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Sacrosanctum Concilium – Capitolo I, § 40, 42 “diocesi e parrocchia”

Concilio Vaticano II - Sacrosanctum Concilium

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Sacrosanctum Concilium – Capitolo I, § 40, 42 “diocesi e parrocchia”
Mercoledì 23 ottobre 2024 – San Giovanni da Capestrano

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 12,39-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 23 ottobre 2024. Festeggiamo quest’oggi S. Giovanni da Capestrano, sacerdote.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal dodicesimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 39-48.

Continuiamo la nostra lettura della Sacrosanctum Concilium, siamo arrivati al numero 40.

Progressivo adattamento liturgico 

40. Dato però che in alcuni luoghi e particolari circostanze si rende urgente un più profondo adattamento della liturgia, che per conseguenza è più difficile:

1) Dalla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all’art. 22 — 2, venga preso in esame, con attenzione e prudenza, ciò che dalle tradizioni e dall’indole dei vari popoli può opportunamente essere ammesso nel culto divino. Gli adattamenti ritenuti utili o necessari vengano proposti alla Sede apostolica, per essere introdotti col suo consenso.

Ecco, vedete che propongono un percorso; dicono: va bene, volete introdurre degli adattamenti però, prima, li dovete fare arrivare qui, alla Santa Sede.

2) Affinché poi l’adattamento sia fatto con la necessaria cautela, — “necessaria cautela” — la Sede apostolica darà facoltà, se è il caso, alla medesima autorità ecclesiastica territoriale di permettere e dirigere, presso alcuni gruppi a ciò preparati e per un tempo determinato, i necessari esperimenti preliminari.

Ecco, qui cosa è successo? È successo che purtroppo gli esperimenti sono diventati “dogmi”, cioè, ciò che era stato dato per esperimento, poi è diventato un diritto. No, questo non va bene, non rispetta l’intenzione del legislatore; non è così, che si fa! Poi, sapete, succede che ci sono sempre quelli che battono i piedi, che cominciano a fare i capricci e a minacciare: “se non mi dai… allora io non faccio …” e poi finisce male, finisce purtroppo come vediamo oggi.

3) Poiché in materia di adattamento, di solito le leggi liturgiche comportano difficoltà particolari soprattutto nelle missioni, nel formularle si ricorra a persone competenti in materia.

Vedete: il Concilio cerca in tutti i modi di andare incontro e dimostrare che c’è una volontà di coinvolgere le culture, le tradizioni e quant’altro, all’interno di questa riforma liturgica. Ma questo, con tutte le cautele, con tutti gli avvisi, con tutte le attenzioni del caso.

IV. La vita liturgica nella diocesi e nella parrocchia

41. Il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c’è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri.

Adesso che lo sappiamo, dovremmo comportarci di conseguenza; è così, perché, immaginatevi, una chiesa cattedrale, c’è il vescovo, poi ci sono tutti i sacerdoti, poi c’è il popolo di Dio, insomma…

Vita liturgica parrocchiale

42. Poiché nella sua Chiesa il vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l’intero suo gregge, deve costituire necessariamente dei gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie organizzate localmente e poste sotto la guida di un pastore che fa le veci del vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra. Per questo motivo la vita liturgica della parrocchia e il suo legame con il vescovo devono essere coltivati nell’animo e nell’azione dei fedeli e del clero; e bisogna fare in modo che il senso della comunità parrocchiale fiorisca soprattutto nella celebrazione comunitaria della messa domenicale.

Certo, dovrebbe essere così. Vi ricordate quando c’era Papa Benedetto XVI, che nel giugno del 2008 introdusse, per la prima volta, la comunione in ginocchio e in bocca? Da lì si è capita l’importanza, la bellezza, l’utilità, la possibilità di fare un po’ ovunque questa cosa. 

A quel tempo, ero superiore del convento e la feci introdurre, d’accordo con tutti i padri del Capitolo. Il Capitolo è l’insieme di tutti i frati che costituiscono una comunità, quindi, il Priore — che a quel tempo ero io — parla con tutti i padri uniti nel capitolo, discutono la cosa e poi si giunge a una decisione. Questa decisione poi viene formalizzata in un verbale scritto, che poi, una volta che è scritto, viene riletto, nella sessione successiva, a tutti i padri del capitolo e, se va bene la lettura del verbale che è stato scritto, allora tutti acconsentono e si procede alla firma, cioè il Priore e il segretario firmano il verbale. Questo verbale viene messo agli atti capitolari.

Quindi, ci sono gli atti capitolari di quando, insieme a tutta la comunità di quel convento dov’ero, abbiamo introdotto la Comunione in ginocchio e in bocca. E qualcuno, non della comunità, qualche sacerdote esterno, mi disse: “Eh no, questa cosa non la puoi fare”; e io dico: “Come, non la posso fare? Perché no? A parte che le norme della Chiesa lo prevedono, ma comunque, al di là di questo, perché no? Qual è la ragione del no? Lo fa il Papa! Tu  basta che vedi in televisione il Santo Padre e vedi che sta dando la comunione in bocca e in ginocchio, e solo in quel modo; neanche un po’ in bocca in ginocchio e un po’ in mano in piedi; no!”.

