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Ciclo di catechesi – Rianimare la fede e l’amore per vivere in intimità con Dio Lezione 13

Catechesi La Fede 2017-18

Catechesi di lunedì 27 novembre 2017

Ciclo di catechesi “La Fede: dubbio o Abbandono? La Scelta di una vita

Relatore: p. Giorgio Maria Faré

Ascolta la registrazione della catechesi:

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Brani commentati durante la catechesi:

 «Molte tra esse non sanno ancora approfondire i miei sentimenti. Mi trattano come uno che vive lontano da loro… uno che conoscono poco e in cui non hanno abbastanza fiducia. Voglio che rianimino la loro fede e il loro amore, che vivano in intimità e confidenza con Colui che esse amano e che le ama.

[…] «Nella Chiesa ho dei figli maggiori e sono le anime che ho scelte per Me. Consacrate dal sacerdozio o dai voti religiosi, esse vivono più vicino a Me, partecipano alle mie grazie di privilegio, e a loro confido i miei segreti, i miei desideri… e anche i miei patimenti! «Sono esse che incarico, per mezzo del loro ministero, di vegliare sui fanciulli, loro fratelli, e direttamente o indirettamente istruirli, guidarli e trasmettere loro i miei insegnamenti.

«Se le mie anime scelte Mi conoscono pienamente, sapranno farmi conoscere, se Mi amano davvero, sapranno farmi amare. Ma che cosa insegneranno agli altri se Mi conoscono poco?… Ora Io domando: si può amare molto Colui che si conosce male? Si può parlare con vera intimità a Colui da cui ci teniamo lontano?… a Colui in cui abbiamo poca fiducia?…

«Ecco quello che voglio ricordare alle mie anime consacrate. Non è una cosa nuova, certamente, ma esse hanno bisogno di rianimare la loro fede, il loro amore e la loro fiducia. «Voglio che Mi trattino con maggiore intimità, che Mi cerchino nel loro interno, poiché esse sanno che l’anima in grazia è tempio dello Spirito Santo. E là Mi vedano come Io sono, cioè come Dio, ma Dio d’amore! Abbiano più amore che timore, credano al mio amore senza mai dubitarne! Molte, infatti, sanno che le ho scelte perché le ho amate, ma quando si sentono oppresse dalle loro miserie, e forse anche dalle colpe, allora le invade la tristezza al pensiero che Io non abbia più per loro l’amore di una volta».

Qui Josefa si ferma, non potendone più. Domanda al Maestro il permesso di sedersi; e Gesù pieno di compassione glielo permette.

La conforta come sa fare Lui, sempre riconducendola al pensiero delle anime: poi sparisce. Il mercoledì 5 dicembre, alla stessa ora, Egli va a trovarla in cella. Josefa riprende la penna, e sempre inginocchiata al suo tavolino scrive mentre Gesù prosegue: «Ti ho detto ieri che quelle anime non Mi conoscono. Quelle anime non hanno capito che cos’è il mio Cuore! Poiché sono appunto le loro miserie e le loro colpe che inclinano la mia bontà verso di loro. E quando riconoscono la loro impotenza e debolezza, si umiliano e vengono a Me con piena fiducia, allora esse Mi glorificano ancora più che prima della loro colpa.

«Così quando esse pregano per sé e per gli altri: se esitano, se dubitano di Me, non onorano il mio Cuore, mentre Mi glorificano quando aspettano con sicurezza ciò che Mi chiedono, certe che non potrò rifiutare loro se non quello che sarebbe dannoso alle loro anime.

«Quando il Centurione venne a supplicarMi di guarire il servitore, Mi disse con molta umiltà: “Non sono degno che Tu entri in casa mia…” ma pieno di fede e di fiducia aggiunse: “Tuttavia, Signore, se dici una sola parola il mio servo guarirà”. Quest’uomo conosceva il mio Cuore, e sapeva che non posso resistere alle suppliche di un’anima che aspetta tutto da Me… Quest’uomo Mi ha grandemente glorificato perché all’umiltà ha congiunto una fiducia ferma e totale… Sì, quest’uomo conosceva il mio Cuore, eppure non Mi ero manifestato a Lui come Mi manifesto alle mie anime scelte!

«Con la fiducia esse otterranno innumerevoli grazie, non soltanto per se stesse ma per gli altri, ed è quello che voglio che comprendano pienamente, poiché desidero che manifestino i sentimenti del mio Cuore alle povere anime che non Mi conoscono». Qui Nostro Signore s’interrompe un istante, poi riprende insistendo: «Lo ripeto ancora: ciò che ora dico non è niente di nuovo. Ma come una fiamma ha bisogno di essere alimentata per non spengersi, così le anime hanno bisogno di un nuovo incitamento che le faccia avanzare, e di nuovo calore che le rianimi.

