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Rimanere in Gesù

Zampa,_Giacomo_-_La_Presentazione_dell'_Anima_a_Dio

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di mercoledì 27 aprile 2016.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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Rimanere in Gesù

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Il Vangelo di questa sera, tratto dal capitolo 15 di San Giovanni, ci ricorda e ci richiama sulla fondamentale importanza di rimanere in Gesù, è un secondo decalogo questo capitolo 15, perché per ben dieci volte viene ripetuto il verbo “rimanere”.

Siamo chiamati a rimanere in Cristo.

Gesù si presenta come la vite e noi siamo i Suoi tralci, chiamati a restare in Lui e a produrre uva, uva buona, uva matura.

Che cosa interrompe la linfa? Che cosa interrompe questo legame con Gesù?

Il peccato è ciò che ci separa da Cristo, infatti Gesù lo dice: «Il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia».

Portare frutto vuol dire portare opere di carità, vuol dire opere di culto e di amore verso Dio, vuol dire testimoniare la presenza di Dio all’interno della nostra vita, nella società, in quello che noi siamo, dove lavoriamo, dove studiamo, dove facciamo.

Vuol dire testimoniare che noi non siamo tralci autonomi, ma che noi siamo tralci di una vite, cioè ancorati, agganciati, innestati in Gesù, e questo effettivamente è molto difficile, perché vuol dire accettare di riconoscere la propria libertà e la propria autonomia solo in Gesù, in nessun altro e in niente altro.

Questo perché?

Perché la vita è breve.

Abitando in questo convento (adesso lo sentite ogni volta che siamo alla Messa), se non è una, sono due, tre, quattro volte, sentite quante ambulanze passano. Proprio adesso ne è appena passata una, è un continuo, un continuo sentire ambulanze che passano, dalla mattina alla sera, di notte, di giorno, in continuazione.

Alla mattina alle 7.30 celebriamo una Messa e ci sono già le ambulanze che passano.

Questo cosa ci ricorda?

Magari al momento ci dà fastidio sentire quel rumore assordante, ma questo ci ricorda che la vita è breve, ci ricorda che un giorno ci saremo anche noi lì sopra; per un verso o per l’altro tocca a tutti, quella viene a prendere tutti, perché, prima o poi, la morte bussa alla porta di tutti, e, prima della morte, spesse volte è la malattia che bussa, che cambia la vita, che la inchioda in un letto. Dalla mattina alla sera ti ritrovi sbalzato completamente in un’altra dimensione, dove tutto improvvisamente diventa relativo, dove quello, che prima sembrava importantissimo ed essenziale, improvvisamente non lo è più, perché essenziale diventa altro.

È per questo che siamo chiamati a rimanere agganciati alla vite, perché, un giorno, presto o tardi, toccherà anche a noi di incontrarci con la morte o con la sofferenza così grave e la nostra anima, il nostro cuore, dov’è?

A che punto sta? Come si colloca?

Ha portato i frutti, che il Signore aveva pensato per noi?

Ha portato i frutti, che Dio voleva che noi portassimo?

Spesse volte, guardandoci, sembriamo come delle schegge impazzite, che si muovono di qua e di là, che conducono una vita che non c’entra niente col Signore, perché Gesù è altrove, non c’è preghiera, non c’è andarsi a confessare, non c’è intimità col Signore. Siamo noi, il nostro mondo chiuso, la nostra superbia, la convinzione che va bene così, che è giusto così, che noi stiamo bene così, che non abbiamo bisogno di Cristo, di Dio, e andiamo avanti…

Arriverà il momento, in cui i conigli neri di Pinocchio entreranno anche nella nostra casa con la bara sulle spalle, e non solo Pinocchio si è spaventato a vedere questa scena, ma ogni uomo, ve lo garantisco, ogni uomo, anche il più grande, il più forte, il più superbo, il più pieno di se stesso, quando vede arrivare la morte, cambia tante cose; tutti diventiamo improvvisamente piccoli davanti alla morte, tutti diventiamo paurosi, spaventati, e cerchiamo la manina di qualcuno da tenere, perché il terrore ci prende dentro, non perché finisce la vita, perché tutti sappiamo che la vita finisce, ma ci prende il terrore perché il dopo che ci aspetta, se non è stato costruito nell’oggi, diventa un incubo.

Quel dopo lì, che cos’è, se io già oggi non mi sono preparato a costruire questo dopo?

Con la differenza che, l’oggi, dura cento anni, ottant’anni, sessant’anni…punto.

Il dopo è eterno, il dopo è per sempre.

Allora dobbiamo chiedere al Signore la grazia di non essere tagliati via da questa vite, o meglio, la grazia di non tagliarci via noi da questa vite, e noi ci tagliamo via allontanandoci da Cristo; per mille ragioni, sapete, ci saranno sempre mille ragioni per stare lontani dal Signore, il Prete, la Chiesa, Tizio, Caio e Sempronio, le mie scelte di vita e tutte le cose che volete, mille e una ragione, ma, quando saremo davanti a Dio, queste mille e una ragione non saranno minimamente sufficienti a farci stare in pace, a metterci in pace, a morire in pace.

Quando si entra negli ospedali, si sente questo clima di fine, soprattutto nei reparti dei malati terminali; si sente questa temperatura di fine, questo ormai essere arrivati agli sgoccioli, allora prepariamo questo incontro col Signore, chiedendoGli la grazia, già da ora, di vivere in comunione con Lui, una comunione vera, fatta di intimità, fatta di conoscenza, fatta di frequentazione sincera.

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

 

Letture del giorno

Mercoledì della V settimana di Pasqua

PRIMA LETTURA (At 15,1-6)

Fu stabilito che salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.

In quei giorni, alcuni, venuti [ad Antiòchia] dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».

Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenìcia e la Samarìa, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.

Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro. Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: «È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè».

Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 121)

Rit: Andremo con gioia alla casa del Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:

«Andremo alla casa del Signore!».

Già sono fermi i nostri piedi

alle tue porte, Gerusalemme!

Gerusalemme è costruita

come città unita e compatta.

È là che salgono le tribù,

le tribù del Signore.

Là sono posti i troni del giudizio,

i troni della casa di Davide.

Chiedete pace per Gerusalemme:

vivano sicuri quelli che ti amano.

Canto al Vangelo (Gv 15,4.5)

Alleluia, alleluia.

Rimanete in me e io in voi, dice il Signore;

chi rimane in me porta molto frutto.

Alleluia.

VANGELO (Gv 15,1-8)

Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

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