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Costituiti dallo Spirito Santo

Pentecoste

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 31 ottobre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Costituiti dallo Spirito Santo

Eccoci giunti a domenica 31 ottobre 2021.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XII di San Marco, vv. 28-34. 

Amare Dio, Amare Dio che è l’Unico Signore. Secondo Gesù Dio è l’Unico Signore, e questo Unico Signore va amato con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza. Questo è il primo comandamento e il secondo è amare il prossimo come se stessi. Questi due Comandamenti rappresentano la pienezza della legge, ed è un po’ quello che stiamo vedendo in questi giorni nella lettura e nel commento che stiamo facendo della Lectio Divina del Santo Padre Benedetto XVI, del 10 marzo 2011, all’incontro con i parroci della diocesi di Roma. Abbiamo visto ieri il tema del “Vegliare” e lui va avanti a commentarlo. Dice il Papa:

 “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio” (v. 28).

“Qui due parole sono importanti. In primo luogo: “lo Spirito Santo vi ha costituiti”; cioè, il sacerdozio non è una realtà in cui uno trova un’occupazione, una professione utile, bella, che gli piace e che si sceglie. No! Siamo costituiti dallo Spirito Santo. Solo Dio può farci sacerdoti, solo Dio può scegliere i suoi sacerdoti e, se siamo scelti, siamo scelti da Lui. Qui appare chiaramente il carattere sacramentale del presbiterato e del sacerdozio, che non è una professione che deve essere svolta perché qualcuno deve amministrare le cose, deve anche predicare. Non è una cosa che facciamo noi, semplicemente. È un’elezione dello Spirito Santo e in questa volontà dello Spirito Santo, volontà di Dio, viviamo e cerchiamo sempre più di lasciarci prendere nelle mani dallo Spirito Santo, dal Signore stesso.”

Sono parole molto interessanti che chiarificano tante cose. Il Sacerdozio non è una professione, un’occupazione come tutte le altre a questo mondo: il medico, l’architetto, l’ingegnere, l’avvocato, il macellai, il fruttivendolo. 

Qual è la differenza? È che tutte quelle professioni tu le scegli, sei tu che ad un certo punto dici: “Io da grande voglio fare il chirurgo, io da grande voglio fare l’avvocato”, sei tu che scegli, naturalmente, secondo le tue doti e i tuoi talenti, di svolgere, di fare quella professione, quindi ti iscriverai a quell’università, se vuoi fare l’avvocato vai a fare legge. 

Il Sacerdote sembra che segua lo stesso percorso, cioè è lui che fa la domanda per entrare in seminario, è lui che dice: “Desidero diventare Sacerdote”, è lui che si iscrive alla facoltà di teologia, come loro, anche lui fa i suoi passi per arrivare al Sacerdozio. La differenza è che, nel caso del Sacerdote, ciò che lo muove non è un movimento naturale, ma è un movimento divino, è lo Spirito Santo che sta dietro a quel desiderio, a quel scegliere, a quel dirigersi, a quel volere: “mi dirigo verso il seminario, mi dirigo verso un convento”. È lo Spirito Santo che costituisce quell’uomo Sacerdote, non è lui che lo sceglie. In prima battuta non è mai il candidato, è sempre lo Spirito Santo, poi, certo, il candidato può dire sì o può dire no, e se dice no, nulla, ma se dice sì non è lui che naturalmente lo ha scelto, ma è lui che è stato scelto e a questo dice sì. Solo Dio può farci Sacerdoti, solo Dio può scegliere i suoi Sacerdoti e, se siamo scelti, siamo scelti da Lui. 

A nessuno viene in mente di porre ad uno studente di medicina la domanda: “Chi ti ha scelto per diventare medico?” Nessuno. Anzi, è lo studente che dice: “Speriamo che quando dovrò fare la specialità qualcuno mi scelga, speriamo che io riesca a trovare un posto in pediatria, piuttosto che in neurologia, speriamo di riuscire ad essere scelti.” 

Se uno va a fare legge spera che ad un certo punto qualche studio importante lo scelga per poter entrare. Quando uno è matricola è un po’ tutto intimorito, spaventato, come tutte le matricole del resto. Il primo anno, il primo giorno, sono lì che dicono: “Adesso devo tirare insieme i miei libri, devo cercare gli appunti, farmi dare le dispense, organizzarmi gli esami, fare il piano di studi.” 

È fondamentale questa coscienza, e questa conoscenza, il sapersi scelti sempre. Noi siamo stati scelti e siamo ogni giorno scelti, costituiti. Uno diventa prete e diventa prete per sempre, ma questa elezione, questa chiamata si rinnova ogni giorno, perché ogni giorno — quando poi diventiamo preti, da preti, se no prima da seminaristi, o studenti di teologia — ogni giorno lo Spirito Santo che ci ha scelti ci chiede di compiere, in quel preciso contesto nel quale siamo stati posti da Lui, di fare che cosa? La Volontà di Dio.