«Fra le anime a Me consacrate, poche ve ne sono che hanno in me una vera fiducia, perché ce ne sono poche che vivono in intima unione con Me. Voglio che si sappia che amo le anime quali esse sono. So che la fragilità le farà cadere più d’una volta. So che in molte occasioni non manterranno ciò che Mi hanno promesso: ma il loro proposito Mi glorifica, l’atto di umiltà che faranno dopo una caduta, la fiducia che pongono in Me mi onorano talmente che il mio Cuore sparge sopra di esse un torrente di grazie.

«Voglio che si sappia quanto desidero che le anime consacrate si rianimino e si rinnovino in questa vita di unione e d’intimità con Me. Esse non si limitino a parlarMi quando sono ai piedi dell’altare. Sono là presente, è vero, ma Io vivo anche dentro di loro, e Mi compiaccio a non fare che una cosa sola con loro.

«Mi parlino di tutto!… Mi consultino in tutto!… Mi domandino tutto!… Io vivo in loro per essere la loro vita. Dimoro in loro per essere la loro forza… Sì, lo ripeto non dimentichino che Mi compiaccio di fare una cosa sola con loro… Si ricordino che Io vivo in esse… e che là le vedo, le ascolto, le amo. Là aspetto che corrispondano al mio amore!

«Vi sono molte anime che ogni mattina fanno orazione: ma non è piuttosto una formalità che un colloquio d’amore?… Ascoltano o celebrano la Messa, e Mi ricevono nella Comunione… ma una volta uscite di chiesa non si lasciano forse talmente assorbire dagli affari, che non pensano più a rivolgerMi una parola?…

«Mi trovo in queste anime come in un deserto: non Mi dicono niente; non Mi chiedono niente: e quando hanno bisogno di essere consolate spesso si rivolgono a qualche creatura di cui vanno in cerca, piuttosto che a Me, loro Creatore, che vivo e sono in esse! «Non è questa mancanza di unione, mancanza di vita interiore o, ciò che viene a essere lo stesso, mancanza d’amore?

Brano tratto dal libro “Colui che parla dal fuoco”, diario di suor Josefa Menéndez.

E’ possibile scaricare il libro da internet in formato MOBI o eBook, oppure leggerlo online scegliendo i pulsanti qui sotto:

Testo della catechesi

Scarica il testo della catechesi in formato PDF

Questa sera ho pensato di non fare la Sacra Scrittura, facciamo un approfondimento diverso in vista dell’Avvento, perché diversi di voi mi hanno chiesto cosa fare in Avvento, come prepararci a viverlo bene, che penitenza fare, su che cosa concentrarci. E, quest’estate, durante i miei esercizi spirituali, il Signore mi ha fatto cadere l’occhio su un testo che ho pensato di proporvi nell’Avvento di quest’anno, se il buon Dio lo avesse concesso, e l’ha concesso. Quindi, questa sera vorrei prendere come spunto di riflessione il testo di suor Josefa Menendez, che è una suora morta in concetto di santità (andando su Internet, potrete vedere meglio la sua vita) e che ha avuto dei doni mistici molto elevati, molto belli. Suor Josefa ha lasciato uno scritto che trovate in un libro dal titolo: “Colui che parla dal fuoco”, un testo veramente bello, molto utile.

L’anno in cui lei muore (morirà il 29 dicembre del 1923) la sua morte è accompagnata dall’ultimo Avvento che lei fa nella sua vita. E questo Avvento glielo predica Gesù, diciamo così; è l’ultimo momento nel quale lei vedrà Gesù, che l’accompagnerà fino alla morte. Mi sembra bello riprendere il testo — che io vi leggerò a tratti, ovviamente, non tutto — nel quale Gesù lascia delle richieste a Suor Josefa, dà delle indicazioni molto importanti che si sposano perfettamente — ovviamente — col tema della fede che stiamo facendo noi quest’anno, e che ci dicono anche (credo) quale dovrebbe essere il taglio del nostro Avvento. Perché noi siamo troppo concentrati, alle volte, sulle pratiche di cose da fare. La domanda tipica è: cosa devo fare in Avvento? O: cosa devo fare in Quaresima? Forse la domanda più pertinente sarebbe: cosa devo essere o, meglio ancora, cosa devo diventare, grazie a questo Avvento? Su che cosa Gesù mi chiede di cambiare?

