Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il punto verginale – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 13
Domenica 23 giugno 2024
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mc 4, 35-41)
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”.
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”.
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a domenica 23 giugno 2024.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quarto capitolo del Vangelo di san Marco, versetti 35-41.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro Pedagogia del dolore innocente del beato don Carlo Gnocchi.
Orbene, il motivo più alto e più nobilitante, la méta più sublime e sublimatrice alla quale avviare il dolore del bimbo, come ogni altro dolore, è certamente Cristo Crocefisso.
Quando un bambino sarà riuscito a comprendere la somiglianza che esiste – attenti – tra il suo dolore e quello di Cristo, la preziosità che egli può conferire ad ogni sua sofferenza, per sé e per gli altri, inserendola in quella di Cristo, il dovere che egli ha di imitare il comportamento ed i sentimenti di Gesù nei momenti del dolore, con questo egli avrà toccato il centro più profondo e più inesplorato, il più originale ed operante di tutto il cristianesimo, quasi — direbbe Gratry — il «punto verginale» della dottrina di Cristo.
E quando si ha la ventura di «toccare» così da vicino Iddio, negli anni della giovinezza, il Suo segno gaudioso resterà valido e indelebile per tutta la vita.
È solo una pagina, però capite bene quanto è densa. Quindi “il motivo più alto e più nobilitante, la meta alla quale avviare, alla quale far riferimento circa il dolore, è Gesù crocifisso” – l’abbiamo detto anche ieri, quando parlavamo della casta Susanna e poi di Gesù che, di fatto, muore innocente.
Quando l’innocente riesce a comprendere che esiste una somiglianza tra il suo soffrire e quello di Gesù, quando riesce a comprendere la preziosità che può dare alla sua sofferenza, per sé e per gli altri – l’abbiamo visto ieri – quando riesce a comprendere «il dovere che egli ha di imitare il comportamento e i sentimenti di Gesù nei momenti del dolore», che cosa succede? Succede che “lui tocca il centro più profondo, più inesplorato, più originale, più operante di tutto il cristianesimo, cioè il «punto verginale» della dottrina di Cristo”.
Ecco, questo succede: ha toccato il «punto verginale» della dottrina di Cristo. Potremmo dire che, per quanto all’essere umano è permesso, ha toccato Dio. Per quanto ci si può avvicinare a Dio, lui si è avvicinato. Ecco perché dice: “la ventura di «toccare» così da vicino Iddio”. Se ha questa grazia, se qualcuno gliela insegna negli anni della sua giovinezza, questo segno gaudioso gli resterà dentro per tutta la vita.
Ecco perché io ho scelto questo libro, ecco perché vi ho voluto parlare del dolore innocente: perché tantissime persone sono in questa situazione e tantissime persone non sanno come si deve soffrire, sprecano questo tesoro, lo buttano, si disperano. Capite che, se uno fosse educato a fare questo, il suicidio cesserebbe immediatamente, la depressione cesserebbe immediatamente, la disperazione cesserebbe immediatamente. Cesserebbe tutto, e saremmo tutti persone che direbbero: “Signore, io sono qua, non vado a cercarmi la sofferenza, perché non sono uno dei grandi santi della storia della Chiesa, sono un povero uomo, prendo quella che mi dai tu. Quando me la dai, la vivo così”. Proprio così, perché guardate che questa parte centrale, prima di parlare del «punto verginale», è forte: “La somiglianza che esiste tra il dolore suo e il dolore di Gesù; la preziosità da dare alla sofferenza; il dovere che noi abbiamo di imitare il comportamento ed i sentimenti di Gesù nel momento del dolore”; non solo il comportamento, ma anche i sentimenti. Gesù ha sofferto con dei sentimenti ben precisi.
