Scroll Top

I santi segni. Romano Guardini, parte 31

S. Messa

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «I santi segni. Romano Guardini, parte 31»
Lunedì 5 giugno 2023 Solennità della Santissima Trinità

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mc 12, 1-12)

In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 5 giugno 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo dodicesimo del Vangelo di San Marco, versetti 1-12.

Continuiamo la nostra lettura del libro di Romano Guardini: I Santi Segni. 

Stiamo vedendo il “Tempo Santificato” della sera.

Scrive:

Immagina che una grande disgrazia si sia abbattuta sopra un popolo. Certo essa è avvenuta; non è però ancora finita. Codesto popolo può abbandonarsi alla disperazione, ma può anche riprendersi, ricominciare. Solo in questo secondo momento si compie ciò che pur da tempo è accaduto. Così la morte, nelle sue profondità, significa questo: essa è l’ultima parola che una persona pronunzia sulla sua vita passata; il volto definitivo che essa le dà.

Non dimentichiamoci velocemente queste parole di Romano Guardini. La morte è «l’ultima parola che una persona pronunzia sulla sua vita passata; il volto definitivo che essa le dà». Vedete, dipenderà da noi quale parola ultima vogliamo pronunciare sulla nostra vita passata. Qual è il volto definitivo che vorremmo dare alla nostra vita? Lo decideremo lì. Non lo stiamo decidendo tanto adesso con la nostra vita presente. Adesso è come se avessimo la possibilità di avere tutti i mattoni della casa; li stiamo scegliendo, però che volto dare a quella casa — cioè come costruirla, come deve essere questa casa — questo lo decideremo proprio con la nostra morte. È come se noi, in un attimo, avendo tutti i materiali a disposizione, costruissimo la nostra casa. Solitamente ci vuole molto tempo, ma in questo caso no. Ci vuole molto tempo — che è tutta la vita — per scegliere i materiali, ma poi che cosa sarà di tutti questi materiali, che volto assumeranno messi insieme, questo lo decideremo con la nostra morte.

Ora capite qual è il senso di tutte le preghiere che facciamo, e anche delle pratiche che facciamo, pensate ai Primi cinque sabati, i Primi nove venerdì, i Primi sei giovedì, sono sempre in riferimento alla nostra morte. Pensate alla Coroncina della Divina Misericordia, pensate alla Corona dei setti Dolori della Vergine Maria, pensate alla Corona delle Piaghe di Gesù; tutto in riferimento a quel giorno. Perché avremo bisogno di un aiuto speciale, perché lì diremo l’ultima parola. Sapete, si può morire anche disperati. È un momento molto delicato, è un trapasso.

La grande decisione — vedete? Lui la chiama così: «La grande decisione» —  dipende da una duplice alternativa: che la persona stringa un’ultima volta nelle mani l’intera sua vita; che il rimorso l’avverta di quanto fu manchevole e lo consumi col suo fervore; che per il bene fatto essa attribuisca a Dio, in spirito di gratitudine e umiltà, l’onore, e tutto abbandoni al Signore con generosità incondizionata; — quindi questa è una possibilità — oppure che tal persona si sgomenti e la sua vita giunga al termine senza dignità né forza. In tal caso la vita non viene affatto ad avere un termine: essa viene semplicemente meno. Non ha né aspetto né decoro.

Questo è quello che noi dovremmo scegliere. Capite quanto è importante per ciascuno di noi questa riflessione di Romano Guardini. Noi saremo posti di fronte a questa alternativa, tutti. E tutti dovremo scegliere o l’una o l’altra. Quindi: o stringere un’ultima volta nelle mani tutta la nostra vita, avvertendo il rimorso di quello che non abbiamo fatto, di quello che abbiamo fatto male e con l’amore — diciamo così — coprire questo rimorso dicendo al Signore quanto ci dispiace e “coprire il pezzo mancante” appunto con l’amore, attribuire a Dio il bene che noi abbiamo fatto, abbandonare tutto al Signore; oppure, sgomentarci, spaventarci, agitarci. E allora questa vita finirà senza dignità e senza forza, semplicemente verrà meno, senza aspetto né decoro. Come qualcosa che si spegne, fine. Come un disco che finisce di girare, e basta.