Il discorso che Gesù fa in questo testo è riferito alle anime consacrate, però, penso — senza sbagliare di troppo, credo — che le cose che Gesù dice vanno bene proprio per tutti noi, anche per chi non è sacerdote, non è una suora o un frate, perché sono proprio la via maestra da seguire. E infatti non dimentichiamo che suor Josefa farà la sua professione solenne sul letto di morte: riceverà la grazia dell’unzione degli infermi e della professione solenne nello stesso momento. Quindi è proprio una preparazione, e quindi va bene per tutti, perché tutti siamo chiamati — in uno stato di vita diverso — a fare solennemente la nostra professione di appartenenza a Gesù, di unione con Gesù. 

Gesù le disse:

«Molte tra esse non sanno ancora approfondire i miei sentimenti. Mi trattano come uno che vive lontano da loro… uno che conoscono poco e in cui non hanno abbastanza fiducia. Voglio che rianimino la loro fede e il loro amore, che vivano in intimità e confidenza con Colui che esse amano e che le ama. 

Conoscere i sentimenti di Cristo: questa è la strada. Noi non possiamo dirci cristiani, se non conosciamo i sentimenti di Gesù. Come si fa a conoscere i sentimenti di una persona? L’unico modo è standole vicini, frequentandola, facendo scelte che mettono quella relazione prima di tutto e sopra tutto; sennò non conosciamo quella persona. Conoscere i sentimenti, vuol dire conoscere il cuore, vuol dire conoscere che cosa rende felice quella persona veramente, conoscere i segreti del suo cuore, conoscere le sue abitudini più intime, le sue aspettative che neanche dice, tanto sono profonde, il suo stile, il suo profumo. Ma Gesù dice: «Mi trattano come uno che vive lontano…».

Quante volte, anche in confessionale, mentre si ascoltano le confessioni, si percepisce che quella confessione è una confessione moralistica, non è la confessione di un’amante che soffre perché ha amareggiato l’amato; ma è semplicemente una sorta di scaricamento dei sensi di colpa, è un’analisi moralistica della propria vita: “Non ho fatto del bene; ho risposto un po’ male”; sì, ma tu dove sei oggi? Dov’è Gesù, rispetto a te? E tu dove sei, rispetto a Lui? Qual è la relazione intima di amicizia che tu hai con Gesù? Che cosa Gesù ti sta chiedendo? Dove ti vuole condurre? Quanto tu lo frequenti?

Gesù dice: «uno che conoscono poco e in cui non hanno abbastanza fiducia»: appunto!

«Nella Chiesa ho dei figli maggiori e sono le anime che ho scelte per Me. Consacrate dal sacerdozio o dai voti religiosi, esse vivono più vicino a Me, partecipano alle mie grazie di privilegio, e a loro confido i miei segreti, i miei desideri… e anche i miei patimenti! «Sono esse che incarico, per mezzo del loro ministero, di vegliare sui fanciulli, loro fratelli, e direttamente o indirettamente istruirli, guidarli e trasmettere loro i miei insegnamenti. «Se le mie anime scelte Mi conoscono pienamente, sapranno farmi conoscere, se Mi amano davvero, sapranno farmi amare. Ma che cosa insegneranno agli altri se Mi conoscono poco?… Ora Io domando: si può amare molto Colui che si conosce male? Si può parlare con vera intimità a Colui da cui ci teniamo lontano?… a Colui in cui abbiamo poca fiducia?..

Parole vere, verissime, perfette; che dicono: tu come fai a insegnare Gesù agli altri, se non lo conosci, lo conosci poco o lo conosci male? E noi parliamo tanto di Gesù, perché noi siamo tutti dei piccoli preti, che abbiamo tutti il nostro piccolo pulpito, dal quale tutti facciamo le nostre piccole omelie, tutti! Guardate, questo è veramente l’errore più grande che si possa fare; io ci ho impiegato tanti anni a capirlo, ma finalmente il Signore mi ha un po’ illuminato, grazie a Santa Teresa di Gesù, e mi ha proprio fatto capire che questo è l’errore più grande che ci possa essere. Questa mania di dover convincere gli altri, questa mania di dover salvare gli altri; lo dice Santa Teresa! Uno, appena si converte al Signore, pensa che tutti debbano essere convertiti come lui; uno, appena si avvicina al Signore, pensa che tutti debbano avvicinarsi al Signore come lui; uno, appena fa qualcosa, bisogna che tutti facciano le cose che fa lui per il Signore; ma Santa Teresa dice: tu comincia a guardare te stesso, comincia a preoccuparti della tua anima, comincia a preoccuparti del tuo cammino, invece di avere in mente che devi salvare Tizio, Caio e Sempronio e che, se muore, va all’inferno. Ma guarda che forse all’inferno ci vai tu, non loro; non lo sai!

