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Beato Joan Roig Diggle pt.3 – I bambini eucaristici pt. 27

Bambini Eucaristici

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Beato Joan Roig Diggle pt.3 – I bambini eucaristici pt. 27
Venerdì 26 luglio 2024 – San Gioacchino ed Anna, Genitori della beata Vergine Maria

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 13, 18-23)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 26 luglio 2024. Oggi festeggiamo i santi Gioacchino ed Anna, genitori della beata Vergine Maria.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal tredicesimo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 18-23.

Andiamo avanti con la nostra lettura e meditazione dei bambini eucaristici.

Così la sorella Lourdes racconta quella sera: “Tornò molto stanco, fra la giornata di lavoro e l’aver trascorso in bianco la notte precedente. Si lasciò cadere sul divano. Non l’avevo mai visto tanto affaticato. Aveva trascorso la notte precedente vegliando dinanzi al Santissimo che portava con sé. Cenammo presto e mentre recitavamo il Rosario si addormentò più volte, vinto dalla fatica. Quando se ne accorgeva sorrideva e proseguiva la preghiera. Andammo a dormire ma una strana sensazione ci impediva di prendere sonno…”.

La madre prosegue: “Tutte le notti il mio cuore di madre vegliava per distinguere prima di tutti il minimo rumore, anche il più lontano. Sentendo l’avvicinarsi di un rumore di automobili, fui colta da terrore. Presentii che venivano per noi. Mi alzai subito e corsi nella camera di mio figlio. Egli stava già in piedi, perché aveva sentito il rumore. Gli dissi: John (la madre era di origine inglese, quindi ha chiamato sempre suo figlio con il nome John, e non Juan), già sono qui. Che facciamo? Egli mi rispose: Ti sembra giusto che io cerchi di scappare? E io gli dissi: Non lo so. Ma la casa era già accerchiata e da ogni parte vi erano fari che la illuminavano. Vedendo come stavano le cose, John disse: Vado a comunicarmi. E davanti a me si amministrò l’ultima comunione. Il Buon Gesù voleva accompagnarlo nel viaggio che stava per intraprendere verso l’eternità. Nel frattempo, quelli che senza saperlo gli offrivano la chiave d’oro che gli avrebbe aperto le porte del Cielo gridavano dalla strada, stanchi di aspettare: Se non aprite sarà peggio per voi. E battevano sulla porta. Quindi John, rinnovato nello spirito dalla forza divina – la fortezza di Gesù – mi disse: Lasciali a me! – No, John – contestai -, io verrò con te.

Scendemmo dalle scale e, dopo aver chiesto chi fossero, per verificare se erano poliziotti o assassini, ci ripeterono: Se non aprite, sarà peggio per voi. Era tutto finito, e aprimmo. Entrarono in casa con le pistole in mano, portarono John nella sua camera, obbligandolo a sedersi sul letto con le mani in lato, e saccheggiarono la stanza, insultando lui e me. Il suo viso era preoccupato. Ci capivamo nel nostro martirio reciproco. I nostri sguardi si incrociavano e attraversavano i nostri cuori.

Poi dissero: Andiamo! Io dissi loro: Non portatelo via! Che male ha fatto? Lo strinsi forte nelle mie braccia e non lo lasciavo andare, ma fu inutile, erano più forti. I miei occhi di madre si rivolsero al capo del gruppo e, con le braccia aperte e il cuore pieno di dolore, gli dissi: Se hai una madre, abbi pietà di me. Ma non mi ascoltò. Davanti al mio dolore, gli altri vacillarono, forse pensando alle loro madri, e rimasero immobili. Il capo, impaziente, disse: Che fate! Siete uomini o no? Prendetelo e andiamo! Abbracciai il mio John e lo strinsi al cuore. Lui, con voce molto dolce, mi disse queste parole nella mia lingua: God is with me (Dio è con me). I disgraziati obbedirono al capo e portarono via mio figlio. Il mio cuore lo accompagnerà fino alla mia morte!”

Joan fu portato presso il cimitero nuovo di Santa Coloma e quella stessa notte fu ucciso con cinque colpi di pistola al cuore e uno nella nuca. Gli permisero di dire le sue ultime parole, che furono: Dio vi perdoni come io vi perdono.

Lo zio riuscì a farsi dare il corpo da un amico poliziotto, che gli disse: Quel ragazzo biondo era forte, morì predicando. Morì dicendo che ci perdonava e che chiedeva a Dio di perdonarci. Quasi ci commosse.

