i santi. Avere la ferma risoluzione di proseguire, cioè di non fermarci mai, qualunque cosa accada, qualunque sia la nostra situazione, non fermiamoci mai, sempre avanti.

La prima ragione: lei dice che quando noi decidiamo di dare del tempo a Dio, che tanto ci ha dato e tanto continua a darci, dobbiamo consacraglielo con generosità, anche perché è nostro interesse farlo; in caso contrario si dà solo in prestito con intenzione poi di prendersi tutto; e lei dice che questo non è un modo di agire molto gentile, molto giusto, anzi ci mostra, o meglio, ci rivela, come persone avare e senza cuore. E poi fa l’esempio della sposa.

Poi dice: «quante ore sciupiamo per noi stessi, o per intrattenerci con persone che non ci sono riconoscenti»; guardate, siamo tutti molto cari, molto bravi, molto buoni, molto fedeli, molto generosi, molto credenti, molto praticanti, molto devoti, molto alla ricerca del vero, del bene e del bello, molto disposti tutti al martirio, al sacrificio, al sacrificarci per… siamo tutti persone meravigliose, però, chissà perché, poi, manchiamo di riconoscenza. Noi non sappiamo essere — non dico tutti, ma molti — molto riconoscenti. 

Stiamo attenti perché la riconoscenza — Santa Teresa qui adesso lo dice —non è: grazie, grazie, prego, prego; non è quella roba terribile che avviene nei messaggini: “Grazie” — “Prego”; “Prego” — “Grazie”; “Grazie di avermi ringraziato” — “Prego”; “Prego mille” — “Prego diecimila”; grazie, grazie e grazie in mille modi. Non è questa la riconoscenza! La riconoscenza non è: ti passo una forchetta e mi dici grazie; questa si chiama educazione e anche questa (la buona educazione) è uno di quei beni oggi abbastanza rari, però non è riconoscenza. 

La riconoscenza è la memoria del cuore, un’altra cosa. La riconoscenza attraversa il tempo; la riconoscenza accompagna la storia della mia vita; la riconoscenza va oltre ogni distrazione; la riconoscenza c’è, punto. Capite? La riconoscenza c’è, punto! Una persona o è riconoscente o non è riconoscente, non è che lo è un po’ sì e un po’ no.

Quante ore abbiamo sciupato per i fatti nostri? Per farci belli, per farci piacevoli, per farci interessanti, per mascherarci; facciamo di tutto per nascondere i segni dell’età, alle volte sembriamo un po’a carnevale. Quanto tempo sciupiamo per noi stessi, e quanti soldi sciupiamo per noi stessi, appunto, sempre per le stesse ragioni che ho detto. Oppure per intrattenerci con persone che poi non ci sono riconoscenti; ma è vero! Quante volte si fa tanto, ma proprio tanto, tantissimo, per persone che poi spariscono; semplicemente spariscono. Manco ti fanno gli auguri di Natale. 

Ore 22:45 del 25/12: “Padre, tanti auguri di Natale, sono un po’ in ritardo, ma vale lo stesso!”. Ma, veramente, io, a quell’ora, ero già a letto a dormire” Auguri di che cosa? Poi, leggi i messaggi prima: “Ah, lei fa tanto per noi; lei è importante per noi, lei qui, lei là”, tutte queste sorte di frasi, di litanie della canonizzazione anticipata; tutta pula, tutta pula, tutto fumo. E poi ti trovi a Natale, ore 22:45: “Padre, tanti auguri, anche se in ritardo, anche se in coda, vale lo stesso”; ha deciso tutto lui. 

Ma la riconoscenza non arriva alle 22:45, la riconoscenza dovrebbe arrivare alle quattro del mattino, se è vera riconoscenza; perché in quella giornata, abbiamo trovato il tempo per tutto, per gli eccessi: per mangiare troppo, per parlare troppo, per bere troppo, per chiacchierare troppo e non abbiamo trovato il tempo — adesso faccio l’esempio di me, ma potete applicarlo a chiunque: ai genitori, agli amici, a chiunque — per mandare un messaggio, almeno un messaggio, di auguri di Natale.

