Meditazione
Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Il Salterio di Gesù e di Maria del Beato Alano della Rupe” di domenica 23 ottobre 2022
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
VANGELO (Lc 18, 9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Audio della meditazione:
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Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a domenica 23 ottobre 2022.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciottesimo del Vangelo di san Luca, versetti 9-14.
Continuiamo la nostra vita sul libro del beato Alano. Oggi iniziamo il terzo libro:
I sermoni del nostro Padre Domenico rivelati allo stesso padre Alano
Non potremo leggere tutta questa parte, ma ne sceglieremo alcuni passaggi: oggi, in particolare, vedremo una breve sezione del capitolo secondo.
Secondo Sermone sulla Salutazione Angelica, rivelato una volta dalla Madre di Dio a San Domenico e in seguito nuovamente da lui al Novello Sposo.
S. Domenico si è degnato di rivelare ad un Religioso Predicatore, il novello Sposo di Maria, che verso di lui era molto confidente e devoto, quanto segue.
È il beato Alano che parla di sé.
1. “Tu, o Fratello – diceva San Domenico apparendo improvvisamente – tu predichi, ma bada a te e sta in guardia con sollecitudine, affinché tu non vada in cerca della lode umana e della vanagloria, piuttosto che inseguire e zelare la salvezza delle anime”.
Questo vale per tutti i sacerdoti, sicuramente per tutti i sacerdoti e poi per coloro che hanno un compito educativo, i catechisti, le catechiste, coloro che possono annunciare il Vangelo di Gesù: perché lo fai? Che cosa cerchi? La lode degli uomini? La vanagloria (che è la gloria che viene dagli uomini e dal mondo)?
Quale gloria non è vana? Quella che viene da Dio, della quale noi partecipiamo stando con Dio perché è come se Dio ci irradiasse la sua gloria mentre siamo in intima unione con Lui. Questa gloria non è vana ed è solo di coloro che amano Dio con un cuore puro.
Dunque: attento a che la tua predicazione non sia fatta per piacere agli uomini, piuttosto che essere indirizzata alla salvezza delle anime. Quando predica, il sacerdote deve cercare la salvezza delle anime. Per quale altra ragione dovrebbe farlo? Non ci deve essere un’altra ragione per predicare che non sia la salvezza delle anime.
Prosegue san a Domenico:
“Quanto a me, non voglio proprio nasconderti, che cosa una volta mi è capitato, mentre vivevo a Parigi. La Chiesa Maggiore di lì è Metropolitana, anch’essa consacrata e dedicata all’onore di Maria, Madre di Dio e Vergine Immacolata. In essa, a motivo della vocazione, essendo sul punto di predicare, mi preparavo a parlare con diligente premura e anche con desiderio, non per lo sprone di qualche vanità, per ciò che è trattato, ma per l’abbondanza degli ascoltatori molto dotti, per la nobiltà del vastissimo pubblico, per la folla assai ragguardevole d’ogni ordine e grado, e veramente molto più per dimostrare l’evidenza assai luminosa e completa della verità e per imprimerla negli animi, così che il frutto poi a Dio risultasse gradito.”
Dunque san Domenico doveva tenere l’omelia davanti a un consesso di uomini colti e dotti di una certa levatura: prima di predicare stava un’ora con il Salterio di Gesù e Maria per prepararsi. Noi sacerdoti, prima di predicare stiamo un’ora in chiesa a pregare il Salterio di Gesù e Maria per predicare in modo da non cercare la vanagloria degli uomini, ma la salvezza delle anime? Questo è un esame di coscienza… e capite perché poi questi libri non ci piacciono! Perché, a leggere queste cose, immediatamente vediamo la famosa mano dell’Antico Testamento che al banchetto di Nabucodonosor scrive la frase: Mene, Tekel, Peres. Ricordate? Quella mano non piace a nessuno!
E i santi andavano in estasi, non con le feste, le sagre, le “pizzate mariane”, ma stando in preghiera!
“A me non succede perché sono un peccatore…”
No, non ti succede perché non preghi abbastanza! Qui non c’entra niente essere poveri peccatori, anche i santi erano peccatori: c’entra che questi pregavano, stavano in chiesa un’ora per prepararsi alla predicazione e poi facevano una o due ore di ringraziamento dopo la Messa, mentre noi non preghiamo, non prepariamo cuore e mente per l’omelia e, finita la Messa, la prima cosa che facciamo è parlare, prendere e andare senza stare nemmeno cinque minuti con il Signore. E poi diciamo “Io non posso, non sono un mistico”.
E poi le battute idiote che sono in giro da un po’: “Non serve la mistica, ma la mastica”. Che cosa vogliono dire queste frasi? Sembrano giochi di parole intelligenti… che cosa vuol dire in italiano questa roba? So benissimo che cosa intendono dire, ma in realtà non significano niente!
Questi dunque pregano e hanno visioni mistiche, noi, invece non preghiamo e non abbiamo proprio nulla.