Sapete, il dolore dell’innocente può scatenare anche tanta cattiveria, può farci diventare rabbiosi, sia colui che lo vive, ma anche colui che lo vede. Il dolore dell’innocente può far perdere la testa, può far perdere la fede. Uno dice: “No, non è possibile! Se Dio è buono, perché esiste il male?” Ricordate Dostoevskij, i fratelli Karamazov? Si pone questo problema morale: “Se esiste Dio, se Dio è buono, perché c’è il male? Se Dio è buono, se esiste Dio, perché gli innocenti pagano?” Capite, uno poi perde il senso di tutto.
Tutte le cose che vi ho detto, sono tutte a motivo del fatto che non ci sono educatori, veri educatori del dolore innocente. Se ci fossero, metteremmo in pratica tutti, sempre, quanto fin qui detto, e soprattutto quello che ho detto adesso. “Questo è il punto verginale della dottrina di Gesù” cioè, è proprio il cuore, è proprio il centro, è ciò che è intatto, ciò che è profondamente sacro, è proprio il cuore profondo, sacro, intangibile, intoccabile, inviolabile di tutta la dottrina di Gesù; ed è l’unica possibilità che abbiamo di toccare così da vicino Dio, ciò che ci rende maggiormente somiglianti a Gesù.
Ho fatto pochi minuti oggi, ma credo che questi dieci minuti, sette minuti, quelli che sono, valgano come dieci ore. Riflettiamo, rileggiamo, riascoltiamo, ripensiamo queste parole e cerchiamo di diventare veramente degli educatori del dolore innocente.
Ecco, mi permetto anche di dirvi che stiamo arrivando alla fine di questo mese di giugno, siamo già al 23 giugno, e tra poco si concluderà la possibilità di iscriversi al ritiro di luglio.
Proprio pochi giorni fa mi è capitato di essere con un gruppo di ragazzi giovani, dopo una celebrazione, e gli dicevo: “Ma vi siete iscritti, venite?”; il ragazzo dice: “Eh, ma sa, c’è il venerdì, è un giorno di lavoro e quindi non lo so, al massimo vengo la domenica”. Io non ho detto niente, ma la domenica… è fino al pranzo, è il giorno conclusivo, c’è la Messa al mattino, c’è la conferenza finale in cui si fanno le domande, si raggruppa tutto, e poi ci sono i saluti. Venire la domenica è come non venire! Poi se uno dice: “No, ma il sabato devo andare a fare la spesa…”. Io non ho detto niente. Una signora salta in piedi e dice: “Io ho risolto il problema, ho chiesto per tempo uno/due giorni di ferie”; il ragazzo risponde: “Ah, bella idea, potrei fare così anch’io!”; e dentro di me ho detto: “Beh, ancora un po’ che aspetti…”
Vedete, quando ci teniamo a qualcosa, uno se le inventa le cose, si fa venire la fantasia. Se ci tengo veramente, la fantasia me la faccio venire: volere è potere, volere è volare; non usiamo scuse. Mi ha colpito, questa signora! Mi ha detto: “Padre, io ho risolto il problema, io prendo un giorno di ferie; l’ho detto in anticipo, l’ho detto più di un mese fa (e voi considerate che io ormai sono due mesi o più che parlo di questa cosa) ho detto che venerdì “tot” di luglio non ci sarò, giorno di ferie, il sabato non lavoro, fine”. E uno, anche se si prende due giorni di ferie, cosa succede, scusatemi? Come andiamo a ritemprare il nostro corpo in estate, e perché non devo ritemprare anche il mio spirito? Perché non devo darmi la possibilità dell’adorazione eucaristica notturna, di due giorni e mezzo di silenzio, di preghiera intensa, di ascolto, di meditazioni…