Il 4 ottobre 1999 fu istruita la Causa di Beatificazione a Barcellona, che terminò nella sua fase diocesana il 16 maggio 2001. Nel 2007 i resti mortali di Joan furono traslati dal cimitero di Santa Coloma nella chiesa di Sant Pere di El Masnou e posti sotto l’altare della Madonna del Carmine. Il 2 ottobre 2019 è stato riconosciuto il martirio in odium fidei di Joan, che è stato beatificato nella Basilica della Sagrada Familia di Barcellona il 7 novembre 2020.

Joan ha vissuto solo 19 anni, appena il tempo di conoscere il mondo per i giovani d’oggi, eppure in così breve tempo è riuscito a trovare il tesoro più grande, l’Eucaristia. Con il Corpo Santissimo del Signore ha nutrito la sua carità verso gli altri, ha rafforzato la sua fede, ha ottenuto il coraggio di affrontare il martirio, morendo con la parola perdono sulle labbra.

Eccoci giunti al termine di questa vita, di questo ragazzo che prega, prega, prega e si lascia cadere distrutto, sul divano, dopo aver lavorato e adorato il Signore.

“Si addormentava più volte durante il Rosario”. Vedete, anche i santi si addormentano, quando sono così stanchi, però non hanno lasciato la preghiera, non sono come noi, che diciamo: a che cosa serve pregare, se tanto mi distraggo e mi addormento? No, vedete, i santi non trovano scuse.

E poi, arriva il momento… Questo momento è un momento per tutti, nel senso che arriva veramente per tutti un momento così drammatico. Poi, sapete, dobbiamo decidere noi cosa vogliamo fare, perché ci sono quelli che vogliono salvarsi, vogliono fuggire, non vogliono affrontare la realtà, e ci sono quelli che invece vanno incontro a queste situazioni – come lui che dice alla mamma: “Lasciali a me!”. Situazioni dove non c’è nessuna compassione c’è solamente odio – odium fidei (in odio alla fede) – è terribile. E, quindi, muore a 19 anni.

E qui, vedete, non c’è sentimentalismo, qui non c’è un’effervescenza dell’anima. Qui si parla di morte, che va oltre quella retorica pseudo-religiosa che c’è oggi (oggi ce n’è tanta). 

Ci sono dei termini che ritornano in continuazione, che a noi piacciono; poi non sappiamo cosa vogliono dire, non li capiamo neanche, quel parlare mondano che dice tutto e non dice niente, che non da niente, che non costruisce niente, e che rifugge da ogni definizione, rifugge da ogni verità, rifugge da ogni rigore, rifugge da ogni verifica, da ogni mettersi in discussione, rinuncia al martirio; lì non ci sarà mai la testimonianza, perché, tanto, faccio quello che voglio, come voglio e quanto voglio, e mi autoassolvo. Non c’è questo dovere interiore: in nome “di”.

Lui l’ultima cosa che fa è la Comunione.

Ho fatto fatica ad arrivare in fondo, a leggere, perché, insomma, è difficile leggere queste cose. Certo, lui entra diretto in Paradiso, ma allo stesso tempo leggere di quest’odio… Ma perché quest’odio? Perché questo risentimento? Perché tutta questa cattiveria verso persone che vogliono semplicemente amare il Signore, che vogliono vivere da cristiani? La mamma, infatti, lo dice: “Perché lo portate via? Ma che male ha fatto?”. Cosa faceva di male? Andava a trovare i malati, portava la Comunione… Ma è proprio un odio verso Gesù! E noi dobbiamo stare molto attenti, perché poi, alla fine, noi siamo quelli capaci di piangere come le pie donne, mentre Gesù vive la sua passione lungo la Via Crucis, e poi siamo capaci di andare a dare la mano a Ponzio Pilato; poi siamo capaci, il giorno dopo, di andare là col sinedrio, con gli scribi e i farisei, a far le preghiere.

Io questa cosa, sapete, me la sono sempre chiesta. Tutti quelli che da Gesù sono stati guariti, liberati, sanati, aiutati e quant’altro, che poi gli cantano Osanna al figlio di Davide, Osanna al Redentore, e tre-quattro giorni dopo gridano “crocifiggilo”, dopo che tutto è finito, che l’hanno scorticato vivo dalla testa ai piedi, che gli hanno sputato, messo la corona di spine, bastonato, pestato, inchiodato, trafitto, gliene hanno fatte di tutti i colori, l’hanno deposto e l’hanno messo nella tomba; ma questi qui, dopo, cos’è che hanno fatto? Non so se è chiara la mia domanda: tutta questa gente che prima fa in un modo, poi fa nell’altro, e cambia nel giro di quattro giorni – Osanna al figlio di Davide e poi crocifiggilo – dopo aver assistito a quei fatti tremendi, sono tornati nella sinagoga a pregare? Non lo so, lo chiedo a voi. Il lunedì, martedì, mercoledì della settimana successiva cosa hanno fatto? Non so, mi chiedo. Sono tornati alla sinagoga a fare le loro preghiere, a leggere la Torah, a fare tutti i loro riti religiosi; ma è normale? Ma questa cosa è normale?

