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Il Timore di Dio pt. 4 – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.136

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il Timore di Dio pt. 4 – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.136
Venerdì 15 marzo 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 7, 1-2. 10. 25-30)

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 15 marzo 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal settimo capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 1 e seguenti.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al capitolo quarantunesimo, paragrafo quinto.

5 — Spesso, considerando donde provenga questa forza, mi viene da lodare il Signore. Molte volte un servo di Dio, impedisce che si tengano discorsi cattivi senza neppur dire una parola. Dev’essere come succede fra gli uomini. In nostra presenza, non si dice mai male di un nostro amico: per il fatto che è nostro amico, non se ne sparla mai, neppure se è assente. Così di un servo di Dio. Potrà pur essere della più bassa condizione, ma per l’amicizia che egli ha con il Signore, viene rispettato da tutti e per non contristarlo, si evita in sua presenza ogni offesa di Dio. Ignoro quale ne sia la causa, ma so che ordinariamente è così. Però evitate di avere troppe apprensioni. Se l’anima comincia a veder pericoli da per tutto, si rende inabile a ogni bene, può cadere negli scrupoli e diventa inutile a sé e agli altri. Dato pure che a tanto non giunga, potrà lavorare per la sua personale santificazione, ma non condurrà a Dio molte anime, perché, facendosi vedere tanto timorosa e circospetta, infonde paura e scoraggia: le anime fuggirebbero dal seguire la sua via, anche se la riconoscessero più perfetta.10

La nota dice:

10 È così misera la nostra natura che per non cadere in simili strettezze, si perde pure il desiderio di seguire seriamente il cammino della virtù. (Manoscr. Escor.).

È molto bello anche quello che abbiamo appena letto, il paragrafo quinto. Un servo di Dio — noi potremmo anche dire un amico di Dio, è la stessa cosa — molte volte impedisce che si tengano discorsi cattivi e, come dicevamo ieri, senza dire una parola. La sola presenza di questo servo di Dio, di questo amico di Dio, impedisce discorsi cattivi, impedisce discorsi volgari, impedisce discorsi impuri, impedisce le parolacce, impedisce le volgarità. Come abbiamo visto ieri, Santa Teresa, riferendosi alle anime dissipate, scrive: «le obbligherete a contenersi con la sola vostra presenza»; la sola presenza obbliga al contenimento. E questo avviene per l’amicizia che egli ha con il Signore; per quest’amicizia che ha con il Signore, viene rispettato da tutti e, “per non contristarlo, si evita di offendere Dio”.

Poi, di fatto, lo perseguiteranno, come hanno fatto con tutti i santi — pensate a Padre Pio, pensate a Gesù stesso — tutti i santi sono stati perseguitati, però sommamente rispettati. C’è un sacro rispetto che ti prende, davanti a colui o a colei che ha una vera amicizia con Gesù; sei preso interamente da questo sacro rispetto. E quindi, se anche gli vuoi male, se anche pensi il male, se anche arrivi a odiare questa persona, ciononostante, per l’amicizia che ha con il Signore, tu sei portato a rispettarla, a non contristarla, e quindi a evitare di offendere Dio in sua presenza. Lei dice: «Ignoro quale ne sia la causa, ma so che ordinariamente è così».

È molto importante, questo. Noi che ci inventiamo le cose più strane, alle volte… non con cattive intenzioni, ma per fare le cose buone, le facciamo male. Noi dobbiamo sempre pensare che le cose buone vanno fatte bene, perché se le faccio male, è come non farle, o peggio. È peggio quasi di non averle fatte, è come proprio produrre qualcosa di cattivo. Dobbiamo stare veramente molto attenti, molto prudenti.

Pensate anche al male che — alle volte volendolo, alle volte non volendolo — alcuni hanno fatto, ad esempio, a Padre Pio, per la loro imprudenza. San Padre Pio ha sofferto terribilmente, ed è andato incontro a delle pene gravissime, molto spesso per l’imprudenza, l’insensatezza di chi aveva intorno: che parlava quando doveva tacere; che parlava a sproposito; che diceva le cose giuste alle persone sbagliate.

