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”Vedete, Pietro dorme, Giuda è sveglio”, S. Pietro Canisio

S. Pietro

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 30 ottobre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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”Vedete, Pietro dorme, Giuda è sveglio”, S. Pietro Canisio

Eccoci giunti a sabato 30 ottobre 2021.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XIV di San Luca, versetto 1-11. 

Il Signore in questo Vangelo ci richiama all’umiltà, noi saremo sempre grati al Signore per il fatto che ci chieda, ci inviti ad essere persone umili, che vuol dire essere persone libere, mature, equilibrate, essere persone intelligenti, coscienti di sé e della realtà.

Andando avanti nella nostra lettura della Lectio Divina del Santo Padre Benedetto XVI, tenuta il 10 marzo 2011, nell’incontro con i parroci della diocesi di Roma, noi vediamo che il Papa ci invita adesso a riflettere su questo brano del martirio imminente, scrive il Papa:

“Qui c’è una frase molto importante, che vorrei un po’ meditare con voi: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio” (v. 28). Comincio con la parola “vegliate”. Qualche giorno fa, ho tenuto la catechesi su san Pietro Canisio, apostolo della Germania al tempo della Riforma, e mi è rimasta in mente una parola di questo Santo, una parola che era per lui un grido d’angoscia nel suo momento storico. Egli dice (S. Pietro Canisio) “Vedete, Pietro dorme, Giuda è sveglio”. Questa è una cosa che ci fa pensare: la sonnolenza dei buoni. Papa Pio XI ha detto: “il problema grande del nostro tempo non sono le forze negative, ma è la sonnolenza dei buoni”. “Vegliate”: meditiamo questa cosa, e pensiamo che il Signore nell’Orto degli Ulivi per due volte ha detto ai suoi apostoli: “Vegliate!”, ed essi dormono. “Vegliate”, dice a noi; cerchiamo di non dormire in questo tempo, ma di essere realmente pronti per la volontà di Dio e per la presenza della sua Parola, del suo Regno.”

Questo è un testo veramente importante, bisogna dirlo. 

“La sonnolenza dei buoni”

“Pietro dorme, Giuda è sveglio” 

Ci si scandalizza tanto facilmente e si fa un gran clamore perché il male fa il male. Ma scusate, razionalmente, il male cos’è che potrebbe fare se non riprodurre se stesso?

È ovvio che il male fa il male, ed è ovvio che gli operatori di iniquità operano iniquità. Questo è dato, è ovvio, è scontato. I buoni — diciamo così, in modo molto approssimativo, in modo grossolano, come espressione, ma per intenderci — i Pietro della situazione, i buoni che sono qui rappresentati da Pietro, oggi, cosa fanno? I buoni osservano e piangono, un po’ si piangono anche addosso o piangono addosso uno all’altro e si lamentano, sospirano, e quindi messaggi di whatsapp a destra e a manca, appunto, perché il male fa il male. Ma San Pietro Canisio, Papa XI, Benedetto XVI ci dicono: “Guardate che il problema non è che Giuda fa Giuda, il problema non è che il male fa il male, perché non potrebbe fare altro che se stesso, ripresentare se stesso, è ovvio che il male fa il male, è ovvio che il demonio fa il demonio, ma non è questo il problema, non concentratevi sullo scandalizzarvi per il dilagare del male o per la presenza del male. Invece di scandalizzarvi di questo, o meglio, scandalizzatevi pure di questo, ma il problema vero è un altro. Il problema vero è che i buoni dormono, questo è il problema, che i buoni non fanno i buoni. E cosa fanno? Niente, questo è il problema. Mentre i cattivi, i Giuda fanno i Giuda, e lo fanno bene, i buoni non fanno né i buoni, né i cattivi, non fanno niente, semplicemente dormono, semplicemente sono sonnolenti, semplicemente pensano che tocchi ad un altro. Questo è il problema, questo è il grido di angoscia che noi dobbiamo portare nel cuore ogni giorno, ogni minuto come lo portava San Pietro Canisio, questo è il problema, non che il male faccia il male. È inutile continuare a gridare allo scandalo di qui, allo scandalo di là, e “questo non va bene”, e “questo è sbagliato”, e “quell’altro di su e di giù”. Sì, va bene, ce lo diciamo, lo evidenziamo, lo facciamo presente ma questo non cambia nulla, perché il male fa il male. 

Ma se i buoni smettessero di dormire, di sonnecchiare, e facessero i buoni, cosa succederebbe? Che il male avrebbe meno spazio, che il male avrebbe un contraltare. Non sarebbe una cosa brutta, anzi. Il modo di combattere il male è affermare il bene. L’affermazione del bene comporta il suo dilagare, quindi più i buoni, più i Pietro non sono addormentati ma svegli e operano, meno spazio, meno tempo rimane al male di fare il male. Questo riguarda ciascuno di noi. Ciascuno di noi nel suo piccolo o nel suo grande, dipende, dice il Papa, è chiamato ad essere realmente pronto per la volontà di Dio.

Stamattina, oggi, e domani pure, e dopodomani anche, dovremmo chiederci: oggi qual è la volontà di Dio su di me? Che cosa vuole il Signore da me? Qual è quella porzione di bene che io oggi devo realizzare nella mia vita e in quella parte di storia che mi è affidata?

