Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Sacrosanctum Concilium – Capitolo I, § 22 “rispetto delle norme liturgiche”
Giovedì 17 ottobre 2024 – Sant’Ignazio di Antiochia, Vescovo e Martire
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Lc 11, 47-54)
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a giovedì 17 ottobre 2024. Festeggiamo quest’oggi S. Ignazio di Antiochia, vescovo e martire.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo undicesimo del Vangelo di san Luca, versetti 47-54.
Ancora sentiamo Gesù che rimprovera, che richiama: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi…»; Gesù fa proprio un’analisi di verità all’uomo, fa vedere tutte le nostre ipocrisie.
Guai a voi, dottori della Legge …
Questo “Guai” (mi permetto di dire questo) credo che sia il peggiore.
… che avete portato via la chiave della conoscenza; …
Terribile!
voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
I dottori della legge dovevano essere quelli che usavano la chiave della conoscenza per entrare nel regno di Dio, per entrare in una vera relazione con Dio, per conoscere e amare Gesù. E invece loro hanno usato questa chiave per chiudere la conoscenza a sé stessi e agli altri. E allora, di nuovo, la gente doveva decidere se fidarsi dei dottori della legge, che avevano tutta una sorta di apparato di credibilità — anche esteriormente, per il modo in cui vestivano, per il rispetto che anche incutevano, proprio per il ruolo, la funzione che ricoprivano — oppure credere a Gesù, che non era un dottore della legge; oppure credere a san Giovanni Battista, che non era un dottore della legge; non era neanche uno scriba e neppure un fariseo.
È sempre la solita questione, anche noi dobbiamo stare sempre molto attenti, capite? Perché il rischio è quello di andare dietro a persone che ci chiudono la via per entrare nel regno di Dio. Capite che si gioca tutto qui, veramente! Alle volte, quando leggo alcuni commenti — non solo alle mie meditazioni, ma in generale, anche alle meditazioni di altri confratelli o anche ad altre conferenze, che ogni tanto ascolto — si vede proprio che c’è un uso sbagliato della chiave della conoscenza. Si vede che questa chiave è usata per chiudere, per impedire di entrare nella conoscenza. Nella conoscenza di che cosa? Ovviamente non stiamo parlando della conoscenza gnostica, non stiamo parlando della gnosi, qui. Qui stiamo parlando della conoscenza della verità, non della conoscenza in quanto conoscenza. Non stiamo parlando di una conoscenza intellettuale. Qui stiamo parlando della conoscenza della verità, della conoscenza del regno di Dio.
Questi dottori della legge portano via la chiave e anche quelli che avrebbero voluto, non entrano. Sicuramente la responsabilità maggiore è dei dottori della legge ma, allo stesso tempo, mi viene da dire: però la Maddalena ha trovato questa chiave della conoscenza, della verità, del regno di Dio; l’ha trovata e l’ha usata sapientemente. Perché? Perché lei si è rivolta a Gesù. Zaccheo ha trovato questa chiave della conoscenza, l’ha usata ed è entrato. Il buon ladrone ha trovato la chiave della conoscenza, l’ha usata ed è entrato. Natanaele, stessa cosa. E quanti altri! Quanti altri, perché? Perché hanno incontrato Gesù, hanno creduto a Gesù e hanno compreso che la verità stava lì. E infatti la loro vita è cambiata, in bene, in meglio. Perché vedete, alla fine tutto si risolve qui. Se noi veramente troviamo la chiave della conoscenza e la usiamo bene, la nostra vita cambia. Noi facciamo veramente esperienza del Signore, troviamo veramente la pace.