Poi arriva quell’altra signora che dice: “Eh no, sa padre, io ho i miei bambini, le mie bambine che devo seguire” e dico: “Signora, mi dispiace, ma è lei è vedova?” – “No, no, non sono vedova padre, ma no, ma cosa dice!” e dico: “Allora suo marito è inabile, non lo so, ha dei problemi fisici?” – “No, no, mio marito fa il muratore (mi pare abbia detto)” – ho detto: “Beh, signora, facesse anche il cardiologo, per due giorni, non è che un uomo con dei figli muore perché non c’è la mamma! Gli prepara i tupperware con il cibo congelato, tutt’al più li tirano fuori, li mettono nel forno a microonde (ci arrivo io che sono un prete, che non ho la vita della casalinga come voi) e per due giorni sopravvivono”. Poi mi si è accesa la lampadina e ho detto: “Scusi, signora, ma questi bambini quanti anni hanno? Sono così infanti?” – “No, no, non sono infanti, uno ne ha venticinque e quell’altro ne ha ventiquattro”. Mi è venuto un coccolone! Ho detto: “No, scusi signora, ma sta scherzando?” – “No, padre, sono i miei bambini, nel senso, sa, fanno l’università…”. No, non ci siamo. Ecco, a me queste cose, scusatemi, fanno bollire il sangue, ve lo dico con molta sincerità, mi fanno proprio bollire. Preferisco uno che mi dice: no, io non vengo; ma non queste cose. Ma cosa vuol dire: non posso andare via due giorni perché sennò i miei bambini muoiono di fame! Ma stiamo scherzando? A venticinque anni? Ma mi verrebbe da dire: “Signora, che gli dica di tirarsi insieme!”; non lo so, però a me questa cosa mi verrebbe proprio da dirla.
Mi è piaciuta molto invece un’altra mamma che mi scriveva: “Io ho un bambino di otto / nove anni, se lei padre mi assicura che non è un problema, che non è un disturbo se me lo porto dietro, io vengo”, e io ho detto: “Certamente sì, va benissimo se lo porti dietro e non si preoccupi del disturbo, ma va benissimo perché un modo poi si trova. Ma stia tranquilla, me lo prendo dietro io con me a fare tutte le cose che dovrò fare”. Ho sempre bisogno di un aiuto! Non potrà scaricare la frutta, ma un aiuto serve sempre! Porterà le chiavi, porterà un sacchettino, mi farà da piccolo segretario, se proprio non sa stare lì buono… E poi io non ho mai avuto problemi con i bambini; non ho mai avuto problemi di bambini che facessero gli esagitati durante le celebrazioni. Quindi io a questa signora ho detto: “Signora, venga lei col suo bambino, se ne ha cinque, li porti tutti e cinque, che una sistemazione in chiesa la troveremo anche per loro”. Volere, potere, volere, volare.
Quindi, cari signori e care signore, cari ragazzi e care ragazze, forza e coraggio, non accampiamo scuse. Piuttosto diciamo: “Non voglio venire”, benissimo, ma non diciamo: “Ah, io, se potessi, mi piacerebbe, ma sì, però”. Se la tua famiglia non sta in piedi per due giorni, venerdì e sabato, senza la loro mamma, è un problema! Tutti siamo necessari, ma nessuno è insostituibile! Anche perché la mamma non è la schiava della famiglia; si tirino un po’ insieme, imparino anche loro cosa vuol dire cucinare, cosa vuol dire tenere insieme una casa, gli farà solo bene. E se sei un papà: stessa cosa; e se sei un figlio o una figlia: stessa cosa.
“Ah no, ma padre, ma io ho gli esami all’università!”; e allora? Li ho avuti anch’io gli esami all’università e non è che li prepari il giorno prima! “Eh, ma io lunedì c’ho l’esame”; e vabbè, ti prepari adesso, hai avuto tutto l’anno per prepararti, non è che uno si prepara l’esame all’università due giorni prima! Ti prepari per tempo, ti iscrivi, e quegli ultimi giorni li passi in ritiro, affidandoti al Signore, e poi succedono cose bellissime.