Chi andava a fare la Comunione dal Papa, doveva mettersi in ginocchio e riceverla in bocca. Nessuno ha più potuto ricevere da Papa Benedetto XVI la comunione in piedi e in mano, nessuno. Voi non troverete un video dove il Santo Padre dà la Comunione e, chi va da lui, la riceve in piedi e in mano, non c’è. 

E non si tiri fuori la questione: “No, ma lui lo faceva perché le Messe erano molto popolate e quindi c’era il rischio della profanazione”, falso. Perché sfido voi ad andare a una Messa Papale e decidere voi di andare a fare la comunione dal Papa. Impossibile! Cioè, se io domani vado a Roma e dico: voglio andare a fare la Comunione, ma non dico dal Papa, ma anche da un cardinale, non è così facile. Se poi a quel tempo, quando c’era Papa Benedetto, Giovanni Paolo II, uno diceva: “Io voglio andare a fare la comunione direttamente dal Papa”, era praticamente impossibile; perché venivano scelte alcune persone che andavano, e poi il Papa era circondato da molti ministranti, cerimonieri e quant’altro, quindi nessuno avrebbe potuto profanare l’Eucarestia, proprio nessuno. Poi non è che il Papa dava la comunione a trecento persone, la dava ad un po’ di persone e poi punto. Poi c’erano i diaconi, i sacerdoti, gli altri vescovi, che davano la comunione. Quindi, non campiamo in piedi queste scuse che non esistono.

E allora io ho detto: “Lo fa il Papa e quindi, se lo fa lui, a maggior ragione lo posso fare anch’io, lo possiamo fare anche noi”. Risposta: “Eh, no! Perché ciò che fa il Papa, è solo per il Papa, solo per la sua diocesi”; e io dico: “Ma tu stai scherzando, ma sei impazzito? Il Papa è il Papa, non solo della sua diocesi, non è solamente il vescovo di Roma. Lui è il Papa, il Sommo Pontefice di tutta la Chiesa; quindi, ciò che lui fa non è per sé stesso e la sua chiesetta personale, ma è per tutti, è un esempio per tutti”. Infatti viene ripreso in televisione, perché tutti vedano il Santo Padre celebrare, e avesse voluto Dio  — Dio lo voleva, ma poi siamo noi che non lo vogliamo — che tutti ci fossimo uniformati sulla modalità, sull’eleganza, sul decoro, sulla devozione di un Papa come Giovanni Paolo II, di un Papa come Benedetto XVI. Cito loro perché sono gli ultimi due che molti di noi hanno conosciuto direttamente. Per i più anziani magari forse anche qualcuno di precedente, però, voglio dire, ormai il tempo passa e si muore, quindi gli ultimi rimasti appartengono alle generazioni che hanno conosciuto questi due papi, a parte le persone più anziane.

Eh, capite, la ragione che è stata data è questa ed è falsa. Questa ragione è falsa, perché se Benedetto XVI era il Papa, se Giovanni Paolo II era il Papa… La domanda è questa: “Giovanni Paolo II era il Papa?” — “Sì”. Allora, fai quello che dice il Papa, allora imita il Santo Padre. Perché qui non è che ognuno si può svegliare la mattina e fare a modo suo. Se il Papa si comporta in questo modo, fai anche tu come fa lui, perché no? Cioè, la domanda vera è: perché dovrei fare diversamente da quello che fa il Papa? Perché dovrei fare in modo diverso dal dolce Cristo in terra? Dovrei fare in modo diverso dal Santo Padre; ma perché? Voglio dire, è il vicario di Cristo. Per quale motivo dovrei fare diversamente? Dovrei pensare che il mio modo è migliore del suo? Che fare diversamente è meglio di quello che fa lui? Ma che superbia luciferiana c’è qui dentro?

Quindi gli ho risposto: “No. A parte che le leggi della Chiesa lo permettono, ma il Santo Padre lo fa, noi facciamo come fa il Santo Padre”. Non vi dico che pandemonio è sempre venuto fuori su questa cosa! Veramente, guerre, su quel panchetto della comunione; dovrei scrivere un libro, credetemi, di tutto quello che ho e abbiamo vissuto in prima persona, per mettere quel panchetto della comunione per dare la possibilità di ricevere la comunione in ginocchio in bocca. Notate: non per obbligo; non come era per il Santo Padre, che si poteva andare a ricevere la comunione solo in ginocchio in bocca, no. Noi abbiamo messo il panchetto della comunione e abbiamo detto: questo panchetto è per tutte quelle persone che vogliono mettersi in ginocchio e che non è giusto che si debbano mettere in ginocchio sul pavimento; perché non tutti siamo atleti, ginnasti e non tutti facciamo quattro ore di palestra al giorno, non tutti abbiamo vent’anni, non tutti siamo sanissimi, vogliamo dare la possibilità, con un briciolo di rispetto, anche alle persone più anziane, alle persone magari un po’ malate, alle persone con sofferenze fisiche, di potersi appoggiare cristianamente su un panchetto di legno, appoggiarsi, ricevere la Comunione in ginocchio e rialzarsi con decoro? Sì, lo vogliamo fare, l’abbiamo voluto fare e l’abbiamo fatto, ma non con l’obbligo. Quindi potevano venire a ricevere la comunione in piedi, in mano oppure in ginocchio e in bocca. Non vi dico… cosa non è successo! Cosa ho vissuto e cosa abbiamo vissuto in quegli anni. Guardate, cose che, se io le dovessi scrivere, non ci credereste, tanto sono incredibili e folli.

