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Beato Joan Roig Diggle pt.2 – I bambini eucaristici pt. 26

Bambini Eucaristici

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Beato Joan Roig Diggle pt.2 – I bambini eucaristici pt. 26
Giovedì 25 luglio 2024 – San Giacomo, Apostolo

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 20, 20-28)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 25 luglio 2024. Oggi festeggiamo san Giacomo apostolo, quindi auguri a tutti coloro che si chiamano Giacomo.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal ventesimo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 20-28.

Andiamo avanti con la nostra lettura e meditazione dei bambini eucaristici.

Nominato vicepresidente del Consiglio della Federazione del Maresme intessé una profonda amicizia con il consigliere padre Pedro Llumà, che diventerà anche suo direttore spirituale. Ebbe anche una profonda affinità apostolica con il beato Pere Tarrès, suo medico personale.

In questi anni Joan studiò la dottrina sociale della Chiesa, profondamente convinto che tramite essa si potevano combattere le disuguaglianze sociali e promuovere la dignità della persona, e proprio di questo scriveva sul Bollettino “Mar Blava”. I suoi articoli, ben argomentati e ricchi di spunti di riflessioni, gli valsero anche uno spazio nel giornale di Barcelona “El Matì”.

Nel 1936, al dilagare della persecuzione contro la Chiesa in Spagna, Joan comprese di essere pronto a testimoniare con il sangue la fede in Cristo, come raccontano i testimoni, fu molto turbato dalla distruzione delle chiese e dei luoghi sacri, che venivano spesso incendiati, e, quando le orde persecutrici si avvicinarono a El Masnou, corse in parrocchia a confessarsi per poi chiedere al parroco di concedergli di dormire nella sacrestia per difendere la chiesa. Fu difficile dissuaderlo da questo suo proposito, che alla fine abbandonò solo per obbedienza, tornando a casa.

Il 20 luglio i suoi lo videro tornare a casa insieme al presidente della Federazione e ad altri compagni, era molto triste: i persecutori avevano dato fuoco alla sede della Federazione. Per due giorni rimase in silenzio senza profferire parola, finché disse: “Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo” e così si rialzò e uscì fuori. Come racconta la madre: “Andava ad alleviare le sofferenze degli altri, animando i pavidi, visitando i feriti, cercando ogni giorno negli ospedali fra i morti, per sapere quali dei suoi compagni erano stati uccisi… Ogni notte, ai piedi del letto, con il Crocifisso stretto fra le mani, implorava per alcuni clemenza, per altri perdono, e per tutti misericordia e fortezza”.

In quei giorni così difficili fu istituita la Riserva Eucaristica Ambulante e Joan era uno dei “tabernacoli viventi” che avevano il privilegio di portare il Signore con sé. L’11 settembre 1936 si recò dalla famiglia Roses per portare loro il Santissimo, “Non ho paura – disse – perché porto con me l’Amore”, andò poi a lavoro e quindi in casa.

Ci fermiamo. Iniziano le persecuzioni contro la Chiesa in Spagna, siamo nel 1936, e quindi lui “capisce di essere pronto a testimoniare con il sangue la fede in Gesù”. 

Cosa fa? Va a confessarsi, e poi vuole dormire in sacrestia per difendere la chiesa. Questo, capite, è comprensibile, in quanto la chiesa è il luogo di culto a Dio dove una comunità si ritrova. È vero che sono pietre, ma non sono solamente pietre; pensate alle vostre chiese, dove siete cresciuti, alla vostra parrocchia, al vostro santuario, luoghi a voi cari. Ci sono luoghi di culto a noi molto cari, dove ci sono dentro pezzi della nostra vita. Se io penso alla mia parrocchia di origine, tutte le volte che entro in quella chiesa – anche se sono anni che ormai sono lontano dal mio paese di origine, per la mia scelta vocazionale – però ogni volta che io entro lì, ogni centimetro quadrato di quella chiesa mi parla non solo di Gesù, ma di me; perché mi rivedo lì bambino, mi rivedo lì preadolescente, mi rivedo lì adolescente, mi rivedo lì giovane, mi rivedo lì studente delle elementari, studente delle medie, studente delle superiori. Rivedo quando andavo a pregare per supplicare la Vergine Maria di aiutarmi a fare i compiti in classe di matematica e di tutte le materie che avevo. Quella chiesa, se io anche non avessi niente da dire al Signore, mi parla di me, della mia storia, della mia vita, del mio rapporto col Signore; lei stessa mi parla. Se qualcuno dovesse distruggerla, incendiarla, un pezzo di me se ne andrebbe; è come se venisse meno una memoria storica. Lì dentro ho ricevuto il mio diaconato, lì ho fatto la mia prima comunione, lì ho fatto il mio battesimo, lì ho fatto la mia cresima, la mia prima confessione.

