Catechesi di lunedì 7 maggio 2018 (prosecuzione della catechesi di lunedì 30 aprile)
Ciclo di catechesi “La Fede: dubbio o Abbandono? La Scelta di una vita”
Relatore: p. Giorgio Maria Faré
Ascolta la registrazione della catechesi:
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Brani commentati durante la catechesi:
Il brano è lo stesso della volta precedente, continua la lettura del commento di Don Dolindo Ruotolo su questo passo del Libro di Ester.
Libro di Ester, capitolo 5
1 Il terzo giorno, quando ebbe finito di pregare, ella si tolse le vesti da schiava e si coprì di tutto il fasto del suo grado. 1a Divenuta così splendente di bellezza, dopo aver invocato il Dio che veglia su tutti e li salva, prese con sé due ancelle. Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva tenendo sollevato il mantello di lei. 1b Appariva rosea nello splendore della sua bellezza e il suo viso era gioioso, come pervaso d’amore, ma il suo cuore era stretto dalla paura. 1c Attraversate una dopo l’altra tutte le porte, si trovò alla presenza del re. Egli era seduto sul trono regale, vestito di tutti gli ornamenti maestosi delle sue comparse, tutto splendente di oro e di pietre preziose, e aveva un aspetto molto terribile. 1d Alzò il viso splendente di maestà e guardò in un accesso di collera. La regina si sentì svenire, mutò il suo colore in pallore e poggiò la testa sull’ancella che l’accompagnava. 1e Ma Dio volse a dolcezza lo spirito del re ed egli, fattosi ansioso, balzò dal trono, la prese fra le braccia, sostenendola finché non si fu ripresa, e andava confortandola con parole rasserenanti, dicendole: 1f “Che c’è, Ester? Io sono tuo fratello; fatti coraggio, tu non devi morire. Il nostro ordine riguarda solo la gente comune. Avvicinati!”. 2 Alzato lo scettro d’oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: “Parlami!”. 2a Gli disse: “Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore si è agitato davanti alla tua gloria. Perché tu sei meraviglioso, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto”. 2b Ma mentre parlava, cadde svenuta; il re s’impressionò e tutta la gente del suo seguito cercava di rianimarla.
3 Allora il re le disse: “Che vuoi, Ester, qual è la tua richiesta? Fosse pure metà del mio regno, l’avrai!”. 4 Ester rispose: “Se così piace al re, venga oggi il re con Amàn al banchetto che gli ho preparato”. 5 Il re disse: “Convocate subito Amàn, per far ciò che Ester ha detto”. Il re andò dunque con Amàn al banchetto che Ester aveva preparato. 6 Il re disse a Ester, mentre si beveva il vino: “Qual è la tua richiesta? Ti sarà concessa. Che desideri? Fosse anche la metà del regno, sarà fatto!”. 7 Ester rispose: “Ecco la mia richiesta e quel che desidero: 8 se ho trovato grazia agli occhi del re e se piace al re di concedermi quello che chiedo e di soddisfare il mio desiderio, venga il re con Amàn anche domani al banchetto che io preparerò loro e io risponderò alla domanda del re”.
9 Amàn quel giorno uscì lieto e con il cuore contento, ma quando vide alla porta del re Mardocheo che non si alzava né si muoveva per lui, fu preso d’ira contro Mardocheo. 10 Tuttavia Amàn si trattenne, andò a casa e mandò a chiamare i suoi amici e Zeres sua moglie. 11 Amàn parlò loro della magnificenza delle sue ricchezze, del gran numero dei suoi figli, di quanto il re aveva fatto per renderlo grande e come l’aveva innalzato sopra i capi e i ministri del re. 12 Aggiunse: “Anche la regina Ester non ha invitato con il re nessun altro se non me al banchetto che ha dato; anche per domani sono invitato da lei con il re. 13 Ma tutto questo non mi basta, fin quando io vedrò Mardocheo, il Giudeo, restar seduto alla porta del re”. 14 Allora sua moglie Zeres e tutti i suoi amici gli dissero: “Si prepari un palo alto cinquanta cubiti e tu domani mattina dì al re che vi sia impiccato Mardocheo; poi và pure contento al banchetto con il re”. La cosa piacque ad Amàn che fece preparare il palo.
