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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Ultima Parte 48

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 17 aprile 2022 – Domenica di Pasqua della Risurrezione

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Ultima Parte 48

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a domenica 17 aprile 2022.

Oggi, Domenica di Pasqua di Resurrezione.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XX di San Giovanni, versetti 1-9.

Auguri di cuore a tutti per la Santa Pasqua di oggi!

Come già ho fatto per il giorno di Natale, vi auguro proprio di trascorrere questo giorno nel modo più bello, più sereno, più santo possibile, con le persone a voi più care. Che sia veramente una giornata segnata dalla bellezza, dalla gioia, dal rivedere le nostre chiese fiorite, esultanti per la Resurrezione di Gesù.

Poi, una cosa bella è che domani ci vedremo con chi potrà, con chi vorrà, ci vedremo nel nostro incontro, che faremo in Lombardia, per condividere una giornata insieme e per avere un momento di scambio della fede, un momento anche di ascolto, un momento di vita cristiana, molto semplice, ma spero, come è stato per le volte precedenti, anche molto utile e intenso.

E oggi concludiamo il libro di Padre Avrillon, che ci ha accompagnato per tutti questi giorni di Quaresima e della Settimana Santa; è stato un percorso lungo e mi sembra di poter dire anche molto intenso.

Oggi è l’ultimo giorno, giustamente, perché il libro è stato scritto per prepararci alla Quaresima e per vivere la Pasqua.

Siamo a pagina 441 del libro, abbiamo letto insieme più di 440 pagine, vedete che si può fare. Certo, se uno le vede dall’inizio si spaventa e dice: «No, 440 pagine è impossibile!», ma poi si riesce, un pochino alla volta, giorno dopo giorno, passo dopo passo, basta essere costanti.

Io sono tanto grato a Dio per questa opportunità che mi ha dato, perché ci tenevo tanto a poter leggere con voi tutto questo libro, perché mi sembra veramente molto, molto bello. È dall’anno scorso che ve ne parlo e quest’anno siamo riusciti.

Oggi è “Giorno di vita”, questo è il titolo che Padre Avrillon dà al giorno di Pasqua.

Giorno di Pasqua – Giorno di vita

“Uscite prontamente dal vostro letto come da un sepolcro…”

Mi piace questo inizio. Ecco, il nostro letto lo possiamo vedere, qualche volta almeno, un po’ come un sepolcro.

“…dopo esservi congratulato nello svegliarvi con Gesù sulla gloriosa vittoria che oggi riporta sulla morte. Riguardatevi come uno schiavo a cui vengono spezzate le catene e come un morto che ritorna in vita per mezzo del benefizio della risurrezione del Salvatore. Affrettatevi come queste tre generose amanti; correte al sepolcro collo stesso ardore; udite attentamente le liete notizie che l’angelo del Signore manifesta loro. Sospirate spesso oggi al riffesso di questa doppia vita. Ripetete sovente nel giorno: Io so che il mio redentore è vivo, e che nella mia carne vedrò il mio Dio; ma fate in maniera che tutte le vostre azioni si riferiscano a questa nuova vita”.

Ecco, è proprio un giorno di vita questo, un giorno di gioia, di gloria, un giorno di comunione, un giorno di bellezza… è il Giorno di Pasqua!

È il giorno più importante di tutto l’Anno liturgico.

Meditazione sulla nuova vita cagionata dalla risurrezione di Gesù, tratta dal Vangelo.

“Voi cercate Gesù di Nazaret, che è stato crocifisso. Egli è risuscitato, non è più qui. Riflettete seriamente a questo discorso dell’angelo, che parla della morte e della risurrezione di Gesù. Egli è stato crocifisso, dice questo celeste spirito, ed è risuscitato. Sono dunque la vita e la morte i due termini che compongono questo gran mistero, e ne sono la sostanza, lo spirito e l’istruzione; cioè a dire che tutta la gloria di questa vita mortale, che Cristo dà oggi a se stesso e comunica agli uomini, è fondata sull’infamia e su gli obbrobri della morte, di cui trionfa in questo giorno e che ha sofferta per nostro amore. Vuole ancora farci conoscere che nella religione che egli consolidava, i patimenti e le umiliazioni sarebbero sempre una sorgente di vita, di gloria e di piaceri innocenti, quando si accettassero con rassegnazione e si soffrissero con pazienza”.