“Eh no, ma sa, ma poi il costo per l’ospitalità!”; si spendono tanti soldi, tantissimi soldi per stupidaggini, e si spendono soldi, e non pochi, per andare in vacanza, e non abbiamo i soldi per pagarci un posto che ci alloggi per due giorni? No, no, no, no, guardate, siamo a Monza, non siamo in Bangladesh, non siamo in Papua Nuova Guinea, non siamo all’estremo del mondo, non siamo al Polo Nord con le foche, non ci sono i mammut che vi impediscono di arrivare, neanche i ghiacci da superare. Siamo a Monza, arriva tutto a Monza, è servita da tutto, c’è un parcheggio bellissimo, comodissimo, c’è l’autostrada che è appiccicata al convento, Monza è servitissima. Nel momento in cui vi iscrivete, vi vengono dati tutti i dettagli sui posti da contattare per poter dormire e alloggiare. Certo che se uno si fa vivo all’ultimo, non può pretendere di… sono tre mesi che ne parliamo!
Ma guardate, credetemi, non lo faccio per una questione di numero, assolutamente! Uno dice: “Eh no, vabbè, questo qui fa tutti questi versi perché ha l’angoscia di quanti siamo. Saremo due poveri desaparecidos e allora capisci che padre Giorgio, disperato, sta chiamando a raccolta tutti quelli che possono venire”. Guardate, siamo circa centocinquanta, quindi non siamo quattro gatti. Non sono uno che è alla canna del gas e che dice: siccome si sono iscritti in tre, vi prego vi supplico, venite. Centocinquanta persone sono tante per tre giorni di esercizi, non è per una messa, non è per un giorno, una passeggiata, un pellegrinaggio di un giorno, sono tre giorni, centocinquanta persone sono tante; quindi, non è un problema di numero. È perché mi dispiace proprio tanto il fatto che si potrebbero raggiungere numeri ancora più elevati.
Ma quello che mi dispiace, sono le scuse stupide che vengono date, che sono sintomo della pigrizia spirituale; questo mi dispiace! Poi centocinquanta persone vanno benissimo, ma io farei gli esercizi spirituali anche se fossero in tre, non mi interessa il numero, perché tre persone sono tre anime per cui Dio ha sacrificato suo Figlio sulla Croce, quindi va benissimo. Non mi è mai successo, per bontà di Dio, di farlo a tre persone, però lo farei anche per tre. Il problema non è il numero, il problema sono le scuse idiote – perdonatemi il termine, ma ci vuole. Non accampiamo scuse legate alla pigrizia; “Ritienimi giustificato perché io devo andare a guardare i buoi” – “Ritienimi giustificato perché io devo andare a guardare l’aratro che ho comprato prima” – “Ritienimi giustificato, perché …”; no! Neanche il Signore li ritiene giustificati! O diciamo: “Non ci vengo perché non voglio”, oppure, piuttosto, mi chiamate e mi dite: “Padre, io ho questo problema, come lo risolviamo?” e lo risolviamo. E, se volete venire, venite.
Non cedete alla pigrizia, perché non potete sapere le grazie che il Signore vi ha riservato quei giorni; e perché buttarle via? È assurdo! Piuttosto, mi chiamate.
Vi dico: è l’ultima settimana utile, perché col 30 di giugno dobbiamo chiudere le iscrizioni, perché dobbiamo ordinare le magliette, organizzare le cose, organizzare tutto, quindi voi capite che, dopo tre mesi che ne parliamo, è chiaro che ci deve essere una fine, uno stop. E questo stop è domenica prossima, domenica 30 giugno, con domenica 30 giugno le iscrizioni saranno chiuse.
Spero che in questa settimana, tutti questi indecisi o, meglio, tutti questi pigri, si drizzino, buttino via la loro inerzia terrificante e dicano: “No, schiacciato dalla pigrizia, imbozzolato dalla pigrizia, no! (perché la pigrizia, sapete, è un’opera del maligno) Io non voglio essere un bozzolo nella tela del ragno”.
Quindi spaccate questo bozzolo, venite fuori, fate le belle farfalle. Io vi aspetto! E, se ci sono problemi chiamatemi, scrivetemi, che i problemi si risolvono; “Ma tutti i problemi?”; sì, tutti!
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.