Poi ci sono quelli che arrivano il 28, il 29 e questo è fantastico, perché usano le scuse liturgiche: “Padre, tanti auguri di buon Natale! Sono in ritardo, ma forse no, o anche si boh, non lo so, dipende, comunque, siamo nell’ottava di Natale e quindi è ancora il giorno di Natale”. Ecco, questa dell’utilizzare il calendario liturgico come scusante della nostra ingratitudine, della nostra pigrizia e della nostra smemoratezza, beh, insomma… questa è veramente grossa. È come arrivare con una torta mangiata a metà e dire: “La torta c’è ancora, questo è il mio regalo per te”; dico: “Scusa, ma l’altra metà?” — “Ah no, l’altra metà ce la siamo già mangiata, per te c’è questa”, mezza, un quarto, le briciole. Uno dice: “No, grazie, non ho bisogno, preferisco pane e pesce, pane e cipolla, che va meglio, è più buono”.

C’è una grandissima mancanza di riconoscenza, grandissima; grandissima mancanza di riconoscenza. Persone che spariscono, persone ingrate, persone che… neanche un colpo di telefono. Ho in mente delle situazioni di mamme, di papà, completamente dimenticati, persone che soffrono, dove non c’è nessuno che chiama, nessuno che si fa presente, nessuno che… mah! Si fa tanto per… ma l’uomo non ha riconoscenza, non sa essere riconoscente. 

La riconoscenza è un’altra cosa, veramente, la riconoscenza è memoria del cuore.

“Ma chi è veramente riconoscente?” Gesù. 

Guardate, se dovessero farmi una domanda così, a bruciapelo, in mezzo alla strada, mentre sono andato a comprarmi un gelato, con su la panna, e me lo sto mangiando e ho la bocca piena e uno dice: “Ma chi è la persona più riconoscente nella tua vita?” Mi ingozzerei nel rispondere: Gesù, solo lui, io ho in mente solo lui. Sì, poi gli altri, qualcuno sì, va bene, però “il riconoscente” è Gesù. 

Gesù, guardate, è incredibile, Gesù, la Vergine Maria, sono incredibili! Dio Padre, lo Spirito Santo: incredibili! Non lasciano passare, non dico un minuto, nemmeno un secondo! Non passa un secondo che tu hai fatto qualcosa per loro e ti torna indietro… tu hai dato uno, ti torna indietro un milione. Sarà capitato anche a voi, che abbiate dovuto dire: “No, guarda Gesù, adesso basta, fermati, perché sto soffocando, mi sta esplodendo il cuore, non ce la faccio più”. È bello, no, essere abbracciati da una persona, quando è un abbraccio amorevole, caldo, sincero, forte, bello, no? Ma quando ti abbraccia Gesù, proprio ti soffoca, l’abbraccio del Signore ti soffoca, ti toglie le forze, ti fa svenire. Uno dice: “Gesù, muoio qui, tra le tue braccia”: questo e Gesù!

Avete in mente quella bellissima scena di Marcellino pane e vino: Gesù scende dalla croce, si siede — sapete che in quel film Gesù non viene mai ripreso in volto, davanti, sempre di dietro, di lato, ma non si vede mai il volto di Gesù; si vedono le mani di Gesù, ma non il volto — ed è dolcissimo e bellissimo il colloquio tra Gesù e Marcellino. Quell’ultima parte finale, quando Marcellino gli porta il vino, il pane e poi…

Gesù è cento volte di più, infinitamente di più; basta leggere i santi e i mistici. Quindi, mi verrebbe da dire: non perdiamo tempo; non perdiamo tempo. Se dobbiamo intrattenerci con qualcuno, intratteniamoci con Gesù. Veramente, Gesù sia il nostro centro, il nostro tutto, la nostra primizia, Gesù!