Testo della catechesi
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Buonasera a tutti, ben ritrovati; continuiamo con le nostre catechesi. Ci stiamo concentrando in modo particolare sul libro di Ester perché mi sembra un testo che offre tanti spunti di riflessione per ciascuno di noi e, soprattutto, tante applicazioni utili per la nostra vita.
Siamo al capitolo quinto e questa stasera vedremo Ester che si presenta al Re Assuero, e Aman (il generale) che prepara il patibolo per Mardocheo nel giardino. Stiamo guardando questo capitolo del libro di Ester usando la lettura esegetica e spirituale che fa don Dolindo Ruotolo, sacerdote morto in concetto di santità e figlio spirituale di Padre Pio.
Al terzo giorno di digiuno e di preghiera, Ester, confidando nel Signore, si presentò innanzi al Re, vestita da Regina
Assuero, vedendola arrivare, grazie al cielo, ha l’idea che ci sia qualcosa di urgente visto che si presenta senza essere convocata e visto come è vestita. Quindi, per rincuorarla, subito le presenta lo scettro da baciare e, così facendo, le dà sicurezza della vita; perché, ricordate, che in caso contrario, chi si presentava davanti al Re senza essere convocato era condannato a morte. Ester, esortata dal Re a manifestare quello che voleva domandare (addirittura il Re le dice che le avrebbe dato anche la metà del suo regno) semplicemente lo supplica di venire, insieme ad Aman, a un pranzo preparato da lei. E con grande prudenza, grande sapienza, Ester si guarda bene dal rivelare lo scopo di questa convocazione; lei li convoca per un pranzo, però non dice altro.
E questo già è un insegnamento grande per noi, perché noi, alle volte, abbiamo l’abitudine di parlare troppo, di avere la lingua troppo lunga e di essere un po’ come gli scolapasta che san tenere i segreti e le proprie cose esattamente come lo scolapasta sa tenere l’acqua, per cui immediatamente noi diciamo tutto, riveliamo tutto un po’ a tutti. Basta che qualcuno ci dia un po’ di attenzione, basta che qualcuno sia un po’ interessato a noi, basta che qualcuno abbia un legame particolare con noi e noi non facciamo più distinzione. Quando cominciamo ad aprire lo scrigno spesse volte lo apriamo tutto e, non di rado, tutti vedono tutto. Ester non fa così e questa prudenza si rivelerà la sua forza, la sua grande forza.
Assuero accondiscese al desiderio di Ester e comandò che subito fosse stato chiamato Aman, affinché avesse obbedito alla Regina intervenendo al banchetto…
Però, ovviamente, Assuero capisce che una persona non rischia la vita per invitarti a pranzo e quindi non crede che la Regina abbia rischiato la vita per dirgli di andare a pranzo con Aman; intuisce che sicuramente c’è sotto qualcos’altro. Quindi Assuero, dopo aver mangiato, domanda nuovamente alla regina che cosa volesse. Ed Ester a questo punto gli domanda come grazia di intervenire una seconda volta ad un altro banchetto e gli assicura che, a quel punto, gli rivelerà la ragione di questa convocazione. E allora Aman e il Re escono da questo primo incontro, da questo primo pranzo e Aman esce molto felice, molto festante, perché gli sembra di aver toccato il picco del prestigio; per quale motivo? Perché non solo è andato a pranzo con il Re e la Regina ma, addirittura, la Regina lo ha invitato per un secondo momento insieme; questo lo riempie di rinnovato orgoglio. Abbiamo già visto quanto Aman fosse orgoglioso e quanto l’orgoglio sia un danno gravissimo per la vita di ciascuno di noi. E tra l’altro lui esce dalla reggia fra le adorazioni dei servi, perché vi ricordate che, quando lui passava, tutti si dovevano inchinare. Quindi immaginatevi lo stato di quest’uomo.
