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Il tema del cuore pt.2 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.49

Mistica della riparazione

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il tema del cuore pt.2 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.49
Martedì 24 settembre 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 8, 19-21)

In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fecero sapere: “Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti”.
Ma egli rispose loro: “Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 24 settembre 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dall’ottavo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 19-21.

Andiamo avanti con la nostra lettura del testo di don Divo.

L’adempimento della Legge esige prima di tutto un amore che impegni tutto il cuore dell’uomo. L’alleanza avrà il suo fondamento in una legge che sarà scritta nel cuore dell’uomo. 

Quindi osservare i Dieci Comandamenti, osservare ciò che Gesù dice nel Vangelo, richiede innanzitutto tutto amore. Farò o non farò determinate cose, non perché non devo, ma perché non posso, e quindi non voglio; oppure perché posso e quindi voglio. In che senso posso? Posso è legato al tema dell’amore. Faccio un esempio: io non posso offendere i miei genitori, e quindi non li voglio offendere, perché li amo; non perché ho paura “di”, ma perché li amo; non perché devo essere rispettoso, ma perché li amo. È l’amore che deve essere alla base dell’adempimento della legge. Un amore pervasivo, totalizzante, un amore che impegna tutto il cuore dell’uomo. Quindi questa legge dev’essere scritta nel mio cuore, solo così ci può essere una vera alleanza. 

Quando un genitore non avrà nulla da temere da parte di suo figlio? Quando un genitore può riposare sonni sereni? Quando un genitore sarà in pace, sarà tranquillo? Quando avrà instaurato con suo figlio un’alleanza — quindi un rapporto fatto di fiducia, fatto di rispetto, eccetera — che si fonderà sull’amore del figlio. Potrà essere sicuro che il figlio determinate cose non le farà e ne farà altre, nella misura in cui questa legge che lui gli ha insegnato è scritta nel suo cuore. Per cui il figlio non può mancare verso questa legge scritta nel suo cuore, perché non vuole, perché ama troppo i suoi genitori, e sa che quella cosa lì non la può fare, perché non vuole; in quanto sarebbe una mancanza troppo grave, troppo mutilante la sua stessa identità, perché va a toccare il suo stesso cuore. Basta, quando è così, non c’è niente da temere; che torni alle tre di notte, che torni alle cinque del mattino, che non torni proprio, perché torna dopo tre giorni, non cambia niente. Il genitore, l’educatore, sa che non c’è niente da temere. Perché lui potrà fare tante cose, tranne quelle cose che quell’alleanza gli ha insegnato a non fare mai; perché quell’alleanza è scritta nel suo cuore.

Quindi il compito dell’educatore è proprio quello di mostrare la bellezza di uno stile di vita e pensiero tale per cui questa bellezza si fa strada nel cuore e nella mente del ragazzo, del giovane, e quindi diventa sua e quindi non gli mancherà mai, non potrà mai disattendere a questa bellezza, non può, perché è la sua stessa identità.

Ecco, questo mi sembra veramente molto importante, altrimenti avremo il doverismo, avremo il puritanesimo, avremo i farisei, avremo l’ipocrisia, avremo le furberie, quindi ti dicono: sì, sì, sì, e poi fanno quello che vogliono, e poi aspettano che tu vada via per fare tutto quello che vogliono, eccetera, eccetera, eccetera. Un po’ uno stile da caserma. Ma non funziona! Questo sistema non funziona, è fallimentare. La logica non è: appena posso faccio esattamente il contrario. La logica non è: in casa non fumo, ma appena esco mi metto a fumare cinque sigarette insieme; non è questa la logica. “Tu non devi fumare”, eh, ho capito, ma perché? “Perché fa male”. Guardate, l’hanno già provata, questa storia, non funziona. Su tutti i pacchetti delle sigarette c’è scritto che il fumo uccide, vi sembra che sia diminuito l’uso del tabacco? Ma assolutamente no. Con la paura, non si educa nessuno; con il “tu devi”, non si educa nessuno, si schiacciano le colonne vertebrali delle persone e, appena possono poi, si scrollano da dosso quel “tu devi”. Non funziona, non è quella la strada. La strada è andare al cuore dell’uomo.