Capite, per ciascuno di noi c’è sicuramente una parrocchia, una chiesa, un santuario, un luogo di culto particolarmente caro; e magari non è solo uno, perché poi la vita è dinamica, evolve, quindi adesso, per me, non è solamente quella parrocchia, c’è un’altra chiesa dove ho fatto i miei anni di studio di teologia; poi c’è l’altra chiesa dove ho fatto i miei primi dodici anni di convento; poi c’è l’altra chiesa dove ho fatto altri sei anni di convento, che è quella di Monza, dove abbiamo fatto il ritiro.

Lungo la nostra vita c’è un luogo di culto che ci ha accompagnato e questi vengono per distruggere. E lui dice: “No, io sto qui e la difendo col sangue”. Si potrebbe replicare: “Ma no, scusami, son pietre, non puoi buttare via la tua vita per dei mattoni! Va bene, verrà giù questa e ne faremo un’altra”. Io invece lo capisco benissimo, lo capisco benissimo…

Quindi lui si confessa e chiede di poter star lì a dormire per difenderla; lui da solo, peraltro! Che, se poi voi vedeste la foto di questo beato, diciamo che poteva fare ben poco per difendere la chiesa; sì, un bel ragazzo, ma talmente magro che, non so, pesava forse 60 chili, quindi, voglio dire, non è che fosse un Ercole. Ma 60 chili esagerando, che i vestiti gli stanno addosso per miracolo, tanto è magro. Però lui dice: io voglio difenderla; ma, per obbedienza al parroco, prende e torna a casa. Però la sua decisione c’era.

Succede che danno fuoco alla sede della Federazione. Uno dice: vabbè, è una sede. Però una sede è un luogo di appartenenza, è un luogo di identità, capite? Non è una chiesa, è una sede, ma quella sede è un luogo dove un gruppo di persone, una Federazione, si ritrova per amore del Signore, in questo caso; dare fuoco a questa sede, è dare fuoco a una sede che è un simbolo.

Ecco che lui, per due giorni, perde la parola; perché? Vi dico, secondo me – sapete che, quando non ho prove, io vi dico sempre secondo me – quindi non ho fonti, ho una mia idea, quindi vale zero, però ve lo dico: secondo me perché, non dico la disperazione, ma l’amarezza, la sofferenza, lo ha talmente preso, che gli ha tolto la parola dalla gola, non dico dalla bocca, ma dalla gola. 

C’è una sofferenza che può capire solo chi l’ha vissuta, c’è una sofferenza talmente profonda, talmente grave, che ti soffoca le parole in gola; è come se tu non avessi più le corde vocali. È una sofferenza molto precisa, che non è quella del “vado dal dentista perché mi fan male i denti”; non è il dolore o la sofferenza perché abbiamo picchiato un dito. Mi verrebbe da dirvi che è quella sofferenza che ha provato Gesù nel Getsemani, è un frammento di quel tipo di sofferenza lì. “Pavere, tedere et mestus esse” dice la Scrittura di ciò che visse Gesù nel Getsemani: quella mestizia che ti prende dentro e ti stritola proprio, non riesci più a parlare. È terribile; credo che sia uno dei momenti di sofferenza più terribili. E quindi, per due giorni rimane zitto, non riesce più a parlare; guardate che due giorni son tanti! Poi rientra in sé, poi si guarda attorno, guarda avanti e dice:

Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo

Arriva quel momento, eh! Lui ci ha impiegato due giorni, un altro ci può impiegare due anni, un altro venti-dieci-due mesi, chi lo sa? “Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo”: arriva quel momento dove uno si ferma dentro a quest’amarezza e dice: “No, adesso basta! Va bene soffrire, va bene perdere la parola, va bene avere un’amarezza che ti uccide, va bene tutto, però, non posso rimanere chiuso qui dentro, non posso rimanere in ginocchio, mi devo rialzare: ora devo lottare per Gesù”. 