Sì, io credo che sia forse anche un po’ normale che davanti alla croce noi ci ribelliamo e diciamo: «No, Gesù, questa croce no».

Io ho sempre in mente le croci familiari, che, non so se magari sbaglio, ma credo siano le più pesanti da portare, perché, se io ho un problema fisico, ho un dolore o un male fisico, ma ho accanto delle persone di un certo tipo, è più facile portarlo, pesa meno.

Quando tu hai la salute e stai benissimo ma hai accanto delle persone che non condividono questo percorso di fede, non condividono l’amore per Gesù, non lo capiscono, lo giudicano male, ti prendono in giro, ti scherniscono, ti attaccano, ti perseguitano magari, è dura, è veramente dura. Svegliarsi ogni mattina, andare a letto ogni sera, varcare quella porta di casa sapendo che tu hai accanto quel volto o quei volti, è dura, è veramente una croce durissima. Quindi, accettarla con rassegnazione è difficile.

Voi capite che c’è, in più, il fatto che non ne puoi neanche troppo parlare, perché è umiliante, non è una cosa di cui uno va fiero. Avere un parente, avere una persona a noi molto prossima, che bestemmia, che è aggressiva, che giudica sempre male tutto ciò che ha a che fare con Dio, che è ostile a Dio, che è ribelle a Dio, è terribile.

Pensate ad esempio alla sofferenza vissuta dalla moglie di Bruno Cornacchiola, il veggente delle Tre Fontane, della Madonna della Rivelazione. Nel libro è scritto molto bene, lui dice molto bene tutto il male che ha fatto a quella famiglia, lui lo riconosce, grazie al Cielo!

Lo riconosce e dice: «Questo è il male che io ho fatto ai miei figli, questo è il male che io ho fatto a mia moglie, questo è l’Inferno che io le ho fatto passare, fino quando la Vergine Maria non si è degnata di farmi cadere dagli occhi quelle squame terribili».

Solo Dio sa che cosa una moglie, o un marito, o un figlio, portano nel cuore e soffrono a causa di queste cose.

Anche oggi è una grazia vivere in una casa dove tu puoi condividere la gioia della Pasqua, ma se tu hai un figlio, hai una mamma o un papà che ti dicono: «Di queste cose io non ne voglio parlare, tu non me ne devi parlare perché a me non interessano, non mi interessa niente, non appartiene alla mia vita, non rientra nelle mie priorità, non mi interessa niente e non voglio che tu me ne parli», è molto brutto.

Poi, sapete, a volte queste persone diventano anche aggressive, violente nel parlare, ed è molto brutto, molto pesante.

La gioia della Pasqua rimane un po’ striata di sangue ancora, perché, insomma, è pesante e non ne puoi parlare quasi con nessuno o con pochi, poi, ripeto, c’è anche un pudore interno e uno non se la sente di andare a dire certe cose fino in fondo. Ci sono sofferenze, violenze subite, che tu non riesci neanche quasi a dire a te stesso, cioè fai persin fatica a dirle a te stesso, non riusciresti mai a dirle a nessuno.

Sì, forse ad un Sacerdote in confessionale, perché sai che c’è il segreto della confesssione, poi magari lo conosci bene e sai che con lui puoi parlare, però, oltre a questo (per chi ha la grazia di trovare almeno questo) non si riesce a parlare, perché non riesci neanche a tirarlo fuori dalla gola, non ti viene. È un dolore talmente sordo, sono sofferenze ed umiliazioni, violenze subite, anche solo verbali non per forza fisiche, talmente gravi, talmente profonde, talmente cattive, talmente violente, che ti si soffoca in gola la voce.

Oggi, nel giorno di Pasqua, dobbiamo pensare a questi patimenti e a queste umiliazioni vissute da Gesù… e badate che Gesù certe grazie, poi, non le fa a tutti, questo è un insegnamento per la nostra vita.

Il Vangelo (stiamo al Vangelo, non andiamo nelle rivelazioni private, neanche ai Santi e ai Mistici) ci dice che la prima creatura sulla terra che vide Gesù risorto è Santa Maria Maddalena. Questo ci dice il Vangelo.