Mardocheo — che è lo zio della regina Ester — una volta che si è assicurato della mediazione di Ester per il popolo, di fatto riprende i suoi abiti — ricordate che era vestito male, da penitente, da digiunante — e ritorna al suo posto da portinaio. E nuovamente — ovviamente — non fa nessun inchino al passaggio di Aman. Aman risulta ancora irritato, dissimula la sua ira per non dare importanza, ma cosa fa? Corre subito a casa dai suoi amici e da sua moglie Zares e manifesta tutto il suo sdegno. Questa è una cosa che succede spesso e cioè che noi fuori facciamo finta di niente, di essere superiori a tutto e tutti poi, quando torniamo a casa, sfoghiamo tutto e diciamo tutto quello che ci dà fastidio, tutto quello che non è andato bene, tutto quello che è sbagliato, tutto quello che non ritenevamo giusto.
Egli era ricco, aveva una numerosa figliolanza, il che era ritenuto dai Persiani come segno e prova di vigore virile, era innalzato sopra tutti i principi, era stato l’unico prescelto dalla Regina al convito, che anzi era stato invitato anche per il giorno seguente…
Ma ciononostante Aman aveva dentro un tarlo: era il tarlo di Mardocheo. Cioè, tutto andava bene, tutto era perfetto, tutto era al top però c’era dentro questo tarlo che lo rodeva: “Mardocheo non mi saluta; Mardocheo non si prostra; Mardocheo non si inginocchia”. Cosa capiamo da questo evento? Capiamo che la felicità, quando è fondata sull’orgoglio, sulla presunzione, sulle cose del mondo, sui valori mondani, è un castello di carta che basta una quisquilia come un servo che non mi saluta — rendiamoci conto: il primo ministro e il portinaio, capite? Siamo a questo livello — e questa felicità crolla; lui resta turbato, è costantemente turbato, è ossessionato dalla reazione di Mardocheo. Lui ha in mente solo Mardocheo e il fatto che questo qui non gli dà quello che lui vuole.
Lui che è potente, più potente nell’impero dopo il re, davanti alla moglie e ai figli si confessa impotente davanti a un servo. Spesse volte noi in famiglia siamo molto “spogliati”, veniamo fuori per quello che siamo e, spesso, non nella parte migliore perché, mentre fuori magari ci teniamo un po’ perché dobbiamo tenere un certo tono, un certo status, quando poi siamo in casa viene fuori quello che non viene mai fuori. E questo non è un bel segno, perché questo vuole già dire che c’è una doppia faccia, c’è una falsità: io sono fuori quello che non sono dentro e viceversa. Una persona dovrebbe essere la medesima persona che sia in casa sua, che sia al lavoro, che sia in chiesa, che sia con gli amici, che stia lavorando o che sia in piscina; e invece non è propriamente così. Questa è la ragione per la quale non si finisce mai di conoscere qualcuno perché, di fatto, o una persona ha un grande culto della trasparenza, della sincerità e quindi della verità, e quindi ha a cuore di manifestarsi sempre in ciò che è vero, oppure, altrimenti, noi veniamo sempre a conoscere solamente ciò che l’altro ci vuole far conoscere, quindi l’apparenza, non la verità. Su questo dobbiamo stare molto attenti, perché il problema è che se ci collochiamo dentro a questa prospettiva, è difficile creare delle relazioni, perché ogni relazione presuppone la verità e la sincerità. E quindi dobbiamo stare molto attenti perché non sappiamo esattamente se chi abbiamo davanti è una persona vera e quanto sia vera e quanto quello che pensa nel suo cuore, nella sua mente, in profondità è quello che emerge. Noi non lo sappiamo, ci vuole tempo, ci vuole tempo per vedere veramente che qualità ha una persona. Ci sono persone che sono disponibilissime, però sono bugiarde, e come fai a fidarti di un bugiardo? Ci sono persone che sono disponibilissime però fino a quando tu li servi, oppure perché cercano il tuo consenso, la tua stima, il tuo affetto, il tuo prestigio, la tua ombra dove andarsi a riparare; ma come fai a fidarti di una situazione del genere? Come fai a fidarti di una persona che si fonda e fonda sé stessa a questo livello? Ecco perché la Scrittura, in questo caso il libro di Ester, ci dice quanto è importante essere molto prudenti.