Vedremo cosa vorrà dire questo; per il momento, per lui vuol dire alleviare le sofferenze degli altri, animare i pavidi, visitare i feriti, cercare fra i morti negli ospedali quelli che lui conosceva, e pregare; pregare con il crocifisso tra le mani, pregare per tutti.

E poi abbiamo una scoperta incredibile; guarda un po’! Dopo gli esercizi spirituali fatti in questo mese a Monza, ecco che ritorna il termine Tabernacolo vivente. Vi ricordate che io vi ho fatto la catechesi su “Maria, quale primo Tabernacolo vivente”; eccolo qui! “Fu istituita, in quei giorni, la Riserva Eucaristica Ambulante e Joan era uno dei tabernacoli viventi che portavano con sé Gesù Eucarestia”. Era una riserva eucaristica ambulante. Era una situazione talmente grave che, non essendoci più le sedi – perché le bruciavano tutte – non essendoci più le chiese, allora qualcuno era stato incaricato di essere una riserva eucaristica ambulante, di portare Gesù con sé: un tabernacolo vivente.

Non ho paura – disse – perché porto con me l’Amore

Lui portava agli ammalati, ai bisognosi, Gesù, poi andava a lavorare e poi andava a casa.

Diciamolo che abbiamo vissuto certamente un tempo di grazia per questi esercizi spirituali – vi avevo detto che avrei lasciato passare qualche giorno prima di parlarne. Io devo dire innanzitutto – va detto, ho visto che molti di voi l’hanno detto – un grazie solenne a tutti quei ragazzi, a quelle ragazze, a quelle signore che si sono occupate dell’organizzazione e della gestione delle persone e dell’organizzazione dell’evento. Quelle persone che hanno fatto la segreteria, quelle persone che vi hanno accolti, quelle persone che vi hanno aiutati, indirizzati, ascoltati, registrati, che hanno organizzato tutto per fare le vestizioni dello scapolare, per mettere i tavoli per i libri; hanno fatto tutta la parte più pesante perché gli altri potessero fare la loro parte, hanno preparato la strada, perché sennò il treno non poteva passare. Poi, alla fine, hanno anche cantato alla riposizione del Santissimo la domenica mattina. Poi da mamma Rita hanno cantato alla Messa, sono state bravissime, sia chi suonava la chitarra, che è stata suonata in un modo veramente molto decoroso, molto bello, e sia chi ha cantato. I ragazzi che portavano il piattino per la comunione…, insomma, sono stati tutti veramente bravissimi, sono stati tutti molto, molto, molto, molto discreti; anche chi ha fatto le foto, i video, veramente tutti, tutti molto molto bravi. E quindi un grazie a loro per primi, poi a tutti gli altri: poi a noi padri, poi a tutti quelli che hanno collaborato, a voi che siete venuti, che avete partecipato, che avete trascorso sicuramente dei giorni molto belli, che vi siete comportati molto molto bene, in modo molto discreto, molto silenzioso. Anche le Messe, nonostante ci fossero tantissime persone, erano assolutamente tutte molto, molto raccolte, veramente un’esperienza particolarmente bella.

E in questa esperienza – come vi ho detto – vi ho fatto tutta la mia meditazione su Maria Santissima, primo tabernacolo vivente. E ritroviamo qui proprio questa figura, di questo beato che porta con sé l’Eucarestia, in questo momento di estrema necessità: diventa questa riserva eucaristica ambulante. Ed è coraggioso nel fare questo!

Ecco, io mi auguro che voi, tornando a casa, abbiate proprio portato con voi l’impegno di realizzare questa intimità profonda con il Signore sempre di più. Perché, per l’amor del cielo, tutto bello: bello lo stare insieme, bello il conoscersi, bello il parlarsi, belle le confessioni fatte con calma, bello il confronto, bella la fraternità, bello stare insieme davanti a Gesù, bellissimo entrare in chiesa di notte, con tutte le candele fuori dalla chiesa che poi, in fondo, si vedeva Gesù illuminato: sembrava quasi un paradiso. A vederlo da fuori – e poi anche da dentro – sembrava proprio una situazione bellissima. Ecco, ci sono stati periodi nella storia, dove tutto questo è in un certo senso quasi sparito; perché a noi è dato? Chiedetevelo: oggi, perché a noi è dato? Chi lo sa, magari un giorno anche a noi sarà tolto, e allora “Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo”.