 “In secondo luogo: “costituiti come custodi, per essere pastori”. La parola che qui, nella traduzione italiana, suona “custodi” è in greco “episkopos”. San Paolo parla ai presbiteri, ma qui li chiama “episkopoi”. Possiamo dire che, nell’evoluzione della realtà della Chiesa, i due ministeri non erano ancora chiaramente divisi e distinti, sono ancora evidentemente l’unico sacerdozio di Cristo ed essi, i presbiteri, sono anche “episkopoi”. La parola “presbitero” viene soprattutto dalla tradizione ebraica, dove vigeva il sistema degli “anziani”, dei “presbiteri”, mentre la parola “episkopos” è stata creata – o trovata – nell’ambito della Chiesa dai pagani, e viene dal linguaggio dell’amministrazione romana. “Episkopoi” sono quelli che sorvegliano, che hanno una responsabilità amministrativa nel sorvegliare l’andamento delle cose. I cristiani hanno scelto questa parola nell’ambito pagano-cristiano per esprimere l’ufficio del presbitero, del sacerdote, ma naturalmente ciò ha cambiato subito il significato della parola. La parola “episkopoi” è stata subito identificata con la parola “pastori”. Cioè, sorvegliare è “pascolare”, fare il lavoro del pastore: in realtà ciò è diventato subito “poimainein”, “pascolare” la Chiesa di Dio; è pensato nel senso di questa responsabilità per gli altri, di questo amore per il gregge di Dio. E non dimentichiamo che, nell’antico Oriente, “pastore” era il titolo dei re: essi sono i pastori del gregge, che è il popolo.”

Vedete che percorso interessante. Notate questo termine che viaggio ha fatto nel tempo, nelle culture. Interessantissima questa cosa. 

 “In seguito, il re-Cristo trasforma interiormente – essendo il vero re – questo concetto. È il Pastore che si fa agnello, il pastore che si fa uccidere per gli altri, per difenderli contro il lupo; il pastore il cui primo significato è amare questo gregge e così dare vita, nutrire, proteggere. Forse questi sono i due concetti centrali per questo ufficio del “pastore”: nutrire facendo conoscere la Parola di Dio, non solo con le parole, ma testimoniandola per volontà di Dio; e proteggere con la preghiera, con tutto l’impegno della propria vita.”

È compito del Pastore nutrire annunciando la Parola di Dio con le parole, ma anche con la vita e proteggere con la preghiera — i Pastori devono pregare —  e poi con l’impegno della propria vita.

 “Pastori, l’altro significato che hanno percepito i Padri nella parola cristiana “episkopoi” è: uno che sorveglia non come un burocrate, ma come uno che vede dal punto di vista di Dio, cammina verso l’altezza di Dio e nella luce di Dio vede questa piccola comunità della Chiesa. Questo è importante anche per un pastore della Chiesa, per un sacerdote, un “episkopos”: che veda dal punto di vista di Dio, cerchi di vedere dall’alto, nel criterio di Dio e non secondo le proprie preferenze, ma come giudica Dio. Vedere da questa altezza di Dio e così amare con Dio e per Dio.”

Possiamo non pensare a Padre Pio? No. Dobbiamo pensare proprio a Padre Pio, questo è l’esempio più classico, a noi più vicino che ci può venire in mente. Lui veramente ha guardato tutto dal punto di vista di Dio, dall’alto, nel criterio, nel giudizio di Dio, in tutto non ha seguito le proprie preferenze. 

Nel momento in cui diventiamo burocrati, vuol dire che abbiamo perso il camminare verso l’altezza di Dio nella luce di Dio, dal punto di vista di Dio. Quando diventiamo burocrati vuol dire che facciamo quello che dobbiamo, poi timbriamo e andiamo a casa, e come i classici burocrati facciamo il meno possibile, il “minimo sindacale” si dice, cerchiamo di ottenere il famoso 6 politico, ma con Dio questa cosa non funziona. 

Noi dovremmo valutare tutto in questa maniera quando ascoltiamo qualcuno che ci parla di Dio, delle Celesti cose, delle cose serissime, come diceva Santa Teresa D’Avila, dovremmo chiederci, e chiedergli: “Ma lo stai facendo come uno che vede dal punto di vista di Dio e cammina verso l’altezza di Dio, che è nella luce di Dio, che guarda la realtà nella luce di Dio? O lo stai facendo secondo le tue preferenze, secondo i tuoi gusti, i tuoi stili interiori secondo quello che tu dentro senti, che ti piace?”

Perché se fosse così siamo di fronte ad un burocrate, non siamo di fronte ad uno che annuncia la Verità. 

“Vedere da questa altezza di Dio e così amare con Dio e per Dio.”

È il Vangelo di oggi. Io posso amare Dio con tutto il mio cure, con tutta la mia forza, con tutta la mia anima, se sono su quell’altezza, così da poterlo amare con Dio e per Dio. Se sono sull’altezza non delle mie preferenze, dei miei gusti e della mia burocrazia, ma sull’altezza della preghiera, del mettermi nella luce di Dio, nel condurmi verso il Signore.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Mc 12, 28-34)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

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