A leggere certi commenti — anche su questioni non gravi — quello che emerge è una grande animosità, una grande violenza; che non è quella di Gesù che caccia i venditori dal tempio. Uno capisce bene che non è quella, non è quella dettata dall’amor di Dio, per cui uno diventa alle volte “un po’ forte”; no, no. È proprio una violenza che nasce da altro. Da che cosa? Lo dice il Vangelo di oggi:
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile…
Eh, certo, Gesù gliele ha cantate tutte, tutto quello che doveva essere detto, Gesù l’ha detto. Loro avrebbero potuto stare quantomeno zitti — cosa che non siamo capaci di fare — meditare su quello che Gesù aveva detto, vedere se c’era qualcosa di vero. Se fossero stati onesti e veramente in comunione con Dio, avrebbero detto: “Io pensavo, io credevo di essere nel giusto, ma quello che quest’uomo mi sta dicendo è vero, io sono quest’uomo, io sto sbagliando, sto sbagliando tutto. Devo cambiare”. “Eh, ma io è una vita che credo così”; eh certo, ringrazia Dio che ti ha mandato qualcuno che ti ha fatto capire che stai sbagliando tutto. Loro invece:
cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca…
Vedete come sono malvagi? Gesù non fa queste cose, Gesù non tratta nessuno in modo ostile, Gesù non cerca di farli parlare, non gli dice di parlare, non fa un dialogo. Dice a loro quello che è vero, dice quello che è giusto dire; loro, invece, gli tendono insidie, perché vogliono farlo cadere. Vedete come è diverso? È così: questa ostilità, ecco. Un conto è quando c’è una forza, una fermezza, nel dire le cose — come diceva S. Teresa, quando servono questi predicatori infuocati — ma questa non è ostilità. L’ostilità è un’altra cosa, è quella che leggiamo qua. E dall’ostilità bisogna stare lontani, bisogna stare veramente lontani, perché la persona ostile è tossica, non dimenticatelo. E dalle persone tossiche bisogna stare lontani, perché avvelenano la vita, avvelenano la mente, il pensiero.
Infatti, penso che, da adesso in poi, quando vedrò dei commenti, degli interventi ostili, li cancellerò. Poi, se la persona si rende conto e la smette, bene, se invece ricomincia e lo rifà ancora, la banno. Ma non mi metto più a spiegare. Perché ho capito che con le persone ostili non c’è ragionamento che tenga, puoi dire qualunque cosa, portare qualunque argomento, non serve a niente. Hanno sempre e solo ragione loro. E poi si sente, trasuda, quest’ostilità, nel modo di esprimersi, nel modo di scrivere, nel modo di dire le cose. Perché non è il fatto di ricevere o non ricevere una critica, per l’amor del cielo, nessuno di noi è perfetto, quindi, quando la critica è costruttiva sé ti dicono: “Guardi, si è dimenticato questo”, oppure “Forse è meglio sottolineare quest’altro”, oppure: “Ha pensato che c’è anche questa questione?”, è sempre costruttiva perché è l’occasione per poter andare ad approfondire, per poter andare a capire. Poco tempo fa ho ascoltato una bellissima conferenza di un sacerdote, mi è piaciuta tantissimo, e mi ha fatto riflettere su alcune cose che io non avevo mai pensato. Veramente molto, molto bella. E quindi, ho detto: vedi, è una correzione alla tua ricerca, al tuo pensiero, perché ti ha aperto una sfera di riflessione su qualcosa che tu non avevi considerato. E questa, in un certo senso, è una critica, perché ti mostra un punto debole del tuo ragionamento; ottimo! È questo l’aiuto fraterno, la correzione fraterna, perché ti fa approfondire qualcosa che tu non avevi visto. Ben venga. Diverso da quando invece c’è la critica ostile, quando c’è questa ostilità, questo attaccare; no, via, via. Bisogna proprio stare lontano e chiedere alla Vergine Maria questa grazia grandissima di non cedere all’ostilità, perché è difficilissimo non cedere all’ostilità, alla provocazione che nasce dall’ostilità; perché è tendenzialmente pungente, va sempre sul personale, cerca sempre di mettere in cattiva luce intenzioni buone, quindi, umanamente, la tentazione è sempre quella di puntualizzare, di spiegare, di cercare di … ma non serve a niente. Non serve a niente, assolutamente.