E l’altra cosa che mi viene da dire (per gli incontri che io personalmente ho avuto, per le persone che ho incontrato): cerchiamo il più possibile di essere dentro la realtà – come vi ho detto quando ho risposto a quell’intervento finale, di domenica, di una signora. Per favore, aprite gli occhi e guardatevi intorno, non viviamo come talpe dove l’unica preoccupazione è: dire le preghiere, andare alla Messa e fare la meditazione. Queste cose sono importantissime, vere e belle? Sì; ma devono servire non a nasconderci come le talpe sottoterra, devono servire ad aprire gli occhi, “Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo”, dice il beato Joan. Quindi il discepolo di Gesù non vive rintanato; non posso dire: “Queste cose non le voglio vedere, queste cose non le voglio sentire, perché sennò poi mi agito”, eh beh, se sta scoppiando il mondo, magari agitiamoci, no? Nel senso: rendiamocene conto! 

Se sono sul Titanic, non è che dico: “No, no, no, no, io non esco sul ponte a vedere che la nave affonda, no, no, no. Io vado avanti a mangiare, ballare, danzare, cantare e suonare”; sì, ma il Titanic affonda lo stesso! Non è che siccome io sono lì che mangio, che ballo, che danzo, che canto, il Titanic non affonda più; no, il Titanic affonda. E quelli lì sono morti tutti; di sicuro sono tutti morti quelli che sono rimasti dentro a cantare, ballare, danzare e mangiare. Quelli che si sono salvati, sono quelli che sono scappati fuori, sono usciti e sono saltati giù dalla barca, gli altri sono morti tutti. 

Quindi, non viviamo con questa mentalità veramente stolta, di colui che fa come fa lo struzzo, che nasconde la testa sotto la sabbia, perché non vogliamo vedere il pericolo che arriva. Sì, ma poi fuori rimane un corpo enorme, arriva il leone e ti mangia.

Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo”, quindi apriamo gli occhi e impariamo a difendere Gesù; Come? Andando in giro per le strade facendo gli urlatori? No. Come si difende Gesù? Conoscendo la propria fede; che purtroppo non si conosce, perché guardate, tra di noi c’è un’ignoranza veramente enorme delle cose di Dio, della nostra dottrina. 

Voi direte: “Ma padre, io non sono un teologo”, è vero, ma i fondamenti, le cose fondamentali, le cose più importanti, quelle vanno sapute, non ce n’è! E, su certe cose, dobbiamo diventare un pochino teologi, diciamo così, dobbiamo proprio studiarle, dobbiamo proprio capirle, perché sono talmente importanti che non ci si può affidare a Tizio, Caio e Sempronio! 

Quando qualcuno mi chiede: “Padre, lei cosa ne pensa di…?”, io rispondo: “Tu hai studiato la questione?” La questione la devi studiare. Io posso indicarti la strada, posso dirti: guarda, la strada per studiare la questione, per arrivare in fondo alla questione che tu mi poni è questa, questi sono i punti di riferimento da studiare. Ma li devi studiare tu, li devi capire tu, li devi fare tuoi, li devi approfondire tu, devono diventare tuoi, devi lavorarci tu. Perché solo così la conclusione alla quale tu arriverai è la tua conclusione e ne sarai veramente convinto”. 

Altrimenti senti Caio e senti Sempronio, e senti quello, quello, quell’altro; dopo che ne hai sentiti dieci e tutti i dieci ti hanno detto dieci cose diverse, tu sei più confuso di prima e stai ancora peggio, perché non sai neanche più da che parte girarti, non capisci più niente! Perché uno te la dice bianca, quell’altra te la dice nera, quell’altra te la dice rossa, quell’altra te la dice grigia; e uno dice: “Vabbè, ma qui, allora?”, appunto. 

