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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 68

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 68
Sabato 14 ottobre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 11, 27-28)

In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 14 ottobre 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’undicesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 27-28.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del testo di Bonhoeffer, Sequela.

Leggiamo che cosa scrive:

Se lo straordinario acquistasse rilievo ai suoi occhi — agli occhi del discepolo — per esser tale, egli agirebbe da fanatico secondo la propria forza, secondo la carne. Poiché il discepolo di Gesù agisce però in semplice ubbidienza al suo Signore, perciò può considerare lo straordinario solo come l’ovvia azione dell’ubbidienza. In effetti secondo la parola di Gesù non può essere diversamente: il seguace è la luce che illumina; egli non fa niente per essere tale, ma lo è appunto nella sequela, nel guardare solo al Signore. Appunto perché il proprium cristiano è lo straordinario per necessità e all’indicativo, esso è contemporaneamente cosa normale, è nascosto. 

Siamo ancora sul tema del perissòn  e della visibilità. Quello che è fondamentale è il richiamo al fatto che lo straordinario non ha rilievo agli occhi del discepolo. Quindi non fa leva sulla sua forza, secondo la sua carne, ma agisce solo per obbedienza al Signore. Se lo fa solo per obbedienza al Signore, il perissòn non è altro che l’ovvia azione dell’obbedienza, cioè uno dice: “Ma neanche me ne accorgo”, perché non è altro che l’obbedienza a quanto vuole il Signore Gesù. Vi ricordate Matteo 25, il Giudizio universale? “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?” Non se ne sono mai accorti. Ma non è un modo di dire, è così. Perché tutto quello che loro hanno fatto, che i giusti hanno fatto, non è altro che la risposta all’obbedienza, al comando della carità di Gesù. Quindi, tutto quello che lui è, tutto quello che lui fa, che lui neanche vede perché per lui è ovvio, sta tutto nel guardare solo il Signore, è il frutto di questo guardare solo il Signore. Quindi è una cosa normale e nello stesso tempo è anche nascosta. È normale e nascosta. 

Scrive Bonhoeffer:

in che consiste l’unità di visibile e nascosto presente nell’agire nella sequela? Come mai una stessa cosa può essere contemporaneamente visibile e nascosta?

Lui dice:

Per rispondere a questa domanda basta riprendere semplicemente i risultati del 5 capitolo. Lo straordinario, il visibile, è la croce di Cristo ormai lo sappiamo benissimo sotto la quale stanno i discepoli. La croce è al tempo stesso ciò che è necessario, nascosto, e ciò che è visibile, straordinario.

E Bonhoeffer ovviamente si ferma qui; noi no, noi andiamo oltre e diciamo: se la croce è al tempo stesso necessario, nascosto, visibile o straordinario, l’Eucarestia, beh, lo è ancora di più, in sommo grado, capite?

Come si risolve dunque il paradosso nel rapporto fra il 5 e il 6 capitolo? È il concetto stesso della sequela a risolverlo. Essa è l’unico vincolo a Gesù Cristo. Pertanto, chi è nella sequela vede sempre e soltanto il suo Signore e lo segue. Se vedesse lo straordinario in sé, già per questo non sarebbe più nella sequela.

Perché vede qualcos’altro che non è Gesù, capite? Chi è nella sequela vede solo Gesù, non vede sé stesso, non vede quello che di grande, di bello, di importante, di utile sta facendo, no, vede solo Gesù. Se comincia a vedere altro da Gesù, cessa di essere nella sequela.

Chi è nella sequela fa la volontà del Signore nella semplice ubbidienza come straordinario, e di tutto questo sa solo di non poter fare altrimenti, di fare dunque ciò che è semplicemente ovvio.

Fa la volontà di Dio! Fa “semplicemente” la volontà di Dio, è questo il perissòn, capite? Ma nello stesso tempo lui non si accorge di fare chissà quale cosa di speciale, perché è tutto in Dio, e quindi è ovvio fare così per lui. Per San Francesco era ovvio fare quello che faceva perché era tutto in Gesù. Noi che guardiamo dall’esterno diciamo: “No, ovvio non è”. Perché per me che non sono ancora collocato in questo sguardo totale radicale su Gesù, non è così ovvio.