E poi vedete, c’è anche un’altra cosa: Gesù nel Vangelo dice che quando noi dobbiamo correggere qualcuno, prima di tutto dev’essere fatto a tu per tu. Poi, se non cambia, chiami due testimoni, poi se non cambia lo fai davanti alla comunità, poi se non cambia allora per te sia un pagano. Oggi non si fa così, la correzione salta i primi due passaggi e va direttamente al pubblico; sbagliatissima questa cosa, è una mancanza di carità! San Tommaso scrive che, se non si rispettano i passaggi, si pecca gravemente contro la carità. Mi ricordo proprio quest’espressione di S. Tommaso, non mi ricordo bene in che punto della Summae Theologie l’avevo letta, però mi è rimasta impressa. Bisogna stare attenti, quando si fa una correzione bisogna sempre seguire la dinamica di Gesù nel Vangelo: prima a tu per tu con la persona — vai e dici il tuo pensiero — poi, se vedi che la persona non cambia, ed è una cosa importante, allora ne parli con altri due, proprio per confrontarti. Poi dico alla persona: “Guarda, ho parlato con queste altre due persone, siamo in tre e in tre ti diciamo che, secondo noi “…”, e c’è un confronto su questa cosa. Poi, se proprio quella persona, su una cosa gravissima, non porta delle motivazioni valide…
Quando correggo può anche essere che mi sbagli, non sono il depositario della verità! Può essere che io faccia una correzione e la persona mi risponda: “Guarda, la tua correzione non è valida, non presenta delle dei fondamenti validi”. A questo punto mi devo fermare, perché può essere che io non sia capace di fare una correzione formale con tutti i crismi necessari. Quindi non è che siccome io decido di correggere qualcuno e quello non si corregge lo devo esporre al pubblico ludibrio; no! Ci vuole anche un po’ di umiltà. Quindi deve essere una cosa per cui io devo avere la certezza che sia oggettivamente gravissima. Se è una cosa che va contro un comandamento di Dio, e non c’è una ragione plausibile per “…”, è chiaro che allora devo dirlo. Però, bisogna stare molto attenti perché, quando poi lo si dice pubblicamente — e questo dovrebbe essere l’ultimo passaggio e noi invece lo facciamo per primo: pubblicamente diciamo tutto quello che pensiamo — dopo lì ci assumiamo la responsabilità di quella correzione. E se per caso fosse sbagliata, abbiamo calunniato una persona, oppure l’abbiamo diffamata.
Quindi, capite, che è una cosa gravissima, bisogna stare molto attenti quando si dice nome e cognome o, comunque, quando pubblicamente si dice una correzione che è chiaro a chi si riferisce. Se il mio confratello, il padre XY, fa una meditazione e io, sotto, scrivo tutto il peggio possibile e tutti capiscono che sto riferendomi a lui, è una correzione pubblica, e lì mi assumo la responsabilità! Perché, se poi ho sbagliato, se ho capito Roma per toma e se ho detto delle stupidaggini, ho peccato contro la carità. Bisogna stare molto attenti su questa cosa. Questo vale sia per chi ha un’attività come la mia, o come un conferenziere o come altri, sia per le nostre relazioni sociali, perché tutta la vita, grazie al cielo, non avviene su YouTube! Pensate in famiglia, pensate al lavoro, pensate nel mondo della scuola, non puoi andare davanti a tutti a svergognare una persona, assolutamente. Non puoi fare una reprimenda davanti a tutti, pubblicamente, guai! Prima a tu per tu. Sennò, anche se tu avessi ragione, e anche se tu dicessi il giusto, comunque hai mancato contro la carità, perché l’hai diffamata. Perché, se tu avessi fatto i passi che dice Gesù — primo passo: tu per tu; secondo passo: con due testimoni; terzo passo: pubblica — probabilmente quella persona si sarebbe ravveduta subito, al primo intervento, a tu per tu, e così tu salvavi la sua fama. E invece, non avendolo fatto, tu l’hai diffamata, ma per colpa tua. E diffamare vuol dire togliere la fama, è una cosa gravissima, perché poi non si recupera più. Quindi, stiamo molto attenti. E questo, è quello che fanno gli scribi e i farisei: “cominciano a trattare Gesù in modo ostile”. Certo, perché Gesù, li richiama chiaramente.