Bello, il giorno di Natale — penso che l’abbiate fatto anche voi — preparare la tavola di Natale — ma l’avrete fatto sicuramente, poi direi, non è da fare solo a Natale, in teoria sarebbe bello farlo sempre, tutti i giorni, comunque — e mettere, al centro della tavola, il Bambino Gesù. A me viene in mente, essendo carmelitano, il Gesù Bambino di Praga, per esempio. Bellissima la devozione a Gesù Bambino di Praga. Beh, insomma, bello che uno celebri il Natale, e, al centro della tavola, non ci stia il bottiglione del vino, non ci stia “io m’affogo di cibo”, ma ci stia Gesù Bambino.

Mi ha intenerito molto quando, la sera della Vigilia, dopo aver celebrato la Santa Messa alle diciotto, nell’uscire, si sono avvicinati un bambino e una bambina — un fratellino e una sorellina — con in mano un Gesù Bambino e mi hanno detto: “Padre Giorgio, per favore, ce lo può benedire?” Sapete che c’è questa bellissima pratica della benedizione dei Bambinelli. Che bello, pensare….

Riconoscenza… la riconoscenza di Dio, l’irriconoscenza degli uomini. Gli uomini si dimenticano tutto, sempre. Gli uomini sono come dei buchi neri: ricevono tutto, ingoiano tutto, si scordano subito. Avere questa memoria grata, questa memoria grata che attraversa il tempo; non che dopo un anno: basta, mi sono dimenticato.

Lei scrive:

Orbene se del nostro tempo ci determiniamo a consacrargliene un poco nell’orazione…

attenti alle espressioni che usa Santa Teresa: “consacrargliene un poco nell’orazione”

diamoci a Lui completamente, libere da ogni pensiero terreno.

Ecco, questo, guardate è il centro proprio, è una “modalità fondamentale della preghiera”. E, adesso, ve lo voglio proprio spiegare bene, perché è veramente importante. 

Quindi, se decidiamo di pregare, quel tempo è consacrato a Dio. Non so, uno dice: dieci minuti; benissimo, anche cinque; ma cinque fatti bene, sono meglio di tre ore fatte male. Cioè, vuol dire: quel tempo è di Dio solo di Dio, unicamente di Dio. 

Io personalmente lo chiamo il Kairos. Il mio telefono mi permette di mettere dei blocchi — io li chiamo così — e quindi è possibile che tu risulti occupato, per cui, chi ti cerca, chi ti chiama, non ti può raggiungere. E ci sono vari livelli di questi blocchi: sono irraggiungibile per tutte le persone tranne che, facciamo un esempio, per la mia mamma e per il mio papà, per cui mio papà e la mia mamma, anche se io metto il blocco, possono sempre oltrepassarlo, il telefono riconosce i loro numeri e quindi mi passa la telefonata. 

Ne ho fatto uno di blocco, che ho chiamato “Preghiera”, quello è il blocco del Kairos, lì non passa nessuno, e quando dico nessuno, è nessuno. Per questo blocco, tra l’altro, ho scelto come icona il cuore — anche adesso, mentre sto facendo queste meditazioni, applico questa modalità e mi appare come piccola icona il cuore. Mi piace. Questo blocco si chiama “Preghiera” e, a fianco, un cuore; e, quindi, mi esce là, in alto a destra, il cuoricino. Quando vedo il cuoricino e penso al Cuore di Dio, al Cuore di Gesù, che sta ascoltando me, che sta aspettando me, che si sta dedicando a me, io penso anche al mio cuore, che deve dedicarsi e consacrarsi totalmente al suo Cuore. In quel tempo, che è il Kairos, non passa nessuno, non entra nessuno, è solo per Dio. Il telefono non mi fa vedere né e-mail, né messaggi, nulla. Io vedo tutto dopo, tutti i numeri, tutte le cose che mi appaiono; quando tolgo il blocco vedo tutto; ma, in quel momento, il telefono è come se fosse congelato.

“Consacriamogliene, diamogliene a lui completamente, liberi da ogni pensiero terreno”. Guardate, questa cosa qui è fondamentale, fondamentale. O preghiamo così, o non si prega. Scrive Santa Teresa:

Consacriamoglielo […] malgrado i travagli, le contraddizioni e le aridità che ne avessimo.