Ora la domanda si fa seria: il nostro modo di vivere, va al cuore dell’uomo? Non dico tanto il modo di parlare, ma il modo di vivere; perché capite che, se la nostra vita sconfessa le nostre parole, a cosa serve dirle? Non serve a niente. Se io sacerdote dico che bisogna andare in chiesa, che la chiesa è la casa di Dio, che è fondamentale andare in chiesa, che è importante andare in chiesa, che è importante pregare, che la preghiera fatta insieme e che la liturgia celebrata insieme è la forma massima dell’espressione della Chiesa orante — sto parlando della liturgia delle ore: le Lodi, l’Ufficio — che è importante stare in chiesa per incontrare il Signore, che prima di andare al lavoro è bene andare in chiesa, passare in chiesa a fare un saluto, che è fondamentale la Santa Messa quotidiana (perché credo che ci siano ancora sacerdoti che dicono queste cose); bene, e poi? E poi le chiese sono chiuse. E io come faccio ad andare? Non è ci vuole molta fantasia, no? Se durante la settimana le persone lavorano, come fanno ad andare in chiesa? Come fanno ad andare a Messa? Se la prima messa è alle nove, se la prima Messa è alle otto e mezza, chi può andare alla Messa? Poche persone, perché non tutti hanno il lavoro fuori dalla porta di casa! Ci sono persone che devono fare chilometri e chilometri per andare a lavorare. E uno deve organizzarsi, non abbiamo tutti in casa la tata che ci prepara tutto, che ci fa trovare tutto pronto, che pulisce la casa, che sistema i figli!

“Ah, vabbè, comunque allora se non va la mattina andrà alla sera”; alla sera quando? Uno esce dal lavoro di corsa — e tutti escono dal lavoro più o meno alla stessa ora; provate voi a Milano a cominciare a muovervi in macchina verso le cinque del pomeriggio: potete abbandonare la macchina lì e dopo due ore la trovate ancora lì, ferma, non si è mossa di un millimetro — quindi, tutti escono dal lavoro più o meno alla stessa ora. Poi, immaginatevi, quando ci sono le scuole, bisogna andare a prendere i figli alla scuola, quindi esci dal lavoro, nel caso devi andare a prendere i bambini a scuola, poi i bambini non li porti a casa, no, perché poi hanno judo, danza, chitarra, calcio, pallacanestro, la scuola di equitazione e poi hanno nuoto; e tu devi andare a portarli e devi stare lì, non vai avanti e indietro.

E poi questa famiglia dovrà pur mangiare! Quindi mentre uno fa una cosa, l’altro si spera che possa fare quell’altra. Poi magari non hai solo un figlio, né hai più di uno, magari di età diverse, perché non son tutti gemelli. Quindi: uno esce alle quattro, l’altro esce alle quattro e mezza, quell’altro esce alle cinque. Poi non vanno tutti alla stessa scuola e quindi devi andare a fare la spola di qui e di là. Poi li devi andare a portare a casa e poi devi andare a fare la spesa e, nel frattempo, ci vuole qualcuno a casa che comincia a preparare la cena, perché sennò a che ora mangiate, alle dieci di sera? E poi ci deve essere qualcuno a casa che deve aver fatto la lavatrice, steso i panni, raccolto i panni — perché i panni vanno anche raccolti, non ci sono gli uccellini e i topolini di Cenerentola, che fanno queste cose — i panni poi dopo vanno stirati, perché sennò si farà il Monte Bianco in casa, poi vanno messi via, perché anche qui non ci sono i topolini che mettono via le cose.

Capite che uno arriva alle undici di sera e dice: “Ma io a che ora sono uscito dal lavoro? Non me ne sono neanche accorto! Sono passate cinque ore e praticamente il tempo non è esistito”; perché poi bisogna preparare la cena, servire la cena, raccogliere i piatti, lavare i piatti. Siete andati a fare la spesa? La spesa qualcuno deve mettere in frigorifero, nell’armadio, in cantina, in dispensa; cioè, voglio dire, sono tutte cose che una famiglia normale, senza la tata, una famiglia che non è borghese, deve fare.