Ma siccome la verità è una, non ce ne sono mille, come si fa? – “Io mi fido di lei” – no, no, qui non si va per fiducia; nelle cose fondamentali della vita non si va per fiducia. Nelle cose fondamentali della vita si va per studio, per approfondimento, quella è la strada da seguire! Bisogna studiare, bisogna approfondire, non c’è un’altra via, sapete? Non c’è un’altra via.

Però io noto che c’è tanta pigrizia: “Mi dica lei come fa”. No, non ci siamo, e siamo punto a capo. Vedete che noi vogliamo avere la ricetta pronta, la soluzione pronta subito, tutto qui davanti? C’è questo vizio, proprio un vizio del pensiero, di non voler far fatica, e di non volerci assumere nostre responsabilità, che è una cosa gravissima. Se tu vuoi veramente arrivare ad una conclusione su una questione, la devi leggere e la devi studiare tu. Tutt’al più puoi chiedere: “Mi scusi, mi può indicare quali sono le fonti autorevoli per poter arrivare a una conclusione?”; questo volentieri, questo è il mio compito, va bene, in questo caso; come nel caso di altre cose, il compito sarà di qualcun altro. Se è una questione religiosa, allora questo è il mio compito, ti posso dire: guarda, questa fonte è autorevole, questa fonte non è autorevole. E poi tocca a te, poi il percorso lo devi fare tu. Poi, se ti viene un dubbio, ma un dubbio che nasce dallo studio, allora io posso rispondere al dubbio, ma non alla questione; è diverso.

Bisogna che impariate il metodo, e bisogna che ci si applichi con questo metodo sulla questione; allora si può arrivare a una soluzione che metta in pace. 

Vedete, sono sempre domande sbagliate quelle che vanno a cadere sul: “Allora che cosa faccio? Allora come mi comporto?”; no! Non funziona così; questo è veramente il modo sbagliato di affrontare le questioni. Perché questo modo è il modo del codice a barre, è il modo del dado. Noi pensiamo che la vita sia come una dispensa, tutto viene etichettato e inscatolato dentro negli spazi; no, non è così. La vita non è un pacchetto di dadi immobili, la vita è dinamica. 

Dobbiamo imparare a ragionare, a studiare e approfondire, così sapremo rispondere. Qualcuno qualche giorno fa mi ha scritto dicendomi: “Ah padre, che luce che mi ha dato, perché io non sapevo che c’era la Redemptionis sacramentum che diceva, in quei punti, che era un diritto del fedele poter ricevere la Comunione in ginocchio e in bocca. E io, quando il sacerdote mi ha detto che non potevo riceverla, che era sbagliato, non sapevo cosa rispondere, sono rimasto muto e adesso invece ho scoperto questa cosa”. 

Ma scusate, dov’è che vivete? Dove siete vissuti fino adesso? Quel documento è del 2004; sono passati vent’anni! Ma cosa abbiamo letto in vent’anni fino adesso? Non è riservato solo per i dottori in teologia. Dal 2004 al 2024, cosa abbiamo fatto? Dove siamo stati? Cosa abbiamo letto? 

Però, però, di tutti gli ultimi messaggi, di tutti i mistici, le mistiche, di tutte le profezie apocalittiche, ah… di quello sappiamo tutto. E di tutte le novene, di tutte le preghiere collegate alle trecento milioni di promesse che sono collegate, ah, su quello siamo scrupolosissimi, guai a saltare un giorno. Certo, perché al centro ci siamo noi, il nostro interesse è quello che fa comodo a noi: salvarmi l’anima, sentirmi a posto, mettermi davanti al Signore, dire: “Ah, Signore, ho fatto tutto quello che devo fare, adesso tu mi devi dare quello che…”. 

Ma io vi domando: questa è una vita cristiana? Chiedetevelo. La mia vita cristiana è questa, per cui io non so niente che riguardi la difesa del Corpo e del Sangue di Gesù? Ma a cosa mi servono tutte quelle novene e tutte quelle preghiere, se non so dire una parola sapiente inerente al Corpo di Cristo!?

“Padre, grazie che nella meditazione di Monza ci ha parlato della Redemptionis sacramentum”, ma sono vent’anni che parlo di questa cosa! Ho fatto più di settanta meditazioni sull’Eucarestia (le trovate su YouTube), e questi, improvvisamente, freschi come le rose, arrivano nel 2024 a dire: “Oh padre, che bello, adesso io finalmente scopro…” E fino adesso cosa abbiamo fatto? Fino adesso dove sei stato? Fino ad adesso che hai letto? Non lo so.