Se avessi rapinato una banca o ammazzato qualcuno, avrei sofferto di meno. Son sicuro che sarei stato perseguitato di meno. Per un panchetto della comunione! Sembrava che avessi fatto chissà quale abuso liturgico, quando poi ci sono sacerdoti che cambiano le parole della consacrazione, che cambiano le letture, che non dicono il Credo alla Messa della domenica, e fanno di tutto e di più, di cotte e di mezze bollite. Quelli vanno bene, ma se tu metti il panchetto della comunione: scandalo!

Ecco, purtroppo questo legame non c’è, e quindi vengono fuori questi macelli. Perché i sacerdoti e i fedeli devono essere in comunione con il vescovo, e il vescovo deve essere in comunione col Papa, perché sennò siamo nello scisma. Se quello è il Papa… perché il punto di partenza è sempre quello: è il Papa? Giovanni Paolo II è il Papa? Sì. Allora devi devi obbedire e devi essere in comunione con lui, se non lo sei, sei scismatico, quindi sei fuori dalla Chiesa. Non ci sono questioni: se è il Papa, si obbedisce; se è il Papa, lo si segue, non ci sono storie.

Non come alcuni oggi dicono: “Sì, è il Papa, però io faccio quello che voglio, però non lo seguo su questa cosa; però, qui sbaglia, qui, là…”, no! Se è il Santo Padre, tu devi obbedire, devi seguire tutto ciò che lui ti indica, punto e a capo. Non che tu ne sai di più! No, non ne sai di più, perché il catechismo nella Chiesa cattolica ci ricorda che il Santo Padre è assistito dallo Spirito Santo nel suo magistero “straordinario” — pronunciamenti dogmatici — e “ordinario”, cioè quello che dice, quello che scrive, quello che fa! Perché è così! E quindi lo si imita, quindi si prende ad esempio; se non prendo esempio dal Papa, da chi è che lo prendo, dai pagliacci? Da chi è che lo prendo, da me stesso? No, dal Papa. Chi è che conosce meglio di lui la liturgia? Nessuno. E allora, imitiamolo.

Poi se voi avete visto le celebrazioni di Papa Benedetto o di Giovanni Paolo II… Ma ricordate Giovanni Paolo II come, in modo eroico, celebrava la Santa Messa quando ormai era ridotto in fin di vita? Le adorazioni Eucaristiche di Giovanni Paolo II, quando c’era il Corpus Domini in processione, che ormai non parlava neanche più; tutto storto, tutto piagato dalla malattia, eppure in ginocchio davanti a quell’Eucarestia… Guardate, delle cose che ti stringevano il cuore, ti veniva da prostrarti in ginocchio e da non alzarti più, a vederlo!

No, noi diverso! Io non so come si faccia a fare una roba del genere, ci vuole veramente un coraggio incredibile. Secondo me è scandaloso che un sacerdote o un vescovo si mettano a criticare, giudicare il Santo Padre e ad allontanare i fedeli dall’obbedire al Papa. Perché il Papa è costantemente assistito dallo Spirito Santo e il catechismo dice che noi dobbiamo dare l’ossequio della volontà e dell’intelletto a ciò che il Papa dice. Quindi c’è poco da fare: se è il Papa… La domanda è sempre quella; perché, se per il signor Tal dei Tali che sta davanti a me, fuori dalla porta, quello non è il Papa, e lui dice: io non ci credo, non credo in Dio, non credo nel Papa; basta! Per lui quello non è il Papa, è uno che va in giro vestito di bianco. Se per lui non è nessuno; e allora niente, non è che lui deve obbedienza, non è il Papa, fine. Se lui non lo riconosce come Santo Padre, fine della discussione. Ma se questo è il Papa, se lo riconosce come Papa, se è stato validamente eletto, fine del problema: obbedienza. Basta, non c’è da discutere.

Questo esprime la profonda comunione che ci deve essere tra il popolo di Dio e i sacerdoti, insieme al sacerdote al vescovo, insieme col vescovo al Santo Padre. Perché, sennò, non siamo Chiesa, non siamo la Chiesa cattolica. Va bene, ci fermiamo qua, domani vedremo un’altra parte molto, molto bella.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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