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Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore

Semina

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 19 settembre 2020

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

CIÒ CHE TU SEMINI NON PRENDE VITA,

SE PRIMA NON MUORE

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 19 settembre 2020.

Abbiamo ascoltato adesso la prima lettura, tratta dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, capitolo XV; volendo essere precisi, dovrei farvi una piccola meditazione sul tema della Resurrezione, però preferisco rimandare questo tema in un altro momento e vorrei concentrarmi su un aspetto di questo testo che abbiamo letto di San Paolo, che credo possa farci molto bene nella nostra vita quotidiana, non perché la Resurrezione non sia importante, ci mancherebbe, ma vorrei concentrarmi su qualcosa che incontriamo di fatto ogni giorno nella nostra vita.

San Paolo dice:

“Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore”.

Non so se vi sarà mai capitato di vedere la semina di qualunque pianta, del grano, dell’orzo, del mais: fa freddo, molto freddo, c’è ghiaccio, c’è brina, il terreno è tutto incolto, con queste zolle di terra grosse, che poi vengono tutte macinate, tutte tagliate. Si vede questa terra spessa e questi chicchi di grano, piccolissimi rispetto alla vastità del terreno, che vengono messi uno dopo l’altro dalle macchine (un tempo si faceva a mano). Poi il terreno viene a essere rimesso sopra il chicco, per evitare che i corvi vadano a beccare il seme messo nella terra, poi grande silenzio e tutto sembra come prima.

Tutto sembra come prima: grande silenzio, grande freddo, grande vento, grande pioggia.

Tutto sembra come prima… ma ad un certo punto, da quel luogo dove tu hai messo il chicco, cominci a vedere spuntare la vita, due foglioline, un piccolo stelo: ecco che il miracolo della vita ha trionfato un’altra volta!

Tra un po’ mangeremo il grano, tra un po’ mangeremo l’orzo, tra un po’ avremo la soia e via di seguito, ma quel chicco è morto, quel chicco non c’è più, di quel chicco non rimarrà nulla, nulla!

Sia che sia una monocotiledone, sia che sia una dicotiledone, e quindi abbia un solo cotiledone o due, si apre.

Non so, pensate al fagiolo, è una dicotiledone; fate fare questo esperimento ai vostri bambini (è molto bello, noi lo facevamo da bambini) di mettere il fagiolo, o ancora meglio la lenticchia, che è molto bella, appoggiati sul cotone. Bagnate ogni giorno, poi viene fuori la radichetta, che si attacca al cotone, poi comincia a venire fuori lo stelo, il fagiolo si apre in due (ecco i due cotiledoni) e quelle sono le sue prime foglioline, diciamo così, anche se non sono foglioline, ma sono quello che gli serve per nutrirsi in quel momento lì. Poi voi farete vedere ai vostri bambini che quel semino, che prima era uno, si è aperto in due, i due cotiledoni, e quando poi la piantina comincerà a fare le sue foglioline, il seme si secca completamente.

Nel momento in cui è germogliato, in cui la vita è nata, per un pochino rimane lì, poi si secca quando arrivano le foglie belle verdi e lussureggianti, i due cotiledoni si staccano ed ecco che la pianta cresce.

In una pianta di grano, in una pianta di mais, che poi diventano alte alte, non troverete più i cotiledoni iniziali, persi nella terra, morti, avrete adesso delle foglie, delle pannocchie, delle spighe bellissime, piene di grano.

Il libro della natura, scritto da Dio, ci insegna che ciò che non muore, non può dare vita. Quando siamo riluttanti a questa logica!

Noi vogliamo vita, ricevere vita, dare vita, ma la vita che noi riceviamo, costa la morte di chi ce la dona.

Pensate solamente un secondo al mistero dell’Eucarestia…

La vita di Gesù, il Suo Corpo, Sangue, Anima, Divinità, il Suo Cuore Eucaristico, presente nell’Eucarestia, questo dono inestimabile, Gli è costato la vita.

Oggi noi l’abbiamo nella forma del pane e del vino consacrati, un’altra forma.

“Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore”.

Noi dobbiamo imparare questa verità inconfutabile.

Se vogliamo dare vita, se vogliamo ricevere vita, dobbiamo andare incontro alla morte; la morte ha tante forme: la morte del distacco, la morte dell’incomprensione, la morte del fallimento, la morte dell’insuccesso, la morte dell’esilio (pensate a Sant’Atanasio: cinque esili dovette subire per la sua fedeltà alla Verità), la morte dell’emarginazione… quanti tipi di morte possiamo incontrare!