Perché? Perché è stata a piangere fuori dal sepolcro. Per quanto tempo è stata lì?

E gli Apostoli? San Pietro, il dolce Cristo in terra, il Vicario di Cristo.  San Giovanni Apostolo, l’amico prediletto del Cuore di Gesù, quello che nell’Ultima Cena ha messo il suo capo sul Suo petto… Niente! Nessuno di loro era lì.

E rimangono tali, rimangono Apostoli, il primo tra gli Apostoli, l’Apostolo prediletto, ma la prima persona che vide Gesù risorto si chiama Santa Maria Maddalena, punto.

Nessuno di loro ha visto Gesù per primo, anzi dovranno fare tutta la fatica del caso per credere all’annuncio di Maria Maddalena, per credere all’annuncio delle donne, per attenderLo quando Lui si manifesterà, vivranno il tema del dubbio di San Tommaso, avranno la paura di Gesù che appare a porte chiuse, e via di seguito, insomma tutto un percorso molto diverso da Santa Maria Maddalena.

Noi avremmo detto: «Non è giusto! Sì certo, lei lo merita, lei è quella che dovrebbe averlo (dopo vi faccio un esempio pratico per farvi capire bene a cosa voglio mirare), perché è lì che sta piangendo e Lo sta cercando da tante ore, da tanto tempo al freddo, da sola, nel pericolo, però…»

È vero, lei è quella da cui erano usciti i demoni, era quella che Gesù aveva liberato e salvato dall’adulterio, dalla prostituzione, però la gente la conosceva per quello che era sempre stata… non è che da un giorno all’altro la gente abbia visto Santa Maria Maddalena camminare per aria con l’aureola in testa e gli angeli attorno, non dimentichiamoci questa cosa.

Noi pensiamo che Gesù la salva dalla lapidazione, la converte, la libera dal peccato e quindi da quel momento in avanti tutti vedono Santa Maria Maddalena camminare sulle nuvole sorretta dalle ali degli angeli… no, non è così.

Tutti vedevano questa donna, una donna che fino al giorno prima era stata una pubblica peccatrice e che molti degli uomini che erano in giro per le strade conoscevano benissimo (e non perché diceva i Rosari)… loro vedevano questa donna.

Perché, poi, noi non siamo Gesù, noi ci ricordiamo molto bene il male delle persone che abbiamo attorno e appena possiamo glielo rinfacciamo subito sul muso (sicuro come l’oro), glielo sbattiamo in faccia, soprattutto quando dobbiamo difenderci dai nostri mali, quando dobbiamo contrattaccare, quando dobbiamo umiliare per poter emergere noi miserabili persone.

Allora cosa facciamo? Prendiamo e diciamo: «Però anche tu hai fatto… Però anche tu hai detto… Anche tu sei qui… Anche tu sei là… Però questo… Però quello…»

Noi siamo vigliacchi, perché siamo tanto bravi a fare i “santini” col collo storto quando siamo in chiesa, ma poi, quando si tratta di incontrare Gesù nella verità, noi siamo vigliacchi e, come hanno fatto anche gli Apostoli, prendiamo e scappiamo, capite?

E se qualcuno ci prende per il mantello, o la tunica, glielo lasciamo in mano e in più gli tiriamo anche un bel ceffone, cioè usiamo il suo passato che magari conosciamo, in parte o totalmente, per dire: «Medico cura te stesso, non venire a dirmi queste cose perché tu sei peggio di me».

Maria Maddalena subiva questa logica, capite? Lei, fino al giorno prima, era una pubblica peccatrice. Per la gente quello che lei era rimane esattamente quello che è, loro non hanno vissuto tutto il percorso spirituale che lei ha fatto a Betania con Gesù, no, no, a loro non interessa nulla; se tu sei stata una prostituta fino a ieri, tu lo sarai per sempre, per sempre, perché noi non perdoniamo nessuno, noi non sappiamo perdonare, noi non perdoniamo il male di nessuno.

Chi ha vissuto nel male (e sa che noi lo sappiamo) lo vede scritto nei nostri occhi, lo vede scritto nel nostro sguardo. Noi guardiamo l’altro vedendo il suo male, e non ci interessa che l’abbia superato, che non lo faccia più, che si sia pentito. Non ci importa, lui resta quella persona per sempre.