Noi, alcune volte — speriamo non spesse volte — facciamo del male con l’intento di fare del bene, perché vogliamo metterci a posto la coscienza; questa è la ragione! Noi vogliamo mettere a posto la nostra coscienza e quindi diventiamo imprudenti, e quindi non ci interessa, neanche pensiamo agli effetti che un atteggiamento, un comportamento possono avere sull’altra persona.

Se invece noi pensassimo che il punto non è quanto io mi metto a fare il predicatore, quanto io mi metto a voler convertire le persone… il punto non è questo. Il punto è che se tu veramente sei un servo di Dio, se tu veramente vivi una forte amicizia con il Signore, il solo fatto di essere vivo, presente in quel luogo, questo diventa un atto di somma testimonianza, tale per cui “ordinariamente” — scrive Santa Teresa — tu impedisci il male; rendetevi conto! Se questo non succede, è perché non sono ancora un vero amico del Signore, vuol dire che devo crescere nell’amore del Signore e nell’amicizia del Signore, non cambiare la vita degli altri.

Guardate, veramente, ragioniamo sulla nostra imprudenza e su quanto siamo alle volte veramente stolti, e facciamo il male. Io, personalmente, non posso non pensare, ad esempio, come già vi ho detto, a quelle volte — non sono state tantissime, ma sono successe, più di una volta, una ultimamente — in cui alcuni prendono una meditazione vocale e la tagliano. Poi ho scoperto che non è successo solamente a me, ma è successo anche ad altri sacerdoti. Prendono la tua meditazione, te la tagliano e fanno un collage, e della meditazione di un’ora e dieci minuti, ti tirano fuori tre minuti, quattro minuti, secondo il loro uso e consumo, secondo la loro discrezione, il loro giudizio: “Siccome questa parte mi piace, questa parte è particolarmente significativa, questa parte secondo me è utile da far girare…”; quindi, ti vanno a prendere una meditazione vecchia, di quattro anni, cinque anni, sei anni, te la tirano fuori, la tagliano e la mettono lì. E poi mettono anche l’immagine che fanno loro, con il titolo che vogliono loro, usano il tuo nome e cognome, e neanche scrivono: “estratto” o “parte” di una meditazione, no, “meditazione”, “omelia”, te la buttano fuori così. E tu non sai niente, perché ovviamente non ti chiedono il permesso, non ti vengono a chiedere: “Posso? È possibile? È d’accordo?” 

Del resto, quella cosa è di proprietà di chi l’ha detta e di chi l’ha fatta, giusto? Come uno che fa un quadro: è di sua proprietà, quel quadro; se uno scrive un libro, è di sua proprietà, quel libro; se uno fa una meditazione, è di sua proprietà, la meditazione; ci mette il suo nome, ci mette il suo tempo, ci mette la sua energia. Anche solo per il rispetto del lavoro altrui, uno dovrebbe dire: prima di toccare questa cosa, chiedo. 

Quando poi tu dici: “Ma scusi, ma cos’è che ha fatto, ma perché l’ha fatto?” — “Ah, ma io pensavo di fare del bene; ah, ma io volevo fare del bene; ah, ma sono così tanto belle, quelle parole!” 

Ma tu cosa ne sai di quello che quelle parole possono generare? Tu hai sentito tutta la meditazione, ma un’altra persona potrebbe non conoscere quel sacerdote e si vede arrivare un pezzo tagliato, buttato lì in qualche maniera, senza un inizio, senza una fine, sfumato, buttato lì in qualche modo, proprio una cosa fatta a brandelli. “Ah, ma io l’ho fatto con buone intenzioni, e l’ho mandato a Tizio, a Caio e Sempronio, perché devono capire, perché devono convertirsi, perché hanno sbagliato”. Ma con che diritto, ma con quale autorità?