E noi sacerdoti come andiamo incontro a queste necessità? Come capiamo le esigenze familiari e uniformiamo il nostro servizio pastorale su queste esigenze? Non sulle nostre regole che, voglio dire, le nostre regole sono le nostre regole; ma siccome siamo sacerdoti e non siamo eremiti che vivono sul cucuzzolo della montagna, in mezzo al lupo e al cervo, è chiaro che, se io penso alla Messa alle undici del mattino, non viene nessuno! E poi dò addosso ai fedeli che non vengono in chiesa! Ho capito, ma se lavorano, come fanno a venire in chiesa? “Eh no, perché noi prima abbiamo le nostre cose da fare”; e ho capito, allora vai a fare un’altra professione. Mi sembra che sia chiaro, questo ragionamento. Se è sbagliato, mi dite: “Padre Giorgio è andato fuori di testa, sta dicendo una marea di sciocchezze”; benissimo, mi scrivete perché e io mi correggo.

Ma a me, ragionando, sembra che sia compito nostro doverci uniformare “a”. Anche perché, cos’è che dobbiamo darvi? La Santa Messa, celebrare la Santa Messa quotidianamente. Quindi se io metto la Messa alle otto del mattino, per tantissimi è impossibile partecipare perché, alle otto del mattino, i figli devono essere in classe, e qualcuno deve averli portati a scuola, è semplice. E quindi, alle otto uno non può essere quasi praticamente arrivato a scuola, già ripartito — con il traffico pazzesco che c’è — e in più essere in chiesa; e uno quand’è che va a lavorare? Non si può. È così! Già la Messa delle sette e mezza del mattino per moltissimi è proibitiva, perché non ci riescono, è troppo tardi! La Messa delle diciotto della sera, idem come sopra, non ci può andare nessuno, se non i pensionati e la quarta età, e quelli che magari hanno orari scolastici che possono consentire questa cosa, ma sennò è impossibile, alle diciotto è impossibile. Dopo non dobbiamo lamentarci che le chiese sono vuote. Non so se mi spiego a sufficienza.

Un tempo — un tempo senza dinosauri — quando ero ragazzo io, ma non solo, quando io sono entrato in convento da postulante, quindi stiamo parlando del 1995, mica tanto tempo fa, io mi ricordo che rimasi molto colpito, molto sorpreso, felicemente sorpreso, dal vedere che da questi padri anziani, in convento, la prima messa feriale era alle sei e mezza del mattino. La Chiesa strapiena, i confessionali si aprivano insieme alla Messa. Il padre scendeva per celebrare la messa e aveva già circa 80 anni. E mi colpiva perché eravamo in coro a pregare, l’Ufficio iniziava alle sei e trenta, e il padre che celebrava la Messa già non c’era. In quel momento, suonava la campana, che chiamava il padre a confessare. E il padre chiudeva il breviario, genuflessione, e scendeva. Guardate che non sono cose che mi invento, è successo così. E quello stava giù fino alle nove, nove e mezza, ininterrottamente a confessare, perché c’era tanta gente. Voi mettete una Messa alle sei, alle sei e trenta del mattino: la chiesa si riempie. Fate girare la voce, date tempo un mese, un mese e mezzo, e la chiesa si riempie di tutte quelle persone che vorrebbero andare alla Messa, ma non possono andarci, perché la loro vita glielo impedisce, il loro lavoro glielo impedisce e perché non ci sono Messe a quell’ora, non ci sono più, sono sparite. E quindi le persone non possono andare.

A me capita alle volte di attraversare Milano, in zone centrali — son cose vere, non sto dicendo bugie o stranezze — che sono le sette e mezza del mattino, e vedere alcune chiese chiuse. Sette e mezza del mattino: chiese chiuse. Io ci passo e dico: e qui la gente quand’è che va in chiesa? La gente va ancora in chiesa?

Certo che piace a tutti stare a letto a dormire, o a quasi tutti, però questo non vuol dire che stiamo facendo la cosa giusta. Le chiese sono fatte per essere aperte. Io ve l’ho già detto tante volte — sto facendo una fantasticheria — però se io avessi la responsabilità di una chiesa, io staccherei le porte della chiesa, veramente, credetemi! Tutte le porte le staccherei e, al posto delle porte, metterei dei tendaggi e direi: la Chiesa è questa, sempre aperta, notte e giorno. E poi istituirei l’adorazione eucaristica perpetua, punto. Si dice che ci vogliono duecentocinquanta fedeli per fare i turni, ma io vi dico: no, guardate, ci vuole la buona volontà, ci vuole l’amore. Quando c’è questo, c’è tutto, i problemi sono tutti superabili, non esistono i problemi. E cosa vedremmo? In capo a sei mesi, vedremmo quella chiesa esplodere di fedeli. Io, su questo, sono pronto a scommettere tutto e sono sicuro che succederebbe così: sei mesi, sei mesi di tempo.