E questa figura di Ponzio Pilato? Va bene, Giuda muore, ma questa figura di Ponzio Pilato? Non è per niente una bella figura! “Eh, no, ma Pilato lo voleva liberare”; sì, però quando dice: “Ecco il vostro re”; eh, cari, questa è una bella provocazione! Sapeva benissimo che la questione era proprio quella. Tra tutte le frasi che poteva dire, deve andare a dire: questo è il vostro re? No, scegline un’altra! E anche con lui: tutto come prima? E con i soldati che l’hanno fustigato fino a fargli venir fuori le ossa? Tranquilli?

Perché la mia sensazione è che, alla fine, tutto si risolve in “cacio e pepe”; alla fine tutto si va a risolvere con la pastasciutta, pane e pomodoro, e una bella partita di sport, o magari una bella processione. Sì, ma la res? È morto il figlio di Dio e nessuno di noi ha fatto niente, e l’abbiamo abbandonato lì, in quel modo… e va bene così; non lo so… Sono domande che io mi pongo e che mi rimangono un po’ dentro.

È come quando c’è stato il tempo del succo di more, che adesso non ne parla più nessuno; prima non si parlava altro che di quello, adesso completamente rimosso. Ma c’è gente che ha sofferto le pene dell’inferno in quel periodo! C’è gente che ha perso il lavoro; c’è gente che è rimasta mesi e mesi e mesi senza uno stipendio, con una famiglia a carico; c’è gente che si è vista totalmente esclusa “da”, per questa cosa. E adesso? Saluti e baci, tutto a tarallucci e vino? Finisce tutto con tarallucci e vino, sempre, finisce tutto così; adesso “passata la festa, gabbato lo santo”, quindi fine, adesso tutti amici come prima. No, ma scusate, solamente tot tempo fa condividevamo la stessa sede, ma non condividevamo evidentemente la stessa fede! Non lo so, mi viene da dire così. Perché, se tu non avevi bevuto il succo di more, non potevi… Se facevi parte “di”, da quel momento non potevi più far parte “di”, bollato come l’untore, e adesso va tutto bene.

Ma, guardate, dobbiamo stare attenti alle nostre scelte, alle nostre prese di posizione, e ai nostri fraseggi… Mi ricordo delle frasi, verso coloro che… Voglio dire: le more non piacciono a tutti! A me piacciono le ciliegie e, magari, le more non mi piacciono, quindi non sono obbligato a bermi il succo di more. Però io mi ricordo dei fraseggi pesanti verso coloro che non bevevano il succo di more! Io, nella mia vita, prima di quel tempo, non li ho mai sentiti rivolti verso nessuno. Insulti, frasi profondamente discriminatorie. Quindi, condividiamo cosa: la sede? Si, va bene, ma la fede? Non lo so.

E adesso ci siamo nuovamente rimischiati tutti: quelli a cui piacciono le more, quelli a cui piacciono le ciliegie, quelli a cui piacciono le albicocche. Sì, però, guardate che quel problema rimane, non si è risolto, semplicemente non c’è più la necessità di bere il succo di more, perché adesso non è più necessario. Ma lo status legato col succo di more permane ancora. Abbiamo visto le peggiori cose in quel periodo. Ma quel periodo non è trecento anni dietro di noi

Ecco perché, vi dico, stiamo attenti di non arrivare alla fine della nostra vita e dirci: ma non è che mi sono illuso? Credevo di essere un discepolo di Gesù, e invece non lo sono stato! Anche gli scribi e i farisei io penso che fossero convintissimi di essere dei perfetti credenti. Ma come fai a sentirti un perfetto credente se condanni a morte un innocente? Vedete fin dove si può arrivare? Lo sapevano che era innocente, per questo lo portano a Ponzio Pilato. E Ponzio Pilato lo riconosce innocente, e glielo dice chiaramente. E tutti questi tornano alla loro vita come prima! Dopo che Gesù è morto in quel modo!

