Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Le ortiche – Pedagogia del dolore innocente, beato don Carlo Gnocchi pt. 12
Sabato 22 giugno 2024
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mt 6, 24-34)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a sabato 22 giugno 2024. Oggi ricordiamo san Giovanni Fisher, vescovo, e san Tommaso Moro, martire, due grandi santi.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 24-34.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro Pedagogia del dolore innocente del beato don Carlo Gnocchi.
Opera dunque di estimazione e di spersonalizzazione del dolore, alla quale non è difficile giungere abituando il fanciullo a dirigere la sua pena o la sua rinuncia verso obbiettivi concreti, quali si offrono ogni giorno alla sua sensibilità (per la guarigione di una persona cara, per i missionari lontani, per la conversione del babbo, per un compagno povero, per l’ottenimento di una grazia importante, per la cessazione di una guerra, per il Papa, per un condannato, per un assassino di cui parla la cronaca, ecc.).
Purché si tratti sempre di motivi vivi e reali, concreti e di interesse immediato per un bimbo.
Se tale interesse è alto, i fanciulli sanno arrivare alle vette della più alta poesia e del sacrificio.
Quindi, c’è questa opera di “estimazione” e di “spersonalizzazione”, in modo tale che il dolore acquisirà quindi un grande valore e non sarà soffrire per il soffrire, perché devo farlo. Allo stesso tempo, questo dolore non ricadrà in modo agghiacciante sull’innocente, non ricadrà su di lui o su di lei in modo agghiacciante, da schiacciarlo.
Io credo che meditando questo testo del beato don Carlo Gnocchi, dovremmo tutti tenere ben presente, accanto a questo, il brano della Sacra Scrittura dove si narra la vicenda della casta Susanna. Tutti dovremmo tenere presente questo testo, se non lo conoscete dovete assolutamente leggerlo, se lo conoscete rileggetelo (si trova nel libro del profeta Daniele).
Lì vedete la casta Susanna, che non è una bambina, è già una donna adulta, sposa, ma è un’innocente condannata ingiustamente; condannata, peraltro, a morte, ingiustamente.
Ora, la casta Susanna, che ormai era sul carro che la conduceva alla morte, che cosa fa? Si dispera, si strappa i capelli, urla, grida, non so che cosa? No, la casta Susanna si rivolge a Dio e basta. È una donna estremamente composta che si avvia alla morte, avendo come testimone della sua innocenza solo Dio e nessun altro.
I testimoni che c’erano erano i due vecchioni, giudici del popolo d’Israele, perversi, che si accordano per farla condannare a morte, perché lei si rifiuta di cedere alla loro lussuria. Loro sono gli unici testimoni che ci sono, che dicono che lei è colpevole, che l’hanno vista con un giovane e tutto il resto… tutto falso. Ma lei era una donna sola, tra l’altro giovane, senza testimoni. Loro erano due anziani giudici di Israele, quindi immaginatevi il potere a tutti i livelli che questi due uomini avevano sul popolo! Tutti credono a loro. Anche se appare assolutamente strano che una donna come Susanna, che tutti conoscevano, e che sapevano essere una donna assolutamente integerrima, abbia potuto compiere un gesto del genere; però, capite, di fronte alla testimonianza di questi due giudici, dicono: “Va beh, ci siamo sbagliati, cosa volete fare? La casta Susanna, purtroppo, ci ha tutti ingannati, ci ha delusi, non era quello che pensavamo che fosse”; perché? Perché i due giudici, in due peraltro, testimoniano di averla vista che…
A me quello che colpisce non è tanto la perversione dei giudici, il ricatto che i giudici fanno su di lei ma è grandioso il fatto che lei dica: “No, io non commetterò mai questo peccato, non voglio peccare contro Dio; quindi, se devo cadere nelle vostre mani, cadrò nelle vostre mani e fate quello che volete; se devo morire, morirò, ma io non accetterò mai di commettere un peccato del genere”. Perché lei avrebbe dovuto, tra l’altro, tradire suo marito, perché era sposata.
Detto questo, lei non fa altro che pregare, rimette tutta la sua causa a Dio e, mentre viene condotta a morte, un giovinetto di nome Daniele si alza e dice: “Io sono innocente di questo sangue”; quindi tutti si fermano, e allora Daniele dice: “Tornate tutti indietro, io vi dimostrerò che lei è innocente, e che razza di persone immonde e perverse sono questi due giudici”.
Una storia bellissima, guardate, veramente bellissima; una di quelle storie che uno la legge mille volte e poi la vuole leggere ancora, perché è proprio bella.