Non fu difficile alla moglie ed agli amici dargli un consiglio…
Perché noi, dopo, facciamo queste cose: andiamo a chiedere i consigli alle persone sbagliate e le persone sbagliate possono solo dare consigli sbagliati. E il fatto che io abbia una affinità di sangue, questo non vuol dire che abbia anche un’affinità di spirito, non vuol dire proprio per niente! Quindi Aman chiede consiglio alla moglie e agli amici; alla fine, il ragionamento di fondo è:
… dopo tutto non era lui che aveva ottenuto così facilmente dal Re il decreto del massacro degli Ebrei? Gli era dunque facilissimo ottenere dal Re una condanna a morte per Mardocheo …
Perciò la moglie, i figli e gli amici gli danno un consiglio dicendogli: “Visto che tu godi così tanto dell’amicizia del Re, della Regina, che sei il più potente nell’impero dopo il Re, costruisci un patibolo!”; ad Aman piacque questo consiglio e fece costruire un palo, una grossa trave alta cinquanta cubiti; quindi, venticinque metri di trave, bella alta… ma questo dice cosa aveva nella testa! Per impiccare un uomo, infatti, non ci vuole una trave di venticinque metri, perché un uomo non è alto venticinque metri! Ma neanche ventiquattro! Perché doveva essere così alta questa trave? Perché questa trave rivela proprio tutto l’odio che Aman aveva dentro nel cuore verso Mardocheo, persino da morto lo doveva vedere lontano, persino da morto doveva essere uno schiaffo per tutti; non gli bastava che fosse morto, doveva essere proprio infamato quest’uomo. E, in questa maniera, questa morte veniva resa ancora più umiliante.
Quindi loro gli consigliano questo e lui, dovendo andare a pranzo il giorno dopo dalla Regina con il Re, aveva tutto pronto, nella sua testa, il piano: io faccio preparare la trave, intanto vado dal Re e mentre siamo a pranzo con la Regina io propongo anche di poter uccidere Mardocheo, tanto se il Re mi ha dato il permesso di sterminare un popolo, figuriamoci se non mi dà il permesso di sterminare uno di quel popolo prima degli undici mesi!
E allora vediamo un po’ per la nostra vita spirituale cosa succede. Succede che Ester si presenta al Re, ma lo fa non in qualità di Regina, non in qualità di donna, si presenta al Re in qualità di affidata a Dio, confidente in Dio, abbandonata in Dio, dopo tre giorni di digiuni e di preghiere. Lei si presenta così e infatti trova immediatamente grazia innanzi a lui e ottiene tutto quello che desiderava. Non banalizziamo il potere della mortificazione, infatti, la Madonna in tutte le apparizioni a Lourdes, a Fatima, a Caravaggio, richiama il potere, la potenza del digiuno, della preghiera, della penitenza. Non banalizziamo mai il potere della penitenza, perché incide su tutto. Ester ottiene quindi quello che desidera.
Ma qui ci si impone un’altra riflessione: se lei per presentarsi davanti al Re Assuero — che era terribile, tremendo, potente, lunatico e tutto quello che volete, ma pur sempre uomo — fa tutto questo, quando noi ci presentiamo davanti a Dio, che cosa dovremmo mai fare? Dio è un po’ di più del re Assuero… Noi entriamo in chiesa come se entrassimo in casa nostra, anzi peggio, perché almeno in casa nostra togliamo le scarpe. In chiesa chiacchieriamo, siamo distratti, non ci mettiamo neanche in ginocchio, non salutiamo neanche il Signore nel Tabernacolo, scappiamo via appena possibile, arriviamo un po’ in ritardo, assonnati, dormiamo. Ma immaginatevi: se Ester fa questo per Assuero, chissà cosa dovremmo fare noi per Dio, la cui maestà, ovviamente, è molto, molto, molto più grande di quella di un Re.