Se hai deciso di consacrare quel tempo, lo devi consacrare; ripeto: dieci minuti, anche cinque, ma quel tempo deve essere tutto di Dio, tutto; tutto, completamente; completamente e liberi da ogni pensiero terreno, liberi dai pensieri dei travagli, dalle contraddizioni, le aridità, tutto!

Riteniamolo, insomma, come non cosa nostra, persuase di doverne rendere conto se a Lui non lo consacriamo tutto.

Io spero che sia chiaro, perché non sono cose complesse e difficili, qui è logica, questa è la logica! È la logica. Quindi, va dato tutto; non è più nostro, e dovremo rendergli conto se, a quel punto, ce lo riprendiamo. Eh, certo, perché allora è una presa in giro. 

Quindi, se tu vai in chiesa per pregare, se tu vai in chiesa per andare alla messa, non vai in chiesa per metterti lì sul cellulare a mandare i messaggini, per parlare al cellulare con l’amico o l’amica, perché il cellulare suoni durante la consacrazione eucaristica, o perché ti metti a chiacchierare con le persone. 

Quello è il tempo in cui tu devi stare zitto, perché deve essere consacrato totalmente a Dio, completamente, “dato a lui completamente, libero da ogni pensiero terreno”; non è più tuo, è solo di Dio. Basta, tu entri in chiesa, il cellulare è morto; tu entri in chiesa, sei tutto di Dio, fuori tutto, fuori tutti. E non parlo più con nessuno, né prima, né durante, né dopo, perché quello è il momento di Dio, è il tempo di Dio.

Poi è bello, perché S. Teresa fa vedere come il nostro Dio — nel quale lei crede, noi non lo so, ma lei crede in questo Dio — non è un tiranno, Gesù non è un tiranno. Noi siamo dei tiranni, ma non Gesù, quindi lei dice: può succedere che, magari, per uno o più giorni, non riusciate a fare l’orazione, perché siete, per esempio, molto occupati, oppure perché siete indisposti, può succedere. Eh, santa pazienza; uno è molto preso e può succedere che quel tempo lì non sia riuscito a dedicarlo all’orazione. Oppure perché non sta bene; “No! Io, anche se ho il raffreddore, la broncopolmonite, la febbre a trentanove, io mi devo alzare a fare la mia preghiera, la mia orazione, perché sennò…”; ma noi crediamo in un Dio che è padre, o crediamo in un tiranno? Gesù non è un tiranno. Quindi, se tu lo tralasci, non è un riprenderti il tempo dato a Dio; è che hai tralasciato, non hai potuto farlo, per queste ragioni più che sane, e più che sante, anche. 

L’importante è che tu voglia farlo con costanza — dice Santa Teresa — cioè che la tua intenzione sia: “Io lo voglio fare con costanza”. Va bene, poi può capitare — che è l’eccezione che conferma la regola — che non stai bene o che sei troppo preso, va bene.

Il mio Dio non è meticoloso

Vedete? È bella questa espressione: “Dio non è meticoloso”, interessante; noi sì, che lo siamo, ma Dio no, non è meticoloso, non si ferma tanto in piccolezze, Dio non sta lì a spulciare, a contare i millimetri.

Anzi vi sarà grato anche per il poco che gli date.

È delicato, certo, ma non si perde in piccolezze. L’importante è fare qualcosa per lui. E Gesù si accomoda molto alle nostre possibilità, ci viene tanto incontro. 

Sentite che bello:

Non solo Egli non è esigente, ma è anzi molto generoso, e condona facilmente ogni debito per rilevante che possa essere.

Il Signore ci comprende, ci capisce, e poi è molto più generoso di noi: condona il debito, basta andarsi a confessare, basta chiedergli perdono. Ma, prosegue:

Per ciò che riguarda la ricompensa, è tanto scrupoloso che non lascia senza premio neppure un semplice levar d’occhi, fatto col pensiero a Lui.

Uno sguardo al cielo fatto col pensiero a Lui: “Gesù, ti amo”; “Gesù, Maria, vi amo, salvate le anime”; questo già è tantissimo!

Bene sono state veramente bellissime queste parole di Santa Teresa che, sicuramente, ci hanno fatto tanto bene. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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