Questo dolore che lei vive, “il dolore dell’innocente”, è veramente il dolore più terribile che ci sia. Quindi lei questo dolore che vive, non lo vive centrato su sé stessa, ma lo vive totalmente centrato su Dio, tutto! Voi leggete quel testo e vedrete come è tutto incentrato su Dio, totalmente; totalmente, unicamente incentrato su Dio, è spersonalizzato. È lei che soffre, è lei che si sta preparando a morire ingiustamente, ma lei riporta tutto nelle mani di Dio, e Dio suscita questo giovinetto meraviglioso, prodigioso, che è e che sarà il profeta Daniele.
E così bisogna fare con tutti gli innocenti: quando vediamo un innocente che soffre ingiustamente, che sia un bambino, che sia un adulto, che sia un anziano – l’importante è l’innocenza – cosa dobbiamo fare? “Aiutarlo a dirigere la sua pena verso motivi vivi e reali, concreti, di interesse” cioè, dire: “Tu stai soffrendo questa pena terribile, ingiusta, offrilo a Dio, non impazzire in questo dolore, non rimanere travolto dall’onda; che ti bagni, che ti copra, magari, anche, ma tu non rimanere travolto. Offrilo per un’intenzione: una conversione, una grazia importante, per una cessazione della guerra, per x ragioni, quella che vuoi tu, scegline una e offrila, e rimetti la tua causa a Dio perché, magari, non sempre, ma alle volte il Signore interviene”.
Perché poi ci sarà il caso di Gesù, per esempio, che invece muore innocente, capite? Lì muore… Va bene.
Se noi sappiamo dare queste altezze alle persone… Perché è difficile per loro, ma è difficile anche per chi sta accanto alle “caste Susanne”. Quindi è difficile per loro, ed è difficile per chi sta accanto, perché bisogna ascoltare, vedere il dolore e dire: “Un momento, alziamo lo sguardo, va bene tutto, ma alziamo lo sguardo, andiamo oltre”. Cosa vuol dire? Vuol dire essere capace di arrivare alle più alte vette del sacrificio; questo vuol dire. Bisogna educare ed educarci – anche quando riflettiamo, parliamo, discutiamo di questo dolore – a queste vette altissime.
E adesso lui cita un fatto:
Ricordo che, da giovane sacerdote, preparando un gruppo di bambini alla Prima Comunione ed avendo detto loro di fare qualche sacrificio per esserne degni, ci fu un bambino che andò a sbattere le mani e le braccia nude in un cespuglio di ortiche, riportandone una grave e pericolosa infezione generale; e quando io andai a trovarlo, nel suo lettino, aveva gli occhi così raggianti di luce sovrumana che non ebbi il coraggio di rimproverarlo del suo gesto sconsigliato né potei trattenermi dall’abbracciarlo, soggiogato da un senso di profondo rispetto e venerazione.
Vedete? Vedete poi cosa succede? Io non lo consiglierei mai a nessuno, ovviamente, però era quello che faceva la piccola Giacinta di Fatima, vi ricordate? Ma non solo lei, anche Francesco e anche suor Lucia, lo facevano tutti e tre, ma lei in particolare. Queste penitenze così forti – andate a leggere la storia e vedete che penitenza facevano – per una ragione, per esempio, nel loro caso, la conversione dei peccatori, come aveva richiesto la Vergine Maria, tutti ce lo ricordiamo benissimo.
E quando ti trovi davanti delle persone così, è chiaro che rimani colpito da un profondo senso di rispetto e di venerazione, è ovvio, perché, cosa vedi? Vedi la santità, ecco cosa vedi! Non vedi la disperazione, ma vedi la santità. Quindi, siccome noi siamo cercatori di santità, ecco, allora, questo ci sia di aiuto.
Il consiglio che vi do è quello di non andare a cercarle voi: non c’è bisogno di andare a cercare un campo di ortiche e buttarsi dentro. Accettate quelle che Dio vi manda, quando ve le manda, come ve le manda e, soprattutto, del tipo che vuole lui. Perché noi cercheremo quelle che piacciono a noi, Dio invece ci manda quelle che servono, che servono non solo a noi, peraltro, perché il Signore è capace, è Dio! Io, se vado a cercarmi una penitenza, mi cerco la mia penitenza, che serve a me, che poi dopo, va bene, io la offro per Tizio, Caio e Sempronio. Invece, spesse volte, non di rado, il Signore ci manda delle penitenze che ci fanno soffrire, ma che servono anche per una causa concreta per altre persone. Capite, quindi è importante! Accettiamo quello che Dio ci manda, e quando ce le manda, viviamole così.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.