Sentite che bello, sentite cosa scrive adesso:

Questa è l’«arte sublime di morire»: l’arte di far assurgere la vita passata a un unico atto di devozione a Dio.

Bellissimo! Lasciatemelo dire: bellissimo! «L’arte sublime del morire»! Bisogna averla, bisogna maturarla quest’arte, dobbiamo allenarci ad avere quest’arte, a formarci a quest’arte sublime del morire. «Assurgere la vita passata a un unico atto di devozione a Dio», cioè prendere tutta la nostra vita passata in quegli ultimi momenti di vita che abbiamo e — come dire — stringere il fiocco attorno al mazzo di fiori. E dire: “Questi, Dio, sono per te”.

Noi aggiungiamo: prima però li diamo alla nostra Vergine Maria, così li mette un po’ bene, li sistema; sapete, le mamme sanno fare delle cose speciali, con poco sanno fare meraviglie, e allora siccome noi magari siamo un po’ pasticcioni, e magari c’è qualche filo d’erba che non ci deve essere, qualche fiore un po’ “seccuccio”, magari i fiori non sono tagliati tutti alla stessa altezza, magari c’è qualche foglia un po’ marcia, insomma, prima di darlo a Dio, glielo diamo alla Vergine Maria, così lei lo sistema bene, mette bene anche il fiocco che magari noi abbiamo messo un po’ storto, pulisce tutte le cose, toglie quelle ultime spine che ci sono magari su qualche rosellina, e via di seguito; magari qualche insetto che ci è scappato, ecco, lo pulisce. E così lo presenta quale unico atto di devozione, cioè tutto, questa vita è un mazzo di fiori che ti presento come unico atto. Lo presento proprio in un unico atto e come unico atto, come ultimo atto di amore. Sentite:

Ora bada: ogni sera — Noi da adesso avremo delle sere impegnatissime. Quelli che dicono “Mah, stasera non so cosa fare…” — “Non sai cosa fare? Ma vieni qui, che ti leggo un po’ di Romano Guardini e vedi che anche tu hai da fare!” — deve costituire una esercitazione in quest’arte sublime di dare alla vita la conclusione reale che assicuri a tutto il passato un valore definitivo e un volto eterno. L’ora della sera è l’ora del compimento.

Dai, diciamo che sono veramente belle queste riflessioni, diciamolo! Ringraziamo Romano Guardini. Quindi la nostra esercitazione per l’arte sublime del morire la dobbiamo fare ogni sera, quello è il momento, la sera è l’arte dell’esercitazione. «Dare alla vita la conclusione reale». 

Quindi stasera vado a dormire e dico: “Signore, si conclude qui la mia giornata — magari anche la mia vita perché magari domani mattina non mi sveglierò più, chi lo sa — e la voglio proprio concludere bene, questa giornata. Quindi la metto nelle tue mani, ti chiedo perdono, riparo tutto ciò che di sbagliato ho fatto cercando di maturare nell’anima un atto di amore verso di te. E voglio prendere in questa serata tutto quello che sono stato, voglio stringerlo e dargli un valore, e dargli un volto, il Tuo. E metterlo lì. E poi se domani mi sveglierò, cercare di recuperare e di fare meglio, di non fare più quello che ho fatto di sbagliato, di non offenderti e via di seguito. 

«L’ora della sera è l’ora del compimento». “Che cosa fai stasera?” — “Eh, stasera devo fare il compimento della mia vita”. Qualcuno vi guarderà un po’ strabuzzato e vi chiederà: “Ma che cos’è, un esercizio yoga?” — “No. È l’esercizio del cristiano che ama Gesù!”. 