E la prima Messa la farei alle sei, o sei e mezza del mattino al massimo, non oltre. E, per la Messa della sera, farei un sondaggio tra le persone che vengono e direi: qual è l’orario per voi che lavorate, che avete famiglia, che avete figli? Perché è inutile che continuiamo a dire che dobbiamo sostenere la famiglia e poi non andiamo incontro alla famiglia. “I figli sono un dono”, ho capito, ma un conto se ne ho uno, un conto se ne ho cinque, capite, qualcuno mi deve aiutare! Allora io direi: ditemi voi qual è un orario giusto che permetterebbe di venire alla Messa e di avere una famiglia. C’è un orario serale, infrasettimanale, che vi consentirebbe alla sera di venire in chiesa? Poi è chiaro, io mi devo adeguare, per forza; ma c’è forse qualcosa di più importante della Santa Messa? No, non esiste nulla di più importante e quindi faremmo tutti un sacrificio. A me sembra che dovrebbe essere questa la strada, veramente la strada è questa. Perché sennò abbiamo quello che abbiamo oggi: chiese vuote, deserte, Messe disattese.

Alle volte a me è capitato di uscire a celebrare la Santa Messa e avere presenti due persone. Una volta son uscito dalla sacrestia per la Messa delle diciotto, sono entrato in chiesa e c’era una sola signora. Ditemi se questa cosa ha un senso. Non è un segnale che ci fa riflettere? Uno dice: “Sì, vabbè, ma la Messa ha valore anche se la dici da solo”; sì, certo, ma a livello pastorale no, no, no, non è questa la strada. Non so, magari mi sbaglio, per l’amor del cielo, magari ho detto delle cose sbagliate, nel caso mi correggerete. 

Don Divo prosegue:

Lo annuncia il profeta Geremia e io ripete poi, più chiaramente, Ezechiele: «lo vi toglierò il vostro cuore di pietra e vi darò un cuore di carne». É naturalmente questo cuore che Dio chiede all’uomo: «Figlio, dammi il tuo cuore». Egli richiede questo cuore nuovo: un cuore di carne che ami. E l’uomo implora questa sostituzione nei Salmi. «O Dio, crea in me un cuore nuovo, libero, puro, che sappia rispondere a Te». 

Ecco, e poi fa degli esempi. Eh sì, vedete, questo tema del cuore è assolutamente attuale. Quindi mettiamo questa legge dentro il nostro cuore, facciamo di questo cuore una tavola, dove mettere i comandamenti di Dio, dove mettere il nostro amore per Dio, e cerchiamo di essere noi i primi a cambiare, a dare una testimonianza. La testimonianza è importante. Io, nella mia vita di sacerdote, non smetterò mai di ringraziare Dio, perché sono stato un sacerdote super graziato, veramente. Se il Signore mi farà diventare anziano e sarò sul mio letto di malattia o di morte o, non so, sarò in prigione, nei tempi della persecuzione o negli ultimi istanti della mia vita, io ancora dirò al Signore: grazie, perché mi hai usato una misericordia infinita. E sapete a cosa faccio riferimento? Al fatto che, nella mia vita sacerdotale, io ho visto tanta, tanta, tanta gente, tanto popolo di Dio, veramente “di Dio”. Ho visto gente fare dei sacrifici enormi per la propria vita di fede, con una fedeltà incredibile, invidiabile, una fedeltà che io rimanevo basito. Gente arrivare alla chiesa alle cinque del mattino — e moltissimi di quelli che ascoltano questa meditazione sono testimoni diretti di quello che sto dicendo — ma non per un giorno, per anni e anni hanno fatto così: col freddo, con la pioggia. Bellissimo vederli arrivare alle porte della chiesa e vederli lì fuori, al freddo, sotto l’acqua, in silenzio, con la corona del Rosario in mano, che pregavano. Un freddo, la nebbia, la neve, niente, questi imperterriti che arrivavano: persone giovani e persone anziane. Una fedeltà! Io avevo già pregato, quando li vedevo, avevo già pregato, avevo già ricevuto la mia meditazione quotidiana. E quando si aprivano le porte, entravano con una discrezione, un silenzio, la chiesa ancora buia, perché bisognava ancora accendere le luci, almeno la luce del Tabernacolo, la luce dell’altare. Un silenzio, un raccoglimento, una devozione e poi? Poi la preghiera delle Lodi insieme coi padri, bellissimo! Ci sono state delle volte, dei giorni, che contavo le persone presenti nella zona dove dicevamo le Lodi, e c’erano più di cinquanta persone; durante la settimana, eh! Alla domenica mattina, io mi ricordo, ci sono stati momenti in cui siamo arrivati ad essere quasi sessanta-settanta persone, all’alba. Questi arrivavano alle cinque e poi andavano via che erano le dieci, dopo la Messa. No, guardate, bellissimo, dei ricordi bellissimi, commoventi, veramente commoventi.