“Dopo che dunque, secondo il mio costume, prima dell’adunanza, per lo spazio di un’ora, in una cappella dietro l’Altare maggiore, mi sono raccolto nell’orazione da adempiere col mio Salterio, ecco, subito, uscito fuori di me per un’estasi, in una luce manifesta, guardavo con meraviglia davanti a me, l’Amica mia, che per me io ho pregato fin dalla giovinezza come Sposa carissima, la Madre di Dio: essa portava in mano un libretto, porgendomelo disse: “ O Dilettissimo Sposo Domenico, sebbene sia un bene quello che hai deciso di predicare, tuttavia ti porto un sermone notevolmente migliore e a me più gradito”. L’aspetto e il familiare affetto mi rapivano, ed ero colmo di una gioia meravigliosa: prendo il libro, lo leggo rispettosamente e fortemente, e vengo ad apprendere proprio ciò che aveva detto la Sovrana Maria.
La Vergine Maria gli ha portato l’omelia, vi rendete conto? O Vergine Maria, portala anche a noi: piuttosto che dire certe scempiaggini, piuttosto che ascoltare certe arie fritte per non dire peggio, avremmo davvero tanto bisogno che la Vergine Maria ci portasse l’omelia e ci dicesse: “Lascia perdere quello che hai in testa: di’ questo che è meglio!”.
Io non vi leggo il libretto dato dalla Vergine a san Domenico tutto sull’Ave Maria… non c’è il tempo, magari ci tornerò: l’omelia è tutta sulla bellezza del Salterio, sull’Ave Maria.
Del primo capitolo di questo terzo libro — noi abbiamo letto parte del secondo capitolo — vi leggo un breve passo che dice così:
San Domenico sebbene nel predicare fosse molto esercitato per l’esperienza, preparato per capacità, istruito per l’abbondanza delle conoscenze, che aveva sempre pronte, persino senza libri, secondo il volere e il desiderio, tuttavia spessissimo da tutte le cose, nel suo cuore niente trovava di gustoso e di piacevole, che a lui dilettasse mostrare pubblicamente.
La buona predicazione va chiesta a Dio; non sono io, ‘Superman della teologia’ che invento le cose più belle e più simpatiche da dire e faccio l’omelia più accattivante del modo… non funziona così! È a Dio che deve o andare a chiedere che cosa dire, è lo Spirito Santo che deve parlare in me, non la mia genialità. E se lo faceva san Domenico che non era certo l’ultimo arrivato, magari lo potrei fare anche io, magari questo è un invito perché io — a meno che io non mi creda meglio di san Domenico — faccia almeno lo stesso! Il predicatore amato da Dio è umile e chiede a Dio Padre le cose da dire in un buon sermone.
Infatti la conversione delle anime avviene per mezzo della potenza divina, non attraverso la scienza umana.
Io posso dire le cose più belle su Dio, ma quello che converte i cuori non sono le mie parole, è Dio: non dimentichiamolo mai!
Noi diciamo: “Ho sentito quell’omelia che mi ha cambiato la vita”. In verità, non è quell’omelia che ti ha cambiato la vita: è Dio che, attraverso quelle parole, ti ha toccato il cuore, è diverso! Mai alcuna omelia ha convertito qualcuno: quell’omelia, se fatta bene, è lo strumento che Dio ha usato per arrivare al tuo cuore e toccarlo.
Questa è anche la ragione per cui io mi affido sempre a dei testi — alle volte parto invece dal Vangelo — perché mi dà molta sicurezza partire dai testi dei santi e dei mistici perché leggo quello che dicono loro e ‘portiamo a casa’ qualcosa di importante per tutti… poi io faccio le chiose a margine con le mie riflessioni su quello che mi pare importante e sulle quali si possono esprimere anche riserve, ma intanto quello che hanno detto i santi e i Padri, Gesù e la Vergine lo abbiamo.
Quello che ha il potere di cambiare è la potenza divina che nei santi funziona.
Ė la potenza divina che dona la buona Parola agli Evangelizzatori con molta virtù, affinché i predicatori, a somiglianza di Sansone, con la mandibola di un asino, abbattano i Filistei, cioè i peccati, i demoni e i desideri disordinati.
A me viene da dire: “Signore, io sono l’asino; tu usa la mia mandibola che si deve aprire e chiudere tante volte perché io possa predicare per abbattere ‘i peccati, i demoni e i desideri disordinati’”. Per questo ogni giorno si deve pregare per la santificazione dei sacerdoti; ogni giorno bisogna offrire qualcosa per la santificazione dei sacerdoti, sempre ve lo dico…
Ritorno ora al capitolo secondo.