Uso un po’ di queste meditazioni anche per commentare il Vangelo, perché mi sembrano Vangeli molto importanti.
Continuiamo la nostra lettura della Sacrosanctum Concilium; siamo al numero 22.
A) Norme generali
L’ordinamento liturgico compete alla gerarchia
22.
1. Regolare la sacra liturgia compete unicamente all’autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede apostolica e, a norma del diritto, nel vescovo.
2. In base ai poteri concessi dal diritto, regolare la liturgia spetta, entro limiti determinati, anche alle competenti assemblee episcopali territoriali di vario genere legittimamente costituite.
3. Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica.
Questo punto 3 è fondamentale! Allora, il numero 22 della Sacrosanctum Concilium al punto numero 3, dice che:
nessun altro, anche se sacerdote
quindi né parroco, né viceparroco, né rettore di un santuario, né superiore di un convento, né monsignore, nessuno; nessuno che non sia la Sede apostolica, che non sia il vescovo, che non sia le assemblee episcopali territoriali; quindi, nessuno che viene sotto a queste realtà, dice la Sacrosanctum Concilium:
osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica.
”Aggiungere, togliere, mutare”; cosa che invece si fa costantemente, perché, se tu vai in cinque parrocchie diverse, in cinque chiese diverse dello stesso paese, piuttosto che della stessa regione, della stessa provincia, tu trovi, spesse volte, cinque Messe diverse. E questo è un problema, perché non si sta rispettando il numero 22.3 della Sacrosanctum Concilium.
E qui, di nuovo, torna il discorso di questi giorni: ma allora, è colpa del Concilio che le cose adesso sono così? No, perché il Concilio è stato chiaro. È colpa del Concilio se oggi un sacerdote esce col naso da pagliaccio sulla faccia, quell’altro si mette a danzare e a ballare, quell’altro cambia le parole della consacrazione, quell’altro alla domenica toglie il Credo e non lo fa più dire, quell’altro fa fare l’omelia a un laico, quell’altro fa saltare il Vangelo, un altro sostituisce le letture della Messa e dice: no, queste qui non mi piacciono, ne faccio delle altre; e via di seguito. È colpa del Concilio?
Vedete? Avete la prova che il Concilio ha detto esattamente il contrario di quello che si fa. Addirittura, ha detto: nessuno, assolutamente nessun altro (ma le parole hanno un peso!), anche se sacerdote, osi, cioè, si permetta (ma neanche lo deve pensare) di sua iniziativa, di aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica. Così è scritto, così va fatto, le rubriche sono scritte in rosso per questa ragione, perché bisogna fare quello che c’è scritto in rosso! Non è difficile! Credo che basti avere la quarta o la quinta elementare e si riesce a leggere. Il diploma delle elementari ce l’abbiamo tutti. Bene, ti metti lì e leggi in rosso quello che c’è scritto. “Ah, ma a me qui mi piace …”, no! C’è scritto così e fai così. Santa pazienza, è scritto così! Però non si fa, perché ognuno aggiunge…
Per esempio, pensate anche che ci sono dei sacerdoti che hanno l’abitudine di fare una mini-omelia all’inizio della Messa. Il saluto iniziale è brevissimo; mi sembra che le rubriche prevedano sette-otto varianti di saluto iniziale — “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” — Amen — “Il Signore sia con voi” — e con il tuo spirito; punto, finito il saluto. Avete visto la liturgia come è sobria? E poi, cosa c’è di più bello di: “Il Signore sia con voi” — e con il tuo spirito — atto penitenziale. No! Alcuni dicono: “Nel nome del Padre, del figlio e dello Spirito Santo” — Amen — “Cari fratelli e care sorelle, eccoci qui riuniti, oggi nel giorno del Signore, per ritrovarci insieme, per fare festa insieme, per lodare insieme il Signore, per fare memoria del momento della pace, per l’importanza della pace nel mondo, perché ci sono tanti uccellini e farfalline che volano nel cielo. Ecco, oggi ci ritroviamo…” Ma cos’è questa cosa? “Il Signore sia con voi — E con il tuo spirito” punto. Oppure ci sono altri che ti mettono lì mezze frasi, brevissime; e così mi trovo una mezza predica all’inizio della Messa.