”Ester si sottomette alla potenza di Assuero baciando lo scettro”. Chissà se noi, quando preghiamo, ci sottomettiamo alla potenza di Dio, del Dio vivente, se ne riconosciamo la potenza, se ci sottomettiamo a questa potenza, se ci affidiamo a questa potenza, se chiediamo a questa potenza di intervenire nella nostra vita. Alle volte sembra che quando preghiamo affidiamo a Dio i ritagli ma le cose importanti le gestiamo noi, le organizziamo noi, le facciamo noi. In realtà la sottomissione, l’umiltà, ci fanno meritare da Dio le grazie più belle, più importanti; più uno è umile, più uno è semplice, più uno è sottomesso alla volontà, alla potenza di Dio e più Dio si rivolge su di lui, esattamente come fece con la Vergine Maria.
Dobbiamo riconoscere che, troppo spesso, trattiamo il Signore con poco rispetto, troppo poco rispetto, troppo! Noi viviamo alla presenza di Dio dalla mattina alla sera, noi siamo sempre alla presenza di Dio, ma ce lo ricordiamo? Bella la pratica che fa qualcuno (potendola fare per il tipo di lavoro che fa) di tenere sempre l’Adorazione Eucaristica in streaming sul suo tavolo in ufficio, collegandosi alle Adorazioni trasmesse dalle varie parti del mondo! È un modo di vivere alla presenza di Dio, di ricordarci che noi siamo sempre alla presenza di Dio. E noi dobbiamo ricordarcelo! Non c’è un luogo nella nostra vita, nella nostra giornata, dove non siamo alla presenza di Dio. Solo che troppo spesso ce lo dimentichiamo. Quante volte noi nominiamo il nome di Dio invano! Se dici: “Mi è scappato”, vuol dire che non eri alla presenza di Dio, non eri cosciente di esserlo. Quante volte noi mormoriamo con tanta facilità contro la Provvidenza di Dio! E alle volte arriviamo anche a bestemmiare e diciamo: “Perché il Signore mi fa capitare questo? Perché le cose sono andate così, perché sono andate cosà? Perché a me è successo questo? Perché non mi è successo quell’altro?”
Guardate, devo dirvi una cosa che noto tanto e cioè: i confronti; è una cosa strana e francamente un po’ mi ha sorpreso, non lo immaginavo. Ma che senso ha guardare gli altri per confrontarmi con loro? Se vado in chiesa, ci vado per pregare, non vado in chiesa per guardare gli altri come pregano; ma a me cosa interessa? E poi, che cosa vedo? Vedo una persona che è seduta, in piedi, in ginocchio, ma non vedo il suo cuore! Potrò vedere che è distratta o che è devota, ma cosa mi interessa? Anche se l’ho visto, cosa mi interessa? Che cosa porto a casa da queste valutazioni? E invece io ho scoperto che poi uno, osservando queste cose, comincia a dire: “No, ma io non sono così; no, però vorrei essere cosà; no, però a me quello mi manca; no, però quello ha questo; no, però quello sembra che possa star lì le ore invece io no! Sembra che quell’altro, quando fa la Comunione, abbia chissà quali esperienze interiori e io no”. Ma io dico, a te cosa interessa? Tu sei venuto in chiesa per cosa? Per chi? “Per Dio!” Allora dedicati al Signore, guarda la tua vita, non guardare quella degli altri! Guarda te stesso, come ti atteggi davanti a Dio, abbi occhi solamente per te stesso. Non stare lì a mettere gli altri sul bilancino e a misurarli, non ha senso, non serve a niente.
”Se poi guardiamo il mondo e pensiamo a Dio, dobbiamo riconoscere che è veramente terribile il modo con il quale il mondo tratta Dio e si rapporta a Lui. Perciò, noi che siamo, o che dovremmo essere, dei figli fedeli, impariamo ad avere questo atteggiamento della Regina Ester che si umilia, che bacia lo scettro, che riconosce la sua potenza, che è cosciente di essere alla presenza della onnipotenza di Dio”.