Noi non li vogliamo, perché noi vogliamo il successo, noi vogliamo che vada tutto bene, noi vogliamo… ma se non c’è quella morte, non ci saranno mai quelle pannocchie cariche di grano!

In questi giorni, quando mi capita di passare accanto ai campi di grano, mi viene sempre una tentazione fortissima, che respingo immediatamente, perché non voglio commettere peccato di ruberia; ce l’ho da quando sono ragazzo, sempre, ogni anno mi viene questa tentazione fortissima di prendere una pannocchia da questi campi di grano, mi dico: «Ma no, vabbè, ma una, cosa vuoi che sia! Lì, sul ciglio della strada, mica andranno a prenderla, questa pannocchia!»

Poi, ovviamente, la coscienza dice: «No, non si può! Ogni chicco di quel campo è di colui che lo ha seminato e nessun chicco può essere da te prelevato senza il suo permesso».

Allora la guardo, guardo queste pannocchie gonfie, piene di questi chicchi di mais, bellissimi… quanta morte c’è sotto quelle radici!

Certo, la pannocchia mica lo sa, mica se ne rende conto, mica ci pensa che la sua vita sta sulla morte di quel piccolissimo chicco di grano, non lo sa, ma deve impararlo! Perché tutti quei chicchi contenuti in quella pannocchia, sia che vadano ad essere macinati per diventare farina, sia che vadano a essere presi e trattati per essere seminati, vengono dalla morte di quel piccolissimo chicco di grano.

Pensate alle olive, al mistero grandissimo del frantoio… ci sarebbe da fare un corso di esercizi spirituali sulle olive!

Pensate all’uva, al percorso che fa l’uva per diventare vino… si potrebbe fare altro che esercizi spirituali su questo!

Muoiono e producono questi frutti finale buonissimi, l’olio, il vino.

Anche noi siamo chiamati a questo!

Se non accettiamo di morire, se non ci lasciamo prendere e mettere nella terra fredda e ghiacciata, o nel frantoio, o dentro nelle macchine per fare il vino, non daremo mai vita a niente.

“Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere.”

Noi siamo sempre preoccupati del dopo, di cosa succederà, di cosa accadrà, di chi incontrerò, di chi vedrò. Ogni esperienza nuova che facciamo: cambiamo lavoro, cambiamo casa, cambiamo città, dall’Università passiamo al lavoro, dalla quinta elementare andiamo in prima media, dalla terza media andiamo in prima superiore, compagni nuovi, scuola nuova, usanze nuove, professori nuovi, libri nuovi, ritmi nuovi… viene il timore: «Cosa sarà? Cosa accadrà? Cosa succederà?»

Purtroppo, mi è scappato il “purtroppo” (magari qualcuno altro dirà fortunatamente, vabbè, a me è scappato il “purtroppo”, spero che questo non voglia dire avere il complesso di Peter Pan), comunque purtroppo (ho detto purtroppo perché stavo pensando a questa scena bellissima… ), non abbiamo il papà o la mamma che ci accompagnano ogni volta, come accadde, o come accade penso ancora adesso in prima elementare; ai miei tempi, quando ho fatto la prima elementare, mi ricordo che sono stato accompagnato dal mio papà fino in classe.

I papà o le mamme, dipendeva, portavano i bambini dentro la classe, li mettevano al loro posto, loro si sedevano… pianti, pianti e singhiozzi, era il primo grande passaggio, il primo grande ingresso nella vita, dall’asilo alla prima elementare.

Mi ricordo ancora, pensate! Dalla prima elementare ne sono passati di anni, ma mi ricordo ancora quel giorno, mi ricordo ancora che proprio sull’uscio della porta, mentre salutavo il mio papà e arrivava la maestra, lui mi disse: «La conosco! La conosco! Suo marito lavora con me!» Ecco, questo mi ha dato una tranquillità, ho detto: «La conosci?» e lui: «Sì la conosco, è brava, stai tranquillo!»

Non abbiamo sempre i papà o la mamma che ci rassicurano in questi grandi passaggi della vita, non abbiamo qualcuno che ci dice: «So già che andrà bene! So già che non sarà come quei fantasmi che porti dentro! So già che la vita è più facile, è più bella delle paure che ciascuno di noi porta nel cuore; è più vivibile la vita del terrore che spesso abbiamo addosso e certamente quando tu arriverai in quinta elementare non sarai più quel bambino spaventato, o titubante, o perplesso che eri il primo giorno in prima elementare. Poi ti troverai bene, poi ti piacerà, poi ti farai nuovi amici, conoscerai persone, dopo piangerai quando dovrai andare dalla quinta elementare in prima media, è sempre così, ad ogni passaggio».

“Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà.”

Non seminiamo mai ciò che nascerà, ciò che nascerà sarà sempre diverso da ciò che abbiamo messo nel terreno in quel momento. La fatica è fidarsi.

La fatica è dire: «Va bene, seminiamo, mettiamo questi chicchi nella terra e aspettiamo…, non nasceranno in un giorno, neanche in due, neanche in tre, ci vuole tempo e poi quando nascono sono delicatissimi. Ci vuole tempo perché facciano delle belle radici, dobbiamo imparare ad avere tempo, ad avere pazienza».

Come vi ho detto, non vi ho parlato della Resurrezione oggi, vi ho parlato di altro e voglio dirvi: «Non abbiate paura di vivere la vita! Non abbiate paura di fare quei salti che dobbiamo fare!»

Penso che ad alcuni di voi sarà successa questa bella esperienza di quando eravamo ragazzi… (scusatemi se io vi parlo spesso di quando ero ragazzo, ma ho dei ricordi bellissimi della mia infanzia e della mia giovinezza, quindi spesse volte attingo a questo piccolo scrigno e lo condivido con voi); io ricordo che, quando eravamo ragazzi, avevamo dei bei campi attorno a noi e c’era questa bella cosa di saltare i fossi.

Ci mettevamo tutti vicini, l’acqua era in mezzo; la gara, la sfida, era fare il salto e passare dall’altra parte, la paura era cadere nel fosso.

Quindi chi comincia? Quindi bisogna fare il salto, quindi devi prendere la rincorsa, poi saltavamo; nel fosso non è mai caduto nessuno, sapete, non mi ricordo che sia mai caduto nessuno nel fosso, però la paura c’era.

La paura faceva vedere il fosso più largo di quello che era, la paura ti faceva vedere le tue gambe più corte di quello che erano e la rincorsa troppo difficile da prendere.

L’insuccesso era lì, c’era l’acqua che scorreva e dava come l’impressione di portarti via, però si saltava, saltavamo, e quando saltavi, l’altra parte della riva era sempre più bella di quello che tu avevi lasciato.

Quando saltavi, ti giravi indietro ed era un’altra cosa, lo vedevi proprio come un qualcosa di passato che hai lasciato, adesso ti si apriva davanti il prato e allora dicevi agli altri: «Dai, dai! Fai il salto! Fai il salto! Dai, dai! È facile! È facile!»

Ma è facile per chi l’ha fatto, non per chi deve farlo, poi tutti quelli che l’hanno fatto hanno detto: «È facile!», ma dopo, prima è difficile.

Ecco, allora, quando nella vita, e gli esempi si sprecano, sono tantissimi, nella scuola, nel mondo del lavoro, insomma, quando nella vita abbiamo davanti un salto, facciamo il salto!

Il Signore quando ci chiede di fare un salto, ci dà anche le gambe buone per farlo e magari anche un aiuto per saltare dall’altra parte.

Non viviamo la vita sul bordo di un torrente, pensando a come sarebbe stato se noi fossimo riusciti a fare il salto! No, non va bene vivere una vita così! Dobbiamo fare il salto, sempre!

Dobbiamo sempre pensare che la pianta che nascerà, non è mai il seme che viene deposto, il Signore fa dei miracoli bellissimi.

Vi auguro davvero di trascorrere un sabato tutto in onore della Vergine Maria.

Ci stiamo preparando alla Festa del nostro amatissimo e carissimo Padre Pio da Pietralcina con la novena, lui quanti salti ha fatto nella sua vita? Fino alla fine la vita di Padre Pio è stata tutta un salto, imitiamola! L’ultimo giorno della sua vita ha fatto l’ultimo salto, ha saltato in continuazione, solo che quello era l’ultimo e dall’altra parte c’era Gesù a prenderlo, a dirgli: «Basta, basta saltare! Adesso riposati qui con me! Stiamo insieme per l’eternità!»

La benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre! Amen.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Sabato della XXIV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

PRIMA LETTURA (1Cor 15,35-37.42-49)
È seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità.

Fratelli, qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale.
Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.

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