Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 20 ottobre 2020
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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STATE PRONTI!
Eccoci giunti a martedì 20 ottobre 2020, il Vangelo di oggi tratto dal cap. XII di S.Luca vv 35-38 ci richiama al valore del vegliare, della vigilanza, dell’essere pronti sempre.
- Come si fa ad essere pronti?
Per essere pronti bisogna essere capaci, volenterosi di avere nella vita un interesse stringente che è quello di Gesù. Nella misura in cui Gesù ci interessa e ci preme allora noi siamo in attesa.
“Con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”
Vuole dire che stiamo aspettando qualcuno. La nostra vita deve essere l’attesa di qualcuno in maniera tale che siamo pronti ad aprire subito appena bussa. Dio bussa nella nostra vita in tanti modi, in tante maniere, pensiamo a tutte le volte che il Signore ci invita, ci chiama a essere qualcosa di diverso da quello che siamo oggi, a essere di più di quello che noi siamo oggi. Dobbiamo rendere questa disponibilità grande verso il Signore e questa attenzione concentrata come colui che sta attendendo e se uno sta attendendo non può dormire.
- Chi è che sta sveglio?
Sta sveglia la sentinella, colui che attende la nascita di un bambino, colui che veglia un malato, che aspetta qualcuno che esce dalla sala operatoria, sta sveglio colui che deve preparare un esame o ha un incontro importante.
- Tutte queste situazioni di vita, ma ce ne sono molte altre, che cosa dicono?
Dicono l’importanza, l’unicità di quell’evento determinato.
“Siate pronti”
Il Signore ci dice:
“Voi dovete aspettarmi, voi dovete attendermi sempre, senza scoraggiarvi”
Dentro a questa realtà, a questa storia che noi viviamo, noi dobbiamo sempre attendere il Signore, sempre vivere come se stessimo aspettando altro.
Quando da ragazzo fui mandato in Inghilterra a studiare inglese, fu la mia prima esperienza lontana dall’Italia, mi ricordo che ho sofferto tanto, ero giovane facevo la prima superiore, ho sofferto molto per questa lontananza, poi non c’erano i cellulari, non c’erano i computer, c’erano le tesserine con i gettoni, ma il cambio era altissimo, quindi appena rispondeva la signorina del centralino noi rispondevamo sempre “reverse charge”, per dire: la chiamata la pagano i miei. Passavano la chiamata in Italia, la mia mamma rispondeva e le chiedevano se accettava di pagare la telefonata, loro accettavano così io potevo parlare. Eravamo tutti in fila dietro a tutti questi telefoni chiusi, ognuno parlava poi lasciava il posto a chi veniva dopo. La cosa che ricordo che mi fa venire in mente questo “vegliare” era questa:
Al mattino prima delle lezioni, che erano tantissime e lunghissime fino a sera, mi trovavo sempre con un mio compagno di studi ai piedi di una Chiesa, sulle scalinate di una Chiesa, la Chiesa interna al collegio, era un collegio cattolico. Ci sedavamo lì.
Cosa facevamo al mattino presto prima delle lezioni?
Sognavamo. Noi guardavamo le petroliere e le navi, le navi da commercio, tutte queste grandi imbarcazioni, all’orizzonte, che passavano davanti a noi, le guardavamo e dicevamo:
“Pensa che bello poter essere su quelle navi, tornare a casa, pensa che bello poter essere anche noi lì, chissà dove stanno andando”
Con il corpo noi eravamo in collegio e anche con la testa perché dovevamo studiare tanto, ma il nostro cuore palpitava altrove. Ricordo ancora adesso, a distanza di 30 anni, il giorno in cui siamo ritornati a casa, la mattina in cui abbiamo chiuso le valigie e siamo ripartiti per tornare a casa. Mi ricordo come ho riabbracciato i miei genitori dopo questa esperienza.
Questo cosa diceva?
Diceva che il nostro cuore era altrove.
Questo per me è il significato del vegliare e dell’attesa. Tu sei lì, fai il tuo dovere, però intanto guardi l’orizzonte, intanto guardi le navi, le petroliere, le navi commerciali che passano, i gabbiani che volano e sogni insieme ai tuoi amici, a coloro che sono lontani dalla patria, a coloro che sono lontani da casa come te, e sogni, sogni in continuazione.
Chissà forse sarà per questo che quando ero piccolo, piccolo, avevo un piacere particolare, un desiderio sempre fortissimo, che non so neanche il perché lo avevo, adesso lo ricordo, che quando mi dovevano fare un regalo, mi dovevano portare ai treni. Il mio piacere era quando sentivo la campanella che suonava che diceva l’arrivo del treno, io impazzivo a sentire questa campanella, mi creava interiormente un’eccitazione incredibile, come se stesse arrivando qualcosa per me. Chissà forse il Signore ha voluto fare questa cosa in modo profetico per i tanti treni che ho dovuto attendere nella mia vita e che mi hanno portato in tanti posti diversi.
Penso che la nostra vita cristiana forse sia un po’ questa attesa di un bambino con la campanella che suona, perché quando sta suonando la campanella, anche se non vedi niente, quella campanella ti dice che sta per succedere qualcosa e tutto si prepara per questa attesa.
Credo che ci siano momenti nella nostra vita dove sentiamo la campanella che suona, e vedere all’orizzonte le petroliere, le navi commerciali che passano, i segni che Dio ci dà, è come se il Signore ci volesse dire:
“Guarda che la tua patria è altrove, guarda che verrò a prenderti, guarda che questo è il binario sul quale passerò, preparati”
E poi arriva un momento nella vita in cui sentiamo la campana che veramente suona e ci dice:
“Ok, è giunto il momento, comincia a salutare tutti, perché adesso il treno arriva per davvero, questa è la tua campanella, sta suonando”
Lì è proprio il tempo delle ultime cose.
“E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!”
Beati loro se li troverà così, nel mezzo della notte, pronti e svegli.
“Ci salgo su questo treno, arrivo.”
Ricordate il Signore degli anelli quando Frodo alla fine di tutto sale su questo vascello, che porta via tutti, Frodo, suo zio, Gandalf, nella Terra degli Elfi, quello è il momento del grande saluto.
Uno lo capisce quando è giunta la sua ora, il momento del grande distacco, del definitivo saluto. Tutti gli altri piccoli saluti sono un’anticipazione di quell’ultimo saluto, di quell’ultima volta che suona la campana, ma quella è per sempre. E’ bene che ci facciamo trovare pronti per incontrare Gesù.
Chiedo al Signore di benedirvi e di concedervi una giornata all’insegna dell’attesa, dell’ascolto, della preparazione e della prontezza
Vi benedica Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo.
Martedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
VANGELO (Lc 12,35-38)
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».