L’anima che va a Dio con amore, con semplicità e con rispetto…
ma sottolineerei molto “con semplicità” che vuol dire: impariamo a dire a Dio esattamente quello che abbiamo nel cuore; uno potrebbe dire: “Ma tanto il Signore lo vede”, sì, ma è importante che tu lo dica perché lo devi vedere tu. Perché noi, anche davanti a Dio ce la raccontiamo; anche davanti a Dio facciamo la parte dei finti “santini”; anche davanti a Dio facciamo la parte di quelli che non sono quello che dicono di essere. Impariamo anche davanti al Signore a chiamare le cose col loro nome, a dire le cose come stanno, a dirgli quello che veramente abbiamo nel cuore, a dire quello che noi veramente siamo, senza tante scusanti, senza giustificazioni. Siamo davanti al Signore! Siamo davanti alla verità! E se una cosa ci sta a cuore, diciamocela per quella che è, con semplicità. Diciamogli: “Questa cosa mi sta molto a cuore. Io ci terrei tanto a questa cosa qui, vorrei tanto questa cosa qui”; poi, certamente gli diremo “Sia fatta la tua volontà”, però intanto glielo diciamo. Questo ci consente di avere con Lui un atteggiamento molto, molto filiale. Questo atteggiamento che vi sto dicendo, vi garantisco, provatelo, ottiene da Dio tutte le grazie possibili e inimmaginabili.
”Guardando Aman possiamo vedere che, umanamente parlando, tranne quel neo di Mardocheo, lui era felicissimo, e gli sembrava che nulla potesse turbare questa felicità, a parte Mardocheo”.
Stiamo attenti all’orgoglio, stiamo attenti all’impuntarci; stiamo attenti a pensare di essere chissà chi, chissà cosa, perché non lo siamo! Stiamo attenti ad insuperbirci e a sentirci al sicuro, perché ci sarà sempre qualcosa che trama attorno a noi, qualcosa che attorno a noi si muove e noi non lo sappiamo neanche, magari. Se voi vedete le vite dei Santi, voi non li vedete mai tronfi; li vedete gioiosi e allegri, ma non in eccesso.
L’orgoglio rovina anche le nostre famiglie, i nostri rapporti più intimi; quante volte ci capita di incontrarci in famiglia con i musi lunghi, con quelli che addirittura neanche ti salutano; con quelli che dicono al mattino: “Non mi rivolgere la parola perché sono già sverso” o: “Al mattino non mi parlare finché non bevo il caffè”. Non vanno bene queste cose! Non va bene accettare di essere così! Non va bene essere lunatici e assecondare le lune perché, se tu ti svegli nervoso, se ti svegli lunatico, vuol dire che il tuo cuore non è in pace, vuol dire che nella notte il tuo cuore ha scandagliato qualcosa che non va bene. Perché, guardate che di notte il cuore parla, come dice il Salmo, credetelo. Vi sarà capitato di andare a letto che non avete nessun pensiero particolare e vi svegliate al mattino con un’idea precisa, con una luce nella mente che vi ha rivelato qualcosa che fino a quel momento non avevate mai pensato. Oppure la sera l’hai trascorsa con amici o hai fatto qualcosa e per te è andato tutto bene, ma poi ti svegli al mattino e senti qualcosa che viene su, qualcosa che ti dice: “No, guarda ieri sera, quello, quello e quello non sono andati bene” e tu alla sera non te ne eri accorto. Perché? Perché la coscienza non dorme, è come se la coscienza elaborasse (nel silenzio, nel sonno di tutte le potenze) con meno filtri e meno pregiudizi, ciò che tu hai vissuto. E quando ci svegliamo agitati, quando ci svegliamo turbati, è perché c’è qualcosa dentro che deve venire via, che devi uscire, che deve staccarsi dalla nostra anima; qualcosa che noi crediamo essere a posto, ma a posto non è. La Scrittura parla spesso del “sonno dei giusti”, che si addormentano subito, che cadono in questo sonno meraviglioso, riposante, profondo. È il sonno dell’uomo giusto, perché chi non è giusto spesse volte è molto tormentato. E, guardate, non dobbiamo pensare a chissà quali peccati terribili, basta non essere in asse con Dio; basta non essere quello che Dio ci chiede di essere lì, in quel momento, nella nostra vita, in quel preciso momento della nostra vita, e subito l’anima si turba.
Altra cosa che ho notato è che spesse volte uno perde quello che lui definisce la sua pace (ma non è pace) per delle stupidaggini del tipo: Tizio che non mi ha guardato; Caio che non mi ha salutato, quell’altro che non mi ha fatto quello che mi aspettavo che facesse; io mi aspettavo che quello mi rispondesse e invece non l’ha fatto; quello si è seduto al mio posto in chiesa; quell’altro che non mi ha dato lo scambio della pace e all’altro sì. E uno perde la pace per queste cose!
Allora, primo: quella pace è meglio perderla velocemente, perché quella non è una pace. La pace che viene da Dio non si perde per niente al mondo, non esiste tutto l’inferno che te la può portare via; ma questa pace di cui vi ho parlato poc’anzi non viene da Dio, è l’illusione della pace, ma non è assolutamente la pace del Vangelo. Ciò che viene spazzato via da uno sguardo dato o mancato, da un gesto dato o mancato di un uomo, non è niente, non si può chiamare pace! La pace, come dice Padre Pio, è uno stato della coscienza per cui niente lo può turbare. Il vero distacco non è quello di non avere relazioni con le persone, non volere bene a nessuno, il vero distacco è volere bene alle persone ma se queste per una ragione o per l’altra, se ne vanno, non ti vogliono più bene, rinnegano tutto, tu rimani in pace; questa è la pace, questo è il vero distacco, perché tu non ti leghi a quella cosa! Certo, è bella, certo è importante, ma non puoi legare la tua interiorità alla corrispondenza di un essere umano perché è troppo friabile, è troppo inconsistente.
Aman riesce allegro e festante dal primo banchetto e non sa che quello prossimo sarà il banchetto della morte, l’ultimo. Se avesse conosciuto quello che stava per accadere, non sarebbe stato così allegro, ma lui era troppo tronfio, troppo pieno di sé ed era troppo legato all’evento del momento. Mi piace molto questa cosa che scrive adesso don Dolindo quando dice:
Così sono i divertimenti del mondo; guardate una folla che esce dal teatro: è anch’essa lieta e festante, eppure là è stato sottoscritto un editto di morte, perché le anime vi hanno perduto la grazia. Guardate una donna immodesta: è lieta e festante, eppure quegli stessi abbigliamenti che la rendono contenta sono i lacci della sua morte interiore. Tutte le prosperità peccaminose del mondo hanno il dietroscena della morte. Aman si gloriava che la Regina non aveva chiamato altri che lui al banchetto, eppure quella preferenza non era che una sentenza di morte! Quando il mondo ci glorifica, ci esalta, ci invita, ci stima, quando ci sembra di essere idolatrati, contenti, ricchi, prosperati, tremiamo, poiché non v’è prosperità umana e peccaminosa che non termini in un dolore disperato e nella morte.
Stiamo molto attenti!
Quindi Aman raduna la moglie e gli amici per avere consiglio ma, in realtà, — scrive don Dolindo — li raduna per vanità perché aveva premura di far conoscere agli altri che lui era stato invitato alla mensa del Re, voleva che gli altri se ne rendessero conto, che lo sapessero.
…aveva la febbre di far conoscere quello che egli era e, psicologicamente, confidava il suo affanno per avere l’occasione di parlare di sé.
Quante volte noi confidiamo i nostri dolori o i nostri successi, solamente per parlare di noi; usiamo la scusante del dolore e del successo per mettere il nostro io al centro e per poter parlare di me: diventa uno sfogo, un mero sfogo. Però, siccome è coperto, ammantato dal dolore e dal successo, nessuno se ne accorge.
Ebbe un consiglio, ma per quel consiglio egli preparò il suo patibolo. Così sono i consigli degli empi: sono patiboli preparati per la nostra rovina.
Tu scegli la persona sbagliata e ti fai dare il consiglio da quella persona e quel consiglio diventa un patibolo nel tuo giardino.
Non ascoltiamo i suggerimenti del nostro orgoglio e quelli dei falsi amici che ci portano alla rovina; nelle angustie consigliamoci col Ministro di Dio…
Consigliamoci con un bravo sacerdote, consigliamoci con amici bravi buoni. Come faccio a sapere che un amico è bravo e buono? Guarda la sua vita! Come faccio a sapere se quell’albicocco è buono? Mangia tre albicocche e capirai se lo devi tenere o tagliare. La stessa cosa vale per le nostre amicizie: guarda i frutti di quella vita, guarda quella persona; Gesù dice: da un albero cattivo non possono venire frutti buoni e da un albero buono non possono venire frutti cattivi. Può venire un’apparenza di bontà o di cattiveria, ma se quello è cattivo è cattivo e se quello è buono, è buono. Padre Pio era un albero buono; è vero che aveva un carattere tale che con certe persone era durissimo, ma guardiamo i frutti! I frutti erano meravigliosi, era una persona che portava gli uomini e le donne a Dio, tutti li portava a Dio. Quando l’hanno calunniato, l’hanno diffamato, quando dicevano che era un ladro, che aveva le amanti, che scappava dal convento — e ne hanno dette di tutti colori — ma io vi dico: scusate un secondo, ma come fa un ladro, uno che ha tutte quelle amanti lì a celebrare all’altare la Messa in quel modo? Ma non si può mentire fino a quel punto! Non può avere in mano il rosario dalla mattina alla sera e intanto essere un ladro, ma non ci sta proprio, capite? È assurda questa cosa! Guardate la vita delle persone! Anche quando qualcuno dovesse venirvi a parlare dei vostri figli — mettiamo — o di qualcuno che voi conoscete che vi vuole bene, e vi parla male — perché di solito si parla sempre male — guardate la vita di quella persona, non state ad ascoltare quello che vi viene detto, perché spesse volte, quello che viene detto, è mosso dall’invidia, dalla gelosia, dalla cattiveria, dall’ignoranza.
Guardate la vita delle persone, guardate le persone come sono veramente. Se quella persona è buona lo vedete dalla sua vita, lo vedete dalle scelte che fa, lo vedete da quello a cui rinuncia, da quello che sceglie, dal rapporto che ha con Dio; perché son cose che si vedono, non si possono non vedere! Il male, come il bene, non può rimanere nascosto per tanto, prima o poi viene fuori, emerge. La persona la becchi sia che fa il bene sia che fa il male. Sì, si può nascondere, ma a un certo punto un po’ si tradirà sempre, perché la verità viene alla luce, nel bene e nel male, tu lo capisci quella persona che persona è.
Padre Pio stava in confessionale dodici/tredici/quattordici ore al giorno; per dire una Messa ci impiegava tre ore, per prepararsi alla Messa si svegliava alle tre di notte, ma come fanno a stare insieme le cose? Guardate che lo vediamo su di noi! Quando noi abbiamo i peccati, anche minimi, addosso, a noi passa la voglia di pregare. Quando noi non siamo in pace con Dio, la prima cosa che facciamo è smettere di pregare, non abbiamo più voglia di stare davanti al Signore, la preghiera diventa pesantissima, diventa vuotissima, diventa una cosa impossibile da gestire; non riusciamo a stare fermi un minuto. Lo vediamo su di noi e quindi lo possiamo vedere sugli altri. Quindi:
Persuadiamoci che tutto è vanità, fuorché l’amare Dio ed il servire a Lui solo.
Così come dice il Catechismo, come dice la Scrittura…
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.
Informazioni
Padre Giorgio Maria Faré ha tenuto queste catechesi tutti i lunedì alle ore 21 presso il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi di Monza.