Certo è che se per i cosiddetti buoni va bene tutto, se per i cosiddetti buoni c’è sempre un compromesso possibile, allora capite che aveva ragione Pio XI. Noi che diciamo di non voler stare dalla parte di Giuda, però dormiamo. Non vogliamo tradire il Signore, vogliamo amare il Signore come San Pietro, però non basta non fare i peccati, bisogna vedere anche che cosa di buono, che cosa di vero noi facciamo, senza perdere tempo a concentrarci sulle opere malvagie che il male produce. Noi che opere buone produciamo?

Ogni tempo della storia è fatto non per dormire, non per demandare, non per pensare al nostro orticello ma è fatto per essere pronti alla volontà di Dio, che non sarà mai il politicamente corretto, il vivere senza calpestare i piedi a nessuno, andando d’accordo con tutti, senza urtare nessuno, evitando di creare problemi. Fortuna che nella storia dell’umanità ci sono state persone che hanno creato problemi. Pensiamo a Mons. Oscar Romero, ai Sacerdoti vittime della mafia, della camorra, a quei giudici, al giudice Livatino che è rimasto fedele alla sua vocazione alla giustizia fino alla morte. Quanti altri! Pensiamo a coloro che non hanno voluto umiliare la giustizia e la verità, che non hanno voluto dormire, che hanno voluto reagire. Credo che se ci fermiamo cinque secondi anche noi, oggi, riusciamo già subito ad individuare qualcuno che ha deciso di non dormire, che ha deciso di reagire al male, che ha deciso di vegliare. 

Gesù ci dice: “Vegliate!”. E questo vegliare che cosa comporta? Questo vegliare comporta il martirio, perché se noi ci comportiamo così, se noi non dormiamo e operiamo il bene, e operiamo secondo giustizia, è chiaro che non è oggi, non è domani il martirio si avvicina, come per Gesù. Infatti Gesù dov’è che dice loro: “Vegliate”? Quando lo dice? Nell’Orto degli Ulivi, pochissimo prima di andare a morire in Croce. Questo “vegliare” potremmo dire che ci serve per morire da Cristiani, ci serve per morire come è morto Gesù.

Prosegue il Papa:

“Vegliate su voi stessi” (v. 28 San Paolo): anche questa è una parola ai presbiteri di tutti i tempi. Esiste un attivismo bene intenzionato, ma nel quale uno dimentica la propria anima, la propria vita spirituale, il proprio essere con Cristo.”

Questo fare, fare, fare… un attivismo che ha delle buone intenzioni, fare il bene, ma attenzione a non dimenticare la propria anima, la propria vita spirituale e il proprio essere con Cristo.

Scrive il Papa:

 “San Carlo Borromeo, nella lettura del Breviario della sua memoria liturgica, ci dice, ogni anno di nuovo: non puoi essere un buon servitore per gli altri se trascuri la tua anima.”

Nessuno di noi può servire gli altri se trascura la sua anima, che vuol dire: preghiera scarsa, confessione rara, Messa quando posso e via di seguito.

 “Vegliate su voi stessi”: siamo attenti anche alla nostra vita spirituale, al nostro essere con Cristo. Come ho detto tante volte: pregare e meditare la Parola di Dio non è tempo perso per la cura delle anime, ma è condizione perché possiamo essere realmente in contatto con il Signore e così parlare di prima mano del Signore agli altri.”

Quando preghiamo non buttiamo mai il tempo, quel tempo non è mai tempo perduto, quel tempo della preghiera, dice il Papa:

“è condizione perché possiamo essere realmente in contatto con il Signore e così parlare di prima mano del Signore agli altri.”

Parlare agli altri di che cosa? Di quel Gesù che io ho conosciuto, perché a leggere il Vangelo siamo capaci un po’ tutti, ma noi di che cosa abbiamo bisogno? Di qualcuno che ci parli di Gesù, del “suo Gesù” potremmo dire, della sua amicizia con Gesù. Quello che fa Santa Teresa D’Avila nei suoi scritti, quello che fa San Giovanni della Croce, Santa Teresa di Gesù Bambino, ecco perché sono, per esempio, questi tre scritti, completamente diversi. Gesù è sempre lo stesso, ma ciò che lì viene scritto è l’esperienza di ciascuno dei tre, di Gesù, dell’amicizia con Gesù, per questo sono così diversi. Quello che scrive Santa Teresa d’Avila è assolutamente diverso da quello scrive Santa Teresa di Gesù Bambino e quello che scrive Santa Benedetta della Croce è assolutamente diverso da quello che scrive San Giovanni della Croce, eppure Gesù è lo stesso per tutti, eppure Dio è sempre quello, certo, ma ognuno dei quattro ha un’esperienza di Gesù diversa da raccontare. Questo è il servizio alla gente, ai fratelli: tu fai un’esperienza vera di Gesù e, in base a quell’esperienza, annunci la sua Parola.

Ci fermiamo qui, perché abbiamo già detto tanto. Domani vedremo questa bella espressione che commenta il Papa:

 “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio” (v. 28).

Vedremo che bel commento farà.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato

 

VANGELO (Lc 14, 1.7-11)

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

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