È così… è così.

Non venitemi a raccontare storie e a dire: «No, ma io vedo Gesù risorto… No, ma io non classifico nessuno… No, ma io non rimango legato al male… No, io vedo il bene nelle persone…»

No, no… non è così.

Sì, a parole siamo tutti capaci di fare questi bei discorsi demagogici, ma in realtà non è così, non è per niente così.

Ebbene, Gesù appare per primo a questa donna, perché Gesù è il contrario nostro. Lui, che è Dio, una volta che perdona, perdona per sempre. Quel male non esiste più, proprio non lo ricorda più, non c’è più, questo è il perdono. E siccome lei ha tanto amato…

Ha tanto amato Gesù, questo lo specifico, perché c’è qualche pazzoide che sostiene che, quando nel Vangelo si dice:«Poiché hai tanto amato, molto le è stato perdonato», quel “tanto amato” si riferisce al fatto che lei si prostituiva. No, perché nella prostituzione non c’è nessun amore.

È devianza pura, è pazzia dire una cosa del genere; veramente solo uno fuori di testa può dire una cosa del genere.

Quando Gesù dice “perché hai tanto amato” fa riferimento ad avere amato Lui. Lei ha tanto amato Gesù, è per questo che le vengono perdonati i peccati, non perché si è prostituita, come se nella prostituzione ci possa essere amore…

Quindi, Lui appare a lei e non a loro, perché Lo ha tanto amato, perché Lo ha cercato, perché Lo ha desiderato.

Noi diremmo, appunto: «Eh no, non fa niente, è giusto darlo a loro questo dono, perché loro sono i Suoi discepoli, perché quello è il Vicario di Cristo, perché quello è il discepolo amato; quindi, è vero quello che ha fatto Maria Maddalena però, per dovere, per legame, deve darlo a loro questo dono». E invece Gesù non lo dà, perché Gesù è libero da tutte queste cose e lo dà a lei.

Vi ho detto che vi avrei fatto un esempio.

Io questa cosa l’ho imparata da piccolo, con la mia nonna.

Lei aveva (“aveva” perché adesso è morta ma noi siamo tutti ancora vivi) tre nipoti: io e altri due.

Tutti i parenti hanno sempre visto non troppo di buon occhio la predilezione che lei aveva nei miei riguardi e il legame che c’era fra noi due, perché era evidente. Potevamo nasconderlo quanto volevamo, ma non si può nascondere il sole, capite?

Quindi, era talmente forte questo legame (come voi avrete notato nelle mie omelie, perché io ne parlo volentieri e di frequente) che era impossibile non vederlo, per cui, ovviamente, in qualcuno questo generava sentimenti non positivi.

Lei aveva questa abitudine, mi regalava libri, perché mi diceva sempre: «Questi rimangono per sempre e poi ti formano, ti danno cultura». Il mio primo vocabolario me lo regalò lei.

Un giorno, tra i tanti regali che mi fece, mi regalò un libro sulle fate, bellissimo, me lo ricordo ancora: un librone grosso con tutte le pagine patinate, tutte lucide, bellissimo, un librone alto, sulle fate e sugli gnomi.

Era un libro di fantasia ed era pieno di disegni, perché a quel tempo leggevo però non ero ancora molto bravo, era parecchio tempo fa.

Quindi, un po’ me lo leggeva lei e un po’guardavo io i disegni, le foto; mi piaceva tantissimo questo libro, poi aveva queste pagine bellissime, proprio veramente belle.

Io quando ricevetti questo regalo preziosissimo, perché era costato tantissimo, rimasi commosso e lo tenevo come se fosse il Santo Graal, era una cosa unica, era il mio libro delle fate e degli gnomi, quindi ci costruivo tutte le mie fantasie e tutti i miei giochi.

Un giorno le dissi: «Senti, ma a Tizio e a Caio (e ho fatto i nomi degli altri miei cugini) che libro hai preso, cosa hai regalato? Se a me hai regalato questo, a loro cosa hai regalato?»

Anche se ero un bambino, avevo nel cuore questo senso di giustizia.