Cominciamo a preoccuparci della nostra di vita! Che vuol dire: qual è la tua relazione e conoscenza di Gesù? Ma tu, Gesù, lo conosci? E cosa vuol dire conoscerlo? Conoscerlo vuol dire frequentarlo. E, per frequentarlo, ci vogliono le ore, non i minuti risicati: le ore, le giornate, le serate, le notti; non c’è un altro modo per conoscere Gesù. E non ce ne vuole una, due, tre, ci vuole la vita spesa, consumata per Lui, solo così si diventa familiari di Gesù. Altrimenti tu, quando parli con gli altri, di che cosa stai parlando? Di chi stai parlando?

Stiamo attenti a non insegnare un volto errato di Dio per la nostra cattiva conoscenza che abbiamo di Lui. Perché noi, di fatto, trasmettiamo quello che conosciamo e, se conosciamo male, trasmettiamo male, c’è poco da fare. Non confondiamo Dio con tutte le nostre proiezioni parapsicologiche, perché Dio non c’entra niente con queste cose qui. Dio è Dio, e noi dobbiamo andare a stare davanti a lui per farci l’idea corretta di questo Dio, per capire questo Dio cosa vuole, chi è, i suoi sentimenti. Si può amare molto colui che si conosce male? No, non si può amare colui che non si conosce e non si può amare colui che si conosce male.

E qui dobbiamo anche dircelo: noi quante cose leggiamo, in una giornata? Adesso, purtroppo, abbiamo perso anche l’abitudine di leggere, a parte il grande Dio Facebook che leggiamo in continuazione — anche lì, se ci sono cose che riguardano Dio, va bene, ma spesse volte non ci sono cose che lo riguardano — comunque: qual è il tempo che noi dedichiamo per la lettura, per la meditazione della parola di Dio? Qual è il tempo che noi dedichiamo per la meditazione di un testo classico di spiritualità? Io non so quanti di noi, ad esempio, hanno letto “L’Imitazione di Cristo” che è un testo classico di spiritualità importantissimo. Quanti di noi hanno letto la “Pratica di amar Gesù Cristo”, di Sant’Alfonso Maria de Liquori? Quanti di noi hanno letto “Filotea”, di San Francesco di Sales? Diversamente: noi che cosa conosciamo di Dio? Il nostro sentimentalismo? Quello che a noi piace?

Come si fa a capire quando una persona è abituata a stare davanti al Tabernacolo? Da cosa lo capisci, quando una persona è abituata al rapporto con Dio? Lo capisci perché il rapporto con Gesù è profondamente educativo, una persona che sta davanti al Tabernacolo viene educata da Gesù. Gesù la forma proprio, non solo la guarisce, ma la plasma; la plasma a un tipo di relazione particolare. Quale? È una persona umile, una persona “remissiva”, che sa ascoltare. Oggi, quando veniamo a confessarci, spesse volte, neanche abbiamo un interesse di ascoltare quello che ci viene detto dal sacerdote. E, quando il sacerdote ci dice: “Ma guardi, secondo me …”, subito diciamo: “No, invece no, non è così. No, invece io le dico che non è così” – “Ma guardi, forse è meglio…” – “No, no, no, guardi, io le dico che invece no” – “Ma scusami, ma tu mi hai ascoltato?”.

Se non siamo in grado di ascoltare un uomo, ci immaginiamo cosa vuol dire ascoltare Dio, che è silenzio puro? Se non sei abituato a fare silenzio dentro di te, perché l’hai fatto prima attorno a te, come fai ad ascoltare Dio? Tu non ascolti Dio, tu ascolti te stesso. Tu credi di conoscere Dio, ma in realtà quel Dio sei tu. Tu credi di frequentare Dio, in realtà, stai frequentando te stesso. Tu credi di pregare, ma in realtà stai facendo una seduta psicanalitica, stai facendo una meditazione trascendentale, ma tu non stai pregando, non stai intessendo un rapporto di amicizia con qualcuno, tu non stai facendo niente! Perché Gesù non ha neanche lo spazio per intervenire, per dire una parola, per fare un richiamo, un rimprovero, una correzione, o darti un’intuizione.

