Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 67
Venerdì 13 ottobre 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Lc 11, 15-26)
In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.
Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a venerdì 13 ottobre 2023. Ricordo oggi alle dodici la supplica alla Vergine Maria di Fatima. Oggi ricordiamo l’ultima apparizione della Vergine Maria a Fatima, il 13 ottobre 1917. E oggi ricordiamo anche la beata Alexandrina Maria da Costa, alla quale siamo tanto devoti per il suo grandissimo amore all’Eucarestia e anche per la pratica dei Primi Sei giovedì del mese, che attraverso di lei il Signore ci ha chiesto e ci ha raccomandato.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’undicesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 15-26.
E poi volevo dirvi anche un’altra cosa, che è questa: ricordiamoci — soprattutto per tutti quelli che vivono nelle parti di Brescia o comunque del nord — che oggi è il giorno anche dell’Unione Mondiale della Santa Comunione riparatrice, così richiesta dalla Beata Vergine Maria Rosa Mistica di Fontanelle di Montichiari. Ecco, rimando al sito che potete trovare su Internet, dove così capite bene questo rimando che vi ho dato della Santa Comunione riparatrice e dove avete la possibilità appunto di approfondire meglio: anche per chi non conosce Maria Rosa Mistica, sarà un’occasione molto bella.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del testo di Bonhoeffer, Sequela.
Ci eravamo lasciati ieri con questo discorso importante che stiamo affrontando dell’ambiguità molto rischiosa e possibile anche all’interno del perissòn. L’ambiguità che è appunto questo fraintendimento del “dover fare”, “delle opere”, e tutto quello che abbiamo detto ieri. Ed eravamo arrivati proprio a questo discorso del vedere qualcosa con i propri occhi, e quindi non solo credere. Andiamo avanti, scrive:
Ma, all’opposto, non potevano non entrare subito in campo anche coloro che non aspettavano altro che la parola di Gesù sullo straordinario per attaccarlo con furia ancora maggiore. Ecco, finalmente veniva smascherato il fanatico, l’entusiasta rivoluzionario, che vuol rovesciare il mondo, che ordina ai discepoli di abbandonare il mondo e di costruirne uno nuovo. Questa sarebbe ancora ubbidienza alla parola dell’Antico Testamento? Non è forse instaurata una giustizia propria, completamente basata sul proprio arbitrio? Forse Gesù ignora il peccato del mondo di fronte al quale tutto ciò che egli comanda è necessariamente condannato al fallimento? Non sa niente circa gli espliciti comandamenti di Dio, dati per tenere a freno il peccato? Questo eccezionale, che è qui richiesto, non è la prova della superbia spirituale che è sempre stata l’origine di ogni fanatismo? In effetti non l’eccezionale, ma proprio la quotidianità più piana, la regolarità, il nascondimento sono segno di autentica ubbidienza e di autentica umiltà. Se Gesù avesse indicato ai discepoli il loro posto nel popolo, nella professione, nella responsabilità, nell’ubbidienza alla legge secondo l’interpretazione che ne facevano gli scribi al popolo, allora si sarebbe mostrato devoto, veramente umile, ubbidiente. Avrebbe dato un forte impulso ad una forma di più seria devozione, di più rigorosa obbedienza. Avrebbe insegnato, come sapevano anche gli scribi, pur desiderosi di sentirselo predicare con maggior forza, che la vera devozione e la vera giustizia non consistono solo nell’azione esteriore, ma anche nell’intenzione del cuore, e neppure solo in questo, ma appunto anche nell’azione. Questa sarebbe stata davvero una «migliore giustizia», quella di cui il popolo aveva bisogno, tale che nessuno avrebbe potuto sottrarvisi. Ma ora tutto era stato distrutto. Al posto dell’umile maestro della legge ci si trovava di fronte al superbo fanatico. Certo, in ogni tempo i fanatici hanno inteso infiammare il cuore degli uomini con la loro predicazione, anzi, proprio i cuori nobili. Ma forse i maestri della legge non sapevano che in questo cuore, con tutta la sua bontà e la sua nobiltà, si fa però sentire appunto la voce della carne? Non conoscevano anche direttamente questa violenza esercitata sull’uomo dalla carne devota? Gesù ha sacrificato inutilmente i migliori figli della sua terra, gli spiriti sinceramente devoti, in una battaglia per una chimera. Lo straordinario non era altro che l’opera volontaria, che sgorga spontaneamente dal cuore dell’uomo devoto. Era l’ostentazione della libertà umana nei confronti della semplice ubbidienza al comandamento di Dio. Era l’indebita autogiustificazione dell’uomo, che la legge non consente in alcuna occasione. Era l’autosantificazione al di fuori della legge, che la legge doveva rifiutare. Era l’opera libera, contrapposta alla non libera ubbidienza. Era la distruzione della comunità di Dio, il rinnegamento della fede, un atteggiamento blasfemo nei confronti della legge e di Dio. — Attenzione — Lo straordinario, insegnato da Gesù, agli occhi della legge meritava la pena di morte.