Lei mi guardò e mi disse: «A loro non ho regalato niente».

Io mi ricordo che rimasi gelato, perché capivo che la ragione non era legata alla mancanza di amore o di generosità e di buon cuore, perché la mia nonna era dolcissima.

Mi ricordo che si fece seria in volto, quando mi disse: «A loro non ho regalato niente».

Io le ho detto: «Nonna, ma perché? Non è giusto, se l’hai regalato a me, lo devi regalare anche a loro».

Lei mi disse: «No, a loro non l’ho regalato, perché non sanno avere cura delle cose».

Io mi ricordo che chinai gli occhi su quel libro e dentro di me dissi: «Piuttosto che rovinarlo, muoio». Quel libro aveva assunto un valore simbolico incredibile.

Io ho ancora intonse le macchinine che lei mi regalava, le ruote sono ancora lucide, non le ho mai usate per giocare quelle macchinine, sono diventate dei cimeli, quelle macchinine. Mi ricordo ancora una Ford verde.

Vedete? Lì ho imparato questa cosa che adesso vi ho predicato su Gesù e la Maddalena: Gesù appare a Maria Maddalena e non appare addirittura a San Tommaso (S. Tommaso sarà l’ultimo che lo vedrà) che non aveva il passato di peccato di Maria Maddalena, ma fa niente.

Maria Maddalena ha saputo custodire, ha saputo alimentare, accrescere, vivere, questo rapporto di amore con Gesù, questo le ha meritato il tutto: la prima apparizione di Gesù dopo la morte, la più grande consolazione che un discepolo di Gesù poteva avere.

Capite che cosa immensa?

E gli altri? No, nessuno! Lo vedranno dopo, in un altro momento, tutto quello che volete, ma questa grazia non è stata data a nessun altro.

Noi dobbiamo un po’ rivedere i nostri sensi di giustizia, perché spesse volte sono doverismi e non sensi di giustizia, perché la giustizia non è uguale per tutti.

La giustizia è dare a ciascuno il suo, questa è la giustizia, non uguale per tutti, perché, se fosse uguale per tutti, non sarebbe giusta.

Se io rubo una mela, perché mio figlio sta morendo di fame per dargli da mangiare, non posso essere giudicato allo stesso modo di uno che ha rubato la pensione ad una vecchietta per giocare, per andare a bere o per andarsi a drogare. Non è la stessa cosa.

Non può essere uguale per tutti… a ciascuno il suo.

Io mi ricordo che in carcere conobbi un signore che era stato incarcerato perché aveva rubato un prosciutto.

Voi direte: «Oh Padre, un prosciutto?»

Sì, un prosciutto, aveva rubato un cosciotto di prosciutto, ed è finito in galera.

Lui però mi diceva: «Padre, io l’ho preso perché stavo morendo di fame, avevo una fame terribile».

E io: «Sì, magari, la prossima volta almeno ne prenda solo qualche fetta, non tutta la coscia, santa pazienza!»

Poi io ci ridevo un po’ per sdrammatizzare…

Ma a ciascuno il suo.

Quindi, ragioniamo bene nelle cose, perché se no diventiamo forieri di ingiustizia. Infatti, se Gesù avesse detto: «No, non fa niente, stai lì a piangere e a morire, tu non sei il principe degli Apostoli, io devo andare là. Tu resta qui a morire di lacrime, io vado là», sarebbe stato ingiusto.

Loro, là, non si meritavano Gesù, non si meritavano quella prima apparizione, perché l’avevano fatta troppo grossa, tutti; chi in un modo, chi nell’altro, tutti.

Maria Maddalena invece no, lei è rimasta sempre fedele.

Allora ragioniamo bene nella nostra vita, guardiamo bene intorno a noi.

Uno dice: «Ma io devo dare un po’ a questo e un po’ a quello, se no sono ingiusto».

No, no, no, no, tu devi dare e tu devi essere in relazione a come l’altro è. È importante questa cosa, altrimenti gli arrechi un torto. Io non posso essere riconoscente a Tizio che mi regala un Ferrero Rocher, esattamente come a uno che mi ha salvato la vita, no… sono due cose diverse. Devo saper distinguere, chi non distingue confonde.