Gesù dice: «Si può parlare con vera intimità a Colui da cui ci teniamo lontano?» No, non si può; se Gesù è relegato come un santino dentro la vetreria, no, non c’è possibilità. E questa relazione con Dio non si può circoscrivere solo al momento nel quale noi siamo in chiesa; tutta la giornata deve essere fatta così, impostata così. Tutta la giornata deve essere una giornata di ascolto di Dio.

Quindi, se mi metto in questa logica, si capisce per quale motivo abbiamo i Sant’Antonio del deserto, i San Benedetto, le Sante Scolastiche, le Sante Teresa; perché tutti questi santi cercano il silenzio? Perché Dio parla quando vuole, non è che parla perché tu sei in chiesa. Dio interviene con una luce nella tua mente e nel tuo cuore quando vuole lui, non quando vuoi tu.

Ora, voi capite, in questo contesto si pone una prima riflessione importante, che dovrebbe porsi di logica: come sta tutto questo con la televisione? Come sta tutto questo con la radio? Come sta tutto questo con la musica? Ma non per una riflessione negativa, cioè di demonizzazione di queste realtà; semplicemente: che rapporto c’è tra il rumore e il silenzio? Dopo, noi diciamo: “Non sento Dio!”, certo, per forza.

Si sente spesso dire: “Io devo guardare la televisione, leggere dodici quotidiani e ascoltare la radio, perché sennò sono fuori dal mondo”; a te, chi l’ha detto? Su quale bugiardino di quale medicinale l’avete letto? Ma non è vero! Perché Charles de Foucauld, che consumava la sua vita in mezzo ai Tuareg e davanti al Tabernacolo di quelle chiese, giorno e notte, era più informato della realtà del mondo di tutti noi che siamo attaccati a Internet. Perché la conoscenza – dice la Scrittura – non viene dall’esperienza, ma dal timor di Dio. Lo trovate nel libro del Siracide: “Principio della Sapienza è il timor di Dio”, non l’esperienza; e questa è esattamente la tentazione del serpente a Adamo ed Eva: “dovete provare per sapere e conoscere”; no, devo credere per conoscere, è un’altra cosa.

Comunque abbiamo poca fiducia; domanda: ti fidi di Dio?

Voi sapete che oggi i farmaci più venduti sono gli ipnotici e gli ansiolitici; questi farmaci hanno un guadagno pazzesco, una vendita pazzesca. 

Domanda: ma ti fidi o non ti fidi di Dio? Certo, ma qual è il problema? Tutti noi diciamo che ci fidiamo di Dio e quindi nessuno di noi dice: io non mi fido di Dio, figurati. Ma c’è un problema, che sta sotto a questa cosa: io mi fido di Dio, a condizione che Dio faccia quello che voglio io, nei tempi che voglio io, allora mi fido; e devo vedere, cioè mi deve dimostrare che si sta dando da fare secondo quello che ho nella mia testa, sennò vado in ansia. Ma che fede è, questa? Ma Dio sarà libero di fare Dio? No, Dio deve fare Dio come voglio io e intervenire quando voglio io.

Suor Josefa voleva morire il 12 di dicembre, perché era mercoledì, giorno di San Giuseppe, perché era la morte della sua fondatrice, insomma, per tante ragioni e lei lo chiese a Gesù. E Gesù le dice: “Josefa, lascia scegliere a me il giorno e l’ora. Se vuoi ti faccio morire il 12, però non è via di perfezione, questa qui. Lascia che sia io scegliere; il modo lascialo scegliere a me. Ti fidi o non ti fidi?”. E infatti non è morta il 12, è morta il 29.

Noi non ci fidiamo e quindi non amiamo. Da cosa si capisce che non ci fidiamo? Dalle frigne che facciamo. È un continuo frignare: “E Gesù non mi fa; e Gesù non mi dice; e Gesù non interviene; e Gesù di qui; e perché Gesù non fa questo? E perché Gesù non ha fatto quell’altro? E perché io non vedo quello? E perché io non vedo quell’altro? E perché non è intervenuto qui? E perché non è intervenuto là?

Ma questa è fede? Questo vuol dire credere? No.

Vedete già come l’Avvento si sta delineando davanti i nostri occhi? Che non ha niente a che vedere e a che spartire con: non mangio il panettone per un mese! Non ha niente a che vedere con questo genere di cose. Non inganniamoci con queste cose, perché, la penitenza è una cosa molto bella, ma non deve essere un’illusione. La penitenza deve arrivare quando il mio cuore si è già orientato, perché sennò è un’illusione; mi illudo di essere in Dio – perché non mangio il panettone – ma non ci sono, capito? È un’altra cosa, l’Avvento; su ben altro livello dobbiamo lavorare, se abbiamo il coraggio.