Ma voi provate a pensare all’invadenza e all’ingerenza di un comportamento del genere. Voglio dire: ma chi sono io, per fare una roba del genere? Usando il materiale di un altro! Ma, badate, fosse anche tutta la meditazione intera, ma io chi sono, per prendere e mandare questa cosa a un’altra persona, senza che quella magari me l’abbia minimamente chiesto, perché io ho deciso che quelle parole servono a quella persona per convertirsi. Ma stiamo scherzando? Ma questa è una cosa sbagliatissima! Sbagliatissima! Ma con quale diritto lo faccio?

Veramente, guardate, il rispetto — il rispetto dell’altro a cui voglio mandarlo e dell’altro che ha fatto quella cosa — mi impedisce di avere un comportamento del genere. Vuoi fare una cosa del genere? Fallo con le tue parole, incidi un vocale e mandalo a quella persona, ma non con le cose degli altri.

Mi sbaglierò ma sono convinto di questo, personalmente, perché non si fa, non è giusto. A me darebbe fastidio se una persona, sapendo che io ho una certa sensibilità, mi mandasse qualcosa che è di una sensibilità opposta, perché ha deciso che devo cambiare idea. Ma io sono una persona adulta, sarò libero di scegliere di me stesso! — “Eh no, adesso ti mando questa cosa che ti fa capire tante cose”. Ma io te l’ho chiesto? E allora perché lo fai? Questa è una forma di violenza, non è giusto. — “Eh, ma perché questa cosa qui ti fa del bene, ti salva l’anima”. Mah! Mi verrebbe da dire: cerchiamo di stare un po’ nei ranghi, ognuno al suo posto, perché chiunque potrebbe risponderti: “Ma tu pensa all’anima tua, che alla mia ci penso io. Chi ti ha detto che tu sei l’infermiere della mia anima?”.

Vedete Santa Teresa com’è equilibrata, come è discreta, vedete com’è delicata e com’è vera? Lei ti dice: guarda che ciò che conta è che “tu” sia santo; ciò che conta è che “tu” sia un servo di Dio, che “tu” ami veramente il Signore, basta! Hai fatto questo? Perfetto. “Il solo esserci, senza proferire parole, impedirà il male”, questo è quello che dice Santa Teresa. E così risparmi tempo, dal metterti lì a passare ore, a mandare le cose su Facebook, a mandare i messaggini, a far girare della roba. 

Certo, se invece so che c’è una persona che ha un certo cammino, che gradisce, che condivide la stessa sensibilità, che condivide gli stessi principi, beh, allora è un altro discorso, è ovvio! E allora è ovvio che dico: siccome so che tu hai una certa sensibilità religiosa, anche tu pensi in un certo modo, guarda, ho trovato una bellissima meditazione, ho trovato un bellissimo libro, che, secondo me, potrebbe arricchire ciò che tu già stai facendo; ma questo è un altro discorso! Ma non io che mi metto a fare il convertitore delle persone. E Padre Pio ha avuto dei danni enormi, da queste “crocerossine dello spirito”.

Che poi notate: questa cosa che vi ho appena detto, del “taglia e cuci”, è illegale, sappiatelo! Ditelo, che è illegale! È tanto illegale che, se una persona fa una roba del genere, e l’autore, il proprietario di quell’audio, lo scopre e lo segnala a YouTube, questa segnalazione, direttamente, di default, poi diventa una segnalazione giudiziaria, va alla realtà giudiziaria, ci rendiamo conto?!! Perché non si può fare, non si può, non è una cosa tua. Noi dobbiamo rispettarla la legge, non si può agire col buon cuore, così come ho in testa io. Ma poi, in nome di che cosa? Per che cosa? Vuoi fare del bene? Bene, diventa Santo, ama il Signore, e già questo è più che sufficiente.

Ci sono quegli educatori — diciamo così — che, siccome il figlio (o la figlia, o il marito, o la moglie, non so chi per esso) non va in chiesa o non prega, gli fa una “testa quadrata” per andare in chiesa, per pregare, per fare un digiuno il mercoledì e il venerdì, per dire il Rosario, per fare la meditazione; ma dico: il rispetto!? Ma se non se la sentono, se in quel momento della loro vita hanno perso quel contatto col Signore, perché dobbiamo farglielo venire a nausea? Perché dobbiamo ossessionare le persone?

A me è capitato di qualche giovane, che magari era in un momento un po’ di fatica, mi dicesse: “Padre, vado a casa e non faccio in tempo ad entrare, che c’è la radio che trasmette cose religiose a tutto volume”. Non dico il nome dell’emittente radio, ma è abbastanza ovvio quale possa essere — che la radio non c’entra niente, poverina. Ma se ti ho detto che io non condivido più queste cose, ma perché devi fare il lavaggio del cervello? Ma se io non lo voglio? Mettiti gli auricolari e ascoltatela tu.

Guardate, veramente, ci vuole il rispetto delle persone a tutti i livelli, non possiamo, per quello che abbiamo in testa noi, fare quello che vogliamo. E poi la buona educazione non va mai saltata, oltre che la giustizia e la legge. La legge va rispettata, i “taglia e cuci” non si fanno; io non posso prendere il libro di un autore, prendo mezza pagina che mi piace a me, la copio e la pubblico a nome suo. E ci metto il titolo! “Ma cosa stai facendo?” — “Eh no, ma questo libro è troppo lungo! Allora io prendo questa pagina, la taglio, e faccio un altro libro, di una pagina, col tuo nome, e ci metto il titolo che voglio io. Quindi, quel titolo lì era “I fiori nei boschi”, e io lo faccio diventare “I pesciolini rossi”, perché a me piace “I pesciolini rossi”, e ci metto il tuo nome. E non dico neanche che viene da quel libro lì, non lo scrivo, no, no”. L’autore tal dei tali ha scritto un nuovo libro: “I pesciolini rossi”. Che uno dice: “Ma io ho scritto quattrocento pagine, di quel libro…”.

Un’obiezione che io ricevetti, su questa questione, quando scoprii l’evento e lo feci presente, fu: “Eh, ma padre, ma vuole mettere! Non è fruibile una meditazione che è lunga magari mezz’ora, un’ora, troppo lunga! Invece se si fa una cosa un po’ short, un po’ breve, di cinque minuti, è molto più fruibile, gira di più!” Ma lo scopo non è “gira di più”, ma chi ti ha detto che il mio scopo è “gira di più”? Leggete nel cuore dell’uomo? Ma io non ho mai detto che faccio meditazioni perché girino di più, mai detta questa cosa. Faccio le meditazioni che hanno un capo, una coda, per coloro che le vogliono ascoltare. Mai mandato una mia meditazione a nessuno, chi la vuole l’ascolta, chi non la vuole non l’ascolta, e chi la vuole sa dove cercarla, punto.

Poi siamo tutti liberi di ascoltare quello che ci interessa. Io posso dire: guarda, questa meditazione tratta questo tema e, dal minuto tale al minuto tale, ti consiglio di ascoltarla con particolare attenzione, perché mi sembra importante. Poi sarà la persona a cui lo dico e decidere, non io. Non posso io decidere, tagliare, cucire e fare un’altra cosa.

Dobbiamo stare molto attenti, veramente, dobbiamo stare molto attenti e avere sommamente il rispetto degli altri. Mi auguro che non accadano mai più queste cose, non solo a me ma a chiunque, non si fa con nessuno, bisogna avere rispetto del lavoro degli altri; anche perché costa tempo, costa fatica, costa energie, costa salute, costa vita, capite? Non è che uno lo fa e intanto sta facendo altre cose. Per fare queste cose bisogna dedicare tempo: tempo quando si è stanchi; tempo quando si vorrebbe magari stare un po’ in silenzio a pregare; tempo quando si vorrebbe un attimo riposare. Costano, eh! Non è una cosa che si fa così, mentre uno cucina. Per fare queste cose, bisogna rinunciare ad altre; dico: beh, ma allora, almeno un briciolo di rispetto! Non si chiede tanto, un briciolo di rispetto.

Così come riguardo a tantissimi altri aspetti — io ho citato questo perché mi ha toccato adesso, ultimamente — ma ce ne sono tanti altri, di aspetti. 

Nella vita di Padre Pio, per esempio, ce ne sono tantissimi altri, di aspetti, dove Tizio e Caio si prendevano la libertà di diventare gli “ermeneuti” di Padre Pio, i “commentatori” di Padre Pio, gli “interpreti” di Padre Pio. Ma Padre Pio si sapeva spiegare da solo, non aveva bisogno che qualcuno diventasse suo interprete, non era morto! Era vivo! E questi si mettevano a fare gli interpreti di Padre Pio e così gli causavano danni. 

Si erano messi a stampare i santini, ma vi rendete conto? Avevano fatto le statuine, le immaginette di Padre Pio vivente! Chiaro che poi, coloro che sono andati a fargli la visita da Roma hanno detto: “Questi qui sono tutti pazzi invasati”, beh, certo! Hanno detto: “Il frate con le stigmate fomenta il culto della sua persona”. E Padre Pio manco lo sapeva!! Ma voi ve lo immaginate Padre Pio che diceva: “Sì, sì, fate le immaginette con su la mia immagine, fate le statuine con Padre Pio, fate i quadretti con Padre Pio con l’aureola, vendete i pezzi della mia tonaca”; ma vi rendete conto? Questi facevano queste cose: commerciavano i pezzi della tonica di Padre Pio, piuttosto che le immaginette, le statuine… Chiaro che uno che viene dall’esterno, che non conosce la situazione, che non conosce Padre Pio, che non conosce niente, arriva e, per entrare in convento, si trova fuori le bancarelle con su l’immagine di Padre Pio, le statue di Padre Pio, le foto di Padre Pio, i santini di Padre Pio, dice: “Questi qui sono tutti impazziti e lui è un imbroglione!”; e quindi: giù a perseguitarlo. “Ah, ma noi lo facciamo per fare del bene”; sì, intanto chi lo sta pagando è Padre Pio. Chi l’ha pagata è Padre Pio, non coloro che hanno fatto queste cose.

Io vi domando: ma vi sembra giusto? A voi che siete persone di fede, e persone di logica, e persone di testa, domando: ma vi sembra giusto? Uno, di fronte a queste cose, dovrebbe insorgere e dire: ma cosa state facendo? Ma con che permesso? Con che diritto?

Allo stesso tempo, Santa Teresa ci dice: “mi raccomando, non vediamo pericoli dappertutto” (e questo riguarda però la nostra vita, non: “mi metto a giocare sulla vita degli altri”, perché quello che vi ho detto rimane fermo). Che vuol dire: fondamentale è la prudenza, però non diventiamo scrupolosi. Ma questo — ripeto — per quello che riguarda la “mia vita”, non che io vado a mettere pasticci nella vita degli altri! Quindi, per quello che riguarda la mia vita, non devo rimanere paralizzato; vuol dire: non vediamo pericoli ovunque, perché sennò non si cammina più.

E poi — aggiunge — evitiamo di farci tanto timorosi e circospetti da infondere paura e scoraggiamento negli altri, “le anime fuggirebbero dal seguire questa via, anche se la vedessero come la più perfetta”. Quindi: serenità, gioia nell’essere “noi” cristiani; non vediamo il male ovunque; non vediamo insidie ovunque; cioè, per favore, non diventiamo complottisti, dove ovunque e qualunque cosa: “la farfallina che si muove è il segno che…” ecco, no.

Impariamo a muoverci con molta serenità, sempre prudenza, sempre intelligenza, sempre equilibrio, sempre pacatezza, sempre rispetto — fondamentali — e, insieme, questa agilità, questa serenità, questo non vedere il male dove non c’è e vederlo dove c’è; dove c’è, bisogna vederlo. Bene, ci fermiamo qui, domani vedremo il paragrafo sesto. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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