Quindi, vedete? Riassumendo è come dire: se Gesù fosse stato nella normalità, non ci sarebbero stati problemi di nessun genere.
L’importante era evitare il perissòn, perché il perissòn, agli occhi degli scribi e dei farisei, meritava la morte. Era visto — abbiamo letto — come una ostentazione di libertà, come un’indebita autogiustificazione dell’uomo, come l’autosantificazione dell’uomo, come l’opera libera contrapposta alla non libera obbedienza, addirittura era la distruzione della comunità di Dio, il rinnegamento della fede, un atteggiamento blasfemo.
Se fosse stato tutto tranne che il perissòn allora non sarebbe stato attaccato, perché in questa maniera, attraverso il perissòn, lui viene visto proprio come il fanatico, come il rivoluzionario che vuole rovesciare il mondo, come colui che ordina di abbandonare il mondo, di costruirne uno nuovo, e tutto questo era, per gli scribi e i farisei, un tradimento di tutto quanto era nell’Antico Testamento. Per loro il perissòn e lo straordinario erano una superbia spirituale e quindi loro dicevano (a Gesù): “Ma scusa, perché andare a cercare lo straordinario? Perché andare a cercare l’eccezionale? Ma vivi nella quotidianità, vivi nella regolarità, vivi nel nascondimento. E indica ai tuoi discepoli il loro posto nel popolo: professione, responsabilità, eccetera eccetera. E dai pure un più forte impulso a una vita più devota, questo va bene, sottolineando l’importanza dell’intenzione del cuore”.
Ma Gesù non ci sta in tutto questo e porta avanti questo tema del perissòn. E questo tema del perissòn per scribi e farisei meritava la morte, perché usciva da tutti i loro schemi, per le ragioni che abbiamo già ampiamente esposto.
Scrive Bonhoeffer:
Che cosa dice Gesù in risposta a tutto questo?
Questa è tutta la loro accusa: ostentazione, giustificazione, autosantificazione, eccetera. Che cosa dice Gesù?
Egli dice: «Badate alla vostra giustizia, che non la pratichiate davanti agli uomini per essere ammirati da loro». La chiamata allo straordinario è il grande, inevitabile pericolo della sequela. Perciò si dice: badate a questo straordinario, a questa visibilità della sequela. Gesù mette un freno a questa gioia sconsiderata, acritica, immediata per la dimensione visibile. Egli conficca una spina in questo straordinario. Gesù chiama alla riflessione
Guardate, ve l’ho già detto, ve lo ripeto e ve lo ripeterò: oggi si fa tanta preghiera vocale, ma non si è più quasi capaci della meditazione, ancor meno si è capaci dell’orazione, del silenzio, dell’ascolto. Oggi il nostro pregare è la somma di tante parole, che servono, ma non possono esaurire tutto il tempo della preghiera. Ci deve essere un tempo anche dedicato alla meditazione, alla riflessione.
I discepoli possono avere questo straordinario solo nella riflessione — dopo ci ritorneremo — Devono prestarvi attenzione. Lo straordinario in effetti non deve aver luogo per farsi vedere, non deve dunque esser fatto per sé stesso, la visibilità non va ricercata per metterla in mostra. Questa maggiore giustizia dei discepoli non deve essere fine a sé stessa. Deve effettivamente rendersi visibile, lo straordinario deve accadere, ma: badate che non avvenga al fine della visibilità. È vero che la visibilità della sequela ha un motivo necessario, cioè la chiamata di Gesù Cristo, ma non è mai fine a sé stessa; in tal caso infatti si tornerebbe a perdere di vista il fine della sequela, subentrerebbe un istante di stasi, la sequela verrebbe interrotta, in ogni caso non la si potrebbe riprendere dal punto in cui ci si era voluti fermare per riposare, ma in quello stesso istante ci ritroveremmo indietro, al punto da cui avevamo iniziato.
Spieghiamo un po’: allora, che cosa dice Gesù in risposta a tutto questo? Lui dice:
«Badate alla vostra giustizia, che non la pratichiate davanti agli uomini per essere ammirati da loro»
La chiamata allo straordinario è il grande inevitabile pericolo della sequela, perché abbiamo visto che porta un’ambiguità, che è quel tema che abbiamo già affrontato della visibilità. Quindi bisogna badare a questo straordinario e a questa visibilità. Gesù pone un freno a questa gioia per la dimensione visibile. Gesù chiama alla riflessione, chiama alla meditazione. E la meditazione è la condizione per poter avere questo straordinario. Devono riflettere, devono essere attenti.
Lo straordinario — scrive Bonhoeffer — non deve avere luogo per farsi vedere. Non vivo il perissòn perché gli altri mi vedano, non deve essere fatto per sé stesso. Questa visibilità non va ricercata, non va ostentata per metterla in mostra. Niente deve essere fine a sé stesso, neanche la maggiore giustizia dei discepoli. Allora: lo straordinario si deve rendere visibile, deve accadere ma — attenzione — bisogna stare attenti che questo non accada col fine della visibilità. Cioè, che lo straordinario debba accadere è giusto; che lo straordinario sia visibile va bene, ma l’essere visibile non deve essere il fine del perissòn. È visibile, ma non è il suo fine. Quindi, questa visibilità della sequela non è mai fine a sé stessa, altrimenti cade tutto.