I due ladroni accanto a lui non hanno avuto la sua stessa sorte ed erano due criminali, erano due ladri. Non sono stati fustigati in quel modo! Non sono stati coronati di spine! Gesù è stato coronato di spine perché si diceva re, per la sua regalità; quella corona di spine è un’infamia, è una presa in giro, è uno scherno della sua regalità. Quel manto di porpora che gli hanno messo addosso, è un insulto alla sua regalità! L’hanno vestito come un pazzo. “Va tutto bene, Madama la marchesa?”, bah… A me no, vi dico la verità, non mi va bene questa storia. Non mi va bene, perché io non ho sentito nessuno fare un mea culpa, e dire: abbiamo sbagliato, oppure: ho sbagliato ad avere un certo comportamento contro coloro che non hanno voluto… per “n” ragioni, che non sta a noi giudicare, mi sembra; no? Non è nostro compito.

E, invece, si è divisa l’umanità tra “coloro che” e “coloro che non”. E poi: “In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, Amen?” Noo… per favore, non prendiamoci in giro. Siamo onesti, almeno con noi stessi; un po’ di onestà con noi stessi ci fa bene, e credo che questi bambini ci possano aiutare tanto in questa onestà e in questa lettura storica, che non deve essere una rivisitazione, non va rivisitato nulla. La realtà va letta, non rivisitata, e va guardata per quello che è stata.

E quante persone, contro coscienza, peraltro (noi che tanto diciamo: chi sono io, chi siamo noi per giudicare la coscienza degli altri? E guai a forzare la coscienza degli altri; giustissimo! Per l’amor del cielo, assolutamente vero), quante persone sono state costrette contro coscienza? 

La coscienza, a quel tempo, non aveva nessun valore e, contro la tua coscienza, contro la tua volontà, io ti costringo “a” Adesso invece guai a dire una cosa che possa in qualche modo toccare la coscienza “di”, guai! Quindi, per un certo tempo, la coscienza è stata messa tra parentesi e chiunque ha potuto violentarla, adesso, invece, è tornata ad essere sacra. Ma guarda un po’ che strani “corsi e ricorsi” della storia, che strani movimenti ci sono, ma guarda un po’! Sono movimenti interessanti… Prima in un modo, poi nell’altro. 

Quando si tratta di obbedire ad una legge di Dio: “Ah, la coscienza…”; quando si tratta della legge di Dio: “Eh no, bisogna fare discernimento; dobbiamo valutare bene, caso per caso”. Quando si tratta della legge di Dio, dell’obbedienza alla legge di Dio, dell’obbedienza al Vangelo “bisogna andare cauti, c’è caso e caso, bisogna discernere, bisogna valutare, bisogna essere molto delicati, non bisogna in nessun modo…”. Bene, benissimo, giustissimo, per l’amor del cielo, il rispetto è il fondamento, giusto. Quando riguarda le cose degli uomini: Ipse dixit e, o lo fai o lo fai; se non lo fai, sei fuori. Scusate, ma non è sempre lo stesso uomo? Ma non è sempre la stessa coscienza? 

Perché quando si parla di Dio valgono tutti i “se”, tutti i “ma” e tutti gli “allora”, e quando si parla invece delle leggi degli uomini, i “se”, i “ma” e gli “allora” non valgono più? 

Come mai quando si parla della legge di Dio chiamiamo in gioco la diversità, la singolarità, l’unicità, l’irripetibilità, l’umanità, la personalità, e quando si tratta della legge degli uomini: tutti uguali? Non ha nessun valore se sei bambino, se sei giovane, se sei vecchio, se sei uomo, se sei donna, se stai bene, se stai male, se lo vuoi o non lo vuoi, non conta niente; tutti in fila. 

Ma non è che qualcosa stride? Non lo so, io metto queste domande, poi, voglio dire, magari voi dite: “Padre Giorgio, guardi, lei poverino, è da compatire”, e basta. Va bene, insomma, sto invecchiando, sapete, un po’ di Alzheimer, un po’ di senilità precoce; quindi, per l’amor del cielo, sono domande che io mi pongo a voce alta, vi metto lì e poi ripeto, se sono domande stupide e fuori luogo, e infondate, le prendete e le buttate; sono poste con molta semplicità e con molta libertà, non sono dogmi di fede, grazie al cielo, quindi uno le prende e le butta via, e fine della discussione. Però, leggendo questi bambini eucaristici, a me queste domande vengono e, quindi, io le metto lì, ognuno faccia quel che vuole e quel che preferisce.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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