L’unica riflessione comandata a chi è nella sequela ha per oggetto l’essere del tutto inconsapevoli, del tutto privi del momento riflessivo nell’ubbidienza, nella sequela, nell’amore.

Ecco, attenzione, qui va capito bene: non nel senso che rinunciamo al nostro raziocinio, non nel senso che diventiamo dei robot, ma nel senso di tutto quanto vi ho spiegato fino adesso. Si perde — adesso lui lo spiega bene — quel ragionamento che in realtà non è altro che il falso ragionamento del serpente in Genesi 3: quel ragionamento lì si perde e c’è solamente l’obbedienza, c’è solamente la sequela, c’è solamente l’amore; che in quest’ottica è proprio ciò che riassume in sé ogni ragionamento bello dell’uomo.

Se fai il bene, non far sapere alla mano sinistra ciò che fa la destra. Non devi sapere il bene tuo proprio. Altrimenti è davvero il tuo bene, non il bene di Cristo. Il bene di Cristo, il bene nella sequela si realizza senza che si sappia. La vera opera dell’amore è sempre l’opera che mi resta nascosta. Badate di non saperne nulla! Solo a questa condizione essa è il bene di Dio. Se voglio conoscere il mio bene, il mio amore, questo non è già più amore. Anche l’amore eccezionale per il nemico resta nascosto a chi è nella sequela.

Ma tutto questo perché? Perché il discepolo conosce, vede, “sa” solo Gesù, è concentrato solo su Gesù. Quindi non ha altro sapere, il resto gli resta veramente nascosto.

In effetti egli non vede più il nemico come tale, se lo ama.

Capite? San Massimiliano Maria Kolbe ai propri occhi non stava facendo niente di eccezionale e straordinario, perché era ovvio, per lui, amare i suoi aguzzini. Ovvio in che senso? Nel senso che lui, essendo così partecipe della carità di Cristo, non poteva fare altro. Era conseguenza del suo essere così unito a Gesù. Chi stava fuori vedeva la santità che risplendeva, l’eroismo della carità, certo; ma lui che stava dentro a tutto questo, se voi l’aveste interpellato, avrebbe detto: “No, vabbè, ma io cos’è che sto facendo di speciale?” 

Al beato Cardinal Schuster poco prima di morire fu detto: “Eh, eminenza, avete fatto questo, avete fatto quello, avete fatto quell’altro, avete fatto qui, là…” insomma gli hanno elencato tutte le cose che aveva fatto, e lui li ha guardati e ha risposto: “Non ci siamo accorti di nulla”. Non stava mentendo; lui, essendo veramente in Dio, non si è accorto di nulla, cioè non ha visto il perissòn che stava vivendo, perché lui stava guardando Gesù. E se guardi Gesù non puoi guardare te stesso; o guardi te stesso o guardi Gesù, a meno che tu sia strabico, ma devi decidere: o guardo me o guardo Gesù.

Questa cecità o meglio questo sguardo illuminato da Cristo di chi è nella sequela è la sua certezza. Il nascondimento della sua vita ai suoi stessi occhi è la promessa che gli è data.

Cioè, la mia vita è nascosta ai miei occhi ed è bene che sia così. Il perissòn che sto vivendo nella mia vita è nascosto ai miei occhi perché io sto guardando Gesù, poi lo vedranno gli altri, va bene, a me non interessa di quello che vedono gli altri.

Al nascondimento corrisponde la dimensione pubblica. Non c’è niente di nascosto che non diventi manifesto. Così è a partire dal punto di vista di Dio, davanti al quale tutto ciò che è nascosto è già manifesto. Dio vuol mostrarci ciò che è nascosto, vuol rendercelo visibile. La dimensione pubblica è la ricompensa che Dio stabilisce per il nascondimento. Il problema è solo dove e da chi l’uomo riceva questa ricompensa della dimensione pubblica. Se egli la desidera al cospetto degli uomini, allora egli ha già in questo la sua ricompensa. Qui non c’è differenza tra cercare una forma rozza della dimensione pubblica al cospetto di altri uomini e una forma più raffinata agli occhi di sé stessi. 