Ecco quello che voglio ricordare alle mie anime consacrate. Non è una cosa nuova, certamente, ma esse hanno bisogno di rianimare la loro fede, il loro amore e la loro fiducia. «Voglio che Mi trattino con maggiore intimità, …

Basta vedere alle volte alcuni cristiani che entrano in chiesa per domandarci: dov’è l’intimità? Con la testa per aria, guardano in giro appena fatta la Comunione, ma che intimità è, quella!?

che Mi cerchino nel loro interno, poiché esse sanno che l’anima in grazia è tempio dello Spirito Santo.

Noi lo sappiamo, questo? Quindi noi, durante la giornata, cerchiamo Dio dentro di noi? Mentre stai guardando la televisione, cerchi Dio dentro di te? No; non prendiamoci in giro. Questi sono i momenti nei quali noi prendiamo Dio e lo mettiamo fuori, momenti in cui diciamo: no, adesso no, questo è un tempo mio, perché mi devo riposare, perché mi devo distrarre.

E là Mi vedano come Io sono, cioè come Dio, ma Dio d’amore! Abbiano più amore che timore, credano al mio amore senza mai dubitarne!

Ma da dove viene, la paura? La paura viene quando la mia coscienza è sporca. Quando io mi sento in colpa, quando io sento che sono fuori binario, io ho paura di Dio, certo! Il diavolo ha paura di Dio. Nessuno ha più paura di Dio del demonio! Per credere all’amore di Dio, bisogna averlo visto, bisogna averlo sperimentato, provato. Ma se non abbiamo una vita spirituale, come facciamo ad averlo provato? Se non difendiamo la nostra vita spirituale in tutti i modi, come facciamo ad averlo provato? Se non diamo alla nostra vita spirituale il meglio, come facciamo ad averlo provato?

Molte, infatti, sanno che le ho scelte perché le ho amate, ma quando si sentono oppresse dalle loro miserie, e forse anche dalle colpe, allora le invade la tristezza al pensiero che Io non abbia più per loro l’amore di una volta»

Qua dentro, quanto si nasconde l’amor proprio, la superbia! Al centro ci sono io con le mie valutazioni; ma Dio non valuta secondo i tuoi criteri, Dio usa criteri altri, che sono i criteri del suo Figlio crocifisso, quella è la misura del suo amore. Calcoliamo che Gesù detta queste cose a Josefa e lei le scrive, mentre praticamente sta morendo; non dimentichiamoci questo dettaglio, sono gli ultimi venti giorni della sua vita; muore tra atroci sofferenze, senza più mangiare, senza più bere, una cosa incredibile. E scrive inginocchiata al suo tavolino. Poi ad un certo punto la dettatura si ferma perché Josefa dice: “Gesù, basta, non ce la faccio più, non riesco più a stare qui così” e chiede a Gesù di sedersi. E lei dice che Gesù, pieno di compassione, glielo permette, ma il giorno dopo lei ricomincia a scrivere, in ginocchio.

Ti ho detto ieri che quelle anime non Mi conoscono. Quelle anime non hanno capito che cos’è il mio Cuore! Poiché sono appunto le loro miserie e le loro colpe che inclinano la mia bontà verso di loro. E quando riconoscono la loro impotenza e debolezza, si umiliano …

questa parolina è fondamentale: si umiliano cioè, riconoscono che è vero. Vengono con verità a dire: io sono questa persona, senza campare e inventare scuse

… e vengono a Me con piena fiducia, non: vanno al bar, o a vedere la televisione — allora esse Mi glorificano ancora più che prima della loro colpa. 

Perché Gesù dice questo? Perché hanno fatto un atto di umiltà e d’amore. Hanno riconosciuto quello che sono, lo hanno detto e sono andati da colui che hanno offeso, amareggiato. Quindi: più di così! Questo glorifica Gesù; questo è quello che vuole Gesù. Invece noi pensiamo che voglia altro.

Così quando esse pregano per sé e per gli altri: se esitano, se dubitano di Me, non onorano il mio Cuore, mentre Mi glorificano quando aspettano con sicurezza ciò che Mi chiedono, certe che non potrò rifiutare loro se non quello che sarebbe dannoso alle loro anime.

Noi dovremmo dire: se il Signore non mi concede questa cosa che tanto desidero, è per il mio bene; è perché io, che sono miope, non vedo che questa cosa qui sarebbe per il mio male. Gesù, che invece vede tutto, vede che è per il mio bene non darmela e non me la dà; mi dà altro.