Si potrebbe dire: «Eh ma con San Pietro e gli altri Apostoli che legame aveva! Li conosceva da tanto tempo, li aveva scelti, aveva vissuto con loro, era stato insieme a loro nell’Ultima Cena quando ha istituito l’Eucarestia…»

Ma Gesù, coi fatti, dice: «Sì, sì, va bene, però questo dono non te lo do, fine della discussione. Questo dono non è per te, perché tu non hai fatto e non ci sei stato quanto c’è stata lei!»

Eh cari… come siamo lontani da questa giustizia bella, vera, nobilitante, educante, questa giustizia giusta, che fa il giusto!

Noi invece siamo tutti pieni di questi perbenismi, doverismi, falsi legami, false cortesie, di questi borghesismi, squallidi proprio.

Noi diciamo: «No, ma io devo…»

Ma “devo” perché? Perché “devo”?

In nome di che cosa “devo”?

Pensiamoci bene a questa cosa!

Devo?! Cosa “devo”?

Non devo niente.

Devo ragionare, invece, in relazione alla verità, questo sì!

“Ma qual è la causa di questa morte del Salvatore: il peccato: onde ne risulta che io merito la morte, perchè il mio peccato è cagione della morte del mio Dio. Io dunque peccatore doveva morire e non esso che era innocente; e certamente io sarei morto, se egli non si fosse messo in mio luogo per soffrire il castigo e portar la pena che merita il mio peccato. Quando assisto ad un funerale o alla morte di qualcuno de’miei parenti, il primo sentimento che m’inspirano la natura e l’amor proprio, è il timor d’essere un giorno in questo stato, — eh abbiamo paura… — perchè conosco bene che la morte la quale non l’ha risparmiata ad esso, verrà un giorno a sorprendere ancora me”.

Certo, prima o poi arriva eh… arriva…

“Ma subito che penso a Gesù risuscitato, la grazia distrugge e riforma questo primo sentimento in me stesso; io mi consolo colla speranza di una certissima risurrezione; e se penso da cristiano, come devo, subito dico: morrò, lo merito, o mio Dio, perchè sono peccatore; ma risusciterò perchè voi siete risuscitato, e nella mia carne e con questi occhi vedrò voi, mio salvatore”.

Questa è la nostra speranza!

“Andate e dite ai discepoli e a Pietro, che Gesù li precederà in Galilea, e colà lo vedrete siccom’egli vi ha detto”.

Quindi, loro diventano le prime testimoni, le prime apostole, le prime annunciatrici missionarie.

“S. Pietro era morto alla grazia per la sua infedeltà, e Gesù gli manda a dire per Maddalena che lo andasse a trovare in Galilea, per ridonargli la vita della grazia che avea perduta”.

In Galilea… deve fare un pezzo. Non fuori dal sepolcro, subito, come a Maria Maddalena. Come dire: «Perché tu mi hai tradito, adesso devi fare un cammino…». Vedete cosa vuol dire essere giusti?

“S. Tommaso era morto alla grazia per la sua ostinazione di non credere la risurrezione, e Gesù gli fa ritrovare questa vita di grazia e di fede nelle sue piaghe. I discepoli d’Emmaus erano morti alla grazia, perchè aveano perduta la fede e la speranza, e Gesù si fece loro compagno di viaggio”.

E quindi si mostra ai loro occhi nell’Eucarestia.

Quindi, chiediamo al Signore che ci favorisca con una delle Sue visite per prepararci ad una vita nuova, per darci una vita nuova, una vita da risorti.

Prepariamoci a ricevere con rispetto questa visita, ascoltiamo lo Spirito  Santo e seguiamo con fedeltà inviolabile ciò che ci ispirerà.

Chiediamo al Signore di risvegliarci dalla nostra tiepidezza, di non farci fuggire davanti a questa bellezza della Sua Resurrezione, ma di rimanere incantati.

Infine, io vi auguro di cuore ancora una Santa Pasqua e spero proprio con tutto il cuore di potervi vedere domani, a Dio piacendo, e di poterci salutare con quel bel saluto: “Il Signore è risorto! Alleluia! Cristo è veramente risorto! Alleluia!“

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

 

VANGELO (Gv 20, 1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

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