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La vita eucaristica pt.1 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.43

Mistica della riparazione

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: La vita eucaristica pt.1 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.43
Mercoledì 18 settembre 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 7, 31-35)

In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 18 settembre 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal settimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 31-35.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di don Divo Barsotti. Oggi iniziamo un capitolo nuovo, dal titolo:

LA VITA EUCARISTICA

Tutta la nostra vita non aggiunge nulla all’Atto del Cristo: noi ripariamo nella misura in cui partecipiamo a questo Atto, non nella misura in cui aggiungiamo un qualche prezzo al prezzo versato dal Cristo. Questo atto, questa riparazione gratuita, infinita, è sempre presente e costituisce tutta la vita della Chiesa, il tesoro cui attinge ogni anima: la Messa.

Mi fermo subito, perché sono già espressioni molto importanti. Quindi, noi ripariamo nella misura in cui partecipiamo all’atto di Gesù. L’atto supremo di Gesù è certamente l’istituzione della Santissima Eucaristia. Quindi Gesù ci dona questo mistero ineffabile, meraviglioso, della realtà della Santa Messa, e quindi dell’Eucarestia, e quindi del sacerdozio; questo è l’atto. Lui nell’ultima cena consegna, dona, ai suoi discepoli, e quindi a tutta la Chiesa, il suo Corpo dato, il suo Sangue sparso, e noi abbiamo imparato a vedere, in questo corpo dato, esattamente il suo Cuore Eucaristico.

Nelle meditazioni precedenti abbiamo visto credo tutto perché, veramente, abbiamo scandagliato ogni possibile fonte sul tema del Cuore Eucaristico di Gesù. Nell’Eucarestia, abbiamo visto che i miracoli eucaristici — non dati di devozione, non convinzioni personali, ma proprio tutti i miracoli eucaristici — confermano che il tessuto umano che si ha tra le mani, quando avviene il miracolo eucaristico — quindi non più il pane, ma si vede proprio il tessuto umano, il sangue — non è un tessuto umano qualsiasi, ma è tessuto cardiaco, in particolar modo del miocardio, che è la parte più interna del cuore. Quindi Gesù ci vuole dire, attraverso i miracoli eucaristici: “Io vi ho dato il mio cuore, il cuore del mio cuore”. Interessante!

E poi tutto questo avrà il suo coronamento, la sua realizzazione somma, con il sacrificio della Croce, per cui la Santa Messa è la ripresentazione incruenta del sacrificio della Croce nella modalità sacramentale. Quindi vedete che legame strettissimo c’è tra: la Santa Messa, l’Eucaristia e la morte in Croce di Gesù.

Quindi noi ripariamo nella misura in cui partecipiamo a questo atto di Gesù; non è che noi aggiungiamo qualcosa a ciò che Gesù ha fatto. E questo atto, questa riparazione gratuita, che è sempre presente — certo, perché abbiamo la Santa Messa e l’Eucarestia — costituisce tutta la vita della Chiesa; è il tesoro per eccellenza a cui ogni anima può attingere.

È Gesù che offre una riparazione condegna e la offre sovrabbondante; è Gesù che la offre al Padre, e la sua è riparazione che cancella, annulla ogni peccato.

Quindi, quando noi ci andiamo a confessare, è il Sangue di Gesù che ci lava da ogni peccato. Non c’è peccato che non possa essere lavato dal Sangue di Gesù; non c’è peccato che non possa essere perdonato, se la persona si pente. Il pentimento è la condizione fondamentale per poter essere perdonati; il pentimento e il proposito fermo di non peccare più. Perché un pentimento sia vero, deve essere collegato a un proposito, perché, se non c’è il proposito di non peccare più — proposito che vuol dire: faccio di tutto per evitare tutte le occasioni che mi conducono a peccare — è chiaro che non c’è un vero pentimento. Poi, per l’amor del cielo, siccome siamo in un cammino di perfezione, questo pentimento e questi propositi hanno bisogno di perfezionamento, quindi non saranno subito, immediatamente, dei propositi, dei pentimenti perfetti, però l’importante è che siano, in quel momento, il massimo possibile che possiamo dare.

La sua Morte sulla Croce, in quanto atto con cui egli assume l’universale responsabilità del peccato per risponderne al Padre, diviene l’atto che riassume tutta la lunga storia del mondo. Questo atto né continua né si rinnova, ma si fa presente in ogni luogo, in tutti i tempi, e la vita dell’uomo partecipa all’atto unico e semplice di Gesù che si offre, di Gesù che s’immola; nella misura in cui vi partecipa, nella misura in cui ogni anima lo vive, tutta la vita del mondo, e la vita di ogni anima, è l’atto stesso di Gesù. Per questo dobbiamo renderci conto che la nostra sofferenza, per quanto grande sia, ha meno importanza di quanto ha importanza la partecipazione alla Passione del Cristo, quantunque la nostra partecipazione esiga la stessa sofferenza — mi sembra chiaro —. Prima di tutto, la riparazione umana è un fatto sacramentale. Tutti soffrono in questo mondo, ma la sofferenza degli uomini può essere una sofferenza riparatrice nella misura in cui essa viene ad essere, per ognuno, un modo di partecipare al mistero della Morte del Cristo. — Quindi è importantissimo offrire, intenzionare le nostre sofferenze, perché è il modo con il quale noi, con la volontà, diciamo: io voglio, con tutto me stesso, partecipare al mistero della morte di Gesù — Ora, la sofferenza umana è in qualche modo una partecipazione alla sofferenza del Cristo, se effettivamente l’anima è unita a Lui, se ci uniamo a Gesù attraverso i Sacramenti della iniziazione cristiana: il Battesimo e la Cresima, che sono il fondamento di una nostra partecipazione al Cristo — vi consiglio, se potete, se volete, di andare a prendere il catechismo della Chiesa cattolica, non il compendio, e di andare a fare una bella lettura, meditata, sui sette sacramenti, in particolare sul Battesimo e la Cresima, che forse magari c’è un po’di polvere nella nostra conoscenza, nel nostro studio –, ma soprattutto l’eucarestia, che porta alla perfezione ultima la nostra identificazione con Cristo, la nostra assimilazione a lui — e qui abbiamo già visto, nei mesi passati, negli anni passati, tutta l’importanza legata a una vita eucaristica —. Perciò la vita riparatrice è necessariamente una vita eucaristica. 