E poi tu eri lì che pregavi — io mi ricordo ancora le sensazioni — e sentivi proprio la Chiesa, sentivi proprio questa presenza dei fratelli e delle sorelle, questa grazia immensa di essere lì, in mezzo a persone diverse: uomini, donne, adulti, bambini, ragazzi, giovani, malati, sani; lì in silenzio, tutti attorno a Gesù, uno vicino all’altro.

Guardate a me veramente dava una carica che, solo a pensarci adesso, mi sento dentro lo spirito di un leone. Ho dei ricordi bellissimi, io li guardavo, dicevo: Giorgio stampati nella testa tutte queste immagini, stampati questi volti, perché non sarà per sempre, non siamo ancora in paradiso. Stampati questi volti, perché questi sono quei ricordi per i quali vale la pena di vivere e per i quali vale la pena di morire. Sono quei ricordi per i quali vale la pena di sopportare ogni persecuzione possibile, di qualunque genere e grado, di qualunque colore essa sia. Per questa ragione, vale la pena di essere scarnificati vivi, non per altre, per questa ragione. Perché ci possono essere queste realtà, queste situazioni. È per questo che io vi ho sempre detto che a me non è mai capitato di dover assistere, ma proprio per grazia di Dio, a situazioni dove la Chiesa è abbandonata, dove non c’è nessuno. Si, mi è capitato in una situazione — ma non era colpa di fedeli, credete — ma, per il resto, non mi è mai capitato, mai; così come mi è capitato di vedere sacerdoti, di vedere confratelli, soprattutto anziani, veramente meravigliosi; meravigliosi nella loro testimonianza, veramente, una fedeltà indefessa alla Chiesa, alla sacrestia, al confessionale. Sempre disponibili, sempre presenti, presenti in modo mattutino; sacerdoti che facevano la colazione alle dieci del mattino, in piedi, col pane secco nel latte, dopo aver confessato per ore, ore, ore. Io neanche gli assomiglio nelle unghie dei piedi! Guardate, veramente, persone, sacerdoti, confratelli e fedeli laici stupendi; e io che ero lì, che vedevo tutto questo, assistevo a tutto questo e dicevo: qui c’è solo da imparare, basta. Qui c’è solo da imparare, dall’esempio di queste persone. C’è solo da rimanere stupiti, esterrefatti, con la bocca aperta e dire: Signore, fa che io gli possa assomigliare almeno nelle scarpe, almeno in quello. E questo nonostante le fatiche fisiche, nonostante la stanchezza, nonostante l’età — perché erano sacerdoti anziani — nonostante tutto; e le famiglie, nonostante i problemi familiari, nonostante gli esami a scuola, nonostante il lavoro, erano presenti, c’erano ed erano presenti. Qui la legge è scritta nel cuore, qui è tutto cuore: cuore purissimo, cuore bellissimo. Qui è una testimonianza di vita che fa piangere.

Sono sicuro che qualcuno, che ha ascoltato queste parole e che ha vissuto questi momenti, si è commosso. Al ricordo di questi momenti, di questi anni, sono sicuro che si è commosso o commossa, perché sono cose che ti prendono proprio dentro e rimangono per sempre. Io non mi stancherò mai di ringraziarvi tutti per l’esempio bellissimo che mi avete dato.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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