Quindi, questa ricompensa che viene dalla dimensione pubblica, Bonhoeffer dice che non c’è differenza se tu la cerchi nella forma rozza della dimensione pubblica al cospetto degli altri uomini, oppure se tu la cerchi nella forma più raffinata agli occhi di te stesso: comunque sia te la sei già presa.

Dove la mano sinistra sa che cosa fa la destra, dove porto alla luce davanti a me stesso il mio bene nascosto, dove voglio sapere il mio proprio bene, ivi non faccio che preparare a me stesso la ricompensa pubblica che Dio mi voleva riservare. Sono io a rendere visibile a me stesso la mia propria dimensione nascosta.

Quindi non c’è bisogno che io la faccia vedere agli altri. Anche il fatto che la veda io, che me la renda io visibile, già questa è una ricompensa, già qua io sto prendendo la mia ricompensa.

Non aspetto che sia Dio stesso a mostrarmela.

Quindi non tanto e non solo il fatto di non farla vedere agli altri, ma a me stesso; quindi, non aspetto che sia Dio a mostrarla, ma sono io che me la vado a cercare.

E così ho già in questo la mia ricompensa. Chi persiste però fino alla fine nel nascondimento ai propri stessi occhi, riceverà da Dio la ricompensa della manifestazione pubblica.

Appunto, abbiamo poi queste meravigliose figure di santi che hanno vissuto tutta una vita nascosta, non solo agli occhi degli altri, ma soprattutto, primariamente, agli occhi di sé stessi e poi il Signore li esalta. Pensate alla figura di Santa Teresa di Gesù Bambino. 

Ma chi può vivere in modo tale da fare lo straordinario nel nascondimento? In modo tale che la sinistra non sappia ciò che fa la destra? Che specie di amore è quello che non sa di sé stesso, ma può restare nascosto ai suoi stessi occhi fino al giorno del giudizio finale? È chiaro che essendo amore nascosto non può essere una virtù visibile, un habitus dell’uomo. Badate di non scambiare il vero amore con una virtù di amabilità, con una ‘qualità’ umana! Si tratta invece dell’amore dimentico di sé stesso, nel vero senso della parola. Ma in questo amore dimentico di sé deve morire il vecchio uomo con tutte le sue virtù e qualità. Nell’amore del discepolo, dimentico di sé, vincolato solo a Cristo, muore il vecchio Adamo. Nell’asserto: non far sapere alla sinistra ciò che fa la destra, si annuncia la morte del vecchio uomo.

Sono io che devo morire a me stesso, capite? È in questa maniera che la sinistra non sa quello che fa la destra e viceversa.

Chi può vivere in modo da tenere insieme i capitoli 5 e 6?

Risponde e conclude:

Solo uno che sia morto come uomo vecchio, tramite Cristo, e abbia trovato una nuova vita nella comunione della sequela. L’amore come azione della semplice ubbidienza è il morire al vecchio uomo, che ha ritrovato sé stesso nella giustizia di Cristo e nel fratello. Ora non è più l’uomo a vivere, ma è Cristo che vive in lui. L’amore di Cristo crocefisso, che porta alla morte il vecchio uomo, è l’amore che vive in chi è nella sequela. Ormai egli si trova solo in Cristo e nel fratello.

Beh, questo è San Paolo e questi sono tutti i santi.

Capite quindi il centro di tutto è Cristo, sempre, vedete? C’è sempre questo costante rimando a Gesù, alla sua Croce e, per noi, alla sua Santissima Eucaristia, che è la presenza vera, reale e sostanziale di Gesù. Quindi certamente il crocifisso ci rimanda a questo momento solenne, fondamentale per la nostra salvezza, che è la morte in croce di Gesù e la sua resurrezione. L’Eucarestia ci rende presente quel mistero e ci rende presente veramente, realmente e sostanzialmente Gesù. 

Ecco perché il discepolo dovrebbe costantemente avere una vita eucaristica. Dovrebbe essere tutto “eucaristicamente centrato” per questo motivo. Se per Bonhoeffer, luterano, il discepolo è quello che sta sotto la croce — ma questo lo è anche per noi cattolici — per noi in più si aggiunge che il discepolo è colui che vive alla luce dell’Eucarestia, perché lì c’è Gesù veramente, realmente e sostanzialmente presente. Questo non dobbiamo mai dimenticarlo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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