Quindi capite perché è importante andare a letto con lo scapolare? Vi ricordate? Più avanti magari vi farò un ciclo di meditazioni sullo scapolare, vediamo. Comunque ricordatevi l’importanza di portarlo sempre, anche di notte; non per scaramanzia, per chissà quale spirito di magia, di superstizione, quelle cose lì, ma di portarlo sempre addosso quale atto di Consacrazione alla Vergine Maria — sapete che c’è l’immagine della Vergine del Carmelo e del Sacro Cuore di Gesù, cioè, capite? — la nostra vita, la nostra persona, tutta, corpo, anima, tutta la nostra persona stretta, chiusa in questo abbraccio tra la Vergine Maria e il Cuore di Gesù, perché una sta davanti e uno sta di dietro. Più esercitazione di così!

Stiamo dinanzi a Dio prevedendo che ci troveremo un giorno dinanzi a Lui faccia a faccia, a rendere l’ultimo conto.

Quindi, alla sera capite che esercitazione potente? Pensare di essere stasera al tribunale di Dio, davanti al Volto di Dio. Poi uno dice: “Eh, ma il tribunale di Dio è un’immagine giuridica, è un’immagine penale…” Sì, sì, va bene, mettete pure la parola che volete, non cambia il contenuto, ci troveremo davanti al Signore e dovremmo rendere conto di tutto quello che abbiamo fatto nella nostra vita.

Sentiamo quel che si nasconde nella parola: «È avvenuto»: il bene; il male; perdere e dilapidare. Ci poniamo dinanzi a Dio, a Quegli per «cui tutto vive», il passato come il futuro, e che può persino ridonare al cuore contrito i beni perduti. E dinanzi a Lui diamo al giorno trascorso il volto definitivo. Ciò che in esso non fu giusto, lo fissi il rimorso e lo «riveda»; ciò — sentite che bello — che vi fu di buono, il ringraziamento, umilmente sincero,  lo spogli di ogni vanità.

Quindi, quello che non c’è stato di bene, venga preso, fissato con rimorso, rivisto e riorganizzato e cambiato. Per ciò che vi fu di buono, ringraziamo, così da togliere ogni vanità che ci farebbe dire: “Eh, ma è merito mio!”.

E tutto quanto è incerto, insoddisfacente, meschino e torbido, venga immerso dalla piena fiducia nell’onnipotente amore di Dio.

Dobbiamo dire che da stasera avremo delle serate molto impegnate, quindi mi raccomando, prendiamoci i tempi giusti e necessari per fare tutto. È un allenamento, perché poi, quando verrà il momento, saremo pronti.

Credo e spero che tutti abbiate visto il film “Cristiada”, e anche “Un Dios prohibido”. Se non li avete visti, dovete vederli. Il primo tratta il massacro dei Cristeros. È un film bellissimo e fa vedere come si muore da cristiani. Joselito, questo ragazzo che muore martire della fede, che continua a morire… ecco, esatto, che continua a morire. Da quando inizia la sua prigionia e le sue torture… mamma mia, che roba terribile, quando arriva quel momento lì non riesco mai a vederlo, non ci riesco, quando lo torturano è proprio una roba per me impossibile, non riesco. Arrivo lì, ma devo fermare e andare avanti, perché è una roba troppo disumana, troppo… “bestiale” non si può dire, perché le bestie non fanno queste cose, si può solo dire “diabolica”, questo si, perché il diavolo è capace, anzi è il maestro di queste cose. Abbandonato dai genitori, perché ovviamente i genitori lo abbandonano e gli girano le spalle, perché piuttosto che perdere la vita, piuttosto che perdere il posto politico, di onore e quant’altro, il padre lo abbandona nelle mani degli aguzzini (un ragazzo, eh! Che poi è stato canonizzato, ovviamente), lui viene torturato, e mentre viene torturato in quel modo ignobile — che poi è da vigliacchi, proprio da vigliacchi, una persona adulta che tortura un ragazzo… — lui è lì da solo che subisce questa tortura e che cosa fa? Grida: “Viva Cristo Re! Viva Cristo Re!”. Mamma mia, che roba! Proprio ti si ferma il fiato in gola, ti sparisce la voce a vedere queste cose, sentire queste cose qui, non si riesce a dire più niente.

