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La Santa Confessione: la “Kardiognôsis”

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 17 gennaio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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La Santa Confessione: la “Kardiognôsis”

Eccoci giunti a Domenica 17 gennaio 2021, seconda Domenica del Tempo Ordinario. Abbiamo ascoltato il Vangelo di oggi tratto dal Vangelo di S.Giovanni, cap. I, vv 35-42.

 

“Dove dimori?”

Anche noi vogliamo cercare Gesù, stare con Gesù nella sua Dimora e noi sappiamo che sulla terra la Dimora di Gesù è il Tabernacolo. Anche noi vogliamo andare e vedere, e stare. Ma c’è una domanda ancora più importante che dovremmo sempre portare con noi giorno e notte:

“Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?».”

  • Noi che cosa cerchiamo? Seguendo Gesù che cosa cerchiamo? Cosa stiamo cercando nella nostra vita?

Cosa stiamo cercando nella nostra vita? Che cosa cerco a fare o non fare una certa cosa? Che cosa cerco a dire o non dire quella cosa? Che cosa cerco facendo quella scelta?

Proseguiamo la lettura della meditazione del testo: “‘L’inconscio spirituale” di J.C.Larchet che tratta proprio il tema della confessione, del confessionale, del Sacramento della Penitenza.

Che cosa cerco quando vado a confessarmi? Che cosa cerco quando prego?

Noi forse cerchiamo la gioia, la pace, il benessere, la salute, il piacere spirituale, l’apprezzamento, il consenso.

Noi cerchiamo Gesù?

Cercare Gesù, vuol dire cercare la sofferenza, il disprezzo, la persecuzione, la croce, l’infamia, il disonore, la morte. Cercare Gesù vuol dire cercare la Sua Passione.

Ogni giorno dovremmo meditare almeno un pochino la Passione di Gesù. Santa Teresa D’Avila, come tutti gli altri Santi erano innamorati della Passione di Gesù, la meditavano ogni giorno. Stiamo attenti a credere di cercare Gesù solamente perché abbiamo comportamenti religiosi. Chi cerca Gesù, cerca la vita che ha fatto Gesù e la vita di Gesù, dice l’Imitazione di Cristo, “fu tutta Croce e Martirio”.

Andiamo avanti nella lettura del libro, perché noi dobbiamo imparare bene a confessarci, dobbiamo diventare innamorati di questo Sacramento, deve avere un posto privilegiato nella nostra vita, dobbiamo amarlo profondamente.

“Se il ruolo del confessore, essenzialmente in un primo tempo, è quello di ascoltare, può però anche essere, se necessario, quello di fare domande per far precisare meglio questo o quel punto, farsi chiarire dei particolari, se ciò fosse necessario, per capire meglio il penitente e meglio curarlo, in ogni caso il Sacerdote deve farlo con tatto e discrezione, con spirito di carità, atteggiamenti che mostreranno come la sua intenzione sia puramente di prestare aiuto a chi è venuto a parlargli. Deve trattenersi da ogni intrusione nella sua intimità e da ogni vana curiosità, rispettandone in modo assoluto la libertà.”

Sono caratteristiche essenziali che il Sacerdote, il confessore deve avere. Dobbiamo essere noi penitenti che apriamo le porte, non lui che si mette a bussare e a cercare. Siamo noi che andiamo a chiedere aiuto. Una cosa importantissima, quando finiamo di confessarci impariamo due cose che sono la base della buona educazione, impariamo a ringraziare, perché nulla ci è dovuto e nulla è scontato e impariamo a salutare il Sacerdote. Sono fondamentali. E’ importante non tanto per il Sacerdote ma per noi.

“Tuttavia indagare può rivelarsi necessario quando si rendesse conto che il penitente gli nasconde qualcosa, riferisce in modo incompleto questo o quel peccato, si mostra reticente si questo o quel punto.”

Questo non dovrebbe capitare, quando ci andiamo a confessare noi dobbiamo dire tutto, bene e chiaramente. Il Sacerdote non dovrebbe mai arrivare a fare domande. Dobbiamo imparare a chiamare le cose con il loro nome, nel modo più preciso e sintetico possibile, che sia chiaro, senza giustificazioni, chiaro, preciso, pulito e lineare, senza perdersi in questioni inutili. Differenza specifica, numerica e la materia. Dobbiamo imparare a confessarci, non dobbiamo confessare i peccati degli altri, ma i nostri. Bisogna riscoprire il significato della Confessione e viverla come deve essere vissuta.

“Peraltro anche la preghiera che precede la Confessione invita il penitente a non omettere nulla”

Che bella preghiera si dice nella Chiesa Ortodossa, non la conoscevo, prima di confessarsi, è la preghiera che dice il Sacerdote al penitente prima della Confessione:

“Non avere vergogna, non temere e non nascondermi nulla, ma dimmi senza reticenza tutto ciò che hai commesso per ricevere il perdono di Nostro Signore Gesù Cristo”

Brevissima ma veramente bella. Più noi siamo schietti e chiari e più vuol dire che siamo pentiti, perché non abbiamo bisogno di mascherare gli eventi con miliardi di parole.

“Può accadere che dei peccati rimangano inconsci, compito del confessore sarà allora di scoprire gli atteggiamenti provocati dalle passioni o gli stati d’animo che il penitente non può vedere in sé e quindi non confessa. Alcune passioni, in particolare l’orgoglio e la vanagloria, ma anche l’attività dei demoni, possono annebbiare la coscienza.”

L’orgoglio, la vanagloria e l’azione dei demoni possono annebbiare la coscienza, per questo è fondamentale chiedere al Signore la grazia dell’umiltà, di essere semplici. Sulla vanagloria Padre Pio ha scritto delle lettere meravigliose. La vanagloria è la gloria vana, la gloria del mondo, è la gloria degli uomini, la gloria delle cose fatue che è diversa dalla gloria di Dio.

“Un confessore esperto può arrivare in modo indiretto a scoprire lo stato che il penitente non ha confessato da certe sue parole, certe intonazioni della voce, certi silenzi, certe esitazioni, o magari rifacendosi a ciò che del passato del penitente, della sua storia, della personalità egli già conosce. Può persino avere una conoscenza diretta leggendo nel cuore del penitente, se da Dio, come a certi Santi Confessori è accaduto, egli ha ricevuto il carisma della conoscenza del cuore”

In greco si chiama “kardiognôsis”, conoscenza del cuore. Ci sono situazioni dove il confessore rivela al penitente cose che lui neppure vede.

“E’ sbagliato appuntarsi i peccati su un foglio e entrare nel confessionale con il foglio per leggerli?”

Su questo non c’è una legge, non c’è alcun male appuntarsi i peccati su un foglio e leggerli, anche perché in un sogno famoso di San Giovanni Bosco, del demonio con i tre nodi che tira il collo dei penitenti, dei ragazzi, San Giovanni Bosco impone al demonio di farsi dire che cosa sono quei tre nodi, uno dei tre nodi è il tacere i peccati. Andando in confessionale spesse volte mi è capitato di dimenticarmeli, per evitare questo ho imparato a segnarmeli. Quando mi faccio l’esame di coscienza serale o appena faccio qualcosa che vedo che non va bene, subito me lo scrivo e lo tengo appuntato nella preparazione alla Confessione, poi vado e leggo i punti riportati. In questa maniera tutto ciò che ha caratterizzato il mio “No”, la mia ribellione a Dio, tutto verrà messo davanti agli occhi del Signore. Può essere utile, non è un obbligo.

Se coscientemente e liberamente decido di non dire un peccato per vergogna o per paura, quella confessione è invalida, l’assoluzione è invalida e io commetto un sacrilegio, non dimentichiamolo mai.

Chiediamo al Signore la grazia sempre di più di introdurci a vivere bene questo bellissimo Sacramento. E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

 

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

VANGELO (Gv 1,35-42)
Videro dove dimorava e rimasero con lui.

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

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