Sto per dire una cosa che avevo già detta anche in passato, poche settimane fa. Quando sento dire: “Ah, papa Francesco! Ah, papa Francesco, che bravo; ah, papa Francesco, che santo; ah, papa Francesco, che persona meravigliosa; ah, papa Francesco, come mi piace”. Benissimo! La stessa cosa la facevo con papa Benedetto, non con papa Giovanni Paolo II, perché ero troppo piccolo, troppo giovane, ma con questi due ultimi due sì. Io rispondo così: “Hai letto i documenti? Hai letto gli ultimi documenti di papa Francesco? Li hai letti?” – “Sì” – “Li hai studiati, li conosci?”, “Eh, no, beh…” – “E di cosa parlano? Ti posso fare dei nomi, dei titoli? Io ti dico il titolo, tu mi dici di che cosa parlano e quindi che cosa ne pensi”. Ho provato, ho detto il titolo, e ho chiesto: “Dimmi cosa dicono e tu cosa ne pensi?” – “Ah no, no, non l’ho mai letto” – “Guarda che non sono mica cinquecento pagine, sono tre o quattro fogli, una ventina di pagine. Non ci vogliono due giorni, bastano due ore”. 

E perché non li hai letti? Ma non è il papa? Cioè: tu, cristiano-cattolico, che dici: “Meraviglioso, il papa”, non hai letto niente di quello che il papa ha scritto! Ma questa è una presa in giro! Come fai a esprimere un giudizio su qualcosa che non conosci? Sai come fai? Perché tu guardi la televisione, perché tu leggi il pensiero degli altri. Il primo millantatore che salta in piedi e dice le sue idee, tu, siccome non vuoi far fatica, prendi quello e lo fai tuo. Ascolti la televisione, prendi quello che dice la televisione e lo fai tuo. Ma non hai letto niente della questione, di questa questione, di quella questione, di quell’altra questione. 

“Ah, io penso che papa Benedetto è così così e così…” – Hai letto i documenti? – “No” – E allora, di cosa stai parlando? Hai letto che cosa ha scritto? – “No” – e allora? 

Cosa c’è scritto nel documento Ecclesia De Eucharistia? – “Nel de che cosa?” – Ecco, bene, abbiamo già finito di parlare. 

Che cosa c’è scritto nella Redemptionis sacramentum? Che è l’ultimo documento della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti tutto incentrato sull’Eucaristia, cosa c’è scritto? – “Eh, non lo so, io non l’ho mai letto” – E allora?

No, guardate, ha ragione questo beato:

Ora più che mai dobbiamo lottare per Cristo

Ma piantiamola di fare i fanfaroni! Scusatemi se sono duro, ma bisogna essere duri, su queste cose. È ora di finirla di fare i pagliacci, di parlare di ciò che non si conosce, di parlare di ciò che non si è letto, di fare commenti e giudizi su ciò che non si è studiato: finiamola e piantiamola. Se non hai letto, se non hai studiato, stai zitto. E non puoi avere un tuo pensiero, perché è fondato sul nulla! 

Se ti chiedono: “Cosa ne pensi?”, devi stare zitto, devi confessare la tua ignoranza. Devi dire: “Io non ho studiato niente di queste cose, non so niente, non ho letto niente”. E la domanda è: perché non l’hai fatto? La risposta è: perché non ti interessa. A noi non interessa, questa è la verità, a noi interessa la nostra piccola e – diciamolo – meschina vita, fatta delle nostre piccole cose, quelle che interessano a noi.

E allora, vedete il beato Joan: lui difende quella chiesa per difendere la fede. Quella sede era veramente il luogo della fede! Noi invece siamo attaccati alle nostre chiese, alle nostre sedi, non perché è il luogo della fede, ma è il luogo della mia affermazione, è il luogo dove io sono in pace, perché ho tutte le mie cosine a posto. 

Per grazia che san Massimiliano Kolbe non ragionava così! Perché sennò, nei campi di sterminio, cos’avrebbe fatto? E poi tutti gli altri…

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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