Ricordate tutto il discorso fatto sulle anime ostie, per esempio, o sulle Passiflore eucaristiche.  In questi anni abbiamo parlato veramente tanto, tanto, tanto di Eucaristia.

Ecco, tra l’altro vi ricordo che, sul canale YouTube Veritatem in Caritate, voi trovate tutta una sezione dove sono state raggruppate tutte le meditazioni eucaristiche. Perché magari uno dice: sì, io voglio fare un approfondimento eucaristico, ma come faccio andare a riprendere tutte le meditazioni sull’Eucarestia? Appunto, hanno fatto questa playlist, dove sono raggruppate tutte le meditazioni sull’Eucarestia, e uno può andarsele ad ascoltare.

Quindi «la vita riparatrice è necessariamente una vita eucaristica»; quando abbiamo visto tutto il tema delle anime ostie di don Tomaselli, vi ricordate quanto tutto quel discorso era collegato alla vita eucaristica. Don Divo prosegue:

Una vita riparatrice nel Cristianesimo non può essere che una vita eucaristica. 

Solo nella misura in cui la nostra vita è vita eucaristica, noi siamo vittime: — perché siamo vittima con “la vittima” — come può ciascun uomo divenire una vittima, separato dalla Vittima che è Cristo? Una Vittima unica, come un unico Sacrificio, ha portato a compimento per sempre la salvezza di tutti. Con una sola oblazione, il Cristo santificò per sempre coloro che dovevano essere santificati, con una sola oblazione, col sacrificio della sua Morte. Se noi siamo quella Vittima, bene; se non siamo quella Vittima, non siamo vittime in nessun modo; o la nostra vita si identifica a quell’atto di amore, si identifica a quella Morte, o in caso contrario non è assolutamente una vita che santifica gli uomini e glorifica Dio.

Quindi capite perché chi medita questi testi — come questo di don Divo Barsotti, ma come tutti gli altri che abbiamo meditato in questi anni — lo si deve riconoscere dal modo in cui partecipa alla Santa Messa? Cioè, chi ha assimilato veramente questi testi, lo si vede da come si comporta prima di entrare in chiesa. E voi vedrete che questa persona, questo credente, che ha meditato questi testi, da quando sale in macchina a casa per arrivare in chiesa, lì sta già facendo la sua preparazione alla Messa o col silenzio o, ancora meglio, col Santo Rosario; ha già iniziato. Inizia questo tempo solenne della preparazione e del raccoglimento. Non arriverà mai in ritardo, non può, non riesce interiormente, perché ha dentro la coscienza tutte queste importantissime indicazioni. Non solo, arriverà con ampio anticipo per potersi profondamente preparare alla Santa Messa. Custodirà in Chiesa un sacro silenzio, non si perderà in chiacchiere, non sarà distratto a guardare di qua e di là. Sarà raccolto, raccolto con il suo Gesù, raccolto dall’esempio della Vergine Maria. Poi parteciperà santamente alla Messa. Poi, finita la Messa, farà un profondo ringraziamento.

Diciamo che tutti i santi che abbiamo meditato in questi anni, quando entriamo in chiesa, in quel momento, guardandoci del paradiso, dovrebbero dire: ecco, bene, il mio insegnamento è stato utile, questa persona lo ha imparato bene, è proprio così che ci si comporta.

Quindi un atteggiamento profondamente nobile, discreto, senza inutili affettazioni, inutili manifestazioni devozionistiche; grande devozione, ma non devozionismo, quello no. Quindi grande decoro, grande compostezza, non movimenti fuori luogo: quando tutti si è in piedi, tutti si è in piedi; quando tutti si è in ginocchio, bisogna essere in ginocchio. Ci sono dei momenti precisi, nella Santa Messa, non è che uno la vive come vuole, secondo la sua devozione! Quando le norme prevedono “in ginocchio” si sta in ginocchio. Per esempio, dal momento dell’Epiclesi fino al “mistero della fede”, si sta in ginocchio. Poi, dopo il mistero della fede, ci si alza. Poi, quando si è fatta la Comunione, è bene andare al proprio posto e poi mettersi in ginocchio, è assolutamente consigliato. Poi, per il resto, ci sono vari momenti in cui si è seduti o momenti in cui si sta in piedi.

Ecco, ognuno deve rispettare questi momenti, non bisogna fare secondo il proprio criterio, bisogna seguire il criterio della liturgia, quello che le norme liturgiche prevedono. Anche se, interiormente, magari, mi sentirei spinto a stare in ginocchio tutta la Messa; no, questo non va bene, perché la Messa non è un fatto privato, ma è un momento di grande realtà ecclesiale e quindi bisogna stare a ciò che le norme prevedono. Ecco ci fermiamo qui.

Quindi, don Divo ci dice che la nostra vita si deve identificare con questo atto di amore e si deve identificare con questa morte, altrimenti non è una vita che santifica e non è una vita che glorifica Dio. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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