Andiamo avanti:
Dovremmo constatare che non siamo neppure più nella sequela — se la visibilità diventa fine a sé stessa — Dunque è necessario che qualcosa si renda visibile, ma paradossalmente si dice: Badate che ciò non avvenga perché gli altri vi vedano. «Fate risplendere la vostra luce davanti agli uomini…» (Mt 5,16), ma: Badate anche al nascondimento!
Quindi vedete, c’è questo paradosso, che uno dice: “Ma come? Allora, deve risplendere o lo devo nascondere?” Adesso lo vediamo:
I capitoli 5 e 6 — di Matteo — urtano duramente l’uno contro l’altro. L’elemento visibile deve essere al tempo stesso l’elemento nascosto; il visibile deve al tempo stesso riuscire a non esser visto.
Vedete che sembra una contraddizione?
La riflessione di cui si è parlato deve dunque mirare proprio al fatto che non ci lasciamo andare alla riflessione sul nostro straordinario. L’attenzione alla nostra giustizia deve servire proprio a non portare su di essa la nostra attenzione. In caso contrario lo straordinario non sarebbe più lo straordinario della sequela, ma lo straordinario di un volere e di un piacere nostri.
Adesso forse chi è più sensibile sta già capendo dove Bonhoeffer ci vuole portare. Quindi, c’è questa apparente — apparente perché bisogna capire — contraddizione nei capitoli 5 e 6 tra “far risplendere” e “nascondere”, e lui comincia a dire: “Attenzione, la nostra giustizia deve servire proprio a non portare la nostra attenzione su di essa”. Capisco che uno dice: “Ma come si fa?” Calma, calma, adesso arriviamo.
Come intendere questa contraddizione? Chiediamo in primo luogo: a chi — ecco la domanda importante — deve restar nascosta la dimensione visibile della sequela?
Abbiamo detto che ci deve essere una visibilità e anche un nascondimento, allora Bonhoeffer dice: “Ho capito, ma a chi deve restare nascosta? A tutti?” Evidentemente no, perché sennò abbiamo finito di parlare, quindi a chi? Quindi:
a chi deve restar nascosta la dimensione visibile della sequela?
Risposta:
Non agli altri uomini, che anzi devono veder risplendere la luce del discepolo di Gesù…
quindi questo tenere nascosta la dimensione visibile non è in riferimento agli altri uomini, perché loro devono vedere — come dire — la luce del discepolo che segue Gesù, la luce del perissòn, la devono vedere risplendere; e allora? «A chi deve rimanere nascosta la dimensione visibile della sequela?»
… a colui che compie questo visibile. Egli deve rimanere nella sequela e guardare a colui che lo precede, non a sé stesso e a ciò che fa.
Deve rimanere nascosta a me, a me che seguo Gesù. Ecco in che in che senso deve essere visibile e in che senso deve rimanere nascosto! Visibile agli altri, ma nascosto a me. Capite? Quindi non nascosto agli altri, ma a colui che compie questo, a colui che segue Gesù: «Egli deve rimanere nella sequela e guardare a colui che lo precede, non a sé stesso e a ciò che fa». Eccolo qui! Sentite che bello:
Colui che è nella sequela è nascosto a sé stesso nella sua giustizia.
Capite? Io devo essere nascosto a me stesso.
Naturalmente anche lui vede lo straordinario, ma in questo egli resta nascosto a sé stesso; vede lo straordinario solo guardando a Gesù, e qui non lo vede più come straordinario, ma come ovvio, normale. Per cui il visibile resta per lui nascosto nell’azione, cioè nell’ubbidienza alla parola di Gesù.
Quindi colui che è nella sequela è nascosto a sé stesso nella sua giustizia, vede lo straordinario ma è proprio in questo che resta nascosto, perché vede lo straordinario solo guardando Gesù e qui non lo vede più come straordinario, ma come ovvio e come normale. Capite? Il discepolo di Gesù vede lo straordinario, vede il perissòn, ma lo vede guardando Gesù, solo guardando Gesù; e nel momento in cui guarda Gesù, che cosa vede? Vede lo straordinario come ovvio e come normale. Quindi vede lo straordinario, ma non gli appare più come straordinario, perché gli appare come ovvio e normale: lo vede, ma lo vede in un modo diverso, perché lo vede attraverso Gesù, lo vede guardando Gesù. Per cui questo visibile di cui stiamo parlando resta nascosto nell’azione, cioè resta nascosto nell’obbedienza alla parola di Gesù.
Ci fermiamo qui, perché oggi mi rendo conto che è stato un po’ più articolato del solito. Quindi avremo modo di riflettere meglio su questo straordinario e la sua visibilità, che deve rimanere nascosta ai nostri occhi, perché noi guardiamo Gesù.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.