Lei, dopo aver ringraziato per qualunque cosa che potessi dire, finì proprio allora di essere vista da me. E già era vicina l’ora stabilita del discorso ed era presente tutta l’Università parigina dei Capi, degli Aristocratici, dei Signori, il Senato e numerosissimo popolo, e l’assemblea era assai illustre. Senza dubbio la fama dei prodigi passati, spronava tutte le Classi sociali ad ascoltare e a guardare. Inoltre quella Luce sacra era stata solenne per la festività di San Giovanni Evangelista. Come dunque ebbi salito l’ambone, io mi sollevai in alto, dopo aver tralasciato la storia della vita e le esimie eccellenze dell’Apostolo ed Evangelista, da quel momento solamente lo celebrai per mezzo di poche parole, poiché meritò di essere il custode veramente singolare della Regina dei Cieli e della terra, la Madre di Dio e Vergine Maria, la quale dissi possiede quindici antidoti efficacissimi, e nello stesso tempo facilissimi per tutti, contro tutti i pericoli del mondo. Allora quindi insistendo e persistendo in questo argomento, predicavo tali cose.
E qui inizia il secondo sermone di san Domenico di cui vi ho detto e che vedremo di riprendere più avanti se ci sarà tempo.
Oggi vorrei andare al capitolo quarto che è molto interessante e vedere con voi il terzo sermone di san Domenico.
I quindici Abissi ovvero le quindici Bestie dell’Inferno e i quindici vizi. Allo stesso tempo si rende nota la visione.
O Figli di Dio, combattenti del mondo, ahimè, per lungo tempo foste figli del diavolo, come se aveste visto con i vostri occhi, una cosa più splendente della luce. Ma io sono venuto incontro alla vostra volontà, e voi siete stati sotto l’inganno del demonio: tuttavia per Natura e per Creazione, per Redenzione e Sostentamento, siete Figli di Dio. Adesso ascoltatemi, e supplico gli animi perché, senza saperlo, avete obbedito al vostro Principe, con l’adempiere ogni giorno il Salterio della Vergine Madre di Dio, e dal momento che io sono stato ora mandato qua ad ammaestrarvi nel nome della Santissima Trinità e di Maria, imparate in che modo, e per quali mali da scongiurare, dobbiate recitare il medesimo Salterio nel modo dovuto. Questo, per prima cosa, vorrei che sappiate: sono quindici le supreme fonti di tutte le malvagità, alle quali fino ad ora come schiavi avete servito. Ora in verità (e questa è una grazia di Dio misericordioso), per mezzo del Salterio di Maria, voi siete stati allontanati da esse; per l’avvenire, se vorrete, sarete liberati.
Ed esse, come sono quindici di numero, così si oppongono anche alle quindici fonti della grazia, che si sviluppano dall’Angelica Salutazione. Esporrò e passerò in rassegna, con l’aiuto di Dio, le tre cinquine in un triplice ordine.
PRIMA CINQUANTINA NEL SALTERIO.
LA PRIMA BESTIA DELL’ABISSO È IL LEONE DELLA SUPERBIA.
In questa Bestia il mondo erra per l’arroganza, la vanagloria e la voglia di primeggiare, in pensiero, parola e opera. Contraria ad essa è la fonte di grazia del Salterio, che si trova nella parola dell’Angelica Salutazione, “Ave”. I Superbi sono, infatti, nella massima colpa della Maledizione.
Stiamo attenti a non cadere nella superbia, per non subire questa colpa della maledizione.
E se questo potesse accadere a qualcuno dei Santi, dal Cielo sarebbero subito scacciati all’Inferno. Di tale Bestia, se una sua minima parte di disonestà e di scelleratezza, potesse essere vista con gli occhi, rispondo, sarebbe un orrore; anzi sarebbe capace di portare a ciascuno e al mondo intero, la morte imminente.
La superbia è proprio l’anima dell’inferno! Sapete: I am what I am, I do what I do… è il motto che vedevo scritto sulla cartella dei compagni che entravano a scuola davanti a me. Terribile!
La Belva di quest’Abisso è il demone della Superbia, che avete visto sotto la forma di un Leone infuocato, che emanava fiamme sulfuree dagli occhi, ed era aspramente provvista di denti e di unghie di ferro. Essa agita le ali serpentine, visto che tutte le sue penne erano tutti serpenti velenosi ed infuocati. I vessilli delle penne erano altrettanti rettili, di un tanto penetrante veleno, che uccidono chi li guarda anche da lontano, al solo guardarle. Il suo alito spirava scintille con zolfo: ognuna delle quali è tale e così grande, che una qualsiasi può travolgere, mischiare tra le fiamme e consumare una provincia intera. Nessuno che la vede, anche vive, se non lo salvaguardasse un miracolo di Dio. Voi che l’avete sperimentata, l’avete conosciuta: tuttavia non abbastanza né avete visto bene questo mostro. E in verità chi ne è capace? Infatti, come testimonia Agostino, una minima colpa mortale, supera all’infinito qualsiasi supplizio passeggero, senza dubbio, quanto tutte le cose materiali sono superate da quelle spirituali. Perciò lodate Dio nel Salterio, affinché viviate con Dio liberi da codesta superbia, e abbiate un sol cuore con gli umili.
Stiamo molto attenti al leone della superbia; siamo umili per non avere in noi quel leone infuocato che ci trasforma… Domani vedremo la seconda bestia dell’ abissò che è il cane dell’invidia.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen.
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.