Quando il Centurione venne a supplicarmi di guarire il servitore, Mi disse con molta umiltà: “Non sono degno che Tu entri in casa mia…” ma pieno di fede e di fiducia aggiunse: “Tuttavia, Signore, se dici una sola parola il mio servo guarirà”. Quest’uomo conosceva il mio Cuore, e sapeva che non posso resistere alle suppliche di un’anima che aspetta tutto da Me… 

Sì, ma che lo aspetta però; tutto. Non chi dice: sì, sì, io mi fido di Dio, però mi faccio il piano B, così se Dio non interviene ci penso io. Cioè: “Io devo arrivare lì, ci sono due vie: o me lo fai fare tu Gesù, o ci arrivo da solo. Quindi io ti do dieci giorni, se in capo a dieci giorni tu non mi fai arrivare là bene, io ti saluto e vado da solo per conto mio”. Ma questo non è affidare tutto a Dio, questa è una presa in giro. Affidare tutto a Dio vuol dire che o Dio mi apre quella porta o io non la apro. Questo è affidare tutto a Dio: dare tutto nelle sue mani. Non che io mi tengo le chiavi di scorta!

Quest’uomo Mi ha grandemente glorificato perché all’umiltà ha congiunto una fiducia ferma e totale… Sì, quest’uomo conosceva il mio Cuore, eppure non Mi ero manifestato a Lui come Mi manifesto alle mie anime scelte!

Con la fiducia esse otterranno innumerevoli grazie, non soltanto per sé stesse ma per gli altri, ed è quello che voglio che comprendano pienamente, poiché desidero che manifestino i sentimenti del mio Cuore alle povere anime che non Mi conoscono.

Perché noi dobbiamo essere un tramite. Gli altri, ascoltandoci, guardandoci, vedono in noi i sentimenti di Gesù, lo stile di Gesù, il modo di fare di Gesù.

Leggendo la vita di questi mistici, sapete che cosa si ricava, che cosa si capisce? Che parlare con Gesù è la cosa più bella del mondo, la cosa più lineare, più facile, più semplice, più sintetica, più pacifica, più immediata. Anche quando Gesù ti deve richiamare, ti deve medicare, ti deve castigare – tutto quello che volete – è sempre un movimento leggero, un movimento svelto, un movimento che arriva al punto; è un movimento denso di un amore che vuole solo il tuo meglio.

E invece, tra di noi, che complicazioni! Basta uno sguardo, basta una parola, basta un movimento di piuma diverso da quello che noi abbiamo in testa e subito ne siamo offesi, feriti: “Ci rimango male, ecco non mi tratta bene, non mi vuole bene, non mi stima, non mi ama”. Ma questa è vita di gente che segue Dio? Ma dai! Ma tiriamoci un po’ insieme, cresciamo un po’! Impariamo ad andare all’essenziale. L’essenziale non è questp; veramente “l’essenziale è invisibile agli occhi”, è vero! Quindi impariamo a chiuderli, questi occhi! Impariamo a muoverci col cuore, con l’anima, a cercare veramente e solamente la verità, al di là di tutti i fronzoli appiccicosi che noi stiamo invece a cercare.

Voglio che si sappia quanto desidero che le anime consacrate si rianimino e si rinnovino in questa vita di unione e d’intimità con Me. – Unione è intimità: stare uniti e stare intimi a Gesù – Esse non si limitino a parlarmi quando sono ai piedi dell’altare. Sono là presente, è vero, ma Io vivo anche dentro di loro, e Mi compiaccio a non fare che una cosa sola con loro.

Mi parlino di tutto!… Mi consultino in tutto!… Mi domandino tutto!… Io vivo in loro per essere la loro vita. Dimoro in loro per essere la loro forza…

Ma noi parliamo di tutto, con Gesù? Noi consultiamo su tutto Gesù? O facciamo quello che vogliamo? Consultare in tutto Gesù vuol dire che dobbiamo prenderci del tempo, che dobbiamo chiedere a Gesù la luce per capire, per comprendere cosa vuole da noi in quella scelta.

O ci muoviamo secondo i nostri gusti?

Quanti inganni nei quali cadiamo! Ve lo dissi, come quel ragazzo vinse l’impurità; io ce l’ho sempre in mente questo ragazzo che ha vinto l’impurità in una Quaresima grazie a questo ragionamento, lui disse: “Non sono mai riuscito a vincere l’impurità fino a quando non mi è apparsa questa idea: se io cado contro la purezza stasera, domani mattina non posso fare la Comunione. Il desiderio di fare la Comunione è diventato più grande del desiderio di guardare le cose brutte”. Lui ha vinto l’impurità così; non ci sono molti altri metodi. È solo un amore più grande, che riesce a girare il cuore, altrimenti non ce n’è per nessuno.