”Nessuno osi: aggiungere, togliere o mutare”. Non deve essere aggiunto, né tolto, né mutato alcunché in materia liturgica. La formula per l’assoluzione sacramentale nella confessione è quella, e ce n’è una e una soltanto. E le rubriche prevedono che deve essere recitata sempre tutta integralmente: “Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio …”, inoltre dice addirittura che va fatta stendendo le mani sul capo del penitente, o almeno la mano destra, pensate. Sono cose scritte! E uno dice: “Ma perché non le si fa?”; “Colpa del Concilio, tutta colpa del Concilio”.
Ma il Concilio queste cose non le ha dette, anzi ha richiamato e rimproverato severamente: «Nessun altro — di conseguenza, assolutamente nessun altro — anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica».
Io non ho ancora letto nei vostri commenti (perché, ovviamente, non potete scriverlo, nessuno può scriverlo) nessuno che scriva: “Ecco, vedi, per questa espressione del Concilio è venuto questo male”; nessuno l’ha scritto. Qualcuno dice: “Ah sì, no, però, vabbè, a me comunque il Concilio non mi piace”, o “Ah sì, no, però vabbè, il santo Tale ha detto questo, il padre Tale ha detto quell’altro”, che poi, voglio dire, fuori dal contesto tutti dicono tutto; bisogna poi vedere che cosa intendeva e in quale contesto sono state dette le cose. Ma questo non ha importanza perché, quando uno vuole portare avanti un’ideologia…
Sapete, anche la Bibbia dice che Dio non esiste, lo sapevate? Ve lo ho già detto tante volte. Se io voglio, posso far dire alla Bibbia che Dio non esiste; nella Bibbia c’è scritto “Dio non esiste”, certo, ma un millimetro prima c’è scritto: “Lo stolto pensa: Dio non esiste”. Quindi se io lo tolgo dal contesto, anche la Bibbia dice che Dio non esiste. Le cose vanno dette nella loro complessità, non citando le cose come slogan; troppo comodo e troppo facile.
Quindi ci sono quelli che dicono: “Ah no, vabbè, ma a me non interessa. Tizio ha detto così, Caio ha detto cosà e a me basta questo”, eh, va bene che ti basti, l’ignoranza basta a sé stessa. Che poi, anche lì, si vede l’ignoranza, perché uno dice: “Tizio ha detto così” — adesso io non dico il nome del santo piuttosto che del venerabile o quant’altro, perché dovrei andare a prendere il testo, leggervelo e commentarvelo e farvi vedere che questa cosa che riportano è assolutamente infondata; comunque adesso non c’è tempo, non lo posso fare, quindi non cito, però è interessante quello che fanno loro — cioè, loro dicono: “A me basta quello che dice Tizio-Caio o Sempronio” e riportano la frase di Tizio, di Caio o di Sempronio; sì, vabbè, e in che senso è tutta colpa del Concilio? “Il Concilio non va bene”, okay, in che senso? Dimmi dove, dimmi cosa! Questi santi o queste persone che tu citi, avranno fatto riferimento a qualcosa, giusto? Bene, vai a cercarlo. Invece di sparare a zero nel mucchio, vai a cercare la fonte e vai a cercare perché e su cosa esattamente hanno espresso la loro critica e citi la fonte: “In questo testo, a questo numero di pagina, si dice questo, questo, questo e questo. Queste le ragioni, queste le motivazioni, queste le prove che porta il padre, il santo, Tizio, Caio e Sempronio. Questo è quello che io presento: la mia fonte”. No! E invece no! Dicono: “No, a me basta così; no, ma secondo me; no ma per me!” Queste sono cose da eliminare, perché sono semplicemente fumo, fumo! Perché fino