Così come il film “Un Dios prohibido” che parla di quei seminaristi in Spagna, durante quel momento di persecuzione efferata contro i sacerdoti, contro i seminaristi, contro tutti coloro che amano il Signore. E tutti questi giovani, futuri sacerdoti, che vengono prima imprigionati e poi alla fine uccisi. E anche loro che vanno a morire lodando la Vergine Maria.

Oppure ho letto del vescovo cinese Tommaso Zeng Jingmu incarcerato, mi sembra, quattro volte. Ha fatto un totale di circa trent’anni di campo di concentramento in Cina. Gli fanno fare anche il campo di rieducazione; una roba incredibile! Alla fine, gli viene un ictus; senza contare tutto il resto che gli viene addosso. E lui continua ad annunciare il Vangelo. Lo vanno a prendere per incarcerarlo ancora una volta, un uomo di quasi ottant’anni con l’ictus, quindi semi-paralizzato; ma “i suoi” lo nascondono, lo fanno sparire e quindi non riescono a prenderlo. 

E noi che ci lamentiamo di tutto e di tutti, e la nostra vita sembra che sia chissà quale sofferenza. Pensiamo a queste figure, cosa hanno vissuto. Abbandonati da tutti, da tutte le persone più care; poi il Signore, certo, mette vicino altre figure, però…

Joselito… mi piace chiamarlo così, perché nel film si vede il suo padre spirituale, il suo confessore, un uomo di Dio, che lo chiama Joselito. Di fatto è colui che gli dà l’amore per Gesù insegnandogli a servire la Messa. Lo sorprende che ha trafugato un orologio ed è bello il modo in cui lo educa: il papà di Joselito lo manda lì perché deve essere castigato, deve essere rieducato, deve essere punito e il sacerdote gli dice: “Sì, sì, adesso ho in mente io come ti devo punire. Andiamo a mangiare le ciambelle della perpetua”. Poi Joselito assisterà all’uccisione di questo sacerdote e diventerà un punto di non ritorno nella sua vita. Ebbene, quando alla fine di tutta la tortura che subisce, il suo aguzzino — da vero uomo — gli pianta nella schiena una coltellata, davanti alla buca che avevano scavato per buttarci dentro il suo corpo, Joselito cade a terra e con il dito insanguinato fa un segno di croce nella terra. E questo segno di croce si riempie di sangue.

Di queste cose dovremmo parlare ai nostri giovani, queste cose dovremmo far vedere, non le scempiaggini, le brutture e gli orrori che di questi tempi vediamo ad ogni secondo della nostra esistenza. Dovremmo riempire di questo senso, di far vedere cosa vuol dire essere uomini ed essere donne vere, questo! Per meno non vale la pena di vivere…

E quando c’è qualcosa alla fine della nostra giornata che rimane meschino, torbido, incerto, insoddisfacente, allora buttiamolo nell’Amore Misericordioso di Dio, non perché: “Ma sì tanto, tutto va bene”, no! Ma perché quell’amore ci aiuti, lavori nella notte, nel nostro cuore, nella nostra mente, così che il giorno dopo ci aiuti a essere diversi, persone diverse.

Bene, domani vedremo “L’ora del mezzodì”, perché anche questa è un’ora importante. L’ora delle 12. Vedrete! Così da domani sincronizzeremo tutti i nostri orologi alle ore 12, in modo che ovunque saremo (capirete perché vi dico questo) alle 12 saremo uniti in un qualcosa.

Mi raccomando, vedete i due film perché son sicuro che vi piaceranno moltissimo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati