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FILM: Cristiada

Cristiada
Film: CRISTIADA

Titolo originale: For Greater Glory – The true story of Cristiada
Paese di produzione: Messico
Anno: 2012
Durata: 143 min
Regia: Dean Wright
Distribuzione (Italia) Dominus Production s.r.l.

Trama

Il film è aperto dai titoli che descrivono gli articoli anticlericali presenti nella Costituzione del Messico del 1917. Quando il neoeletto presidente messicano, Plutarco Elías Calles (Rubén Blades), avvia una violenta e implacabile repressione contro la fede cattolica, nel paese scoppia una guerra civile (indicata successivamente come guerra Cristera). Le chiese sono date alle fiamme, si verificano omicidi di preti e contadini, i cui corpi vengono poi appesi ai pali del telegrafo quale monito.

La storia si sposta allora su Padre Christopher (Peter O’Toole), prete cattolico spietatamente ucciso dai Federales. Il tredicenne José Luis Sanchez (Mauricio Kuri), testimone del delitto, si unisce ai ribelli, i Cristeros, guidati dal generale in pensione Enrique Gorostieta Velarde (Andy Garcia), ateo, che prende il ragazzo come suo protetto. Catturato durante uno scontro con i Federales, José è sottoposto a tortura. Il ragazzo, però, non rinuncia alla sua fede e per questo è messo a morte. L’anno seguente anche il generale Gorostieta muore in battaglia, nello stato di Jalisco.

Nel 1929, accordi tra le due fazioni pongono fine ai combattimenti e viene ristabilita la libertà religiosa. Papa Benedetto XVI ha beatificato José nel 2005, con altri dodici martiri tra i Cristeros.

Guarda il trailer del film in italiano
L’epopea dei “Cristeros” del Messico

di Mario Iannaccone

Nel silenzio internazionale, tra il 1925 e il 1929, il Messico visse una tragedia senza precedenti. Il governo della Repubblica, retto da un piccolo gruppo di potere chiamato gli uomini di Sonora provenienti dal nord massonico e protestante, decideva di inasprire le leggi antireligiose, che già colpivano i cattolici, con provvedimenti che resero impossibile ogni manifestazione religiosa. Era già accaduto nel 1874 e in altri momenti della storia messicana, poi il trentennale dominio di Porfirio Díaz, convertitosi dopo la morte della moglie, aveva calmato gli animi.

Caduto Díaz era scoppiata la Rivoluzione, dominata da elementi giacobini e radicali, durante la quale, nel 1917, fu approvata una costituzione ferocemente antireligiosa. L’occasione di applicarla in tutta la sua radicalità arrivò con Plutarco Elia Calles che, con la Ley Calles del 1925, ne impose l’applicazione rigorosa in tutta la Federazione. La Chiesa perse ogni autonomia giuridica, fu accusata d’essere retrograda e responsabile di tenere il popolo nell’ignoranza dei propri diritti. Mai menzogna fu più palese giacché i sindacati cattolici erano i più attivi del Paese; il vivace laicato cattolico messicano aveva elaborato ambiziosi programmi di sviluppo delle classi meno abbienti, ispirandosi a un modello economico e associativo che proveniva dal cristianesimo sociale tedesco e dalla Rerum Novarum. Associazioni di mutuo soccorso, leghe, patronati, associazioni giovanili come l’Acjm, l’Up, con milioni di aderenti, aiutati da un’attiva Conferenza episcopale, organizzavano cooperative per aiutare i più bisognosi, istituivano scuole, centri di apprendistato. I sindacati cattolici miglioravano la condizione dei lavoratori distribuendo terre e istituendo banchi di mutuo soccorso. Tutto ciò infastidiva il terribile Crom, il sindacato di estrema sinistra retto da Luis Morones. Costui fu tra i più accesi sostenitori di quella Ley Calles che impedì la vita religiosa e comportò l’espulsione del clero, la cancellazione d’ogni cerimonia o rito, la confisca di tutte le istituzioni cattoliche (chiese, conventi, seminari, scuole, istituti di carità).

Dal 1° agosto 1925 la Chiesa sparì dalla vita del religiosissimo popolo messicano. A quel punto si verificò ciò che nessuno aveva previsto: centinaia di migliaia di persone, appartenenti a tutti gli strati popolari, male armati, si diedero alla macchia in un’insurrezione spontanea. La gran parte dei vescovi, temendo un bagno di sangue, gridò alla moderazione. Ma cinque fra loro, provenienti dalle zone più colpite dai provvedimenti di Calles, non s’opposero: se Cesare diventa un tiranno, il popolo ha diritto di difendere la propria libertà, la propria anima. I generali dell’Esercito Federale pensavano di sconfiggere in breve tempo quegli insorti inesperti e male organizzati. Tuttavia, l’organizzazione si consolidò in pochi mesi, anche perché sostenuta da gran parte della società civile. Così nacque la «Cristiada», l’insurrezione di Cristo Re che coinvolse milioni di persone, costrinse i papi ad intervenire con tre encicliche, preoccupò le cancellerie di mezzo mondo. Interi Stati della zona centrale della Federazione caddero sotto il controllo di un esercito Cristero sempre più potente, organizzato e favorito dalla popolazione. La reazione dello Stato fu rabbiosa: massacri indiscriminati, campi di concentramento, impiccagioni di massa. I Cristeros erano in gran parte contadini ma vi erano anche cittadini: impiegati, funzionari, avvocati, studenti. La loro rete era sostenuta, talvolta affiancata, anche da una resistenza pacifica cittadina (il cui martire fu san Miguel Pro) che ricorreva ai boicottaggi, all’informazione, e cercava di far continuare la vita sacramentale nel nascondimento, come nell’Inghilterra anglicana o nella Russia sovietica. Migliaia di donne inquadrate nelle Brigate di Santa Giovanna d’Arco, sfidando ogni pericolo, procuravano le munizioni ai Cristeros, i quali arrivarono ad essere, agli inizi del 1929, quasi 50.000, in gran parte sottoposti alla disciplina di un esercito regolare. Pregavano, organizzavano messe da campo, non trascuravano il lavoro della terra o l’educazione dei figli. Intere comunità vissero per tre anni sulle falde dei vulcani di Colima, a Jalisco e Michoacán, dove si creò un contro-Stato perfettamente organizzato, grazie a personalità come il beato Miguel Gomez Loza.

Due generali spiccarono fra tutti: Gorostieta e Degollado. I soldati erano eroici, pronti al martirio per «conquistarsi il Paradiso» – come dicevano – se il prezzo della sconfitta era l’estirpazione del cristianesimo dal Messico. Nonostante l’appoggio logistico degli Usa che consentiva ai federali di non cedere, i Cristeros restarono saldi, e ad ogni sconfitta si moltiplicavano tenendo in scacco il nemico. Per anni il Messico restò diviso fra zone Cristero e zone controllate dai Federali; l’economia collassò, i morti furono decine di migliaia: 300.000 contando le vittime di malattie, fame, campi di concentramento. Non furono le armi a sconfiggere i Cristeros ma la diplomazia internazionale con gli Arreglos del 1929. La «Cristiada» stava procurando troppi lutti, la guerra rischiava di durare, occorreva un cessate il fuoco. Il vescovo Pascual Díaz, che avrebbe pagato con l’incomprensione la sua posizione moderata, riuscì a far firmare gli accordi senza immaginare che per 10 anni il governo li avrebbe traditi. Quando deposero le armi, i Cristeros furono uccisi a migliaia dai nemici, per vendetta. Il primo a raccontare con equilibrio questa storia dopo decenni d’oblio è stato lo storico francese Jean Meyer. Partito da posizioni ostili, egli ha cambiato il suo giudizio sui Cristeros sino ad arrivare, addirittura, alla conversione. L’epopea della «Cristiada», così poco conosciuta, con le sue decine di martiri canonizzati, innumerevoli eroi sconosciuti, e un esercito vincente che depose le armi su richiesta dei propri vescovi, è rubricata nei libri, incredibilmente, come un “episodio minore” della storia.

(Fonte: Avvenire, 25 giugno 2013)

Bibliografia essenziale sulla vicenda dei “Cristeros”

Autore: Luigi Ziliani

Titolo: CRISTIADA – MESSICO MARTIRE

Editore: Amicizia Cristiana

ISBN-978-88-89757-45-1

Pagg. 216 – € 15,00

“La storia della Chiesa in Messico rappresenta un esempio di coraggio e resistenza, sottomessa a una violenta ostilità dal 1911 al 1940. Fu così aspra che Pio XI la paragonò a quella dei primi secoli cristiani.
Le forze liberali e massoniche trionfatrici nel 1917, erano nelle mani di uomini visceralmente nemici della Chiesa, che operarono nel tentativo di cancellare per sempre l’uomo cattolico messicano. Una così forte intolleranza era dovuta al carattere popolare del Cattolicesimo messicano, la cui diffusione fra la gente era così incomoda da dover essere soppressa con la forza. All’inizio, poiché era impossibile realizzarlo con le armi, si cercò di farlo con le leggi. Ma quando si dimostrarono inefficaci, si tornò ai plotoni di esecuzione.
Nessuno dei Martiri fu sottomesso a un processo legale; nessuno fu condannato per crimini accertati dalla legge. Come in ogni persecuzione, il motivo della condanna fu la semplice appartenenza esplicitamente professata a Gesù Cristo, confessato senza ambiguità con quel grido ripetuto mille volte da quei martiri prima di morire: Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe!
Il “basso popolo cristiano”, secondo l’espressione usata dai massoni e dai liberali riformisti di allora, rimase fedele alla sua fede nonostante le ostilità della massoneria infiltrata nella borghesia economica e intellettuale.
Molti sacerdoti morirono mentre si recavano a celebrare la messa (nonostante la proibizione di farlo), alcuni con le specie consacrate in bocca, per difenderle dalla profanazione.”

(dalla quarta di copertina del libro)

Autore: Pio XI

Titolo: ENCICLICHE SULLE PERSECUZIONI IN MESSICO 1926-1937

Editore: Amicizia Cristiana

ISBN-978-88-89757-46-8
Pag. 80 – € 7,00

“Dopo la promulgazione della Costituzione di Querétaro del 6 gennaio 1926 — che conteneva disposizioni miranti al totale annullamento della presenza della Chiesa nella società messicana — Pio XI intervenne ufficialmente con l’epistola apostolica Paterna sane (2 febbraio 1926) rivolta all’episcopato messicano. Esprimendo una crescente preoccupazione, cercava di indicare alla Chiesa locale direttive concrete di resistenza.
Ma una nuova legge del 14 giugno dello stesso anno (legge Calles), veniva proibita ogni manifestazione religiosa e ogni abito ecclesiastico fuori dalle chiese, si concedeva il permesso di svolgere funzioni di culto solo a un ristretto numero di sacerdoti indicati dallo Stato. A questa ennesima provocazione la Chiesa rispose sfidando apertamente il governo con lo sciopero del culto pubblico. Il Papa approvò la decisione dei vescovi, confermando l’appoggio alla Chiesa messicana con un solenne atto ufficiale: l’enciclica del 18 novembre, Iniquis afflictisque, ora rivolta a tutta la Chiesa. Il documento ripercorre la storia della persecuzione e addita al mondo l’esempio di fedeltà del popolo messicano, in modo particolare dei sacerdoti e dei laici.
Nel settembre del 1932 Pio XI intervenne nuovamente sulla questione messicana con l’enciclica Acerba animi magnitudo, con la quale ripercorre le tappe della storia di quegli anni, invitando i cattolici a una nuova resistenza.
Nel 1937, con l’ultima enciclica dedicata al Messico, Firmissimam constantiam, Pio XI riconosceva addirittura, in particolari circostanze, la legittimità di una resistenza armata contro un potere dispotico e oppressivo.”

(dalla quarta di copertina del libro)

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