ad oggi abbiamo letto 22 numeri e nessuno ha potuto scrivere una sola volta: “A causa di questa frase, che abbiamo letto al numero tal dei tali, della Sacrosanctum Concilium, sbagliata, imprecisa, errata, a causa di questa frase, di questo concetto, è venuto questo male nella Chiesa”. Non c’è! Anzi, fino adesso abbiamo visto che, se si fosse applicato esattamente quello che il Concilio ha scritto, quello che la Sacrosanctum Concilium ha detto — come questo numero 22.3 — oggi avremmo la stessa identica medesima Messa ovunque. Che tu vada qui, che tu vada lì, che tu vada là, troveresti sempre la stessa e medesima Messa, perché il Messale è uguale per tutti. Quindi, che io vada a Catania, che io vada a Bressanone, che io vada a Roma, troverei esattamente la stessa identica Messa, perché il Messale è uguale per tutti e le parti in rosso sono scritte in rosso per tutti, e tutti si dovrebbero attenere a quello che è scritto in rosso; questo ha detto il Concilio.
Vedete quanto è importante sapere le cose? Vedete quanto è importante la chiave della conoscenza? Perché la chiave della conoscenza apre le porte per entrare nel regno di Dio nella verità.
E aggiungo: a quei sacerdoti che “aggiungono, tolgono, mutano”, bisognerebbe andare a chiedere: “Scusi padre, ma come mai lei ha aggiunto — ha tolto — ha mutato in materia liturgica questa cosa? È scritto nel Messale? Mi fa vedere dove?”. Il Messale lo potete trovare anche voi su Internet, quindi prima andate a controllare se quella cosa c’è e poi domandate.
Come quella pratica sbagliatissima che fanno alcuni, cioè: quando prima della Fractio panis, c’è proprio il momento — nel tempo della consacrazione — in cui si dice che Gesù spezzò il pane, alcuni sacerdoti lo spezzano veramente! Lo spezzano prima che arrivi proprio quel momento, dopo la dossologia finale, in cui c’è lo spezzare del pane e si spezza l’ostia. Qualcuno invece lo fa prima, questo è sbagliatissimo. Allora uno deve chiedere a chi lo fa: “Dov’è scritta, nel Messale, questa cosa? C’è scritta nel Messale?” No! “Non aggiungere, non togliere, non mutare alcunché nella Liturgia, anche se sei sacerdote, quindi lei non rispetta il Concilio”, punto. Quindi: qui non si sta rispettando il Concilio. “Prese il pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: «Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi». In quel momento lì, lo spezzano veramente! Non si fa, non si può fare. Quello non è il momento della Fractio panis, è dopo! Nel rito ambrosiano lo abbiamo prima del Padre Nostro; invece, nel rito romano, lo abbiamo al momento in cui c’è l’Agnello di Dio; c’è questo spostamento, ma perché sono due riti diversi: l’ambrosiano e il romano, va bene, ma è quella la collocazione. Quindi, il rito ambrosiano lo fa esattamente dopo la dossologia finale, prima dei riti di comunione, quindi prima del Padre nostro, c’è il momento dello spezzare del pane, che è quello ufficiale; il rito romano lo fa invece quando c’è il momento dell’Agnello di Dio: si spezza il pane e poi c’è l’Agnello di Dio. Ma questi sono i momenti, non ce ne sono altri. Questo per farvi un esempio, ma poi si inventano delle cose incredibili, tipo: recitiamo tutti insieme “Per Cristo, con Cristo in Cristo”, no! Non si può! Quello lo recita il sacerdote e i concelebranti, non la gente.
Vedete? Se rispettassimo veramente il Concilio…
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.