Sì, lo ripeto non dimentichino che Mi compiaccio di fare una cosa sola con loro… Si ricordino che Io vivo in esse… e che là le vedo, le ascolto, le amo — noi diamo a Dio, le ossa, e al mondo, la carne, questo non è amore. L’amore è il contrario — Là aspetto che corrispondano al mio amore!

Vi sono molte anime che ogni mattina fanno orazione: ma non è piuttosto una formalità che un colloquio d’amore?… — Le nostre preghiere sono una formalità o un colloquio d’amore? — Ascoltano o celebrano la Messa, e Mi ricevono nella Comunione… ma una volta uscite di chiesa non si lasciano forse talmente assorbire dagli affari, che non pensano più a rivolgermi una parola?..

Tutti abbiamo tante cose da fare. Ma dico: ma perché non ci ingegniamo? Quando sei al lavoro o sei non so dove, ma perché non ti metti lì una bella immagine della Madonna, di Gesù, sul desktop o da qualche parte? Sapete che ci sono dei siti che trasmettono l’Adorazione eucaristica in streaming 24 ore su 24? Voi avete in streaming una telecamera piantata costantemente su uno ostensorio con Gesù Eucarestia. Cosa mi proibisce di mettere questa immagine in streaming accanto a me? Non sto vedendo niente, non è un film, è un’immagine ferma di Gesù Eucaristia. Cosa me lo impedisce: la vergogna? La paura che gli altri lo vedono? Che mi dicono qualcosa? Perché quello che invece ci mette la donna nuda va benissimo, certo! Quello che ci mette l’ultimo calendario più immondo della terra, quello va bene. Ma che io ci metta Gesù Eucarestia no. Ma chi l’ha detto? Perché non devo fare delle cose che mi aiutano in questa cosa qua che dice Gesù e cioè: “che non posso concludere la mia amicizia con Gesù in chiesa”.

“Oggi ho avuto tante cose da fare che mi sono dimenticato di Gesù”, eh certo. Che cos’è che ti richiama Gesù nella tua vita? Guardati attorno: ti sei ingegnato per avere qualcosa che ti richiama Gesù nella tua vita? Sennò, è chiaro che queste spine alla fine mi soffocano.

Mi trovo in queste anime come in un deserto: non Mi dicono niente; non Mi chiedono niente: e quando hanno bisogno di essere consolate spesso si rivolgono a qualche creatura di cui vanno in cerca, piuttosto che a Me, loro Creatore, che vivo e sono in esse!

Non è questa mancanza di unione, mancanza di vita interiore o, ciò che viene a essere lo stesso, mancanza d’amore?

Certo… Noi siamo fatti così, noi andiamo dal nostro micio-micio perché gli dobbiamo raccontare tutte le cosine e a Gesù niente. Gesù è solamente il take away che noi andiamo a frequentare per avere quello che mi interessa, ma non andiamo lì a trattarlo da amico, a dire: questa cosa la dico solo a te, a nessuno, è solo per te. Voglio conservare la verginità di questo evento — bello o brutto che sia — solo per te. Questo fa la differenza!

Quindi voi capite che, anche solo da queste prime battute del testo, abbiamo già un programma per l’Avvento, a dire il vero per tutta la vita, ma, comunque, questo Avvento, potrebbe aprire un programma interessante. Abbiamo una settimana di tempo: perché non usare questa settimana per impostare l’Avvento in questo modo, con una scelta concreta, vera, che incida realmente sulla mia vita? Che sia una scelta che veramente va a cambiare il mio stile di vita. Una scelta che, quando arriva il Natale, la mia vita è cambiata. La mia vita è cambiata perché fare così vuol dire: dire no a tante cose, dire sì a tante altre.

Da quello che Gesù ha detto, questo è un esempio, ma voi ne potete tirarne fuori mille perché, ascoltando queste parole, ciascuno di voi, nella sua anima, ha sentito la coscienza che gli dice: “Eh, questo è per te, questo tocca a te. Questo è quello che voglio da te. Questo è quello che tu devi fare. Questo è quello che mi aspetto, perché non me lo dai?”

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Informazioni

Padre Giorgio Maria Faré ha tenuto queste catechesi tutti i lunedì alle ore 21 presso il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi di Monza.

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